1. La Fiera del Libro e il doppio volto di Giobbe
Il Delitto alla Fiera e la Figura della Vittima
La Fiera del Libro di Milano, nell’anno 1934, diventa la scena di un grave fatto di sangue. Proprio qui, tra gli stand e i visitatori, viene trovato strangolato il cadavere di Giobbe Tuama. Quest’uomo, che viveva stabilmente in Italia, era conosciuto anche con un altro nome, Jeremiah Shanahan, e risultava essere un cittadino americano. La sua facciata pubblica era quella rispettabile di venditore di Bibbie, rappresentante di una lega evangelica. Tuttavia, la realtà era ben diversa: la sua vera attività, quella che gli procurava guadagni, era l’usura. Poco prima di essere ucciso, Giobbe aveva avuto incontri importanti, legati sia al suo passato che ai suoi affari illeciti. Tra le persone con cui si era confrontato c’era Crestansen, un uomo danese che da decenni cercava un regolamento di conti con lui per vecchie questioni irrisolte e che lo aveva apertamente minacciato. Un altro incontro significativo era avvenuto con Tino Fiamma, uno scrittore che si trovava in gravi difficoltà economiche e non riusciva a onorare un debito contratto proprio con Giobbe.Un Modello di Omicidi e l’Approccio Investigativo
L’omicidio di Giobbe Tuama, per quanto efferato, non sembra essere un episodio isolato all’interno della cronaca cittadina. Le indagini rivelano infatti che altri stranieri sono stati trovati uccisi con modalità molto simili nel recente passato. Questo dettaglio cruciale suggerisce con forza che ci sia un legame profondo e inquietante tra i vari delitti avvenuti. L’ipotesi investigativa principale che emerge è che dietro questa serie di omicidi non ci sia un singolo assassino, ma un gruppo organizzato di stranieri. Queste persone sembrano animate da un profondo e radicato sentimento di odio e da un forte desiderio di vendetta, presumibilmente legati a fatti o torti subiti molto tempo prima. Le indagini su questa complessa serie di crimini sono affidate all’acuto Commissario De Vincenzi. Il suo approccio investigativo è particolare e si distingue nettamente dai metodi più tradizionali. De Vincenzi, infatti, non si limita a cercare e analizzare gli indizi materiali lasciati sulla scena del crimine o a interrogare testimoni. Preferisce invece basare la sua ricerca della verità sull’analisi attenta delle atmosfere che circondano i fatti. Dà grande importanza anche alla comprensione profonda della psicologia delle persone coinvolte nella vicenda, convinto che le motivazioni e gli stati d’animo possano rivelare più degli indizi fisici. È questo metodo, focalizzato sugli aspetti umani e ambientali, a guidare la sua complessa indagine.Davvero basta la nazionalità delle vittime per ipotizzare un gruppo organizzato di stranieri animati da odio e vendetta?
Il capitolo, nel presentare l’ipotesi investigativa principale, sembra fare un salto logico significativo. Basare la tesi di un “gruppo organizzato di stranieri” mosso da “odio e vendetta” semplicemente sul fatto che le vittime siano stranieri e che i delitti siano simili, appare una conclusione affrettata. Mancano elementi che spieghino come si arrivi a questa specifica ipotesi e quali altri indizi la supportino, oltre alla nazionalità delle vittime. Per comprendere meglio come si formulano ipotesi investigative solide e per valutare la plausibilità di una tesi come questa, sarebbe utile approfondire i principi della criminologia e le metodologie dell’investigazione criminale.2. Il mistero del venditore di Bibbie
La domenica mattina, nella zona di Piazza Mercanti, un evento sconvolgente ferma la Fiera del Libro. Sotto il banco della Lega Evangelica viene trovato il corpo senza vita di Giobbe Tuama. Mostra chiari segni di strangolamento. Sono Bertrando e Beniamino, che lavoravano con lui, a fare la terribile scoperta. La notizia si diffonde subito, creando grande agitazione e attirando una folla numerosa. Arrivano rapidamente le forze dell’ordine: la polizia, un commissario, il Questore, un giudice e il medico legale. Il medico stabilisce che la morte è avvenuta durante la notte, all’incirca all’una.L’investigatore e i primi indizi
All’inizio, l’ipotesi più probabile sembra una rapina, dato che un sacchetto con l’incasso del giorno prima non si trova. L’indagine viene affidata al commissario De Vincenzi. Lui ha un modo particolare di lavorare, concentrandosi sulla psicologia delle persone e sull’ambiente in cui è avvenuto il fatto. De Vincenzi era già sul posto, mescolato tra la gente, e inizia subito a osservare e raccogliere dettagli. Trova il sacchetto dei soldi proprio lì sotto il banco, vicino al corpo. Questo fa capire subito che il furto non è l’unica spiegazione per l’omicidio. Vicino al corpo, scopre anche un piccolo pezzo di catenina di platino con attaccata una minuscola chiave numerata.La vita segreta della vittima
Parlando con le persone presenti alla fiera, si scopre un lato nascosto di Giobbe Tuama. Non vendeva solo Bibbie; prestava denaro a scrittori ed editori, chiedendo interessi molto alti. Era un usuraio. Uno scrittore, Maurizio Venanzi Jacobini, conferma di avergli dovuto dei soldi. Beniamino O’ Garrich, l’altro collaboratore che aveva trovato il corpo, racconta di conoscere Tuama da molto tempo. Rivela di aver lavorato con lui in passato, addirittura in Sud Africa, per un’azienda che si occupava di diamanti. Questa scoperta del passato di Tuama e il fatto che i soldi non fossero stati rubati turbano particolarmente Beniamino.Un secondo corpo, un mistero più vasto
Mentre il commissario De Vincenzi continua a interrogare le persone, arriva una notizia inattesa che cambia tutto. C’è stato un altro omicidio. La vittima è un uomo danese di nome Giorgio Crestansen, trovato senza vita in un hotel. Tra le sue cose, viene trovata una lettera in cui si parla di Giobbe Tuama. Questo collegamento improvviso unisce i due casi. Fa capire che la morte di Tuama è legata a qualcosa di molto più grande e complicato di quanto sembrasse all’inizio, andando oltre l’ambiente della fiera e i suoi affari di usura.Ma come si passa da un usuraio strangolato sotto un banco a un complotto internazionale con chiavi misteriose e morti danesi, senza un filo logico immediatamente visibile?
Il capitolo, pur presentando una serie di scoperte intriganti, lascia il lettore con un interrogativo fondamentale: quale legame concreto unisce l’attività di usura di un venditore di Bibbie a un passato oscuro nel commercio di diamanti e, soprattutto, a un secondo omicidio internazionale? La catenina con la chiave, un indizio apparentemente cruciale, resta inspiegata, creando una lacuna logica nel passaggio da un delitto locale a un complotto di vasta portata. Per colmare questa lacuna e capire come si costruisce un’indagine che lega elementi così distanti, si potrebbe esplorare la letteratura sulle tecniche di indagine criminale o i principi della costruzione narrativa nel genere poliziesco.3. Legami dal passato
Un secondo omicidio avviene all’Hôtel d’Inghilterra. George Crestansen viene trovato morto nella sua stanza, ucciso tra le dieci e le undici della sera precedente. È stato prima cloroformizzato, come dimostra un asciugamano imbevuto trovato sul suo volto, e poi ucciso con uno spillone conficcato nel cuore. Nella valigia di Crestansen, gli investigatori trovano una lettera dell’agenzia investigativa privata “Radio”. Questa lettera, datata un anno prima, rivela che l’agenzia aveva rintracciato Jeremiah Shanahan, la persona che Crestansen stava cercando. Shanahan era stato identificato come Giobbe Tuama, membro della Lega Evangelica Cristiana e residente in via Bramante.Le Ricerche dell’Agenzia “Radio”
Il direttore dell’agenzia “Radio” conferma di aver ricevuto la richiesta da Crestansen, fatta dall’America, per trovare Shanahan, che Crestansen credeva fosse un ricco commerciante di gioielli. Crestansen aveva fornito una fotografia che li ritraeva insieme in Sud Africa. Successivamente, Crestansen aveva chiesto all’agenzia di cercare un’altra persona: Olivier O’ Brien. O’Brien era stato descritto come un uomo alto, magro, con baffi neri e una leggera zoppia. Crestansen pensava che un suo amico, forse proprio Tuama, potesse fornire maggiori informazioni su O’Brien.Un Testimone all’Hotel
Un cameriere dell’hotel fornisce un dettaglio importante riguardante la sera dell’omicidio. Ha visto un uomo scendere le scale, il cui aspetto è stato notato con precisione. L’uomo era vestito di nero, indossava un cappello di paglia, aveva una lunga barba bionda e occhiali. Una caratteristica distintiva osservata è che sembrava zoppicare. Questa descrizione, in particolare la zoppia, offre un possibile collegamento con Olivier O’ Brien, la seconda persona che Crestansen stava attivamente cercando tramite l’agenzia investigativa.Alla Casa di Giobbe Tuama
Gli investigatori si recano alla casa di Giobbe Tuama, l’uomo identificato come Jeremiah Shanahan, ma scoprono che non è rientrato dalla notte dell’omicidio. Nella sua abitazione, trovano una donna in attesa. La donna si identifica come Dorotea Winckers Shanahan, confermando di essere la moglie di Jeremiah Shanahan. La donna dichiara di aver seguito il marito per tre giorni. Afferma inoltre di considerare la sua morte non una tragedia, ma una forma di punizione divina.Davvero il Pastore si è suicidato, o il capitolo lascia troppi indizi irrisolti?
Il capitolo presenta la notizia del suicidio del Pastore Giacomo Down, ma quasi immediatamente introduce il forte dubbio di sua figlia Lolly, basato su un’argomentazione specifica (l’opera incompiuta). Questa contrapposizione diretta tra un fatto narrato e una contestazione immediata crea una notevole ambiguità che il capitolo, nel riassunto fornito, non sembra risolvere, concentrandosi invece sulla vendetta di Virginia. Inoltre, elementi come la ricerca iniziale nella scrivania del Pastore e il ritrovamento di un passaggio segreto vengono menzionati, ma il loro legame con la morte del Pastore o con la trama principale della vendetta non è chiarito, lasciando aperte questioni logiche sulla coerenza e completezza narrativa. Per comprendere meglio come le narrazioni gestiscono l’ambiguità e gli indizi apparentemente scollegati, sarebbe utile approfondire lo studio della teoria narrativa, in particolare le tecniche di costruzione della trama e l’uso di depistaggi. Autori come A. Christie o G. Simenon offrono esempi magistrali di come gli elementi di una storia possano essere presentati per creare suspense e mettere in discussione le certezze iniziali.8. Tra cronaca, teatro e il mistero del giallo
Roberto De Angelis nasce a Roma nel 1888 e, nonostante gli studi in legge, si dedica fin da subito al giornalismo. Lavora per molte importanti testate dell’epoca, coprendo una vasta gamma di argomenti che vanno dalla cronaca alla politica. È inviato speciale e corrispondente di guerra, esperienze che arricchiscono la sua visione del mondo e la sua capacità di narrare eventi complessi. Tra i suoi lavori giornalistici spiccano interviste a figure di rilievo, dimostrando la sua abilità nel destreggiarsi in diversi ambiti dell’informazione. La sua attività giornalistica lo porta a viaggiare e a confrontarsi con le realtà più diverse, affinando il suo stile di scrittura e la sua attenzione per i dettagli.La passione per il teatro
Parallelamente all’attività giornalistica, Roberto De Angelis coltiva una profonda passione per il teatro. Scrive commedie e saggi dedicati all’arte scenica e agli attori, mostrando un interesse particolare per figure come Dina Galli. I suoi lavori teatrali vengono accolti con opinioni diverse dalla critica: alcuni ne apprezzano l’ambizione e la capacità di analisi psicologica dei personaggi, mentre altri li trovano eccessivamente complessi nella struttura. È interessante notare come alcuni temi e approcci presenti nei suoi primi drammi anticipino elementi che ritroveremo più avanti nei suoi romanzi polizieschi, suggerendo una continuità nel suo percorso creativo.Il passaggio alla scrittura a tempo pieno e il giallo
Attorno al 1928-29, l’impegno di De Angelis nel giornalismo sembra diminuire, forse influenzato dal clima politico dell’epoca. Questo cambiamento lo porta a dedicarsi con maggiore intensità alla scrittura di opere di narrativa. Collabora con numerosi periodici, pubblica romanzi, racconti e biografie che mescolano realtà e finzione. Nel 1931, entra ufficialmente nel mondo del “giallo”, assumendo il ruolo di condirettore di una rivista dedicata al genere. Questo passo segna l’inizio di una nuova fase cruciale della sua carriera letteraria, che lo porterà a diventare una figura di riferimento nel panorama del romanzo poliziesco italiano.Lo stile nel giallo
Nel 1935, Roberto De Angelis pubblica il suo primo romanzo poliziesco, dando il via a una serie che otterrà un notevole successo. Il suo approccio al genere “giallo” si distingue nettamente dalla tradizione anglosassone, spesso incentrata sulla pura “detection” logica. De Angelis preferisce esplorare il ruolo della casualità come elemento scatenante del crimine, rendendo le trame meno prevedibili. Il suo detective, il commissario De Vincenzi, non si affida solo alla logica deduttiva, ma deve possedere una spiccata sensibilità per cogliere le atmosfere, comprendere le pulsioni umane e interpretare i segnali meno evidenti. De Angelis si distingue anche per essere l’unico autore italiano del periodo a riflettere e teorizzare attivamente sul genere giallo.Gli ultimi anni e la riscoperta
Anche negli anni successivi, Roberto De Angelis continua a scrivere per il teatro, mantenendo viva questa sua passione. Nel 1943, ritorna brevemente all’attività giornalistica. La sua vita subisce una tragica svolta durante la Repubblica di Salò, quando viene imprigionato. Muore nel 1944, provato dalla malattia e dalle percosse subite. Nonostante la fine prematura, la sua opera letteraria e teatrale non viene dimenticata. In Italia, si assiste a una sua riscoperta negli anni ’60, un rinnovato interesse che viene alimentato anche grazie alle trasposizioni televisive dei suoi romanzi, che portano le sue storie e il suo stile a un pubblico più vasto.Ma se il “clima politico dell’epoca” fu così determinante da spingere De Angelis lontano dal giornalismo, perché il capitolo si limita a un prudente “forse”?
Il capitolo indica un calo nell’attività giornalistica di De Angelis attorno al 1928-29, suggerendo che il “clima politico” possa aver giocato un ruolo in questa transizione verso la narrativa. Tuttavia, la formulazione dubitativa (“forse”) lascia irrisolta una questione cruciale per comprendere il percorso professionale e personale dell’autore. Per colmare questa lacuna e valutare l’effettiva influenza del contesto politico sulla sua scelta, sarebbe fondamentale approfondire la situazione della stampa e della cultura in Italia durante il consolidamento del regime fascista in quel periodo. Comprendere le pressioni, le censure o le opportunità che potevano influenzare un giornalista e scrittore come De Angelis permetterebbe di dare un fondamento più solido all’ipotesi avanzata dal capitolo. Un’indagine sul contesto storico-politico dell’epoca, magari consultando opere di storici specializzati nel periodo fascista, potrebbe fornire gli elementi necessari per chiarire questo passaggio.Abbiamo riassunto il possibile
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