“Giornate intere fra gli alberi” di Marguerite Duras non è un libro che ti prende per mano, ma ti lancia in un mondo fatto di frammenti di vite intense e spesso dolorose. Attraverso capitoli che sembrano quasi racconti a sé, esploriamo rapporti complicati, come quello tra un figlio disilluso e la madre ricca e ossessionata dalla sua fabbrica, un legame fatto di distanza e incomprensioni, segnato anche da gesti estremi come il furto e il gioco d’azzardo. Ci spostiamo in una città coloniale, dove una ragazza osserva il contrasto tra la vitalità brutale di un boa e la repressione di una donna intrappolata nel rimpianto della sua verginità. Incontriamo figure indimenticabili come una portinaia e uno spazzino, uniti dalla fatica del loro lavoro e da una strana amicizia fatta di cinismo e malinconia, che lottano contro la pattumiera come fosse un nemico esistenziale. E poi c’è l’attesa carica di tensione tra un uomo e una donna vicino a un cantiere, un incontro che sembra inevitabile. Duras dipinge quadri potenti di solitudine, desiderio, disillusione e la ricerca di un senso, o forse solo di una connessione, in vite segnate dalla precarietà e da legami familiari complessi. È un viaggio nelle profondità dell’animo umano, dove l’osservazione diventa un modo per capire il mondo e se stessi.
Riassunto Breve
La madre arriva e la sua vecchiaia appare improvvisa al figlio. Indossa gioielli che mostrano la sua ricchezza, ma il suo aspetto fisico è molto cambiato. L’incontro avviene nell’appartamento semplice del figlio, dove vive con Marcelle. La madre mangia con grande appetito. Parla del passato, dei suoi soldi e pensa sempre alla sua fabbrica e agli ottanta operai che ha lasciato. La cena include la choucroute. La sera vanno in un locale notturno dove lavora il figlio. La madre lo osserva nel suo ambiente, un mondo diverso dal suo. Riflette sulla loro vita, sul lavoro del figlio e su Marcelle. Nonostante mostri interesse per la vita del figlio, rimane concentrata sui suoi affari e sulla fabbrica lontana. Decide di partire il giorno dopo, non sopporta di stare lontano dalla fabbrica. La visita finisce presto, con un ultimo pasto dove c’è ancora la choucroute, e si sente la distanza tra loro. La madre parte e il figlio e Marcelle tornano alla loro vita di tutti i giorni. Il figlio torna a casa di notte, Marcelle è ancora agitata. Non riesce a dormire, è tormentato e si isola. Marcelle lo raggiunge, ma lui la allontana a parole, anche se la lascia dormire sul divano. L’insonnia lo fa camminare per la stanza, pieno di un’angoscia che non capisce. Vede i braccialetti d’oro della madre sul caminetto e ha un impulso strano. Prende due braccialetti e va in una casa da gioco per impegnarli. Fa questo gesto quasi senza pensarci e si sente confuso, non sa quanto sia grave quello che ha fatto. La mattina dopo, la madre si sveglia e non trova i braccialetti. Marcelle cerca di nascondere la verità, ma la madre capisce. Quando il figlio torna all’alba, confessa a Marcelle di aver rubato i braccialetti e di aver perso i soldi al gioco. Parla con la madre e si vede un legame complicato. La madre sa che il figlio ha dei difetti, ma è quasi orgogliosa che sia un fallito, preferendolo ad altri figli che sono più normali e borghesi. Il figlio è triste, non riesce a lavorare né a trovare un senso nella vita. La madre, con un sorriso e le lacrime agli occhi, sembra accettare e quasi contenta della sua infelicità. La notte finisce con entrambi bloccati in un rapporto difficile e senza illusioni. In una città coloniale francese, intorno al 1928, una ragazza va all’istituto Barbet. Ogni domenica, mentre le altre studentesse escono, lei resta con la signorina Barbet e vanno al giardino botanico. Vanno a vedere la gabbia del boa, dove mangia un pollo vivo la domenica. Questo spettacolo affascina la ragazza, lo vede come qualcosa di naturale e forte, un “crimine perfetto” fatto alla luce del sole. Dopo lo zoo, tornano all’istituto e la signorina Barbet invita la ragazza nella sua stanza. In sottoveste, le mostra la sua biancheria e si lamenta della sua vita sprecata, senza amore e vecchia. Dalla signorina Barbet viene un odore particolare che la ragazza associa alla morte e al fatto che è vergine. Questo odore è in tutta la casa, che sembra ferma nel passato e nei rimpianti. La ragazza vede una grande differenza tra i due “spettacoli” della domenica: il boa che mangia, pieno di vita e violenza naturale, e la signorina Barbet che si consuma lentamente, in silenzio, divorata dai rimpianti e dalla verginità. Il boa diventa un simbolo di un mondo istintivo e inevitabile, mentre la signorina Barbet rappresenta una vita vuota e repressa. La ragazza, guardando questi due mondi opposti, inizia a pensare al corpo, al desiderio e al destino. Si sente attratta dal mondo istintivo e crudele del boa e vuole scappare dall’atmosfera pesante della casa della signorina Barbet. Il boa, anche se fa paura, le dà coraggio e la fa riflettere sulla natura umana e sul suo posto nel mondo. Madame Dodin, la portinaia, odia molto portare fuori la spazzatura. Lo fa ogni mattina con rumore, svegliando gli inquilini. Questo lavoro quotidiano è per lei una lotta, una battaglia contro l’ingiustizia della spazzatura degli altri. Il suo odio è così forte che influenza i suoi rapporti con gli inquilini, che vede come nemici che non la aiutano a rendere il suo lavoro più facile. La portinaia trova conforto e un amico in Gaston, lo spazzino, con cui parla della fatica e dell’insoddisfazione del loro lavoro. Le loro conversazioni del mattino, che gli inquilini sentono spesso, parlano del lavoro ma anche di cose più profonde sulla vita e sulla società, a volte c’è anche Mademoiselle Mimì, la proprietaria della pensione vicina, che è più timida. Gaston, che una volta era uno spazzino bravo e fiero, sembra cambiato, deluso e un po’ triste. Lavora senza voglia e si capisce che vorrebbe cambiare vita, forse andare in una città del sud. Questo desiderio si vede anche perché beve di più, e questo preoccupa Madame Dodin, anche se la loro amicizia è forte e complicata. Madame Dodin e Gaston hanno un legame intenso, fatto di battute, scherzi e un affetto un po’ rude. Il loro rapporto si vede anche in piccoli atti contro gli inquilini, come i piccoli furti che Madame Dodin fa con sfrontatezza, quasi per sfidare le regole e mostrare di avere un po’ di potere. Gli inquilini, anche se infastiditi, non fanno niente, un po’ rassegnati e un po’ spaventati dalla portinaia. Nonostante la durezza e il cinismo che Madame Dodin mostra, si vede una tristezza nascosta, una consapevolezza della sua situazione e della fine che arriverà. Non ha un buon rapporto con i figli, preferisce stare con Gaston e nella sua vita quotidiana fatta di conflitti ma anche di vitalità, anche se odia la spazzatura, che è il centro della sua esistenza. Un uomo guarda una donna vicino a un cantiere vicino all’albergo. La donna sembra molto turbata dalla costruzione. L’uomo, curioso, le si avvicina. La donna dice che il cantiere è insopportabile e pensa di lasciare l’albergo. Questa reazione fa crescere l’interesse dell’uomo. L’uomo inizia a osservare la donna mentre mangia, guarda come si comporta e come reagisce. La paura che il cantiere provoca nella donna diventa per l’uomo qualcosa che lo attrae molto. Aspetta che la donna torni al viale, dove c’è il cantiere. La donna torna e si incontrano di nuovo. Da quel momento, iniziano a salutarsi, ma restano a distanza. L’uomo, apposta, aspetta prima di avvicinarsi direttamente, godendosi la tensione dell’attesa. Anche la donna mostra di essere impaziente, capisce che l’uomo è interessato a lei. L’attesa finisce quando la donna, vestita di rosso, si presenta all’uomo nel fumoir. Ridono insieme e questo segna la fine dell’attesa. Lasciano l’albergo insieme e vanno verso il lago, arrivando in un posto nascosto tra le canne, che rappresenta un incontro che doveva succedere e che è importante.
1. Il Peso dell’Oro e degli Anni
Il figlio si stupisce della vecchiaia della madre, che lo accoglie al suo arrivo. I gioielli che indossa, pur mostrando la sua ricchezza, non nascondono il cambiamento del suo corpo. La madre stessa parla di questo cambiamento, avvenuto all’improvviso. Dopo cinque anni di lontananza, i due si ritrovano nel piccolo appartamento del figlio, dove lui vive con Marcelle. La madre mostra subito un grande appetito, come se volesse riempire un vuoto interiore. Parla del passato, della sua ricchezza, ma soprattutto della fabbrica e degli ottanta operai che ha lasciato. La cena diventa un vero e proprio banchetto, con la choucroute come piatto principale. La serata continua in un locale notturno, dove il figlio e Marcelle lavorano. La madre li osserva, riflettendo sulle loro vite, sul lavoro del figlio e sul legame che li unisce. Nonostante un certo interesse per la vita del figlio, la madre pensa sempre alla sua fabbrica. Decide quindi di partire il giorno dopo, non riuscendo a stare lontana dai suoi affari. Quella che doveva essere una lunga visita si conclude in fretta. Dopo un ultimo pasto insieme, ancora a base di choucroute, madre e figlio si salutano, consapevoli della distanza che li separa. La partenza della madre segna la fine di questa breve parentesi, e il figlio e Marcelle tornano alla loro vita di tutti i giorni.
2. Notte di Angoscia e Oro Rubato
Il figlio, incapace di trovare pace, rientra a casa nel cuore della notte. Marcelle, ancora turbata dagli eventi, è in cucina. Lui, incapace di dormire e sopraffatto dall’angoscia, si chiude in sala da pranzo. Marcelle lo cerca, ma lui, pur respingendola con dure parole, le concede di restare a dormire sul divano. L’insonnia lo divora, spingendolo a vagare senza meta nella stanza, in preda a un’inquietudine che non sa spiegare. Lo sguardo cade sui braccialetti d’oro della madre, posati sul caminetto. Un impulso irrefrenabile lo assale. In un attimo di disperazione, ne ruba due e corre in una casa da gioco, dove li impegna. Questo gesto, compiuto quasi in uno stato di trance, lo getta in un profondo smarrimento, incapace di comprendere appieno la gravità di ciò che ha fatto. Al risveglio, la madre si accorge del furto. Marcelle cerca di nascondere la verità, ma l’intuito materno non si lascia ingannare. Il figlio, rientrato all’alba, confessa implicitamente a Marcelle di aver perso tutto al gioco. La conversazione tra madre e figlio svela un legame complesso, fatto di ombre e ambiguità. La madre, pur vedendo i difetti del figlio, nutre un orgoglio contorto per la sua esistenza ai margini, per il suo fallimento, preferendolo ai figli “normali”, integrati nella società borghese. Lui, distrutto, incapace di trovare un lavoro, una direzione, si lascia andare alla disperazione. La madre, con un sorriso amaro, velato di lacrime, sembra quasi accettare, persino celebrare, quell’infelicità. Entrambi rimangono intrappolati in un vortice di dipendenza affettiva e disillusione, incapaci di sfuggire a un destino di dolore condiviso.
Ogni mattina, Madame Dodin, portinaia, affronta la pattumiera con un odio viscerale. Questo gesto, compiuto con rumore e fastidio per gli inquilini, rappresenta una lotta contro l’ingiustizia della spazzatura altrui. L’avversione è tale da influenzare i rapporti con gli inquilini, visti come nemici che non collaborano. Madame Dodin trova un alleato in Gaston, lo spazzino. Insieme, condividono lamentele sul lavoro e riflessioni sulla vita, coinvolgendo a volte Mademoiselle Mimì, proprietaria della pensione vicina, più timorosa e distante. Gaston, un tempo spazzino orgoglioso, è cambiato. Disilluso e malinconico, desidera una vita diversa, magari in una città del sud. Questo desiderio si manifesta anche con un aumento del consumo di alcol, preoccupando Madame Dodin. Il loro legame è intenso, fatto di provocazioni, giochi verbali e un affetto ruvido. Si esprime anche attraverso atti di ribellione, come i piccoli furti di Madame Dodin, quasi a sfidare le convenzioni. Gli inquilini, infastiditi, reagiscono con rassegnazione mista a timore. Sotto la durezza e il cinismo, Madame Dodin nasconde una profonda malinconia. Il rapporto con i figli è distante, mentre la quotidianità conflittuale del lavoro, pur con l’odio per la pattumiera, la tiene in vita.
5. L’Attesa e il Cantiere
Vicino a un albergo, un cantiere edile cattura l’attenzione. Un uomo nota una donna visibilmente turbata dalla costruzione. Incuriosito, si avvicina. Lei confessa che il cantiere è così insopportabile da farle desiderare di andarsene. Questa reazione accende nell’uomo una scintilla di interesse. Inizia così un gioco di sguardi durante i pasti, un’analisi silenziosa dei comportamenti e delle reazioni di lei. La paura che la donna prova per il cantiere diventa, per l’uomo, un magnete. Ogni giorno, attende con impazienza il ritorno di lei al viale, proprio dove sorge il cantiere. Il ritorno della donna è il preludio a un secondo incontro. Seguono cenni di saluto, discreti ma carichi di significato. L’uomo, però, non ha fretta. Assapora la tensione dell’attesa, prolungando il momento dell’approccio diretto. Anche la donna, però, tradisce una crescente impazienza, segno che l’interesse è reciproco. L’attesa si conclude in modo inaspettato. La donna, vestita di rosso, appare all’uomo nel fumoir. Un riso condiviso rompe il silenzio, segnando la fine del gioco. Insieme, lasciano l’albergo, diretti verso il lago. Raggiungono un angolo nascosto tra le canne, un luogo che sembra fatto apposta per il loro incontro, inevitabile e denso di promesse.
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