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Informazioni
“Gli errori di Darwin” di Jerry Palmarini è un libro che ti fa davvero pensare, mettendo in discussione un sacco di cose che diamo per scontate sull’evoluzione. Non è solo una critica al darwinismo classico, ma un’esplorazione profonda di come funziona davvero la vita. Il punto centrale è che forse la selezione naturale non è l’unica forza motrice, e soprattutto, c’è un problema enorme nel capire cosa viene selezionato per cosa, il famoso dilemma della “selezione-per” e dei “free rider”. Il libro ti porta dentro il labirinto dei vincoli interni, mostrando come l’evoluzione sia super influenzata da fattori dentro l’organismo, non solo dall’ambiente esterno, un po’ come dice l’evo-devo. Si parla anche di epigenetica e trasferimento genico orizzontale, robe che rendono il quadro molto più complesso del semplice adattamentismo. È un viaggio nel cuore della teoria evolutiva, che ti fa vedere come la storia naturale specifica sia più importante delle leggi generali, sfidando l’idea che l’evoluzione sia solo un processo di selezione guidato dall’ambiente.Riassunto Breve
La visione tradizionale dell’evoluzione, basata sulla selezione naturale, presenta limiti importanti. Un problema centrale è la confusione tra il fatto che l’evoluzione seleziona organismi con certi tratti e l’idea che selezioni organismi *per* quei tratti specifici. Questa distinzione è cruciale perché la selezione naturale, a differenza di un agente intenzionale, non può distinguere tra un tratto e un altro che gli è sempre associato, un “free rider”. Ad esempio, come un architetto seleziona gli archi che sostengono una cupola, ottenendo i pennacchi come conseguenza geometrica non funzionale, la natura seleziona organismi con determinate caratteristiche, ma non è chiaro se selezioni *per* quella caratteristica specifica o per qualcos’altro che si presenta insieme. Questa difficoltà nel definire la “selezione-per” mina le spiegazioni che si basano esclusivamente sull’adattamento come motore principale. L’evoluzione non è solo un processo di filtraggio esterno di variazioni casuali. Fattori interni all’organismo, come i vincoli dello sviluppo (studiati dall’evo-devo), l’organizzazione complessa dei geni in reti, i meccanismi molecolari che filtrano le mutazioni, e la modularità dello sviluppo, giocano un ruolo determinante nel limitare e indirizzare le possibili forme fenotipiche. Questi vincoli interni sono potenti forze che plasmano l’evoluzione. Inoltre, l’evoluzione opera a diversi livelli, dai geni alle comunità, e non è sempre graduale o guidata solo dall’ambiente. Fenomeni come l’assimilazione genetica, l’epigenetica (modifiche ereditabili non basate sulla sequenza del DNA), il trasferimento orizzontale di geni e la contingenza storica dimostrano che il cambiamento evolutivo può avvenire attraverso vie multiple e non adattative. Le spiegazioni che si basano sulla “selezione-per” spesso sono solo storie plausibili raccontate dopo i fatti, non teorie causali predittive. Non esistono leggi universali della selezione; l’effetto di un tratto dipende dal contesto specifico dell’organismo e del suo ambiente. La fissazione dei fenotipi non è spiegata da un’unica teoria di selezione esterna, ma da una varietà di storie naturali, ciascuna con molteplici fattori causali eterogenei, interni ed esterni. L’evoluzione è un processo storico complesso, determinato da una molteplicità di cause, dove la selezione naturale è solo uno dei fattori, e non sempre il principale o il più creativo.Riassunto Lungo
1. L’Errore Fatale del Darwinismo
La teoria di Darwin sulla selezione naturale ha un problema importante. L’idea principale di Darwin è che l’evoluzione favorisce gli esseri viventi che hanno caratteristiche utili per l’ambiente in cui vivono. Questa idea però mette insieme due cose diverse che vanno tenute separate. È vero che l’evoluzione sceglie gli esseri viventi che hanno delle caratteristiche utili. Però, Darwin sbaglia quando dice che l’evoluzione sceglie gli esseri viventi per le loro caratteristiche utili. Questo modo di pensare è sbagliato e rende meno valida la teoria.Questo errore nasce anche perché chi studia la biologia e chi studia la filosofia non parlano abbastanza tra loro. I filosofi hanno studiato molto bene i problemi delle spiegazioni che riguardano le intenzioni, ma quasi mai usano queste idee per capire meglio l’evoluzione. Allo stesso modo, spesso i biologi non considerano le questioni filosofiche che potrebbero aiutarli a capire meglio i limiti dell’idea di “selezione-per”.Per capire meglio questo problema, possiamo fare un esempio con la teoria di Skinner sull’apprendimento. Sia Darwin che Skinner pensano che le cose funzionino così: prima si genera qualcosa in modo casuale, poi si sceglie quello che funziona meglio. Per Darwin, la natura crea cambiamenti a caso negli esseri viventi e l’ambiente sceglie quali cambiamenti sono utili. Per Skinner, il comportamento nasce in modo casuale e poi viene rinforzato dall’ambiente se funziona. Ma tutte e due queste teorie danno troppa importanza al caso e a quello che viene da fuori, e non considerano abbastanza i limiti e le regole interne che guidano sia l’evoluzione degli esseri viventi sia l’apprendimento.La biologia di oggi, con nuove scoperte come l’evo-devo, ci fa capire che non è solo l’ambiente a cambiare gli esseri viventi. Anche i fattori interni all’organismo sono molto importanti per l’evoluzione. Quindi, la selezione naturale non è la forza principale che crea l’evoluzione, ma piuttosto un modo per “aggiustare” le cose, che però deve fare i conti con le possibilità che gli organismi hanno già dentro di sé. L’evoluzione, quindi, è un processo molto più complicato e meno semplice di come pensava Darwin.Se Darwin non intendeva dire che la natura ha “intenzioni”, criticare la “selezione-per” non è un sofisma filosofico che ignora la potenza esplicativa della selezione naturale?
Il capitolo introduce una distinzione sottile tra “selezione-di” e “selezione-per” che potrebbe risultare eccessivamente cavillosa. Se l’intento è criticare una lettura antropomorfica della selezione naturale, è importante considerare se tale interpretazione sia effettivamente centrale nel pensiero di Darwin o piuttosto una semplificazione divulgativa. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile approfondire la storia del pensiero evoluzionistico e le interpretazioni filosofiche della biologia, magari partendo dagli scritti di filosofi della scienza come Elliott Sober, che ha dedicato studi approfonditi alla filosofia della biologia evoluzionistica.2. Il Labirinto dei Vincoli Interni
La teoria evoluzionistica tradizionale descrive l’evoluzione come un processo semplice. In questa visione, la selezione naturale è la forza principale. Agisce scegliendo tra diverse variazioni genetiche che appaiono casualmente. Spesso si usano immagini come quelle dei “paesaggi di fitness” per spiegare questa idea. Queste immagini però non considerano quanto siano complessi lo sviluppo degli organismi e l’organizzazione dei geni. Si pensa che l’evoluzione sia come scalare una montagna per arrivare al punto più alto, ma questo modello dimentica quanto siano importanti i limiti interni agli organismi.I limiti della visione tradizionale
L’idea che i geni siano comeSemiChe possono essere scelti uno per uno è sbagliata. I geni non lavorano da soli, ma sono collegati tra loro in gruppi complessi. Questi gruppi si trovano all’interno dei cromosomi e si influenzano a vicenda. La selezione naturale non guarda solo un singolo aspetto, ma considera l’intero organismo. Le interazioni tra i geni sono importanti per come appare l’organismo, non solo per la genetica.L’importanza dello sviluppo nello studio dell’evoluzione
Per capire meglio l’evoluzione, è nata una nuova prospettiva chiamata evo-devo. Questa prospettiva mette lo sviluppo degli organismi al centro dello studio dell’evoluzione. L’ontogenesi, cioè come un singolo organismo cresce e si sviluppa, è molto importante. Modifica il modo in cui i cambiamenti nei geni si esprimono e decide quali caratteristiche possono essere scelte dall’ambiente. Il fatto che alcuni geni e gruppi di geni siano rimasti simili in specie molto diverse suggerisce qualcosa di importante. L’evoluzione non è solo una risposta all’ambiente esterno, ma è fortemente influenzata da fattori interni agli organismi stessi.I meccanismi interni che guidano l’evoluzione
Esistono diversi meccanismi interni che funzionano come dei filtri. Questi filtri separano i cambiamenti casuali nel DNA dalle loro conseguenze sull’organismo. Meccanismi come la regolazione genica multipla, i microRNA, le proteine chaperone e lo splicing alternativo sono esempi di questi filtri interni. Inoltre, ci sono altri processi interni al genoma che influenzano l’evoluzione. Questi processi, come la “spinta molecolare” e la conversione genetica, cambiano il corso dell’evoluzione anche senza l’intervento della selezione naturale.Moduli, vincoli e robustezza nello sviluppo
Lo sviluppo degli organismi è organizzato in moduli, è vincolato da fattori interni ed è robusto. Queste caratteristiche dimostrano come i limiti interni riducano molto le possibili variazioni degli organismi. I geni master, per esempio, hanno un ruolo pleiotropico. Questo significa che influenzano contemporaneamente molte caratteristiche diverse. Per questo motivo, la selezione naturale non agisce su singole caratteristiche isolate, ma su gruppi di caratteristiche coordinate tra loro. Le esplosioni morfogenetiche sono un altro esempio importante. Questi eventi suggeriscono che quando i vincoli interni vengono allentati o rimossi, possono apparire rapidamente nuove forme di vita. Questo indica che i fattori interni hanno un ruolo molto importante nell’evoluzione.La complessità del processo evolutivo
La non-transitività della fitness e la plasticità dei genomi e dei fenotipi complicano ulteriormente il quadro dell’evoluzione. Questi aspetti suggeriscono che l’evoluzione non è un processo semplice e lineare come si pensava prima. La selezione naturale rimane importante, ma non è più vista come l’unica forza che guida l’evoluzione, né come la più importante. L’evoluzione è un processo molto più complesso e intricato, influenzato sia da fattori esterni che interni.Ma il capitolo non rischia di presentare una visione eccessivamente dicotomica tra fattori interni ed esterni, quasi a voler sminuire il ruolo ancora centrale della selezione naturale nell’evoluzione?
Il capitolo introduce una prospettiva interessante sui vincoli interni, ma a volte sembra contrapporla in modo troppo netto alla visione tradizionale basata sulla selezione naturale. È vero che i modelli semplicistici dei “paesaggi di fitness” possono essere limitanti, ma la biologia evoluzionistica moderna riconosce da tempo la complessità dell’interazione tra fattori interni ed esterni. Per avere un quadro più completo, sarebbe utile esplorare come autori come Maynard Smith e Dawkins hanno integrato la genetica mendeliana con la teoria della selezione naturale, e come autori più recenti, come Carroll, stanno cercando di sintetizzare evo-devo e selezione naturale. Approfondire la genetica, la biologia dello sviluppo e la teoria evoluzionistica contemporanea può aiutare a superare una visione eccessivamente polarizzata.3. Molteplicità Evolutiva: Oltre i Vincoli Ambientali
Ampliare la prospettiva sulla selezione naturale
Negli ultimi anni, si è capito che bisogna guardare alla selezione naturale in modo più ampio. Non si parla più solo di singoli individui o gruppi di individui, ma di un sistema complesso con molti livelli. Gèni, cromosomi, genomi, cellule, tessuti, gruppi sociali e intere comunità: tutti questi livelli sono luoghi dove avvengono processi di selezione. Ogni livello ha le sue regole e interagisce in modo specifico con i livelli vicini.Fenotipi inattesi e assimilazione genetica
Un fatto strano è che a volte compaiono caratteristiche fisiche nuove in risposta a difficoltà ambientali, ma queste caratteristiche non sembrano utili per adattarsi all’ambiente. Alcuni esperimenti mostrano che, in ambienti particolari e forzando la selezione, possono comparire tratti nuovi che non danno un vantaggio immediato. Questo fenomeno si chiama “assimilazione genetica”. Fa capire che esistono mutazioni nascoste che si mostrano solo in certe situazioni, mettendo in dubbio l’idea che l’adattamento sia sempre guidato dall’ambiente, come diceva il neo-darwinismo.L’evoluzione non è solo adattamento
L’evoluzione non significa solo adattarsi. Ci sono dei limiti, sia interni che esterni, che rendono la selezione più difficile. Fenomeni come la deriva genetica e la selezione che cambia in base a quanto un tratto è comune influenzano il modo in cui i tratti si stabilizzano. Le interazioni complesse tra questi limiti e i diversi tipi di selezione creano un quadro dell’evoluzione più complicato rispetto a quello classico del neo-darwinismo.Contingenza storica e vicoli ciechi evolutivi
Un esempio chiaro viene dallo studio dei batteri E. coli e della loro capacità di usare diversi tipi di zucchero. La selezione artificiale in laboratorio dimostra che l’ordine in cui avvengono le selezioni e il caso storico sono molto importanti. Alcuni adattamenti possono bloccare future evoluzioni, creando dei veri e propri “vicoli ciechi” per l’evoluzione. In più, tratti che vengono selezionati artificialmente possono portare con sé altre caratteristiche non selezionate, chiamate “free rider”. Questo rende più difficile capire cosa è veramente un adattamento e cosa invece è solo una conseguenza della selezione di altro.L’ambiente come motore di cambiamento genetico
Anche l’idea di “ambiente” cambia nel corso dell’evoluzione. L’ambiente non è solo qualcosa che seleziona, ma anche qualcosa che spinge il cambiamento genetico, aumentando la capacità di un organismo di cambiare durante il suo sviluppo. In questo modo, sono i geni a seguire i cambiamenti fisici, invece di guidarli.Ruolo dell’epigenetica
L’epigenetica aggiunge un altro livello di complessità. Si tratta di modifiche chimiche al DNA e alle proteine che lo accompagnano, che possono essere trasmesse ai figli e influenzare come i geni si esprimono, senza però cambiare la sequenza del DNA. Fenomeni come l’imprinting parentale e l’ereditarietà epigenetica transgenerazionale dimostrano che l’ambiente e le esperienze possono lasciare segni ereditari. Questo mette ancora più in discussione l’importanza centrale del gene e della selezione genetica tradizionale.Trasferimento orizzontale di geni e elementi trasponibili
Infine, il trasferimento orizzontale di geni e gli elementi trasponibili mostrano che esistono meccanismi di cambiamento genetico che non sono verticali e graduali. Questi processi, soprattutto nei microrganismi, mettono in dubbio l’idea di un albero genealogico lineare e aggiungono una dimensione di rete all’evoluzione.Intercambiabilità di cause interne ed esterne
Il fatto che cause interne ed esterne possano scambiarsi di ruolo nel causare cambiamenti fisici sottolinea ancora di più che è necessario rivedere il modo in cui pensiamo all’evoluzione. La capacità di cambiare aspetto in base all’ambiente e di rispondere a problemi sia esterni che interni suggerisce che ci sono meccanismi evolutivi comuni e molto collegati tra loro.Necessità di integrare e superare il neo-darwinismo
Tutti questi fenomeni insieme fanno capire che la teoria neo-darwinista, anche se resta importante, ha bisogno di essere completata e superata. Processi come la selezione senza adattamento, il ruolo del caso, l’epigenetica e il trasferimento di geni tra organismi non sono solo dettagli in più, ma elementi che richiedono di ripensare in modo più profondo la teoria dell’evoluzione.Ma se la “selezione-per” è un concetto così problematico, come mai la biologia evoluzionistica continua ad utilizzarlo, seppur con cautela?
Il capitolo critica l’idea di “selezione-per” evidenziandone i limiti e la potenziale circolarità. Tuttavia, non chiarisce se questa critica sia una posizione consolidata o parte di un dibattito ancora aperto all’interno della comunità scientifica. Per comprendere appieno la questione, sarebbe utile esplorare il dibattito contemporaneo sulla filosofia della biologia, in particolare le opere di autori come Sober e Godfrey-Smith, che hanno analizzato in profondità i concetti di funzione, adattamento e selezione. Approfondire il lavoro di questi autori potrebbe fornire una prospettiva più articolata sulla validità e l’utilità del concetto di “selezione-per”.7. Oltre la Selezione Naturale: L’Eterogeneità della Fissazione Fenotipica
Si nota che non si conoscono bene i meccanismi che spiegano come evolvono i fenotipi, cioè l’insieme delle caratteristiche osservabili di un organismo. Si pensa che l’evoluzione dei fenotipi avvenga in molti modi diversi, a seconda della storia naturale dei vari organismi.Selezione naturale e apprendimento comportamentale
La selezione naturale e l’apprendimento comportamentale hanno un’idea simile: gli organismi producono caratteristiche in modo casuale. Entrambe le teorie si trovano di fronte al problema dei “free rider”. I “free rider” sono caratteristiche che non aiutano direttamente un organismo a sopravvivere e riprodursi (fitness) o ad essere condizionato, ma sono collegate ad altre caratteristiche che invece sono utili.La selezione naturale ha difficoltà a distinguere tra le caratteristiche che aiutano la fitness e quelle “free rider” collegate. Allo stesso modo, il condizionamento operante fatica a distinguere tra lo stimolo che funziona davvero e altre proprietà meno importanti.Il ruolo delle rappresentazioni mentali
La psicologia cognitiva introduce le rappresentazioni mentali, cioè i modelli interni della realtà nella mente. Grazie a queste rappresentazioni, è possibile superare i problemi dei “free rider”. Le rappresentazioni mentali riescono a distinguere le proprietà importanti da quelle secondarie, anche se sono presenti insieme.Tuttavia, non è corretto applicare questa idea all’evoluzione, pensando che la selezione naturale funzioni come la mente, introducendo stati mentali nell’evoluzione. Questo errore è stato attribuito anche a Darwin. Se si introducesse l’intenzione nella selezione naturale, l’evoluzione diventerebbe simile all’allevamento selettivo fatto dagli esseri umani, che scelgono intenzionalmente quali animali far riprodurre. L’evoluzione naturale, invece, non è un processo intenzionale.Selezione e selezione-per
Per risolvere il problema dei “free rider” è fondamentale distinguere tra “selezione” e “selezione-per”. La “selezione” indica semplicemente che alcune caratteristiche vengono selezionate, mentre “selezione-per” indica che vengono selezionate per un motivo specifico, cioè perché sono utili per qualcosa.Si suggerisce che la selezione naturale possa essere “intensionale” senza essere “intenzionale”. Questo significa che la selezione naturale agisce seguendo delle leggi naturali, non delle intenzioni. Però, è improbabile che esistano delle vere e proprie “leggi della selezione”. L’effetto di una caratteristica sulla fitness dipende dal tipo di organismo (fenotipo) e dall’ambiente in cui vive (ecologia). Quindi, per capire perché certe caratteristiche si sono affermate, è più importante studiare la storia naturale degli organismi, non cercare leggi generali della selezione.La storia naturale e la fissazione dei fenotipi
La storia naturale spiega la fissazione dei fenotipi in modo diverso dalla teoria evoluzionistica tradizionale, che cerca una teoria valida per tutti i livelli. La storia naturale unisce diversi livelli di analisi e considera molti fattori causali eterogenei per spiegare come si affermano i fenotipi.L’esempio del contagio del raffreddore spiega bene questo concetto. I fenotipi vengono acquisiti dall’ambiente esterno (ecologia), un po’ come si prende un raffreddore. Questo processo dipende da molti fattori diversi e livelli di organizzazione, sia esterni che interni all’organismo.Non esiste una teoria unificata della fissazione fenotipica
Non esiste un’unica teoria che spieghi la fissazione dei fenotipi basandosi su leggi di selezione esterne all’organismo. La fissazione dei fenotipi è un processo determinato da cause precise, ma queste cause sono diverse a seconda della storia naturale di ogni organismo. Quindi, per spiegarla, non serve una teoria unificata, ma bisogna studiare le diverse storie naturali.Questa visione dell’evoluzione è pienamente naturalistica e non religiosa (ateistica). Permette di liberarsi dalle idee nascoste di intenzionalità che si trovano nella teoria di Darwin sull’adattamento. Inoltre, supera l’idea di “Madre Natura” come agente selettivo, cioè come entità intenzionale che guida la selezione.Se abbandoniamo l’idea di leggi generali della selezione, non rischiamo di rendere la biologia evoluzionistica una mera raccolta di aneddoti storici, priva di potere predittivo e di principi unificanti?
Il capitolo sembra suggerire che la “storia naturale” e lo studio di fattori causali eterogenei siano sufficienti a spiegare la fissazione dei fenotipi, rigettando implicitamente la ricerca di principi generali o “leggi della selezione”. Tuttavia, se ogni spiegazione diventa dipendente dalla specificità della “storia naturale” di ogni organismo, come possiamo generalizzare o prevedere alcunché in biologia evoluzionistica? Per rispondere a questa domanda, è utile approfondire il dibattito filosofico sulla natura delle leggi scientifiche in biologia, e considerare le posizioni di autori come Ernst Mayr, che pur enfatizzando l’importanza della storia in biologia, non negava la validità di principi generali. Inoltre, lo studio della filosofia della scienza può aiutare a chiarire se una disciplina scientifica possa progredire senza la ricerca di teorie unificate e leggi generali.Abbiamo riassunto il possibile
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