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Contenuti del libro
Informazioni
“Gli arabi e lo storytelling. Dalle origini a Giulio Regeni” di Stefano Calabrese ti porta in un viaggio affascinante nel cuore della narrativa araba, esplorando come le storie non siano solo intrattenimento, ma potenti strumenti che plasmano la cultura, le relazioni e persino la politica. Vedremo come l’antica tradizione dello storytelling arabo, con le sue strutture complesse come l’entrelacement e l’arabesco che intrecciano vite e tempi diversi, si manifesti in capolavori come le Mille e una notte o il moderno Palazzo Yacoubian, riflettendo una visione del mondo dove il sé è profondamente legato alla collettività. Ma il libro non si ferma al passato: analizza come questa maestria narrativa possa essere usata oggi, ad esempio nella disinformazione e nella manipolazione del racconto, come tragicamente accaduto nel caso di Giulio Regeni in Egitto, dove la fabbricazione di storie ha cercato di nascondere la verità. Scoprirai le differenze culturali nel modo di narrare, di percepire lo spazio e il tempo, e come la narrazione sia uno strumento performativo, usato per negoziare, persuadere e persino sopravvivere, in una dinamica spesso tesa tra narratore e narratario. È un libro che ti farà guardare allo storytelling arabo non solo come arte, ma come chiave per capire una cultura complessa e le sue interazioni con il mondo.Riassunto Breve
La narrazione araba si distingue per caratteristiche specifiche che la differenziano da quella occidentale, manifestandosi in vari contesti, dalla letteratura all’uso strategico dell’informazione. Un esempio di manipolazione narrativa si osserva nel caso di Giulio Regeni, dove diverse versioni dei fatti, promosse da apparati governativi, creano confusione e nascondono la verità. Questa strategia di disinformazione sfrutta tecniche simili a quelle dell’intelligence, come la manipolazione di dati e la creazione di storie fittizie, abilità che sembrano affinate dalla complessa tradizione narrativa araba. L’empatia e la capacità di comprendere gli altri, sviluppate attraverso le storie, diventano strumenti utili anche per l’intelligence. La letteratura araba per l’infanzia, inizialmente didattica e religiosa, si è evoluta includendo temi contemporanei e riconoscendo il valore ludico del racconto. Nelle narrazioni quotidiane degli adolescenti arabi immigrati, le storie sono spesso orientate all’ascoltatore, usate per cercare approvazione o negoziare l’identità, dimostrando una funzione interattiva e persuasiva del narrare. Nella tradizione araba, l’Io narrante può immedesimarsi nell’ascoltatore, ma le storie sono anche strumenti performativi usati per ottenere vantaggi, difendere posizioni o risolvere conflitti, con un basso accento sull’autore e una forte enfasi sulla funzione pratica del racconto, come si vede nelle Mille e una notte dove Sherazade narra per sopravvivere. La relazione con l’ascoltatore, spesso percepito come figura autoritaria o ostile, è cruciale; la narrazione può nascere da un ordine o una coercizione, portando all’uso della menzogna o della dissimulazione come strategie. La struttura narrativa araba è complessa e intrecciata, definita “entrelacement” o “arabesco”, con molteplici storie che si sviluppano simultaneamente o si intersecano, creando trame non lineari e spesso aperte, senza conclusioni definitive. Questa struttura riflette una diversa concezione del destino, spesso visto come predeterminato, e del tempo, percepito in modo policronico e circolare. Anche la percezione dello spazio è diversa, più multimodale e sensoriale, con distanze interpersonali ridotte e l’olfatto importante. Il concetto di Sé è profondamente relazionale e collettivo, non individuale e delimitato spazialmente, influenzando la memoria autobiografica che serve a rafforzare i legami sociali e trasmettere valori comunitari piuttosto che all’auto-espressione individuale.Riassunto Lungo
1. L’Arte della Disinformazione
La vicenda di Giulio Regeni
La storia di Giulio Regeni è un chiaro esempio di come le notizie possono essere manipolate. All’inizio, viene detto che Regeni è morto in un incidente stradale. Poi, la storia cambia rapidamente, con molte versioni diverse che non concordano tra loro. Queste storie hanno lo scopo di cambiare la realtà dei fatti. Si dice che Regeni avesse litigato con qualcuno, che fosse un drogato, un criminale comune, o addirittura una spia internazionale.La strategia di disinformazione
Queste storie false sono diffuse dal governo egiziano e dimostrano una strategia ben precisa per ingannare le persone. Sembra che il loro scopo non sia dire la verità, ma nascondere i fatti reali creando confusione. Inventano storie di vario tipo, dal racconto di un crimine alle storie di spionaggio, per confondere le idee e allontanare l’attenzione dalla verità.L’intelligence e la manipolazione delle storie
La capacità di cambiare le storie e far credere cose non vere è tipica di chi lavora nell’intelligence, cioè nei servizi segreti. Chi racconta storie e chi lavora nei servizi segreti usano metodi simili. Raccolgono informazioni, le cambiano a loro piacimento, creano personaggi che non esistono, e cambiano l’ordine degli eventi nel tempo e nello spazio. Sembra che la tradizione araba di raccontare storie complesse e piene di livelli abbia reso i servizi segreti di questi paesi particolarmente bravi nell’arte di dare informazioni false.Empatia e “lettura della mente” nell’intelligence
Capire gli altri e riuscire quasi a “leggere nella loro mente” sono capacità che si sviluppano quando ci si appassiona alle storie. Queste capacità diventano molto importanti per chi lavora nell’intelligence. La storia di Regeni è un esempio triste di come inventare storie possa servire a nascondere la verità e portare avanti progetti politici nascosti, che hanno radici in una lunga tradizione di creazione di storie.È davvero credibile attribuire le strategie di disinformazione descritte nel capitolo a una generica “tradizione araba di raccontare storie”, senza fornire prove più concrete e esempi specifici?
Il capitolo sembra suggerire un legame diretto e quasi causale tra una presunta “tradizione araba di raccontare storie complesse” e la capacità dei servizi segreti egiziani di manipolare l’informazione. Questa affermazione appare eccessivamente generalizzante e priva di un’analisi critica più approfondita. Per rispondere alla domanda, sarebbe utile esaminare studi più specifici sulle tecniche di propaganda e disinformazione utilizzate in diversi contesti culturali e politici, evitando di ricorrere a stereotipi culturali generici. Approfondimenti sui lavori di studiosi della comunicazione politica e della propaganda potrebbero offrire strumenti analitici più solidi per comprendere fenomeni complessi come la disinformazione.2. L’Arte Narrativa Araba: Tra Infanzia, Migrazione e Persuasione
Evoluzione della letteratura araba per l’infanzia
La letteratura araba dedicata ai bambini ha seguito un percorso di sviluppo particolare. È nata più tardi rispetto a quella europea e si è sviluppata in un contesto culturale profondamente segnato dall’Islam. All’inizio, le storie avevano soprattutto uno scopo educativo e religioso. Si concentravano sulle figure dei profeti e sui valori morali. Il Corano stesso offriva un modello di narrazione, con racconti pensati per trasmettere insegnamenti etici.Apertura a nuove tematiche e al gioco
Con il passare del tempo, la letteratura per bambini araba ha iniziato ad accogliere anche fiabe occidentali, tradotte e adattate al contesto locale. Nonostante questo, è rimasta fedele a una struttura narrativa che puntava all’educazione e all’etica. Solo in tempi recenti si è verificato un cambiamento importante. Sono stati introdotti temi più moderni e si è riconosciuto il valore del gioco nel racconto. Si è iniziato a capire che i bambini hanno il diritto di trovare nelle storie un riflesso del loro mondo e dei loro desideri.Narrazione e persuasione negli adolescenti arabi immigrati
Le narrazioni quotidiane di ragazzi arabi che sono immigrati in Canada mettono in luce alcune caratteristiche culturali tipiche del modo di raccontare storie. Questi brevi racconti familiari sono creati pensando soprattutto a chi ascolta, in particolare ai genitori. Gli adolescenti arabi usano le storie per ottenere approvazione, chiedere consigli o per definire la propria identità culturale. La narrazione diventa così uno strumento per comunicare e convincere. Il modo in cui il genitore reagisce influenza la forma e il contenuto del racconto. Questo modo di fare ricorda una tradizione narrativa araba in cui il rapporto con l’altro e l’obiettivo della comunicazione sono fondamentali. Un esempio è la capacità di Sherazade di adattare il racconto in base a chi l’ascoltava.È corretto generalizzare una presunta tendenza alla “persuasione” nella narrazione araba basandosi unicamente sui racconti di adolescenti immigrati in Canada?
Il capitolo presenta un interessante spunto sull’uso della narrazione come strumento di persuasione tra gli adolescenti arabi immigrati. Tuttavia, l’argomentazione sembra mancare di una più ampia contestualizzazione culturale. Affermare che questa dinamica sia rappresentativa di una “tradizione narrativa araba” nel suo complesso appare una generalizzazione affrettata. Per comprendere meglio la questione, sarebbe utile approfondire gli studi antropologici sulla narrazione in diverse culture, esplorando come il contesto sociale e culturale influenza le strategie comunicative. Autori come Deborah Tannen, esperta di comunicazione interculturale, potrebbero offrire spunti preziosi per analizzare la complessità delle dinamiche narrative in contesti culturali diversi.3. La dinamica narrativa nel contesto arabo
La narrazione come strumento
Nelle storie arabe, chi racconta si immedesima spesso in chi ascolta. Allo stesso tempo, si nota una tendenza a usare le storie per ottenere qualcosa. Raccontare storie diventa quindi un modo per agire, soprattutto quando ci si confronta o si discute con qualcuno. Invece di essere semplici racconti, le storie diventano strumenti per convincere, difendere le proprie idee o influenzare le decisioni degli altri.L’autore scompare
Un aspetto particolare delle narrazioni arabe è che l’autore sembra quasi scomparire. Le storie sembrano nascere direttamente dalle situazioni, e l’importanza di chi le racconta passa in secondo piano rispetto allo scopo pratico del narrare. Questo si vede bene nelle Mille e una notte, dove Sherazade racconta storie per salvarsi la vita. In questo caso, la narrazione è strettamente legata all’arte di persuadere e di negoziare. Nella tradizione araba, spesso si trasformano eventi sociali in storie appassionanti, usando i racconti per ristabilire l’ordine e risolvere i problemi.Le Mille e una notte in Europa
Quando le Mille e una notte sono state tradotte in Europa nel Settecento, si è capito quanto fosse potente raccontare storie. Questa raccolta di racconti, con la sua struttura complicata e le molte versioni diverse, mette in primo piano la figura di Sherazade. Per lei, raccontare storie è un’azione rischiosa, un modo per difendersi dalla morte e per cambiare il destino del re Shariyar. Il fatto che non si sappia bene chi abbia scritto originariamente queste storie e che siano state modificate nel tempo dimostra che la narrazione araba è qualcosa di vivo e condiviso da molti.Il ruolo di chi ascolta
Un punto fondamentale è il ruolo di chi ascolta le storie, che spesso è visto come una figura autoritaria o addirittura ostile. Nella cultura araba, a volte si racconta perché qualcuno lo ordina. Ad esempio, nel Corano, Dio comanda a Maometto di recitare. Allo stesso modo, Sherazade racconta storie perché il re glielo impone. C’è quindi un rapporto di potere in cui la narrazione è una risposta a un comando. Questa dinamica autoritaria si ritrova anche in altre opere, come Kalila e Dimna, dove spesso si inizia a raccontare storie per ordine di un re o di una persona potente. In questo contesto, mentire e nascondere la verità diventano strumenti narrativi. Sono strategie che il narratore usa per gestire il rapporto potenzialmente pericoloso con chi ascolta. La narrazione araba si distingue proprio per questa tensione tra chi racconta e chi ascolta, dove il racconto è un atto che ha conseguenze importanti in termini di potere e di sopravvivenza.Ma è davvero l’ ‘entrelacement’ una caratteristica esclusivamente araba, o strutture narrative simili esistono anche in altre tradizioni letterarie, magari sotto nomi diversi?
Il capitolo presenta l’ ‘entrelacement’ come una specificità della narrativa araba, quasi a suggerire una distinzione netta dalle narrazioni occidentali. Tuttavia, è utile interrogarsi se questa struttura sia realmente unica o se piuttosto non si tratti di una forma narrativa più universale, presente in diverse culture letterarie, seppur magari identificata con terminologie differenti. Per rispondere a questa domanda, si suggerisce di approfondire gli studi di letteratura comparata e teoria della narrazione, esplorando autori come Franco Moretti o Rimmon-Kenan, per acquisire una prospettiva più ampia sulle diverse forme e funzioni del racconto nelle varie tradizioni letterarie.6. L’Arabesco Narrativo: Interculturalismo e Memoria Autobiografica
La narrazione araba ha una struttura particolare, chiamata “arabesco”. Questa struttura è complessa e intrecciata, come un ornamento labirintico. Si trova sia nei libri moderni che nei racconti orali. La caratteristica principale dell’arabesco narrativo è che le storie non sono lineari, ma si sviluppano intrecciandosi tra loro. In pratica, ci sono più storie che vanno avanti insieme, mescolando passato e presente, realtà e finzione. Alcuni romanzi, come “Dita di datteri” e “Il cacciatore di aquiloni”, sono esempi di questa struttura. Questi libri hanno trame che si muovono su più livelli, proprio come un arabesco.Il Fascino Globale dello Storytelling Arabo
Il successo mondiale di libri come “Il cacciatore di aquiloni” dimostra che il modo di raccontare storie tipico del mondo arabo piace a molte persone. Elementi come la metalessi, cioè quando il narratore e i personaggi si confondono, e il modo non lineare di gestire il tempo, sono molto apprezzati. Questi elementi vengono da una cultura che ha un’idea di sé stessi diversa da quella occidentale.La Costruzione del Sé nelle Culture Arabe
Nelle culture arabe, l’idea che una persona ha di sé si forma attraverso i racconti della famiglia e della società. Questi racconti mettono in primo piano il gruppo e il fatto di essere legati agli altri, al contrario di quanto succede in Occidente, dove si dà più importanza all’individuo. Per questo, ricordare episodi della propria vita non serve tanto per esprimere se stessi, ma soprattutto per rafforzare i legami con gli altri e per far conoscere i valori della comunità. Concetti come “salvare la faccia”, cioè non fare brutta figura, e l’armonia del gruppo sono molto importanti e influenzano anche il modo di comunicare e di raccontare storie.La Percezione del Tempo e la Narrazione Arabescata
Il modo di vedere il tempo nelle culture arabe è spesso diverso da quello occidentale. Nelle culture arabe, il tempo è visto in modo policronico e circolare. Policronico significa che si possono fare più cose contemporaneamente, e circolare significa che il tempo non è visto come una linea retta. Questa idea del tempo si riflette nella struttura narrativa “arabesco”. Le storie arabe spesso mescolano tempi e luoghi diversi, creando un universo narrativo ricco e complesso, proprio come la cultura araba. Quindi, la narrazione araba non si limita a raccontare storie, ma esprime una visione del mondo in cui le relazioni tra le persone e la continuità nel tempo sono più importanti della linearità e dell’individualismo.È davvero appropriato definire una specifica struttura narrativa come “arabescata” e collegarla in modo così diretto e deterministico a una presunta “visione del mondo araba”, senza considerare la complessità e la diversità delle culture che rientrano in questa vasta area geografica e culturale?
Il capitolo sembra presentare un legame troppo semplicistico e lineare tra una forma narrativa e un’identità culturale. È fondamentale interrogarsi sulla validità di generalizzazioni così ampie, che rischiano di appiattire la ricchezza e la varietà delle espressioni narrative e culturali. Per approfondire criticamente queste tematiche, è consigliabile esplorare studi di antropologia culturale e sociologia della letteratura, che offrono strumenti concettuali più sofisticati per analizzare le interazioni tra cultura, narrazione e identità. Autori come Stuart Hall e Pierre Bourdieu possono fornire chiavi di lettura utili per decostruire visioni essenzialiste delle culture e comprendere la complessità delle dinamiche interculturali.Abbiamo riassunto il possibile
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