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“Grammatica svedese. Manuale di morfologia e sintassi con esercizi” di Anna Meregalli sembra una bomba per chi vuole capire davvero come funziona lo svedese. Non è un romanzo, quindi scordati personaggi o posti esotici, qui i protagonisti sono le parole stesse e come si mettono insieme. Si parte dalle basi, tipo come cambiano i nomi svedesi e gli aggettivi svedesi con il genere svedese (quell’en/ett che all’inizio ti fa impazzire!) e il plurale svedese, o come si usa la forma determinata svedese. Poi si passa ai numeri svedesi e a tutti i tipi di pronomi svedesi, spiegando anche quel “det” che sembra dappertutto. Il cuore, secondo me, è la parte sui verbi svedesi: niente variazioni per persona, ma un sacco di tempi e forme, dal presente al passivo svedese, passando per i verbi modali svedesi e la distinzione tra verbi deboli e forti che è fondamentale per la coniugazione svedese. Non mancano gli avverbi svedesi e le preposizioni svedesi, che cambiano un sacco il senso delle frasi. E la sintassi svedese? Spiega bene come si costruiscono le frasi svedesi, dalle principali alle subordinate, e come funzionano le congiunzioni svedesi. C’è anche un capitolo super interessante sulla formazione parole svedese, che ti fa capire perché certe parole sono così lunghe. Insomma, è un manuale completo che copre tutta la morfologia svedese e la struttura frase svedese, perfetto per chi vuole andare oltre le frasi fatte e padroneggiare la lingua.Riassunto Breve
Nella grammatica svedese, nomi e aggettivi si flettono aggiungendo suffissi. I nomi hanno un genere grammaticale, reale (en-ord) o neutro (ett-ord), che determina l’articolo indeterminativo singolare (en o ett), la formazione del plurale (con varie desinenze o nessuna) e la forma determinata, ottenuta con suffissi (-en, -et, -na, -a, -en). La forma determinata si usa per riferirsi a qualcosa di già noto. Il possesso si indica con il genitivo in -s. Gli aggettivi si accordano con il nome: forma indeterminata (base, + -t per neutro, + -a per plurale) usata in posizione predicativa o attributiva con nomi indeterminati; forma determinata (spesso -a) usata in posizione attributiva con nomi determinati, preceduta da den, det, de. Alcuni aggettivi sono invariabili. La comparazione si forma con suffissi (-are, -ast) o con mer/mest; i comparativi sono invariabili, i superlativi si flettono solo in posizione attributiva. La comparazione di minoranza usa mindre/minst, l’uguaglianza lika…som.I numerali cardinali indicano quantità, con forme specifiche e numeri composti scritti uniti, tranne miljon/miljard che sono nomi. Il cardinale “uno” ha forme en/ett che si accordano al genere del nome e sono accentate, a differenza degli articoli. Nelle date si usano cardinali per gli anni e ordinali per giorno/mese, spesso con den. L’ora si indica formalmente 0-23, informalmente con riferimento all’ora piena o successiva. Suffissi come -a e -tal derivano nomi dai cardinali per indicare categorie o cifre approssimative/decenni.I pronomi personali variano per persona, numero e, alla terza singolare, genere (han/hon per persone, den/det per cose). Hanno forme soggetto e complemento. Il pronome det ha usi specifici come soggetto impersonale, formale o introduttivo. Hen è un pronome neutro per persone. I riflessivi sono sig alla terza persona, uguali ai complemento per le altre, usati con verbi riflessivi o riferiti al soggetto. I possessivi si accordano in genere/numero con il nome posseduto (1a/2a persona) o si riferiscono al possessore (3a persona: hans, hennes, dess). Sin/sitt/sina è il possessivo riflessivo per la 3a persona soggetto. I dimostrativi (den här/det här/de här, den där/det där/de där) indicano vicinanza/lontananza e reggono il nome determinato; altre forme (denna/detta/dessa, den/det/de) hanno usi specifici. Interrogativi introducono domande; indefiniti indicano quantità/identità non specifiche. Som è il pronome relativo invariabile più comune.Il sistema verbale svedese non flette per persona/numero; il soggetto è sempre espresso. Le forme sono finite (indicativo, imperativo, condizionale) e indefinite (infinito, supino, participio). I verbi si dividono in deboli (aggiungono desinenze per preterito/supino) e forti (cambiano vocale). I tempi si formano con desinenze (presente, preterito) o ausiliari (ha per perfetto/piuccheperfetto). L’infinito può avere att o meno. Il supino si usa con ha. Il participio presente è invariabile, usato con verbi di moto o come aggettivo/nome. Il participio perfetto si flette come aggettivo, usato con valore passivo/passato o per il passivo con bli/vara. La forma in -s ha funzioni di passivo, reciproco, deponente, o azione abituale senza oggetto. Il passivo si esprime con la forma in -s, con bli + participio perfetto (azione), o con vara + participio perfetto (stato). Gli ausiliari, inclusi i modali, reggono l’infinito senza att ed esprimono obbligo, possibilità, ecc. I verbi con particella modificano il significato; la particella separabile cambia posizione nel participio.Gli avverbi modificano verbi, aggettivi, altri avverbi o frasi intere. Possono essere semplici, derivati (spesso da aggettivi, con comparazione/superlativo), composti o locuzioni. Le categorie includono modo, quantità, luogo (stato/moto), tempo, interrogativi, negazione (inte), giudizio, particelle dialogiche, congiunzioni. La posizione varia: prima di aggettivi/altri avverbi, dopo i verbi per quelli che modificano singoli elementi; molti che modificano l’intera frase si posizionano dopo il verbo finito, con un ordine specifico; nelle subordinate, tra soggetto e verbo. Le preposizioni stabiliscono relazioni tra elementi, reggendo nomi, pronomi (complemento), infiniti o subordinate. Precedono l’elemento retto, non sono accentate. Hanno usi vari per origine, agente, posizione spaziale (i/på), tempo, destinatario, ecc. L’uso dipende spesso dal verbo/aggettivo. Le interiezioni sono invariabili, esterne alla sintassi, per risposte, sensazioni, formule sociali.Le parole che collegano elementi o frasi sono congiunzioni coordinanti (uniscono parti di pari valore, non cambiano struttura) e subordinanti (introducono frasi dipendenti, subordinate). Le subordinanti indicano tempo, causa, scopo, conseguenza, concessione, paragone, condizione. La struttura delle frasi principali affermative segue la regola V2: il verbo finito è al secondo posto. Il primo posto è il fondamento (soggetto o altro elemento); se il fondamento non è il soggetto, questo si sposta dopo il verbo finito. Altri elementi seguono in ordine stabilito. Nelle frasi subordinate, la struttura è fissa: congiunzione subordinante, soggetto, avverbi, verbo finito. Le frasi interrogative iniziano con la parola interrogativa (domande specifiche) o con il verbo finito (domande sì/no). Le frasi relative iniziano con un pronome relativo (som, var) che si posiziona all’inizio della relativa.La formazione delle parole avviene principalmente per derivazione (aggiunta di affissi non autonomi, prefissi o suffissi; i suffissi spesso cambiano classe di parole e determinano genere/flessione per i nomi) e composizione (unione di parole autonome). Il composto è un’unità con un unico accento; l’ultimo elemento determina significato principale e caratteristiche grammaticali, il primo specifica il senso. Il significato può essere trasparente o nuovo. Nella composizione, il primo elemento può subire modifiche fonetiche o inserzione di elementi di connessione (-s-). I composti uniscono diverse classi di parole. Lo svedese non ha genere grammaticale maschile/femminile per persone/cose; la distinzione si fa con parole diverse o un unico termine, specificando con manlig/kvinnlig. Suffissi femminili per professioni sono rari. Per gli animali si usano termini generici, specifici, derivati o composti con hanne/hane (maschio) o hona (femmina). Le parole si abbreviano eliminando sillabe o usando sigle (lettere iniziali), a cui si possono aggiungere desinenze con i due punti. Alcune sigle si pronunciano come parole.Riassunto Lungo
1. La Struttura di Nomi e Aggettivi in Svedese
La grammatica svedese regola nomi e aggettivi tramite l’aggiunta di suffissi alla forma base delle parole.
I Nomi
Per i nomi, un aspetto chiave è il genere grammaticale, diviso in reale (en-ord) e neutro (ett-ord). Questo genere determina l’articolo indeterminativo singolare (en o ett) e influenza la flessione per il plurale e la forma determinata. Il plurale si forma con varie desinenze (-or, -ar, -er, -n) o senza suffisso, con regole che dipendono dal genere e dalla forma del nome. La forma determinata, simile all’articolo ‘il/la’ italiano, si ottiene aggiungendo un suffisso al nome singolare (-en per en-ord, -et per ett-ord) o plurale (-na, -a, -en). L’uso della forma indeterminata o determinata dipende dal contesto, per introdurre un concetto nuovo o riferirsi a uno già noto. La relazione di possesso si esprime con il genitivo, aggiungendo -s al possessore prima del nome posseduto.
Gli Aggettivi
Gli aggettivi si adattano al nome a cui si riferiscono. La loro forma indeterminata (la forma base, più -t per il neutro singolare, più -a per il plurale) si usa in posizione predicativa o quando accompagnano nomi indeterminati. La forma determinata (spesso con la desinenza -a o -e) si usa in posizione attributiva con nomi che sono già determinati, ed è preceduta dagli articoli den, det, de. È importante notare che alcuni aggettivi non cambiano forma affatto. Gli aggettivi esprimono anche i gradi di comparazione: il comparativo (formato con -are, -re, o mer) e il superlativo (formato con -ast, -st, o mest). I comparativi rimangono invariabili. I superlativi sono invariabili se usati da soli nel predicato, ma si flettono quando si trovano in posizione attributiva, cioè prima del nome. Per la comparazione di minoranza si usano mindre/minst, mentre per l’uguaglianza si usa la struttura lika…som. Infine, gli aggettivi possono trasformarsi in nomi, seguendo le normali regole di flessione nominale.
Ma perché la grammatica svedese funziona proprio così, con queste distinzioni e queste regole?
Il capitolo descrive in dettaglio le regole di flessione per nomi e aggettivi, ma non spiega le ragioni storiche o linguistiche che hanno portato la lingua svedese ad adottare queste specifiche strutture, come la divisione in generi “reale” e “neutro” o le particolari desinenze plurali. Per colmare questa lacuna e capire il “perché” dietro queste regole descrittive, è fondamentale rivolgersi alla linguistica storica e alla linguistica comparativa, discipline che studiano l’evoluzione delle lingue nel tempo e le loro relazioni. Approfondire il lavoro di linguisti che si sono occupati delle lingue indoeuropee o germaniche può offrire una prospettiva più completa.2. Numeri e Sostituti nella Lingua
I Numerali
I numerali cardinali in svedese indicano una quantità specifica. Hanno forme distinte per i numeri da zero a diciannove, per le decine, le centinaia, le migliaia e i numeri più grandi. Le decine, in particolare da trenta a novanta, presentano forme più corte e comuni nell’uso di tutti i giorni. I numeri composti si formano unendo le parole che li compongono, scrivendole come un’unica parola. Fanno eccezione “miljon” (milione) e “miljard” (miliardo), che sono trattati come nomi veri e propri, hanno un plurale in -er e si scrivono separati dagli altri elementi numerici.L’uno cardinale ha due forme, “en” e “ett”. La scelta tra le due dipende dal genere del nome a cui si riferiscono, proprio come accade per l’articolo indeterminativo corrispondente. È importante notare che, a differenza dell’articolo, il numerale “en” o “ett” viene pronunciato con enfasi. Quando si indicano le date, gli anni si esprimono usando i numeri cardinali. Per il giorno e il mese, invece, si usano i numeri ordinali, spesso preceduti dalla parola “den”. Per quanto riguarda l’ora, si può usare il formato ufficiale che va da 0 a 23, oppure un formato più colloquiale che fa riferimento all’ora successiva o alla mezz’ora successiva.
I numerali cardinali trovano impiego anche in altri contesti. Si usano per indicare le frazioni, i numeri decimali (dove si usa la virgola anziché il punto), i prezzi e le temperature. Dai numerali cardinali si possono derivare dei nomi aggiungendo suffissi come “-a” e “-tal”. Questi nomi derivati servono a indicare diverse cose, come taglie di vestiti, linee di trasporto pubblico, tipi di appartamenti o per esprimere cifre approssimative. Il suffisso “-tal” si usa anche per indicare decenni o secoli specifici.
I Pronomi e Altri Sostituti
I pronomi personali cambiano a seconda della persona (prima, seconda, terza), del numero (singolare, plurale) e, nella terza persona singolare, anche del genere. Si usano “han” per il maschile e “hon” per il femminile quando ci si riferisce a persone. Per le cose, si usano “den” o “det” a seconda del genere grammaticale del nome che sostituiscono. Esistono forme specifiche per il pronome quando è soggetto della frase e forme diverse quando è complemento. È interessante notare l’esistenza del pronome “hen”, un pronome neutro rispetto al genere, che viene usato per riferirsi a persone senza specificare se siano maschi o femmine.Il pronome “det” ha diversi usi particolari. Può fungere da soggetto in frasi con verbi impersonali, che non si riferiscono a una persona o cosa specifica. Viene usato anche per introdurre elementi nella frase che non sono ancora stati specificati chiaramente. Può servire come soggetto formale, specialmente all’inizio di una frase, o essere impiegato nelle risposte brevi. Questi usi rendono “det” un pronome molto versatile nella lingua svedese.
I pronomi riflessivi sono usati quando l’azione del verbo ricade sul soggetto stesso della frase. Hanno una forma propria solo alla terza persona, che è “sig”. Per la prima e la seconda persona, sia singolare che plurale, le forme dei pronomi riflessivi sono identiche a quelle dei pronomi personali usati come complemento. Questi pronomi si trovano spesso insieme a verbi che sono intrinsecamente riflessivi o in costruzioni dove il complemento si riferisce chiaramente al soggetto.
I pronomi possessivi indicano a chi appartiene qualcosa. Per la prima e la seconda persona, sia singolare che plurale, si accordano in genere e numero con il nome della cosa posseduta. Per la terza persona, invece, i possessivi “hans”, “hennes” e “dess” si riferiscono al possessore e ne indicano il genere (maschile, femminile o inanimato/neutro). Esiste anche un pronome possessivo riflessivo, “sin/sitt/sina”, che si usa in modo specifico quando il possessore è anche il soggetto della frase in cui si trova il possessivo.
I pronomi dimostrativi servono a indicare qualcosa, specificando se è vicino o lontano rispetto a chi parla. Le forme più comuni sono “den här/det här/de här” per indicare vicinanza e “den där/det där/de där” per indicare lontananza. Questi pronomi sono solitamente seguiti dal nome a cui si riferiscono nella sua forma determinata. Esistono altre forme dimostrative, come “denna/detta/dessa” e anche l’uso di “den/det/de” da soli, che possono essere usati anche con nomi indeterminati, specialmente se seguiti da una proposizione relativa che specifica meglio l’elemento indicato.
La lingua svedese dispone di vari pronomi interrogativi per formulare domande. “Vad” si usa per chiedere “cosa”, “vem” per chiedere “chi”, “vilken” per chiedere “quale” (con accordo di genere e numero), “var” per chiedere “dove”, “när” per chiedere “quando”, “hur” per chiedere “come” e “varför” per chiedere “perché”. Esistono anche pronomi indefiniti, che si usano per riferirsi a quantità o identità non specifiche, come “all” (tutto), “varje” (ogni), “annan” (altro), “mycket” (molto, per nomi non numerabili) e “många” (molti, per nomi numerabili), “man” (si, uno), e le coppie “någon” (qualcuno/qualcosa) e “ingen” (nessuno/niente). Il pronome relativo più frequentemente usato per collegare proposizioni è “som”, che ha il vantaggio di essere invariabile, cioè non cambia forma a seconda del genere o del numero dell’elemento a cui si riferisce.
Si può davvero comprendere una lingua limitandosi a elencare regole grammaticali, ignorando il contesto sociale e storico che ne determina l’uso e l’evoluzione?
Il capitolo offre una descrizione accurata delle forme e degli usi di numeri e pronomi in svedese, ma presenta questi elementi come dati di fatto statici, privi di una dimensione dinamica. Una lingua, tuttavia, è un organismo vivo, plasmato da forze sociali, culturali e storiche. La semplice enunciazione di regole, per quanto precise, non spiega il perché certe forme esistono, come si sono evolute, o le implicazioni del loro uso in contesti specifici, come nel caso del pronome “hen”, la cui adozione è intrinsecamente legata a dibattiti sociali contemporanei. Per superare questa visione riduttiva e cogliere la complessità della lingua svedese, è necessario integrare l’analisi grammaticale con gli strumenti della sociolinguistica e della linguistica storica. Approfondimenti su autori come Ferdinand de Saussure, per una comprensione della struttura linguistica, o William Labov, per lo studio del cambiamento linguistico e delle sue motivazioni sociali, possono fornire le basi per un’analisi più completa e contestualizzata.3. Struttura e forme del verbo svedese
Nel sistema verbale svedese, i verbi non cambiano forma in base alla persona o al numero; il soggetto è sempre espresso per chiarezza. Le forme verbali si dividono in due categorie principali: finite, che includono l’indicativo, l’imperativo e il condizionale, e indefinite, che comprendono l’infinito, il supino e il participio. La base per la coniugazione è il tema verbale, che corrisponde alla forma dell’imperativo. I verbi si distinguono in deboli e forti, una differenza che si manifesta nella formazione del passato (preterito) e del supino: i verbi deboli aggiungono delle desinenze al tema, mentre i verbi forti cambiano la vocale della radice. Questa distinzione è fondamentale per comprendere come si costruiscono i diversi tempi.La Formazione dei Tempi
I tempi verbali si costruiscono aggiungendo desinenze specifiche al tema del verbo, come avviene per il presente e il preterito. Per formare i tempi composti, come il perfetto e il piuccheperfetto, si utilizza l’ausiliare `ha` seguito dal supino del verbo principale. Il presente si usa per descrivere azioni che accadono ora, azioni abituali, verità generali o, se accompagnato da un’indicazione di tempo, per riferirsi a un’azione futura. Il preterito, invece, è impiegato per parlare di azioni che si sono concluse in un momento definito nel passato.Le Forme Indefinite
L’infinito può apparire da solo o essere preceduto dalla particella `att`, a seconda del verbo che lo precede o della sua funzione nella frase. Il supino ha un ruolo specifico: si usa esclusivamente per costruire i tempi composti con l’ausiliare `ha`. Il participio presente è una forma invariabile, non cambia in base al genere o al numero, e si usa spesso con verbi di movimento o con funzione di aggettivo o nome. Il participio perfetto, invece, si comporta come un aggettivo e si flette concordando in genere e numero; viene usato per esprimere un significato passivo o passato, oppure per formare la voce passiva con gli ausiliari `bli` o `vara`.Forme Speciali: Riflessivo e Passivo
Esiste una forma riflessiva in cui i pronomi riflessivi seguono il verbo. La coniugazione in `-s` è una caratteristica distintiva e versatile della lingua svedese, con diverse funzioni. Può indicare la forma passiva, azioni reciproche tra più soggetti, o identificare verbi che esistono solo in questa forma (verbi deponenti). Inoltre, la forma in `-s` può essere usata per descrivere un’azione che si svolge abitualmente senza specificare chi la compie. La voce passiva può essere espressa in tre modi principali: usando la coniugazione in `-s`, con l’ausiliare `bli` seguito dal participio perfetto (per indicare un’azione passiva specifica o isolata), o con l’ausiliare `vara` seguito dal participio perfetto (per descrivere lo stato o il risultato di un’azione passiva).Verbi Ausiliari e con Particella
I verbi ausiliari, tra cui i verbi modali, sono seguiti dall’infinito del verbo principale senza l’uso della particella `att`. Questi verbi esprimono diverse sfumature di significato, come obbligo, possibilità, capacità, permesso, consiglio, abitudine o volontà. Molti di questi verbi ausiliari presentano forme irregolari. Un’altra caratteristica importante sono i verbi con particella, che possono essere inseparabili o separabili. L’aggiunta di una particella modifica il significato del verbo di base. Quando la particella è separabile, la sua posizione nella frase può cambiare, specialmente nella formazione del participio.Ma davvero si può sostenere, con tanta sicurezza, che il verbo nelle frasi subordinate italiane stia sempre alla fine, come se fosse una regola scolpita nella pietra?
Il capitolo presenta un’affermazione sorprendente e, a ben vedere, del tutto infondata per la lingua italiana: che il verbo nelle frasi subordinate si posizioni sempre alla fine. Questa presunta ‘regola fissa’ non trova riscontro nella sintassi dell’italiano standard, dove l’ordine degli elementi nelle subordinate segue logiche diverse e spesso più flessibili di quanto descritto. Per comprendere veramente l’architettura complessa delle frasi dipendenti in italiano, è indispensabile superare queste semplificazioni fuorvianti e studiare la grammatica in modo più rigoroso. Un buon punto di partenza è l’approfondimento della sintassi italiana, magari consultando le opere di linguisti e grammatici come De Mauro o Serianni.6. La Fabbrica delle Parole Svedesi
Le parole si formano principalmente in due modi: per derivazione o per composizione. La derivazione avviene aggiungendo affissi a una parola base. Gli affissi sono elementi che non possono stare da soli. Se l’affisso si mette prima della base, si chiama prefisso; se si mette dopo, si chiama suffisso. I prefissi di solito non cambiano il tipo di parola (nome, verbo, aggettivo), mentre i suffissi spesso creano parole di un tipo diverso e, per i nomi, definiscono anche il genere e come la parola cambia al plurale o in altre forme. Gli affissi servono a dare una funzione grammaticale, ma a volte il significato finale della parola non è facile da indovinare solo guardando l’affisso e la base.Composizione delle parole
La composizione, invece, unisce elementi che sono già parole complete e autonome. La parola composta che si forma è un’unica unità con un solo accento principale. L’ultima parte del composto è la più importante perché determina il significato generale e le caratteristiche grammaticali della nuova parola, mentre la prima parte aggiunge un dettaglio o specifica il senso. Le parole composte mantengono lo stesso tipo di parola dell’ultimo elemento. Spesso il significato di una parola composta è chiaro, ma a volte può avere un significato nuovo e non immediatamente deducibile dalle parti che la compongono. Quando si formano i composti, la prima parola può subire piccoli cambiamenti nel suono, come perdere vocali o aggiungere elementi di collegamento, per esempio una “-s-“. I composti si possono formare unendo vari tipi di parole, come nome più nome, aggettivo più nome, verbo più nome, o altre combinazioni meno comuni.Il genere grammaticale
In svedese non esiste la distinzione tra genere grammaticale maschile e femminile come in italiano. Per distinguere tra uomo e donna, o maschio e femmina, si usano parole diverse o un unico termine che vale per entrambi. Se serve specificare il genere, si usano gli aggettivi manlig (maschile) e kvinnlig (femminile). In passato c’erano suffissi per indicare il femminile di alcune professioni, ma oggi sono usati raramente, tranne in pochi casi e per le nazionalità. Per gli animali, si possono usare termini generici, parole specifiche per il maschio o la femmina, o composti che usano hanne/hane (maschio) o hona (femmina).Le abbreviazioni
Le parole vengono anche abbreviate togliendo sillabe o usando sigle, che spesso sono formate dalle lettere iniziali delle parole. Alcune abbreviazioni sono molto comuni nell’uso quotidiano. Alle sigle si possono aggiungere le desinenze tipiche della lingua, che vengono messe dopo i due punti. Esistono anche forme miste, dove si uniscono sigle e parole intere. Alcune sigle di enti o organizzazioni vengono lette come se fossero parole normali, non lettera per lettera.Se il genere grammaticale maschile/femminile ‘non esiste’ in svedese, cosa ci dice questo sulla sua vera funzione nelle lingue, o sulla sua presunta ‘necessità’?
Il capitolo descrive una differenza cruciale tra svedese e italiano riguardo al genere grammaticale, ma non esplora le ragioni profonde o le implicazioni di tale differenza. Perché alcune lingue sviluppano sistemi di genere complessi e altre li riducono o li perdono? Quali funzioni (grammaticali, cognitive) svolge il genere, al di là della mera concordanza? Per approfondire queste domande, è utile consultare studi di tipologia linguistica e linguistica storica, che analizzano come le lingue cambiano nel tempo e come si differenziano tra loro. Autori come J. Greenberg o B. Comrie hanno esplorato la variazione linguistica, mentre studi sulla storia delle lingue germaniche possono fornire contesto specifico sull’evoluzione dello svedese.Abbiamo riassunto il possibile
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