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Informazioni
“Fieri della Resistenza” di Giovanni Luna ci porta dentro la Resistenza italiana, mostrandoci che non era fatta solo di eroi perfetti, ma di partigiani veri, con pregi e difetti, spinti da mille motivi diversi, come ci ricorda il diario di Emanuele Artom. È stato un processo incredibilmente difficile, iniziato quasi per caso sulle montagne dopo l’8 settembre 1943, ma che è cresciuto tantissimo grazie alla tenacia di chi ci credeva. Il libro racconta come questa lotta sia stata una specie di rivoluzione morale, che ha unito persone diversissime, superando le differenze sociali e politiche, come si vede nelle storie di Leletta d’Isola e Willy Jervis, che hanno trovato nella loro fede e nei loro valori la forza per scegliere la libertà e la responsabilità . Partecipare significava dire di no all’occupazione tedesca e alla Repubblica di Salò, anche con piccoli gesti di solidarietà o grandi azioni come gli scioperi del 1944 nel triangolo industriale. Questa scelta di combattere, anche a costo della vita, non era per obbedire, ma per riprendersi il proprio destino e costruire un paese migliore. È per questo che la Resistenza è vista come la base della nostra Repubblica e della Costituzione italiana, unendo l’antifascismo ai valori democratici che ancora oggi ci guidano. È stata una lotta complessa, a volte una guerra civile, a volte una guerra patriottica, ma sempre una risposta forte al progetto nazista nella Seconda guerra mondiale.Riassunto Breve
La Resistenza italiana prende forma da un insieme variegato di persone, non figure ideali, ma individui con motivazioni diverse, che vanno dal disinteresse all’opportunismo, dalla fuga alla ricerca di guadagno. Questa realtà umana, con i suoi limiti e le sue forze, si osserva e si giudica con realismo. Figure come Emanuele Artom, giovane intellettuale ebreo, mostrano come le leggi razziali e la guerra abbiano spinto alla lotta, fino al sacrificio estremo. Nonostante le imperfezioni, questi uomini e donne seppero dare il meglio, migliorando se stessi e il paese. La Resistenza è un processo lungo e complesso, non lineare, iniziato con uno slancio spontaneo per sfuggire ai bandi o alle razzie. I primi gruppi erano sparsi e impreparati; l’organizzazione fu difficile, richiedendo collegamenti, armi, rifornimenti e addestramento, con ogni rastrellamento che costringeva a ricominciare. Nonostante ciò, il movimento crebbe dai 9-10.000 combattenti nel dicembre 1943 a 250.000 dopo la Liberazione, unificandosi nel Corpo volontari della libertà e strutturandosi in brigate e divisioni, un risultato notevole di pazienza e tenacia. La Resistenza si manifesta anche come una rivoluzione morale che supera le divisioni sociali e politiche, spingendo le persone a rivelare i loro valori. Esempi come Leletta d’Isola, giovane aristocratica che ospita partigiani, e Willy Jervis, ingegnere valdese che abbandona una vita agiata per la lotta, illustrano come impegno personale, valori morali e religiosi abbiano unito persone diverse, superando barriere sociali e ideologiche per un paese migliore. La scelta di partecipare è un atto di disobbedienza fondamentale, una rivolta contro il potere dell’uomo sull’uomo. Dopo l’8 settembre 1943, la guerra impone decisioni quotidiane; molti cittadini dimostrano coraggio disobbedendo agli ordini nazifascisti, nascondendo e ospitando perseguitati come militari alleati, sbandati ed ebrei. La solidarietà , specialmente quella contadina, è disinteressata e rischiosa, rinnovando un’antica tradizione di aiuto. Anche gli scioperi del marzo 1944 nel triangolo industriale sono una forma di protesta politica contro la Repubblica di Salò e l’occupazione tedesca, con i lavoratori che riappropriano la fabbrica come centro politico nonostante la repressione e le deportazioni. Combattere implica ridefinire il rapporto con la propria esistenza; decine di migliaia scelgono di morire o impugnare le armi per ideali propri, non per ordini esterni. La crisi dell’autorità porta all’assunzione di responsabilità individuale e all’autonomia, percepita come una riappropriazione del proprio destino, un misto di consapevolezza politica e spinta morale. La condizione partigiana è vista come una fase storica irripetibile, una scommessa sul mondo, una resa dei conti con le ingiustizie. Le scelte individuali creano un abisso tra gli schieramenti; le azioni partigiane mirano a costruire un futuro migliore, un’umanità senza rabbia. Scegliere di combattere in montagna è un gesto netto di passione civile e volontariato, un fenomeno senza precedenti nella storia unitaria italiana. La Resistenza legittima i partiti politici del dopoguerra attraverso la lotta armata, creando un legame forte tra antifascismo e Costituzione. La Costituzione italiana, nata da un’Assemblea costituente ampiamente votata, si basa su valori come tolleranza, libertà , diritti, uguaglianza, giustizia e rispetto delle regole civili, principi a cui l’antifascismo contribuisce essenzialmente. La democrazia italiana si fonda sulla convivenza dei valori delle grandi correnti politiche e culturali: liberale, cattolica e movimento operaio. Questa democrazia deve essere forte contro le spinte populiste, attingendo alle idee dell’antifascismo. Parallelamente, il progetto nazista per l’Europa prevede sfruttamento economico e gerarchia razziale, con l’Europa centrorientale vista come colonia di sfruttamento e popolamento, e l’Europa occidentale e settentrionale sottoposta a occupazione e tentativi di nazificazione. Enormi risorse vengono prelevate e milioni di lavoratori stranieri, molti deportati, sono costretti al lavoro forzato; gli slavi sono destinati alla schiavitù, gli ebrei allo sterminio. Questa oppressione genera la Resistenza europea, un fenomeno tipico della Seconda guerra mondiale, dove le popolazioni civili si schierano militarmente contro i tedeschi. La lotta armata dei civili definisce la guerra come una lotta per libertà e democrazia contro i totalitarismi. Nei movimenti di Resistenza, inclusa quella italiana, si intrecciano elementi di guerra civile, guerra patriottica di liberazione e guerra di classe, un conflitto sia contro lo straniero che, a volte, contro vicini o parenti divisi dall’ideologia.Riassunto Lungo
1. Uomini, Processo e Miracolo della Resistenza
La realtà dei partigiani
I partigiani che presero parte alla Resistenza non erano figure perfette o ideali, ma un insieme di persone molto diverse tra loro. C’erano individui mossi da puro disinteresse, ma anche opportunisti politici, soldati che cercavano di sfuggire alla deportazione, avventurieri e persino chi era interessato solo al saccheggio. Questa è la realtà umana che si presentava, fatta di slanci generosi e di debolezze, di grande forza e di limiti evidenti. È importante guardare a queste persone con realismo. Emanuele Artom, un giovane intellettuale ebreo, lo annotò nel suo diario già nel novembre 1943. La sua stessa vita fu stravolta dalle leggi razziali e dalla guerra: divenne partigiano e affrontò torture prima di essere fucilato nel 1944. Nonostante le loro imperfezioni e le difficoltà , questi uomini e donne riuscirono a dare il meglio di sé nel momento più importante, contribuendo a migliorare se stessi e l’intero paese.Lo sviluppo del movimento
La Resistenza fu un percorso lungo e complicato, non qualcosa di già definito fin dall’inizio. Iniziò con azioni spontanee, spesso nate dal desiderio di sfuggire ai bandi fascisti o alle razzie tedesche. I primi gruppi che si formarono in montagna erano sparsi e poco preparati. Organizzare questi volontari fu un compito enorme e difficile: bisognava creare collegamenti tra i vari gruppi, trovare armi sufficienti, procurarsi cibo e vestiti per tutti, e addestrare i nuovi arrivati. Ogni volta che il nemico organizzava un rastrellamento, si era costretti a ricominciare quasi da capo. Nonostante queste enormi difficoltà , il movimento partigiano continuò a crescere in modo costante. Dai circa 9-10.000 combattenti nel dicembre 1943, si arrivò a 70-80.000 nell’estate del 1944, fino a raggiungere i 250.000 dopo la Liberazione. Questa crescita portò all’unificazione delle diverse formazioni nel Corpo volontari della libertà nel giugno 1944 e alla creazione di unità più grandi come brigate e divisioni. Riuscire a darsi una struttura organizzativa così solida in condizioni estreme fu un risultato davvero notevole, costruito con grande pazienza e tenacia giorno dopo giorno.Considerando la descrizione dei partigiani come un insieme eterogeneo di individui, inclusi opportunisti e saccheggiatori, come si spiega il “miracolo” della Resistenza e il presunto miglioramento collettivo?
Il capitolo presenta un quadro realistico della composizione umana della Resistenza, riconoscendo la presenza di motivazioni non sempre nobili. Tuttavia, la transizione da questa eterogeneità , che include elementi negativi, all’affermazione che questi individui “riuscirono a dare il meglio di sé” e a “migliorare se stessi e l’intero paese” appare come un salto logico che richiede maggiore argomentazione. Come ha fatto un gruppo così variegato, con interessi anche contrapposti, a superare le proprie debolezze e a costruire un movimento unito ed efficace che ha portato a un miglioramento collettivo? Per comprendere meglio questo processo, è essenziale approfondire le dinamiche politiche e sociali interne alla Resistenza, studiando come le diverse componenti ideologiche e i vari interessi abbiano interagito e come sia stato costruito un consenso o una disciplina sufficiente a raggiungere gli obiettivi comuni. Lo studio di storici che hanno analizzato le molteplici “guerre” combattute all’interno della Resistenza, come Claudio Pavone, può offrire spunti fondamentali per colmare questa lacuna argomentativa.2. Impegno e Valori nella Resistenza
La Rivoluzione Morale della Resistenza
La Resistenza ha rappresentato un momento di profondo cambiamento, una vera rivoluzione morale che ha superato le divisioni sociali e politiche esistenti. In quel periodo difficile, le persone sono state chiamate a mostrare i loro valori più autentici e profondi. Un forte senso di impegno personale ha unito individui molto diversi tra loro nella lotta per la libertà . È il caso di Leletta d’Isola. Questa giovane donna, proveniente da una famiglia aristocratica e di fede cattolica, ha vissuto la Resistenza direttamente nella sua casa, che è diventata un rifugio per i partigiani. Nonostante le grandi differenze di classe sociale e di idee politiche, Leletta ha scelto di schierarsi al fianco dei partigiani. Ha riconosciuto in loro valori importanti e condivisi, come l’entusiasmo e la generosità , animati dal desiderio di costruire un paese migliore per tutti. Questa scelta dimostra come la Resistenza abbia permesso di superare il conformismo e l’immobilismo, creando un’esperienza concreta di democrazia e comprensione reciproca tra persone con storie diverse.Fede e Coraggio nella Lotta
L’impegno civile e religioso è stato un motore fondamentale per molti partecipanti alla Resistenza. Un altro caso che lo illustra è quello di Willy Jervis. Ingegnere di fede valdese, ha preso una decisione radicale: abbandonare una vita comoda e sicura per unirsi alla lotta partigiana subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Willy Jervis ha messo le sue capacità al servizio della causa, aiutando i prigionieri alleati a fuggire e diventando un organizzatore militare molto efficace. La sua profonda fede religiosa non era solo un aspetto del suo carattere, ma un sostegno essenziale di fronte ai pericoli estremi che ha affrontato. Arrestato, sottoposto a torture e infine fucilato, Jervis ha trovato la forza e il coraggio necessari nella sua fede, come testimoniano le sue ultime comunicazioni scritte in condizioni disperate.Ma in che misura la Resistenza ha davvero superato le profonde divisioni sociali e politiche dell’Italia, o si è trattato di una tregua temporanea?
Il capitolo suggerisce che la Resistenza abbia rappresentato una rivoluzione morale capace di trascendere le divisioni preesistenti, citando esempi individuali. Tuttavia, per valutare l’effettiva e duratura portata di questo superamento, è necessario considerare il contesto storico più ampio e le dinamiche politiche e sociali che hanno caratterizzato l’Italia sia prima che dopo il conflitto. Approfondire la storia del fascismo e del dopoguerra, studiando autori come Claudio Pavone o Paul Ginsborg, può aiutare a comprendere la complessità delle fratture sociali e politiche italiane e a contestualizzare l’esperienza della Resistenza all’interno di un processo storico più lungo e articolato.3. La Scelta della Libertà e della ResponsabilitÃ
La scelta di partecipare alla Resistenza rappresenta un atto di disobbedienza fondamentale. Non si tratta solo di opporsi a un governo, ma di una rivolta contro il potere dell’uomo sull’uomo, riaffermando il principio che la forza non prevale sulla virtù. Dopo l’8 settembre 1943, la guerra impone decisioni quotidiane a tutti. Molti cittadini dimostrano grande coraggio disobbedendo agli ordini nazifascisti che proibiscono la solidarietà verso i perseguitati. Migliaia di famiglie, rischiando tutto, nascondono e ospitano persone in pericolo: militari alleati, sbandati dell’esercito italiano, antifascisti ed ebrei. Questa rete di aiuto spontaneo è un esempio potente di resistenza civile.La Solidarietà come Atto di Coraggio
La solidarietà , specialmente quella offerta dai contadini, verso gli ex prigionieri alleati e gli sbandati dell’esercito è disinteressata e comporta rischi enormi. Ospitare un ex prigioniero significa affrontare l’accusa di tradimento e le relative conseguenze, mentre chi favorisce la cattura riceve un premio in denaro. Questa ospitalità , che rinnova un’antica tradizione di mutuo soccorso, crea un legame semplice e profondo tra chi si trova in difficoltà e chi decide di offrire aiuto, dimostrando un’umanità che va oltre le leggi imposte dal regime.La Protesta Operaia e gli Scioperi
Anche gli scioperi che si verificano nel marzo 1944 nel triangolo industriale rappresentano una forma importante di protesta e uno scontro politico aperto contro la Repubblica di Salò e l’occupazione tedesca. Queste mobilitazioni, sostenute dai partigiani, assumono un carattere politico ben definito, superando le sole rivendicazioni economiche che avevano caratterizzato gli scioperi precedenti nel 1943. Nonostante la dura repressione e la deportazione di circa 12.000 operai, la riappropriazione dello sciopero come strumento di lotta e il ritorno della fabbrica come centro di discussione politica testimoniano un forte e rinnovato protagonismo dei lavoratori nella resistenza.Il Significato Personale della Lotta Armata
Combattere attivamente contro i nazifascisti implica una ridefinizione profonda del rapporto con la propria esistenza e con la morte. Decine di migliaia di persone scelgono liberamente di rischiare la vita o di impugnare le armi per difendere i propri ideali, non più per eseguire ordini esterni o per servire una patria che sentono ingiusta. La crisi delle autorità tradizionali porta all’assunzione di responsabilità individuale, a una partecipazione attiva e a una maggiore autonomia nelle proprie scelte. Questa decisione è vissuta come una vera e propria riappropriazione del proprio destino, un insieme complesso di consapevolezza politica e una forte spinta morale, un modo per riscattare anni di compromessi e vivere finalmente secondo un imperativo etico preciso.La Condizione Partigiana: Un’Esperienza Unica
La condizione di partigiano è percepita da molti come una fase storica irripetibile, una scommessa audace sul futuro del mondo e una resa dei conti con le ingiustizie del passato. Le scelte individuali, anche quelle che possono sembrare piccole, creano un divario incolmabile tra chi resiste e chi collabora. Le azioni dei partigiani, a differenza di quelle compiute dagli avversari, sono viste come un contributo fondamentale alla costruzione di un futuro migliore, un’umanità libera dalla rabbia e dall’odio. Sebbene alcune decisioni di unirsi alla lotta possano essere state dettate dalle circostanze, scegliere di combattere in montagna rappresenta un gesto netto di passione civile e di volontariato, un fenomeno senza precedenti nella storia dell’Italia unita.[/membership]Ma questa visione così netta e quasi epica della Resistenza non rischia forse di semplificare eccessivamente una realtà storica ben più complessa e sfumata?
Il capitolo pone l’accento sulla scelta individuale, quasi un imperativo etico, e sulla natura eroica della Resistenza, dipingendo un quadro di netta contrapposizione tra chi resiste e chi collabora. Tuttavia, la realtà storica fu spesso più ambigua e le motivazioni individuali e collettive assai variegate, non sempre riconducibili a un’unica spinta morale o politica. Molti cittadini si trovarono a navigare le difficili acque della guerra e dell’occupazione in modi diversi, al di là della scelta esplicita di combattere o collaborare. Per cogliere appieno le molteplici sfaccettature di quel periodo, è fondamentale approfondire la storia sociale della Resistenza e considerare le diverse “guerre” che si combatterono, studiando autori come Claudio Pavone o Santo Peli.4. La Resistenza: Radici della Repubblica e Risposta all’Ordine Nazista
Il progetto nazista per l’Europa mirava allo sfruttamento economico e a una rigida gerarchia basata sulla razza. L’Europa centrorientale, come Polonia, Ucraina e Iugoslavia, era vista come una colonia da sfruttare e popolare con tedeschi. Qui avvennero massacri, deportazioni e la distruzione delle classi dirigenti locali. Al contrario, l’Europa occidentale e settentrionale, inclusi Danimarca, Olanda e Norvegia, subì l’occupazione ma era considerata razzialmente più vicina. In queste aree ci furono tentativi di nazificazione e si formarono governi che collaboravano con i tedeschi. Enormi quantità di risorse e miliardi di marchi furono prelevati da tutta Europa. Milioni di lavoratori stranieri, molti deportati dall’Est, furono costretti a lavorare in Germania. Per gli slavi era prevista la schiavitù nelle campagne, mentre gli ebrei erano destinati allo sterminio.La Resistenza in Europa
Questa vasta oppressione scatenò la Resistenza in tutta Europa, un fenomeno distintivo della Seconda guerra mondiale. Le popolazioni civili presero le armi per combattere contro gli occupanti tedeschi. Questa lotta armata condotta dai civili trasformò il conflitto in una battaglia per la libertà e la democrazia contro i regimi totalitari. Nei movimenti di Resistenza, sia in Italia che altrove, si mescolarono diversi aspetti: una guerra civile, spesso contro vicini o parenti con idee diverse, una guerra patriottica per liberare il proprio paese dallo straniero e, a volte, una guerra di classe.La Resistenza Italiana e la Nascita dei Partiti
In Italia, la Resistenza ebbe un ruolo fondamentale nel dare legittimità ai partiti politici che sarebbero nati nel dopoguerra. Attraverso la lotta armata contro le forze tedesche e fasciste, questi gruppi si guadagnarono un posto nella futura vita politica del paese. Si formarono diverse bande partigiane, ognuna legata a un orientamento politico specifico. C’erano le brigate Garibaldi, vicine al Partito Comunista Italiano, le formazioni Giustizia e Libertà , espressione del Partito d’Azione, le brigate Matteotti, legate ai socialisti, e le formazioni Autonome, con orientamenti monarchici o liberali. Questi gruppi armati, definiti “partiti dei fucili”, non solo anticiparono ma anche legittimarono i partiti politici che avrebbero governato l’Italia dopo la guerra. Si creò così un legame molto forte tra l’esperienza dell’antifascismo e la futura Costituzione italiana.Antifascismo e Costituzione Italiana
La Costituzione italiana, frutto del lavoro di un’Assemblea costituente eletta da quasi la totalità degli italiani, si basa su principi fondamentali. Questi valori includono tolleranza, libertà , riconoscimento dei diritti individuali e collettivi, uguaglianza, giustizia sociale e rispetto delle regole della convivenza civile. L’esperienza dell’antifascismo contribuì in modo decisivo a definire e rafforzare questi principi che ancora oggi sono alla base della nostra società . La democrazia italiana trova le sue radici nella capacità di far convivere i valori portati avanti dalle principali correnti politiche e culturali del paese: quella liberale, quella cattolica e quella legata al movimento operaio. È fondamentale che questa democrazia rimanga solida di fronte a possibili derive populiste, attingendo sempre ai principi e alle idee che hanno animato la lotta antifascista.Davvero la legittimità dei partiti della Repubblica nasce unicamente dai “fucili” della Resistenza?
Il capitolo pone un accento molto forte sul ruolo della lotta armata partigiana nel conferire legittimità ai partiti politici che avrebbero guidato l’Italia nel dopoguerra, definendoli “partiti dei fucili”. Questa interpretazione, pur evidenziando un aspetto indubbiamente importante, rischia di apparire riduttiva e potenzialmente controversa. La legittimità di un sistema democratico e dei suoi attori politici si fonda su basi più ampie, che includono il consenso popolare espresso attraverso libere elezioni, il rispetto delle regole costituzionali, la capacità di rappresentare interessi diversi e di governare efficacemente. L’esperienza resistenziale fu fondamentale, ma la transizione alla democrazia e l’affermazione dei partiti furono processi complessi, influenzati anche da fattori preesistenti (le tradizioni politiche liberali, cattoliche, socialiste), dal contesto internazionale e dalle dinamiche istituzionali del periodo post-bellico. Per approfondire questa tematica e cogliere le diverse sfaccettature della nascita della Repubblica, è essenziale studiare la storia politica italiana del XX secolo, la storia costituzionale e confrontarsi con le diverse scuole storiografiche che hanno analizzato il periodo, leggendo autori come De Felice, Pavone o Ginsborg, che offrono visioni articolate sul ruolo e la natura della Resistenza e sulla formazione della democrazia italiana.Abbiamo riassunto il possibile
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