Contenuti del libro
Informazioni
“Essere e tempo di Heidegger. Introduzione alla lettura” di Adriano Fabris … okay, so this book by Fabris is basically your guide to understanding Heidegger’s super important and kinda dense work, Being and Time. It tackles this huge question that philosophy’s been asking forever: what does “essere” (being) even mean? Heidegger thinks we’ve forgotten how to ask it properly, and the key, he argues, is to look at us, the human being, or “Dasein” as he calls it, because we’re the only ones who already have some weird, fuzzy understanding of “being”. The book explores how Dasein exists, not like a thing, but as “essere-nel-mondo”, always involved with stuff and other people in the “mondo”. It digs into fundamental ways we are, like our “cura” (care), how we feel situated, understand things, and talk. Truth isn’t just matching ideas to facts, but more like things showing up, a kind of “disvelamento” or “aletheia”, explored through “fenomenologia” and “ermeneutica”. A big part is realizing we’re finite, heading towards “morte”, and how facing this “finitezza” and “temporalità” is crucial for living authentically. It’s a deep dive into what it means to exist, showing how our everyday world and even time itself are rooted in Dasein’s structure, though the book admits it doesn’t fully solve the puzzle of “essere” in the end.Riassunto Breve
La filosofia riprende la domanda sul senso dell’essere, un problema antico che è rimasto senza una risposta chiara. Nonostante si usi spesso la parola “essere”, il suo significato è vago e pieno di idee sbagliate, come pensare che sia la cosa più generale o che sia ovvio. Per capire meglio l’essere, serve un metodo preciso. Chiedersi dell’essere significa cercare di capire cosa è chiesto (l’essere), cosa si interroga per trovarlo (l’ente dove si vede l’essere) e cosa si cerca (il senso dell’essere). L’ente migliore per questa ricerca è l’uomo, chiamato “esserci”, perché solo lui capisce già in qualche modo l’essere, anche se in modo confuso. L’analisi dell’esserci serve a capire l’essere, non l’uomo in sé. L’esserci, vivendo, ha un rapporto speciale con l’essere e questa comprensione iniziale rende possibile la ricerca sull’essere. La fenomenologia è il metodo giusto per questa ricerca. Non descrive solo le cose come appaiono, ma è il modo in cui l’essere stesso si mostra. Fenomenologia significa “lasciar vedere ciò che si mostra”, e l’essere è il fenomeno principale. La verità non è che un’idea corrisponde alla realtà, ma è il disvelamento, il mostrarsi dell’essere. L’interpretazione è fondamentale perché l’essere non si vede subito, ma va analizzato partendo dall’esserci. Quindi, la ricerca sull’essere è possibile solo come fenomenologia, che è la scienza dell’essere degli enti. L’indagine si concentra sull’esserci e sul suo modo di essere fondamentale: l’essere-nel-mondo. L’esserci non è una cosa, ma esiste, ha “da essere”, ed è sempre “mio”, nel senso che è possibilità e può scegliere come esistere, in modo autentico o no. L’esserci è diverso dalle cose del mondo: l’esserci si capisce con le sue strutture esistenziali, le cose con le categorie. L’essere-nel-mondo si manifesta nella “mondità”, che non è l’insieme degli oggetti, ma l’orizzonte di significato. Il mondo si vede prima nell’ambiente quotidiano, fatto di strumenti che usiamo. Questi strumenti sono “mezzi” che rimandano ad altri mezzi, formando una rete. Il loro modo di essere è l'”utilizzabilità”, l’essere “a portata di mano”. Usare i mezzi richiede una comprensione pratica delle loro connessioni. Il mondo è un contesto di significati che rende possibile ogni rapporto con gli enti. L’esserci è sempre “essere-con” altri esserci, il mondo è sempre “con-mondo”. Spesso l’esserci si perde nel “si”, nella vita di tutti i giorni, dove è come gli altri e non è se stesso. Ma l’esserci è sempre aperto, è uno spazio dove l’essere si dischiude. L’apertura dell’esserci si vede nel sentirsi-situato, nel comprendere e nel discorso. Il sentirsi-situato mostra che l’esserci è semplicemente “che esso è”, gettato nel mondo senza un senso dato, e si apre al mondo attraverso gli stati d’animo. Il comprendere non è solo sapere, ma un modo di essere dell’esserci, un “poter-essere” che si proietta verso le possibilità. L’interpretazione è l’applicazione concreta del comprendere. Il discorso è l’espressione della comprensibilità, da cui nasce il linguaggio. Nella vita di tutti i giorni, l’esserci si perde nella chiacchiera, nella curiosità e nell’equivocità, un “decadere” nel mondo del “si”. L’angoscia, a differenza della paura, non ha un oggetto preciso, ma rivela l’esserci nella sua totalità e porta alla nozione di cura, che è l’essere stesso dell’esserci. L’angoscia mostra l’insensatezza dell’esistenza e spinge l’esserci verso la sua possibilità autentica. La verità non è corrispondenza, ma disvelamento, ed è legata all’esserci e alla sua apertura. L’esserci è “vero” in quanto aperto, e la verità è il fondamento dell’essere. Essere e verità nascono insieme, e l’esserci è nella verità, chiamato ad accogliere il manifestarsi dell’essere. L’indagine considera l’esserci nella sua totalità attraverso la temporalità. La cura, da sola, non basta a capire l’esserci completamente. Per capirlo in modo autentico, bisogna considerare la morte non come la fine, ma come una possibilità che definisce l’esserci. L'”essere per la morte” autentico significa anticipare attivamente questa possibilità, liberandosi dall’inautenticità del “si” e confrontandosi con la propria finitezza. La coscienza è una “voce” che chiama l’esserci all’autenticità, rivelando la “colpa” esistenziale, che è una condizione di nullità dell’esserci. La “risolutezza” è la scelta di esistere autenticamente, accettando la propria finitezza. La temporalità è il senso originario della cura, fatta di avvenire, essere-stato e presentificare. L’avvenire è centrale, perché nell’anticipazione della morte l’esserci proietta la sua esistenza autentica. Queste dimensioni temporali formano l’unità dinamica in cui l’esserci diventa temporale, mostrando la sua finitezza e la possibilità di un’esistenza autentica. La familiarità con il mondo si basa su un “presentificare che si aspetta ritenendo”, una dinamica temporale. L’atteggiamento scientifico nasce da una riflessione nel presente. La trascendenza ha una temporalità dinamica con un orizzonte che guida le dimensioni temporali dell’esserci. Anche la vita di tutti i giorni si basa sulla temporalità, da cui deriva lo spazio. La concezione comune dello spazio viene dal predominio del presente nella quotidianità inautentica. L’esistenza quotidiana può diventare autentica con la risolutezza nell’istante. La temporalità si estende e fonda l’abitudine, la dimensione comune e la storia. La storia dell’esserci non è una serie di momenti, ma un’estensione dinamica. L’esserci è storico perché è temporale. Essere autentici nella storia significa accettare le possibilità ereditate ripetendole in modo risoluto, radicando la tradizione nell’esistenza autentica. La storia inautentica è quando l’esserci si perde nel “si” e vede la storia come eventi presenti. La storia autentica richiede di “depresentificare l’oggi”, distaccarsi dalle abitudini, cosa che si ottiene con la risolutezza che, pur essendo nell’attimo, ha stabilità. La storiografia nasce dalla storicità dell’esserci e si occupa del passato, ma il suo vero oggetto è la “possibilità dell’esistenza che è stata”, permettendo all’esserci di riprendersi il suo passato e confrontarsi con le possibilità attuali. Il tempo comune, quello che si misura, deriva dalla temporalità originaria dell’esserci. La cura quotidiana si basa sul “presentificare che si aspetta ritenendo”. Il tempo quotidiano ha strutture come la possibilità di datare, l’estensione, l’essere pubblico e mondano. L’orologio mostra queste strutture, rendendo il tempo pubblico e misurabile. Questo porta a vedere il tempo come qualcosa di spazializzato e uniforme, un’idea criticata nella filosofia tradizionale che privilegia il presente e nasconde la temporalità originaria e finita dell’esserci. Il libro si ferma senza completare il suo percorso. Nonostante abbia analizzato l’esistenza attraverso la temporalità, non riesce a rispondere alla domanda principale sul senso dell’essere. L’autore stesso ammette che la questione dell’essere non è stata affrontata del tutto e che il linguaggio usato risente ancora della filosofia tradizionale. L’opera, pur volendo superare la filosofia classica, resta legata a elementi tradizionali. Uno è la forma stessa del libro filosofico, una struttura che non si adatta bene alla ricerca sull’essere, che non è un oggetto. La forma del trattato, che cerca di essere completa e sistematica, è in contrasto con l’analisi dell’esserci, che è più narrativa e coinvolgente. Un altro elemento tradizionale è l’idea che il senso sia qualcosa di già dato, un orizzonte che esiste prima di ogni comprensione. Questa scelta, fatta per evitare di rendere il senso relativo, porta a un problema: l’essere, che dà senso a tutto, appare esso stesso come un fatto senza senso intrinseco. Qui si vede un legame con la tradizione cristiana, dove la ricerca del senso si ferma davanti a un mistero ultimo. Il libro finisce quindi con domande aperte sul senso e su come si configura, questioni che l’opera non è riuscita a porre bene. L’inadeguatezza della forma del trattato e l’idea che il senso ultimo sia senza senso sono i motivi principali delle difficoltà dell’opera. L’eredità del libro è una sfida per la filosofia, un invito a confrontarsi con i problemi e i limiti nel tentativo di andare oltre la filosofia tradizionale.Riassunto Lungo
1. La Necessità di Interrogare l’Essere
Si affronta un tema fondamentale della filosofia: il senso dell’essere. Questo tema è stato centrale fin dall’antichità, ma non è mai stato risolto in modo definitivo. Infatti, anche se usiamo spesso la parola “essere”, non la comprendiamo veramente e siamo influenzati da idee sbagliate. Una di queste idee sbagliate è pensare che l’essere sia un concetto semplice, ovvio o così generale da non aver bisogno di spiegazioni. Queste idee sbagliate ci impediscono di capire quanto sia profonda e importante la questione dell’essere.Per superare queste semplificazioni eccessive, è necessario ricominciare a interrogarsi sull’essere in modo preciso e rigoroso. Questa interrogazione deve seguire un metodo ben definito, che si sviluppa in tre fasi. Queste fasi riguardano: ciò su cui si indaga (l’essere stesso), ciò da cui si parte per indagare (l’ente, cioè la realtà in cui l’essere si manifesta), e ciò che si vuole scoprire (il significato dell’essere). Per questa ricerca, l’ente più adatto è l’esserci (Dasein), che è l’essere umano. Solo l’essere umano, infatti, possiede già una comprensione dell’essere, anche se non è ancora chiara e definita.Studiare l’esserci non è l’obiettivo finale, ma serve per rispondere alla domanda sull’essere. L’esserci, nel suo modo di esistere, ha un rapporto speciale con l’essere. Lo comprende in modo confuso, ma questa comprensione è fondamentale per la sua esistenza stessa. Questa comprensione iniziale rende possibile iniziare una ricerca sull’essere, che è considerata la base di tutte le scienze e che ha le sue radici nell’esserci stesso. Questa ricerca sull’essere è quindi la più importante sia per la filosofia (ontologica) sia per la nostra esistenza concreta (ontica).Per indagare sull’essere, il metodo più adatto è la fenomenologia. A differenza di come intendeva Husserl, qui la fenomenologia non si limita a descrivere le essenze delle cose, ma diventa il modo in cui l’essere stesso si mostra e può essere studiato. La parola “fenomenologia” significa proprio “far vedere ciò che si mostra”, cioè i fenomeni. Tra tutti i fenomeni, l’essere è quello principale. La verità, quindi, non è vista come una corrispondenza tra ciò che pensiamo e la realtà, ma come un processo di svelamento, attraverso cui l’essere si manifesta. Per capire questo processo di manifestazione dell’essere, è fondamentale l’ermeneutica, cioè l’interpretazione. Questo perché l’essere non si mostra immediatamente in modo chiaro, ma ha bisogno di essere analizzato e interpretato a partire dall’esserci. In conclusione, la ricerca sull’essere (ontologia) è possibile solo attraverso la fenomenologia. E la fenomenologia stessa si rivela essere la scienza che studia l’essere dell’ente, cioè l’ontologia.Se la comprensione dell’essere è già presente nell’esserci, non rischiamo di trovare nell’essere solo un riflesso distorto della nostra stessa esistenza?
Il capitolo presenta l’esserci come punto di partenza privilegiato per interrogare l’essere, basandosi sulla premessa che l’esserci possiede già una comprensione pre-ontologica dell’essere. Tuttavia, se questa comprensione è intrinsecamente legata alla struttura esistenziale dell’esserci, non si corre il pericolo di proiettare sull’essere categorie e limiti propri dell’esistenza umana? Per affrontare questa critica, è utile esplorare le obiezioni mosse alla fenomenologia esistenziale, ad esempio da autori come Carnap, che hanno evidenziato i rischi di circolarità e soggettivismo in approcci simili. Approfondire il pensiero di Heidegger stesso, per comprendere meglio la sua concezione di verità come svelamento e i limiti che egli stesso riconosce alla comprensione umana dell’essere, può fornire ulteriori strumenti per rispondere a questa domanda.2. L’Esserci nel Mondo: Analisi della Struttura Fondamentale
L’indagine si concentra sull’analisi dell’Esserci. L’Esserci è l’ente che siamo noi stessi. Si analizza in particolare il suo modo di essere principale, che è l’essere-nel-mondo.L’Esserci e la sua esistenza
Si spiega che l’Esserci non è una cosa che si può definire facilmente, come se fosse un oggetto tra gli altri. L’Esserci si distingue per la sua esistenza, per il fatto di dover “essere”. Questa esistenza è sempre personale, cioè riguarda sempre il singolo Esserci. L’Esserci vive il suo essere come una serie di possibilità. Essere possibilità significa che l’Esserci è aperto a diverse maniere di essere, potendo scegliere tra un’esistenza autentica e una inautentica. Non si tratta di avere delle qualità specifiche, ma di essere aperto al futuro e alle scelte.Differenza tra Esserci e altri enti
Viene messa in luce una differenza importante tra l’Esserci e tutti gli altri enti che incontriamo nel mondo. Per capire l’Esserci, si usano gli “esistenziali”. Gli esistenziali sono le strutture fondamentali della sua esistenza. Per capire gli altri enti, cioè le cose del mondo, si usano invece le “categorie”. Questa distinzione è molto importante. Serve a non usare per l’Esserci i modi di essere tipici delle cose, come invece ha fatto la filosofia tradizionale.La “mondità” del mondo e l’ambiente circostante
L’essere-nel-mondo si manifesta nella “mondità” del mondo. La mondità non è l’insieme degli oggetti che ci sono nel mondo. È piuttosto l’insieme dei significati che fanno da sfondo a tutto ciò che incontriamo. Il mondo si mostra soprattutto nell’ambiente che ci circonda, cioè nelle cose che usiamo tutti i giorni. Questi strumenti non sono semplici oggetti. Sono “mezzi” che ci rimandano ad altri mezzi, creando una rete di collegamenti utili. Il modo di essere proprio dei mezzi è la loro “utilizzabilità”, cioè il fatto di essere “a portata di mano”, pronti per essere usati. Quando usiamo questi mezzi, siamo guidati da una “visione avveduta”. Questa visione è una comprensione immediata dei legami e delle relazioni che danno forma al nostro ambiente.L’Esserci quotidiano e la dimensione pubblica del “si”
Il mondo si presenta come un insieme di rimandi e significati. Questo insieme rende possibile ogni rapporto dell’Esserci con ciò che lo circonda. Questo contesto di significati è ciò che costituisce la “mondità” del mondo. L’Esserci è fatto per “essere-con” altri Esserci, e per questo il mondo è sempre un “con-mondo”, un mondo condiviso. Nella vita di tutti i giorni, però, l’Esserci spesso non si capisce in modo corretto. Si perde nel “si”, cioè in una dimensione pubblica e impersonale, dove tutti sono uguali e nessuno è veramente se stesso. Nonostante questa mancanza di autenticità quotidiana, l’Esserci è aperto. È come una “radura” in cui l’essere si rivela. Questa apertura è la condizione fondamentale per ogni rapporto dell’Esserci con il mondo e con se stesso.Ma è davvero utile e necessaria questa distinzione così netta tra esistenziali e categorie per comprendere l’Esserci, o rischia di complicare inutilmente la riflessione filosofica?
Il capitolo presenta una netta distinzione tra esistenziali e categorie come chiave per comprendere l’Esserci, allontanandosi dalla filosofia tradizionale. Tuttavia, non approfondisce se questa distinzione sia effettivamente necessaria e utile, o se possa portare a una eccessiva complicazione concettuale. Per rispondere a questa domanda, si suggerisce di approfondire le opere dell’autore che ha introdotto questi concetti, studiando in particolare la sua critica alla filosofia tradizionale. Inoltre, esplorare le critiche mosse a questa distinzione da altri filosofi potrebbe offrire una prospettiva più completa.3. L’Esserci Aperto: Sentimenti, Comprensione, Discorso e la Verità della Cura
L’analisi dell’Esserci in due fasi
Lo studio dell’essere umano, chiamato “esserci”, viene fatto in due parti principali. Prima di tutto, si guardano le caratteristiche di base che mostrano come l’esserci si apre al mondo. Queste caratteristiche sono il “sentirsi-situato”, il “comprendere” e il “discorso”.Il Sentirsi-Situato: essere aperti all’esistenza
Il “sentirsi-situato”, o Befindlichkeit, fa capire come l’esserci sia aperto all’esistenza stessa. È come un semplice “esserci”, un fatto di essere gettati nel mondo senza un motivo o unFine preciso. Questo “sentire” non è solo vedere o sentire qualcosa, ma è anche rendersi conto di sentire, un “sentire di sentire”. Questo modo di sentire apre l’esserci al mondo attraverso emozioni e stati d’animo, che così ritrovano la loro importanza nella filosofia.Il Comprendere: saper fare e poter essere
Il “comprendere”, o Verstehen, è un altro modo fondamentale in cui l’esserci si apre. Non è solo conoscere qualcosa a livello teorico, ma è un modo di essere dell’esserci che apre il suo essere-nel-mondo e l’esistenza stessa. Comprendere significa “essere capaci di fare qualcosa”, avere una competenza pratica, un “poter-essere” che definisce l’esserci. Questo “potere” si realizza nel “progetto”, che è come è fatta la comprensione. Attraverso il progetto, l’esserci si spinge verso le possibilità che ha davanti. L'”interpretazione”, o Auslegung, è il modo concreto in cui si realizza il comprendere. È prendere ciò che si è compreso partendo da qualcosa che si conosce già, usando la struttura del “in quanto”.Il Discorso: rendere comprensibile l’essere-nel-mondo
Il “discorso”, o Rede, è come si rende comprensibile ciò che si è capito. È il modo in cui l’essere-nel-mondo che l’esserci ha compreso diventa qualcosa che si può comunicare agli altri. È l’espressione di tutto ciò che ha significato per l’esserci. Il linguaggio nasce dal discorso, rendendo concreta la sua capacità di esprimere.La Quotidiana Inautenticità: chiacchiera, curiosità ed equivocità
Nella vita di tutti i giorni, l’esserci vive modi di aprirsi al mondo che non sono autentici, come la chiacchiera, la curiosità e l’equivocità. Questi modi di fare mostrano un continuo “cadere”, o Verfallen. Questo cadere è un movimento in cui l’esserci si perde nel mondo del “si dice”, allontanandosi dal suo modo di essere più vero.L’Angoscia e la Cura: rivelare la totalità dell’Esserci
L'”angoscia”, o Angst, svela come è fatto l’esserci nella sua totalità, portando al concetto di “cura”, o Sorge. La cura è l’essere stesso dell’esserci, la condizione di base che mette insieme l’esistenza, il fatto di essere gettati nel mondo e il decadere. L’angoscia, a differenza della paura, non ha una cosa precisa a cui è rivolta, ma riguarda l’essere-nel-mondo stesso. Fa vedere che l’esistenza non ha un senso logico e riporta l’esserci al suo modo di poter essere autentico e alla sua libertà.La Verità come Disvelamento
Infine, la “verità”, o Wahrheit, viene pensata in modo nuovo. Non è vista come un accordo tra ciò che si dice e la realtà, ma come un “disvelamento”, o aletheia. La verità è legata all’esserci e al suo essere-nel-mondo aperto fin dall’inizio. L’esserci è “vero” perché è aperto, e la verità è vista come la base dell’essere stesso. Essere e verità nascono insieme, e l’esserci è sempre “nella verità”, chiamato ad accogliere il modo in cui l’essere si mostra in verità.Ma chi stabilisce cosa sia l’esistenza autentica e come possiamo distinguere oggettivamente la temporalità autentica da quella inautentica?
Il capitolo introduce la distinzione tra temporalità autentica e inautentica senza però fornire criteri oggettivi per distinguerle. Questa mancanza di chiarezza solleva interrogativi sulla validità e sull’applicabilità di tale distinzione. Per approfondire questa problematica, è utile studiare la filosofia esistenzialista, in particolare autori come Heidegger, da cui sembra derivare questa concettualizzazione, o Sartre, che ha esplorato il tema dell’autenticità in relazione alla libertà e alla responsabilità individuale.6. Il Cammino Incompiuto e l’Aporia del Senso
L’opera incompiuta e la questione del senso
Essere e tempo si interrompe senza arrivare alla fine. Nonostante analizzi l’esistenza attraverso il tempo, l’opera non riesce a rispondere alla domanda principale sul senso dell’essere. Heidegger stesso ammette che il tema dell’essere non è stato affrontato completamente e che il linguaggio usato nel libro risente ancora della vecchia metafisica.La forma del trattato filosofico e la tensione con l’indagine sull’essere
Anche se voleva superare l’ontologia classica, Essere e tempo rimane legato a elementi metafisici. Uno di questi elementi è la forma stessa del trattato filosofico. Questa struttura tradizionale non si adatta bene all’indagine sull’essere, che è visto come un presupposto che non si può oggettivare. La forma del trattato, che vuole essere sistematico e completo, contrasta con la natura narrativa e coinvolgente dell’analisi dell’esserci.La concezione del senso come orizzonte presupposto e il paradosso dell’essere
Un altro elemento metafisico importante è l’idea che il senso sia qualcosa di dato in partenza, un orizzonte che esiste prima di ogni comprensione. Questa idea, pensata per evitare di rendere il senso relativo, porta però a un problema: l’essere, che è la fonte di ogni senso, si presenta come un fatto senza spiegazione, privo di senso di per sé. Questo aspetto richiama la filosofia cristiana, dove la ricerca del senso si ferma davanti al mistero finale.Conclusioni aperte e l’eredità di Essere e tempo
Essere e tempo finisce quindi con domande senza risposta sul senso e su come esso si manifesta. Sono questioni che l’opera non è riuscita a trattare in modo adeguato. La forma non adatta del trattato e l’idea che il senso sia privo di senso come presupposto principale sono le ragioni principali per cui l’opera è piena di difficoltà. Quindi, Essere e tempo lascia in eredità alla filosofia una sfida aperta. Invita a confrontarsi con i problemi e i limiti del tentativo di superare la metafisica.Se la forma del trattato filosofico è inadatta all’indagine sull’essere, come mai altri approcci formali, inclusa la stessa forma del trattato, sono stati utilizzati con successo in altre aree complesse della filosofia?
Il capitolo sembra suggerire che la “forma” del trattato filosofico sia un ostacolo intrinseco all’indagine sull’essere. Tuttavia, la storia della filosofia è ricca di trattati che, pur adottando una forma sistematica, hanno contribuito significativamente alla comprensione di concetti complessi. Per rispondere a questa domanda, sarebbe utile esplorare la storia della filosofia e confrontare diversi approcci formali utilizzati per affrontare questioni ontologiche o metafisiche. Approfondire autori come Aristotele, Spinoza o Kant, che hanno utilizzato la forma del trattato in modi diversi, potrebbe offrire una prospettiva più ampia sui limiti e le potenzialità di tale approccio. Inoltre, considerare le critiche alla filosofia sistematica e le alternative proposte, come quelle della filosofia esistenzialista o della filosofia del linguaggio, potrebbe arricchire ulteriormente la riflessione.Abbiamo riassunto il possibile
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