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Contenuti del libro
Informazioni
“Gli intrepidi ascari – Tratto da Fatti e Persone Annuario della Sardegna 1996” di Ugo Dessy non è la solita storia della Sardegna. Questo libro scava a fondo nel rapporto spesso brutale tra l’isola e il potere centrale, prima sabaudo e poi fascista. Fin dalla fusione 1847, la Sardegna sabauda viene vista come una risorsa da sfruttare: base militare, fonte di soldati e manodopera, un luogo per esperimenti sociali come le bonifiche fasciste Sardegna. Le élite locali collaborano, ma il popolo sardo non ci sta, e il libro racconta la lunga resistenza sarda, fatta di rivolte e banditismo, contro leggi ingiuste come gli Editti delle Chiudende e una giustizia di classe. La Grande Guerra cambia le cose, ma non le disuguaglianze; il presunto cameratismo di guerra Sardegna è una favola borghese che maschera l’abisso tra ufficiali e fanti. Da qui nasce il fascismo Sardegna, che usa il “combattentismo” per militarizzare la società e continuare lo sfruttamento, come nelle zone di malaria Sardegna bonificate per i coloni veneti, non per i sardi. Alla fine, anche la lotta contro la malaria e la bonifica servono a rendere l’isola adatta per le basi militari Sardegna, mostrando come la storia dell’isola sia segnata da un continuo dominio esterno, a cui si contrappone la tenace volontà di non piegarsi.Riassunto Breve
La Sardegna viene unita agli stati sabaudi nel 1847 non per volere popolare, ma su richiesta di un gruppo di élite locali e del viceré. Queste classi dirigenti vogliono modernizzare l’isola per sfruttare meglio il lavoro, mentre il governo piemontese la vede come una risorsa per il proprio sviluppo, usandola come base militare, prigione, e fonte di lavoratori e soldati. I governanti si concentrano su tasse e amministrazione per prendere più risorse, rafforzano la polizia e creano leggi che favoriscono i ricchi. Non investono in scuole o ospedali. Le riforme sulla terra, come gli Editti delle Chiudende dal 1820, tolgono le terre comuni e causano rivolte violente. L’isola è importante per i Savoia per motivi militari, con spese per l’esercito molto più alte di quelle civili. È difficile trovare soldati sardi per le guerre; si prova ad arruolare banditi e detenuti, e si chiede aiuto al clero per convincere la gente. Le rivolte popolari, dal banditismo ai disordini in città e campagna, vengono represse in modo molto duro, anche con torture ed esecuzioni pubbliche, metodi più severi di quelli usati contro gli oppositori politici sulla terraferma. La storia dell’isola mostra una continua resistenza popolare contro chi la domina, diversa dalla storia raccontata dalle élite. Durante la Prima Guerra Mondiale, la vita in trincea non cancella le differenze tra ufficiali e soldati semplici; i rapporti sono come tra padrone e servo. L’idea che la guerra crei solidarietà è una visione borghese; la vera solidarietà esiste già tra gli oppressi. Dal cameratismo di guerra nasce il fascismo. In Sardegna, l’Associazione Nazionale dei Combattenti è il punto di partenza per il Partito Sardo d’Azione e i Fasci di Combattimento nel 1921. La borghesia usa queste associazioni per riorganizzare il potere dopo la guerra, e gli ufficiali diventano la nuova classe dirigente. Il cameratismo mette insieme interessi diversi, ma ognuno cerca di usare i soldati semplici per avere più potere. La retorica che esalta la guerra ignora le rivolte del dopoguerra, a cui partecipano anche le donne. Il fascismo in Sardegna si appoggia a padroni, borghesia, intellettuali e lavoratori. Il “combattentismo” serve per imporre un sistema autoritario che copia l’organizzazione militare nella società: il capitalismo comanda, la borghesia esegue, i lavoratori obbediscono come soldati. Fascisti e sardisti, pur venendo dallo stesso ambiente, si scontrano per potere, ma i fascisti vincono e molti sardisti si uniscono a loro. La Sardegna è vista prima come riserva di soldati, esaltando la loro fierezza, poi come terra da “bonificare” per metterci “colonie umane, bovine e suine”, come esperimento per future colonizzazioni. Mussolini vuole aumentare la popolazione per rendere la nazione più forte. Un progetto di bonifica nell’Oristanese viene dato a capitalisti aiutati dallo stato fascista. I lavori li fanno braccianti sardi a mano, in zone con malaria. Le promesse di dare la terra ai braccianti non vengono mantenute; finito il lavoro, i sardi sono mandati via. Arrivano famiglie di coloni dal Veneto e dalla Romagna, scelti perché lavoratori e con molti figli. La vita nelle colonie è tutta dedicata alla produzione, con bambini e anziani che lavorano e fanno figli. La malaria è un problema grave, che uccide anche i militari. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Fondazione Rockefeller elimina la malaria in zone importanti del Mediterraneo, inclusa la Sardegna, usando il DDT. Così, l’area bonificata dal fascismo per l’agricoltura diventa adatta per costruire basi militari strategiche della NATO, come quella di Capo Frasca.Riassunto Lungo
1. La Sardegna nel Disegno Sabaudo
La Sardegna si unisce agli stati sabaudi di terraferma nel 1847. Questa unione non avviene per volontà popolare, ma su richiesta di una delegazione composta da élite locali, come l’alto clero e la borghesia, insieme al viceré. Queste classi dirigenti sarde desiderano modernizzare l’isola, ma il loro scopo principale è rendere più efficiente lo sfruttamento della forza lavoro locale. Dal canto suo, il governo piemontese vede la Sardegna soprattutto come una risorsa strategica e economica per il proprio sviluppo, orientato al capitalismo e all’espansione. Per questo motivo, l’isola viene destinata a funzioni considerate di “bassa forza”, diventando una base militare, una colonia penale e una fonte di manodopera e soldati.Le Politiche di Governo e il Mancato Sviluppo Civile
I governanti sabaudi mostrano un “nuovo impegno politico” che si concentra quasi esclusivamente sull’ammodernamento del sistema fiscale e amministrativo. L’obiettivo è aumentare la capacità di estrarre risorse dall’isola. Parallelamente, si rafforzano le forze di polizia e si introducono leggi che favoriscono una giustizia di classe, tutelando gli interessi dei potenti. Non vengono invece effettuati investimenti significativi nei servizi civili essenziali, come scuole o ospedali, che rimangono carenti. Le riforme includono anche un riassetto della proprietà terriera.La Riforma Fondiaria e le Sue Conseguenze
Un esempio chiave di queste riforme è l’introduzione della proprietà privata attraverso gli Editti delle Chiudende, iniziati nel 1820. Questi editti portano all’espropriazione delle terre comuni, che erano tradizionalmente utilizzate dalla popolazione locale. L’imposizione della proprietà privata e la perdita delle terre comuni generano reazioni popolari violente e diffuse in tutta l’isola. Questo dimostra come le politiche sabaude, pur presentate come modernizzatrici, abbiano un impatto sociale devastante per gran parte della popolazione sarda.Importanza Strategica e Difficoltà di Reclutamento Militare
La Sardegna riveste una grande importanza strategica per i Savoia, soprattutto dal punto di vista militare. Le spese destinate all’ambito militare superano di gran lunga quelle per i servizi civili. Nonostante ciò, il reclutamento di soldati sardi per le guerre che si combattono nel continente risulta difficile. Per cercare di sopperire a questa carenza, si tenta persino di arruolare banditi e detenuti. Viene anche mobilitato il clero locale, con il compito di incoraggiare e incitare la popolazione a partecipare alle campagne militari sabaude.La Repressione delle Rivolte Popolari
Le rivolte popolari, che spaziano dal fenomeno del banditismo a tumulti che scoppiano sia nelle città che nelle campagne (come quelli successivi alla Prima Guerra Mondiale), vengono represse in modo estremamente brutale. I metodi impiegati includono la tortura e le esecuzioni pubbliche. Questi sistemi repressivi sono notevolmente più severi rispetto a quelli utilizzati contro gli oppositori politici negli stati di terraferma. Questa disparità nel trattamento evidenzia la visione della Sardegna come territorio da controllare con la forza.Resistenza Popolare e Narrativa Ufficiale
La storia dell’isola è segnata da una costante resistenza da parte della popolazione contro il dominio imposto. Questa resistenza popolare rappresenta una contro-narrazione potente che si oppone alla versione ufficiale promossa dalle élite e dal governo sabaudo. Mentre la narrazione ufficiale tende a presentare il dominio sabaudo come un progresso, la realtà vissuta dalla popolazione sarda è fatta di sfruttamento, repressione e una continua lotta per l’autonomia e i diritti.Ma si può davvero ridurre l’adesione della Sardegna al regno sabaudo a un mero atto di sfruttamento imposto, ignorando le sfumature politiche e le diverse spinte sociali dell’epoca, al di là della “volontà popolare” come la concepiamo oggi?
Il capitolo offre una prospettiva netta sullo sfruttamento sabaudo, ma la complessità di un evento come l’unione del 1847 meriterebbe un’analisi più sfumata. Affermare che non vi fu “volontà popolare” richiede di definire cosa significasse tale concetto in un contesto politico e sociale ottocentesco, ben diverso da quello attuale. Inoltre, le motivazioni dell’adesione potrebbero non ridursi al solo sfruttamento, ma includere spinte legate a progetti di modernizzazione (anche se poi fallimentari o distorsivi) o a dinamiche interne alle élite sarde e sabaude più articolate. Per approfondire, sarebbe utile esplorare la storia politica e sociale della Sardegna e del Risorgimento, studiando le istituzioni e le diverse correnti di pensiero dell’epoca. Approfondire autori che trattano la storia sarda ottocentesca può fornire il contesto necessario.2. Cameratismo di Guerra e Strutture di Potere
La vita nelle trincee non cancella le differenze sociali preesistenti. Esistono distinzioni marcate tra gli ufficiali e i soldati semplici. I primi spesso inviano i secondi verso morte certa, mentre i secondi, in rari casi, arrivano a sparare contro i propri superiori. I rapporti tra i gradi superiori e la truppa sono spesso paternalistici, ricordando quelli tra un padrone e un servo. Il termine “combattente” crea un’ulteriore divisione: da una parte i militari di carriera, dall’altra i richiamati. Borghesi e intellettuali con gradi di comando si assicurano posizioni più sicure, mentre lavoratori e contadini indossano la divisa del fantaccino, destinati a obbedire e a combattere in prima linea. La guerra, lungi dall’unire, amplifica l’abisso tra le classi dominanti e quelle subalterne.Il Cameratismo: Mito e Realtà
L’idea che l’esperienza bellica generi automaticamente un forte legame di solidarietà o cameratismo è una visione promossa dalla borghesia e dalle sfere militaristiche. Sostenere che un valore morale possa nascere da una strage è assurdo. Un senso di cameratismo esiste già tra gli oppressi, scaturito dalla loro condizione condivisa di sfruttamento. È invece dal cameratismo di guerra, inteso come legame tra reduci di diversa estrazione ma uniti dall’esperienza bellica, che trae origine il fascismo.Dalla Trincea al Potere: Il Caso Sardegna
In Sardegna, l’Associazione Nazionale dei Combattenti diventa il terreno fertile da cui, nel 1921, nascono sia il Partito Sardo d’Azione che i Fasci di Combattimento. La borghesia imprenditoriale sfrutta abilmente queste associazioni di reduci per riorganizzare il potere nel dopoguerra. Gli ufficiali, in particolare, emergono come una nuova classe dirigente. Il cameratismo serve ad aggregare interessi diversi, dove ogni gruppo cerca di strumentalizzare i soldati semplici per ottenere maggiore potere e influenza. La retorica che glorifica la guerra come esperienza trasformativa, arrivando ad affermare che trasforma le “femminucce” in “maschi”, ignora completamente la realtà delle rivolte post-belliche, a cui partecipano attivamente anche le donne. I risultati prodotti dalla guerra sono intrinsecamente violenti e dannosi.Il Modello Fascista nella Società Civile
Il fascismo in Sardegna costruisce il suo consenso appoggiandosi a proprietari terrieri, borghesia locale, intellettuali e lavoratori salariati. Il concetto di “combattentismo” viene utilizzato per giustificare e promuovere una svolta autoritaria, replicando l’organizzazione militare all’interno della società civile: il capitalismo è visto come il comando supremo, la borghesia come il potere esecutivo, e i lavoratori come soldati chiamati a obbedire. Fascisti e sardisti, nonostante le origini comuni nel movimento dei reduci, entrano in conflitto a causa di ambizioni personali. Alla fine, i fascisti prevalgono e molti esponenti sardisti aderiscono al fascismo.La Sardegna: Terra di Soldati e di Colonizzazione
Inizialmente, la Sardegna è considerata principalmente una riserva di soldati, e si esalta il mito della fierezza sarda per incentivare l’arruolamento. Successivamente, con l’avvio dei progetti di bonifica, l’isola viene vista come un’area da “redimere” e civilizzare per potervi insediare “colonie umane, bovine e suine”. Questo progetto di bonifica diventa un esperimento in vista di future espansioni coloniali. Mussolini promuove con forza l’aumento demografico, considerandolo la base fondamentale per la potenza nazionale.Il Progetto di Bonifica nell’Oristanese
Un importante progetto di bonifica nell’area dell’Oristanese viene affidato a grandi capitalisti, sostenuti finanziariamente dallo stato fascista. Il lavoro sul campo è svolto da braccianti sardi, che utilizzano principalmente mezzi manuali e operano in zone notoriamente malariche. Le promesse di assegnare terre ai braccianti una volta completata la bonifica non vengono mantenute. Al termine dei lavori, i lavoratori sardi vengono licenziati. Al loro posto, vengono insediate famiglie di coloni provenienti dal Veneto e dalla Romagna, scelte appositamente per la loro presunta laboriosità e prolificità. La vita all’interno di queste colonie è interamente focalizzata sulla produzione, con bambini e anziani impiegati nel lavoro e nella procreazione, considerata essenziale per la crescita demografica voluta dal regime.Malaria, Bonifica e Basi Militari
La malaria rappresenta un problema sanitario costante e causa di morte, colpendo anche i militari. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Fondazione Rockefeller interviene per eradicare la malaria in aree strategiche del Mediterraneo, tra cui la Sardegna, utilizzando massicciamente il DDT. L’area bonificata durante il fascismo per scopi agricoli, una volta liberata dalla malaria, diventa così un luogo ideale per l’insediamento di basi militari strategiche della NATO, come quella di Capo Frasca.Se il cameratismo di guerra è solo un “mito borghese”, come ha potuto generare il fascismo, come afferma il capitolo?
Il capitolo presenta una visione molto netta del cameratismo di guerra, definendolo un mito promosso dalla borghesia e dalle sfere militaristiche e contrapponendolo alla “vera” solidarietà degli oppressi. Tuttavia, attribuire l’origine del fascismo direttamente a questo “mito” o al legame tra reduci di diversa estrazione (definito anch’esso cameratismo di guerra nel testo) crea una potenziale contraddizione o, quantomeno, una lacuna argomentativa. Se è un mero mito o una strumentalizzazione, come può essere una forza generativa così potente? Per esplorare meglio questa dinamica e comprendere le complesse origini del fascismo e il ruolo dell’esperienza bellica e del reducismo, sarebbe utile approfondire la storia sociale della Prima Guerra Mondiale, la psicologia delle masse e la sociologia dei gruppi in contesti estremi. Autori come Emilio Gentile o Antonio Gibelli offrono prospettive diverse e complementari su questi temi.Abbiamo riassunto il possibile
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