Contenuti del libro
Informazioni
“Gli ultimi la magnifica storia dei vinti” di Domenico Quirico è quel tipo di libro che ti prende e non ti molla, perché va a scavare nelle storie di chi di solito finisce nelle note a piè di pagina: quelli che hanno perso. Immagina di viaggiare nel tempo e nello spazio, dalla solitudine della tomba di Ciro il Grande che segna la fine dell’impero persiano con Dario III sconfitto da Alessandro Magno, fino alla Roma che crolla con Romolo Augustolo, il ragazzino che non sapeva che l’impero romano d’occidente stava finendo per sempre. Ma non ci fermiamo lì, perché Quirico ci porta nella Cina che dice addio agli imperatori con Pu Yi, l’ultimo della dinastia Qing, o nella Russia che vede sfaldarsi l’URSS con Mikhail Gorbachev, l’uomo delle riforme che ha accelerato il tutto. Ci sono storie ancora più lontane e tragiche, come quella di Atahualpa, l’imperatore Inca che non capì i conquistadores spagnoli, o quella di Rasputin, la figura strana che ha contribuito alla caduta degli Zar Romanov. E poi la fine dell’impero austro-ungarico con l’imperatore Carlo, in contrasto con Mustafa Kemal che dalle rovine dell’impero ottomano ha costruito una nuova Turchia. Fino ad arrivare a figure più vicine a noi, come il generale Salan e la sua ribellione per l’Algeria francese, o Papa Benedetto XVI di fronte alle crisi della Chiesa cattolica. Questo libro non è solo una sfilza di nomi e date, ma un modo per capire cosa significa essere l’ultimo, affrontare il declino di un mondo e il peso della storia, raccontando la “magnifica storia dei vinti” che, a modo loro, hanno segnato la fine di un’era.Riassunto Breve
Alla fine dei grandi imperi appaiono spesso figure che presiedono alla loro dissoluzione. Dario III, l’ultimo re persiano, viene descritto come un sovrano senza le qualità militari necessarie, incapace di resistere ad Alessandro Magno e incline alla fuga, diventando un simbolo della decadenza achemenide. Similmente, Romolo Augustolo rappresenta la fine dell’Impero Romano d’Occidente, un giovane imperatore inadeguato su un trono ormai privo di potere effettivo, deposto da Odoacre in un impero in disfacimento. La storia presenta anche Pu Yi, l’ultimo imperatore cinese, messo sul trono da bambino e rimasto una figura isolata e senza potere reale durante la rivoluzione che pose fine alla dinastia Qing. Mikhail Gorbachev emerge come leader dell’Unione Sovietica in un periodo di stagnazione; le sue riforme, pensate per rivitalizzare il sistema, ne accelerano il crollo, e lui appare incapace di gestire le forze scatenate che portano alla dissoluzione dell’URSS. L’imperatore Inca Atahualpa, nonostante la potenza del suo impero, non comprende la mentalità dei conquistatori spagnoli, cade in un inganno e viene giustiziato, segnando un passaggio rapido dal potere al nulla a causa della sua ingenuità. Rasputin, un mistico contadino, ottiene grande influenza sullo Zar Nicola II, una figura debole, contribuendo all’instabilità del governo russo e alla fine della dinastia Romanov. L’imperatore Carlo dell’Impero Austro-Ungarico eredita una struttura indebolita e non riesce a impedire la disintegrazione dell’impero alla fine della Prima Guerra Mondiale. In contrasto, Mustafa Kemal, di fronte al crollo dell’Impero Ottomano, non si limita a presiedere alla fine, ma guida un movimento nazionalista che porta alla creazione di una nuova Turchia laica. Altre figure prendono decisioni radicali di fronte al declino istituzionale, come il generale Salan che sceglie la disobbedienza armata per preservare l’Algeria francese, o Papa Benedetto XVI che rinuncia al pontificato di fronte a scandali e al secolarismo crescente. Queste storie mostrano il peso del dovere e la crisi che colpisce istituzioni secolari di fronte a cambiamenti epocali e debolezze interne, con individui che assistono o partecipano alla fine di grandi sistemi di potere.Riassunto Lungo
1. Figure al tramonto degli imperi
La solitudine avvolge la tomba di Ciro il Grande a Pasargade, un luogo che ricorda la passata grandezza dell’impero persiano. È qui che pensiamo a Dario III, l’ultimo re achemenide, e al suo scontro decisivo con Alessandro Magno che segnò la fine di un’era. Molti storici descrivono Dario come un sovrano senza le necessarie doti militari, pur riconoscendogli alcune qualità umane. Spesso viene dipinto come debole, incapace di usare al meglio le risorse del suo vasto regno e propenso alla fuga, come si vide nelle battaglie di Isso e Gaugamela. La sua immagine viene messa in forte contrasto con quella di Alessandro, visto come un eroe invincibile destinato a vincere. Così, Dario finisce per rappresentare la decadenza, quasi un personaggio necessario solo per far risaltare la gloria del suo conquistatore.Romolo Augustolo e Roma
Similmente, Romolo Augustolo segna la fine dell’Impero Romano d’Occidente. Viene presentato come un giovane imperatore non all’altezza, quasi un “buono a nulla”, messo sul trono dal padre in un impero ormai piccolo e che si stava sgretolando. Non aveva la forza o la visione dei grandi imperatori romani di un tempo. La sua deposizione per mano di Odoacre, un capo barbaro, segnò ufficialmente la fine dell’impero in Occidente. Odoacre, al contrario di Romolo, mostrò concretezza e abilità nel governare, scegliendo di non prendere il titolo di imperatore ma prendendo il controllo reale dell’Italia.Sia Dario che Romolo sono figure che si trovano alla fine di grandi poteri. Vengono spesso ricordati per la loro debolezza, giudicati dalla storia soprattutto per non essere riusciti a resistere alle forze che hanno portato al crollo dei loro imperi. La loro incapacità di affrontare il cambiamento e la pressione esterna li rende simboli della decadenza. Il contrasto tra la loro figura e quella dei loro successori, forti e pragmatici, è netto. In questo modo, la loro storia serve anche a mettere in luce la forza e la determinazione di chi li ha sconfitti e ha preso il loro posto.
Davvero la caduta di imperi millenari si riduce alla debolezza di un singolo uomo?
Il capitolo, pur presentando figure storiche interessanti, rischia di cadere in una semplificazione eccessiva. Attribuire la fine di vasti e complessi imperi come quello Persiano o Romano d’Occidente unicamente alle presunte mancanze personali degli ultimi sovrani ignora la miriade di fattori economici, sociali, militari e strutturali che portano al declino e al cambiamento storico. La narrazione storica, soprattutto quella scritta dai vincitori, tende spesso a creare contrasti netti e figure simboliche, a scapito della complessità. Per comprendere appieno questi passaggi d’epoca, è fondamentale approfondire l’analisi delle strutture imperiali, delle dinamiche interne e delle pressioni esterne nel lungo periodo, andando oltre il giudizio morale sui singoli individui. Si possono esplorare studi sulla Tarda Antichità, come quelli di Peter Brown, o analisi comparative dei processi di collasso statale.2. Figure di Fine Impero
La storia è costellata di figure che si trovano a presiedere alla dissoluzione di grandi sistemi politici, leader che si ritrovano a gestire o a subire la fine degli imperi che rappresentano. Un esempio è Pu Yi, l’ultimo imperatore cinese. Viene nominato al trono a soli tre anni, poco prima che la rivoluzione del 1911 ponga fine alla dinastia Qing e proclami la repubblica. Vive nella Città Proibita sotto un “trattamento favorevole”, mantenendo il titolo ma senza potere reale. È una figura manovrata da forze esterne, come la reggente Cixi, i rivoluzionari e il generale Yuan Shikai. La sua vita è segnata da abdicazioni forzate e tentativi di restaurazione falliti, rimanendo un simbolo isolato di un’epoca passata, distaccato dalla realtà del ventesimo secolo.Mikhail Gorbachev e la fine dell’URSS
Similmente, Mikhail Gorbachev emerge come leader dell’Unione Sovietica in un periodo di stagnazione. Le sue riforme, Glasnost e Perestroika, mirano a rivitalizzare il sistema, ma finiscono per accelerarne il crollo. Eventi come il disastro di Chernobyl evidenziano le debolezze strutturali e la mancanza di trasparenza del regime. Nonostante successi in politica estera, come la fine della dottrina Breznev e il crollo del Muro di Berlino, a livello interno Gorbachev non riesce a controllare le forze scatenate, apparendo indeciso o incapace di gestire la transizione. La sua leadership culmina nella dissoluzione dell’URSS nel 1991. Entrambi questi leader sono visti come liquidatori, figure che, per circostanze o limiti personali, assistono e in parte facilitano la fine degli imperi che rappresentavano.Ma questi “liquidatori” erano davvero artefici della fine, o semplici spettatori impotenti di processi ben più grandi?
Il capitolo etichetta Pu Yi e Gorbachev come “figure di fine impero” e persino come “liquidatori”, ma al contempo li descrive come personaggi con potere limitato o incapaci di controllare le forze scatenate. Questo crea una tensione logica: se erano manovrati o impotenti, in che senso hanno “facilitato” la fine? La narrazione rischia di attribuire eccessiva agency a individui in contesti dominati da forze strutturali immense. Per comprendere meglio questo dilemma, sarebbe utile approfondire gli studi sulle cause profonde del declino e del collasso degli imperi (non solo le figure finali) e il dibattito storiografico sul peso dei fattori individuali rispetto a quelli strutturali nei grandi cambiamenti storici. Approfondire autori che trattano di storia comparata degli imperi o che analizzano le dinamiche di potere in contesti di crisi potrebbe fornire il contesto mancante.3. Destini Spezzati e la Fine di un Mondo
L’imperatore Inca Atahualpa si trova di fronte ai conquistatori spagnoli guidati da Pizarro. Nonostante la grande forza del suo impero, Atahualpa non riesce a comprendere la mentalità e le armi dei suoi avversari.L’inganno e la fine dell’imperatore Inca
Cade in una trappola, accettando di incontrare gli spagnoli senza armi. Offre un enorme riscatto in oro e argento per riottenere la libertà, convinto che gli spagnoli, una volta ottenuto il tesoro, se ne andranno. Questa speranza lo spinge a collaborare e a ordinare la raccolta del prezioso metallo da tutto l’impero.Gli spagnoli, invece, lo accusano ingiustamente di tradimento e lo condannano a morte. Atahualpa decide di convertirsi al cristianesimo all’ultimo momento per evitare di essere bruciato vivo, ma viene comunque strangolato. La sua fine segna un passaggio rapidissimo dal potere assoluto al nulla, causato dalla sua mancanza di esperienza con un nemico così diverso e dall’incapacità di capire le sue vere intenzioni.
L’ascesa e la caduta di Rasputin
Parallelamente, Rasputin, un contadino con fama di mistico, guadagna un’enorme influenza sullo Zar Nicola II, una figura debole e incline a credere nel destino. La presenza di Rasputin a corte e il suo coinvolgimento nelle decisioni politiche, come la scelta dei ministri, isolano sempre più lo Zar e destabilizzano il governo imperiale.Rasputin propone idee che, in modo inatteso, sembrano avvicinarsi ai progetti rivoluzionari, come la ricerca della pace con la Germania durante la guerra e la divisione delle grandi proprietà terriere. Viene ucciso da un gruppo di nobili russi che sperano così di salvare il potere dello Zar, ma la sua morte peggiora ulteriormente la crisi del regime. Lo Zar, incapace di reagire efficacemente e sempre più influenzato da credenze mistiche, abdica poco tempo dopo, ponendo fine alla dinastia Romanov.
Figure che cambiano la storia
Sia Atahualpa che Rasputin, in contesti storici molto diversi, sono figure che, a causa di malintesi culturali, fatalismo o l’esercizio di un’influenza negativa, contribuiscono in modo decisivo alla caduta dei sistemi di potere con cui sono legati, aprendo la strada a epoche completamente nuove.Davvero la “struttura” dell’Impero Ottomano, il Sultanato e l’influenza religiosa furono le sole cause della sua debolezza, o il capitolo semplifica eccessivamente un declino ben più complesso?
Il capitolo, pur offrendo un quadro generale delle trasformazioni, presenta l’analisi di Mustafa Kemal sulle cause della debolezza ottomana come una verità assoluta, attribuendo il declino quasi esclusivamente a fattori interni come il Sultanato e la religione. Questa visione rischia di trascurare la miriade di pressioni esterne (economiche, politiche, militari) e le altre complesse dinamiche interne (tensioni nazionalistiche non solo turche, problemi economici strutturali, tentativi falliti di riforma) che contribuirono in maniera determinante alla caduta dell’impero. Per comprendere appieno questo passaggio epocale e la complessità del progetto kemalista, che non fu esente da opposizioni e dibattiti, sarebbe utile approfondire la storia ottomana tardo-imperiale, la storia della Guerra d’Indipendenza Turca e gli studi sul Kemalismo e la laicità in Turchia. Autori come Bernard Lewis, Erik Jan Zürcher o Şerif Mardin possono offrire prospettive più articolate.5. Di fronte al Declino
Il Generale Salan e la Ribellione
Il generale Salan, un ufficiale francese con una lunga carriera di servizio, si trova ad affrontare un processo per rivolta armata e terrorismo. La sua storia militare lo ha visto servire in Indocina e Algeria, assistendo in prima persona al progressivo abbandono dell’impero coloniale da parte di Parigi. La sua ribellione e la guida dell’OAS nascono dalla profonda convinzione che la Francia stia tradendo coloro che hanno combattuto per mantenere l’Algeria francese. Il processo a suo carico mette drammaticamente in luce il conflitto interiore tra il suo dovere militare di obbedienza e le decisioni politiche che percepisce come una liquidazione della gloria passata della nazione. Salan si vede e si presenta come il rappresentante di un’armata che, pur vittoriosa sul campo, è stata tradita dalla politica.Papa Benedetto XVI e le Sfide della Chiesa
Papa Benedetto XVI, nel suo ruolo di capo della Chiesa Cattolica, si confronta con una serie di gravi problemi sia interni che esterni all’istituzione millenaria. Scandali dolorosi come la pedofilia e le fughe di documenti riservati rivelano corruzione, lotte intestine e difficoltà profonde nella gestione della Curia Romana. Allo stesso tempo, il mondo occidentale mostra un crescente allontanamento dalla fede religiosa, influenzato da correnti di pensiero come il relativismo e il materialismo. Il Papa, un teologo di grande spessore, cerca con forza di riaffermare i fondamenti della dottrina cattolica e la centralità della fede nella vita contemporanea. Tuttavia, incontra notevoli resistenze e incomprensioni, talvolta anche all’interno della stessa gerarchia ecclesiastica.Scelte Radicali di Fronte alla Crisi
Questi due uomini, figure centrali e di altissimo profilo nelle loro rispettive istituzioni, prendono decisioni di portata radicale di fronte a sfide percepite come insormontabili e minacce esistenziali. Salan sceglie la via della disobbedienza armata e della rivolta, un atto estremo dopo una vita intera dedicata all’obbedienza militare e al servizio dello Stato. Benedetto XVI, in un gesto quasi senza precedenti nella storia della Chiesa, sceglie la rinuncia al pontificato, abbandonando un potere e una responsabilità immensi. Le loro storie, sebbene diverse per contesto e natura, mostrano il peso schiacciante del dovere individuale che si scontra con la crisi profonda che può colpire istituzioni secolari e potenti di fronte a cambiamenti epocali e debolezze interne. Rivelano come figure di vertice possano sentirsi spinte a compiere azioni drastiche quando percepiscono il crollo dei valori o delle strutture che hanno servito per tutta la vita.Ma è davvero sensato mettere sullo stesso piano la scelta di imbracciare le armi contro lo Stato e quella di rinunciare a un ruolo di potere?
Il capitolo propone un parallelo tra due figure che compiono azioni radicali di fronte a crisi istituzionali percepite. Tuttavia, equiparare la ribellione armata e terroristica, con le sue tragiche conseguenze, a una rinuncia volontaria, sebbene storica, rischia di appiattire differenze fondamentali nella natura delle azioni, nelle loro implicazioni etiche e nel contesto storico-politico in cui si verificano. Per comprendere meglio la specificità di queste scelte e le crisi che le hanno originate, sarebbe utile approfondire la storia della decolonizzazione francese e della guerra d’Algeria, così come la storia recente del papato e le dinamiche interne della Chiesa cattolica. Approcciarsi a studi di storia politica e di etica può aiutare a discernere la profonda diversità tra le azioni descritte.Abbiamo riassunto il possibile
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