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Informazioni
“Donne di fronte alla guerra. Pace, diritti e democrazia” di Stefania Bartoloni ti porta nell’Italia tra fine Ottocento e la Prima Guerra Mondiale per scoprire come le donne hanno cercato di cambiare il loro mondo. Non è solo la storia della lotta per i diritti delle donne e il suffragio femminile, ma anche di come il movimento femminile italiano si è legato al pacifismo in un’epoca di conflitti. Vedrai diverse facce del femminismo, da chi voleva parità totale a chi usava il ruolo di madre (maternalismo) per chiedere spazio pubblico e pace. Il libro esplora le divisioni interne, le speranze e le delusioni di queste donne di fronte alle guerre coloniali e poi alla Prima Guerra Mondiale, dove molte si sono impegnate nel fronte interno con assistenza e propaganda, dimostrando un ruolo attivo nella società anche senza il voto. È un viaggio per capire quanto fosse complesso essere donna, pacifista o patriota in quegli anni cruciali e come le loro azioni, tra Milano e il resto d’Italia, abbiano gettato le basi per le battaglie future.Riassunto Breve
Alla fine dell’Ottocento in Italia emerge la “donna nuova”, che cerca autonomia attraverso istruzione e lavoro, dando vita a movimenti per migliorare la condizione femminile. Si distinguono diverse correnti: il femminismo egualitario, che lotta per diritti legali, economici e il voto; le donne socialiste, che si concentrano sui diritti delle lavoratrici; e il femminismo pratico o maternalista, che unisce rivendicazioni e assistenza, valorizzando la maternità come base per ottenere diritti, cittadinanza e per esigere la pace. Le attiviste pratiche sviluppano competenze e creano reti, collaborando con le istituzioni. Il movimento femminile si lega al pacifismo internazionale, vedendo la pace come espressione della natura femminile e denunciando la guerra come sistema maschile. Il pacifismo italiano, inizialmente democratico, evolve verso un “pacifismo patriottico” più moderato con Ernesto Teodoro Moneta, che enfatizza il ruolo educativo femminile in famiglia. Un “femminismo pacifista” lega strettamente pace ed emancipazione, criticando il militarismo. La propaganda per la pace usa appelli emozionali, specialmente verso le madri, e promuove un’educazione che valorizzi scienza e progresso. Le donne partecipano a petizioni e manifestazioni contro le guerre coloniali, collaborando a livello internazionale. Dopo la repressione del 1898, nasce «La vita internazionale» di Moneta, che ospita dibattiti su temi sociali, femminismo e divorzio, mostrando diverse posizioni. Ersilia Majno fonda l’Unione femminile, promuovendo la missione sociale della donna. Melany Scodnik denuncia i conflitti e sottolinea l’importanza dell’educazione alla tolleranza. Il nuovo secolo vede la diversificazione associativa, con la nascita del Consiglio nazionale delle donne italiane (Cndi) nel 1903, che evita temi controversi come pace e suffragio per mantenere l’unità, concentrandosi su istruzione e assistenza, e promuovendo un pacifismo “dignitoso” e patriottico. Si consolidano correnti antimilitariste, soprattutto tra giovani socialiste e anarchiche, che criticano l’esercito e il sistema borghese, ma non riescono a formare un fronte unito. Eventi come il conflitto russo-giapponese e il riemergere dell’irredentismo evidenziano le divisioni tra i pacifisti; Melany Scodnik cerca di conciliare patriottismo e pacifismo, mentre Teresa Labriola si avvicina al nazionalismo. Nel 1906, Carmela Baricelli fonda «L’alleanza», che lega femminismo, antimilitarismo e suffragismo, vedendo il voto come strumento per influenzare la politica estera. Il Congresso universale della pace a Milano nel 1906 mostra le divergenze tra le associazioni femminili. La campagna per il voto femminile prende slancio, ma la partecipazione operaia è limitata. L’annessione della Bosnia-Erzegovina nel 1908 aumenta le tensioni e le divisioni tra pacifiste; Alma Dolens promuove comitati per l’educazione alla pace. La guerra di Libia nel 1911 segna una svolta: Moneta appoggia l’impresa, causando una rottura nel movimento pacifista; il Cndi offre supporto alla guerra, l’Unione femminile si concentra sull’assistenza umanitaria. La guerra favorisce il nazionalismo e indebolisce il fronte pacifista e femminista; la campagna suffragista si ritira cautamente. Nel 1912, il suffragio viene esteso solo agli uomini. Gli anni pre-bellici vedono le donne impegnate per pace e voto, ma con divisioni e scarso successo politico. Con l’inizio della Prima Guerra Mondiale, le posizioni si polarizzano: alcune si oppongono (socialiste, anarchiche), altre sostengono l’intervento (mazziniane, repubblicane, interventiste), vedendolo come dovere o opportunità. Indipendentemente dalle posizioni, si verifica una vasta mobilitazione nel “fronte interno” per l’assistenza civile e sanitaria, lavoro che aumenta visibilità e competenze nella sfera pubblica. Gruppi femministi e suffragisti sfruttano questo impegno per chiedere riforme legali e politiche (voto, accesso a professioni, abolizione autorizzazione maritale), sostenendo che il servizio dimostra la maturità civile. Le giornaliste ampliano il loro ruolo, coprendo attività belliche e partecipando al dibattito pubblico. La disfatta di Caporetto nel 1917 intensifica lo sforzo bellico e stimola una forte mobilitazione femminile per l’assistenza ai profughi e la propaganda patriottica. Alcuni gruppi si radicalizzano, chiedendo misure restrittive. Si formano nuove organizzazioni nazionaliste. Emerge l’idea di coscrizione femminile obbligatoria, non attuata dallo Stato che preferisce il servizio volontario. Un aspetto centrale è il dolore delle madri per la perdita dei figli, che diventa simbolo del sacrificio nazionale; nascono associazioni per assistere le madri dei caduti. Un minoritario movimento pacifista femminile continua a operare, promuovendo arbitrato e cooperazione, partecipando a congressi internazionali come quello dell’Aia nel 1915, subendo sorveglianza e difficoltà. Nel dopoguerra, le associazioni femminili si concentrano sull’assistenza ai reduci e sulla rivendicazione di diritti politici e sociali, integrando la memoria dei caduti e il sacrificio delle madri nella narrazione nazionale.Riassunto Lungo
1. Donne, pace e il volto mutevole del femminismo
Alla fine del diciannovesimo secolo, l’Italia vede cambiare l’idea di donna. Emerge la “donna nuova”, che cerca di essere indipendente studiando e lavorando. Questo porta alla nascita di gruppi che vogliono migliorare la condizione delle donne. Ci sono tre modi principali in cui questo movimento si sviluppa: c’è chi chiede pari diritti legali ed economici, incluso il diritto di voto, come Anna Maria Mozzoni; ci sono donne legate al socialismo, come Anna Kuliscioff, che pensano soprattutto ai diritti delle lavoratrici e mettono la questione sociale prima di quella femminile; e c’è un gruppo che viene chiamato femminismo pratico o maternalista.Il Femminismo Pratico e la Maternità come Forza
Il femminismo pratico unisce la richiesta di diritti e cambiamenti alle azioni di aiuto e assistenza. Questo gruppo critica la società e la famiglia come sono organizzate e chiede di poter votare e partecipare alla politica. Però, mette al centro l’idea che le donne sono diverse dagli uomini e dà valore al ruolo di madre come base per ottenere diritti e diventare cittadine a pieno titolo. La maternità diventa così un modo per giustificare la presenza delle donne nella vita pubblica e un motivo valido per chiedere la pace. Le donne che fanno parte di questo movimento imparano ad agire nella società e nella politica, creando reti di aiuto e collaborando con le istituzioni, specialmente in Lombardia.Il Legame tra Donne e Pacifismo Internazionale
Il movimento delle donne si lega anche al desiderio di pace a livello internazionale. Donne colte e impegnate vedono la pace come qualcosa che appartiene alla natura femminile, fatta di attenzione verso gli altri e generosità. Dicono che le guerre nascono da un sistema di potere maschile basato sulla forza e propongono di risolvere le liti usando accordi e regole internazionali.Il Movimento Pacifista in Italia
In Italia, il movimento per la pace, iniziato da democratici e repubblicani con la Lega di libertà, fratellanza e pace, cambia e si riorganizza con Ernesto Teodoro Moneta nell’Unione lombarda. Questo nuovo gruppo si orienta verso un “pacifismo patriottico”, più moderato. Anche se include donne, questa corrente tende a sottolineare che le donne possono promuovere la pace educando i figli e influenzando la famiglia, a volte ripetendo idee tradizionali sul ruolo della donna in casa. Figure come Paolina Schiff rappresentano un “femminismo pacifista” che unisce strettamente la pace alla lotta per l’indipendenza delle donne e critica l’esercito e la guerra.Diffondere la Pace e l’Attivismo
Le idee pacifiste si diffondono anche attraverso scritti, come l’almanacco di Moneta, che usa appelli che toccano le emozioni, rivolgendosi in particolare alle madri. Si presta attenzione all’educazione, criticando i libri di scuola che esaltano la guerra e promuovendo un insegnamento che valorizzi la scienza e il progresso. Le donne partecipano attivamente a raccolte firme e manifestazioni contro le guerre coloniali, dimostrando che non sempre rifiutano la guerra in modo assoluto, specialmente quando si tratta di difendersi o liberare il proprio paese. Le attiviste italiane collaborano con donne di altri paesi, contribuendo a mobilitare le persone per la pace alla fine del secolo.Perché il capitolo sembra accettare senza critica l’idea che la maternità possa essere la base per ottenere diritti e cittadinanza?
Il capitolo descrive il femminismo pratico o maternalista che usa il ruolo di madre come leva per la partecipazione pubblica e la richiesta di pace. Questa strategia, sebbene storicamente rilevante, presenta una potenziale contraddizione: usare un ruolo tradizionalmente legato alla sfera privata per giustificare l’ingresso nella sfera pubblica. Non viene esplorato a sufficienza se questo approccio rafforzi o sovverta le norme di genere esistenti. Per approfondire, si potrebbero esaminare gli studi sulla storia del femminismo italiano e le teorie sul genere e la cittadinanza, leggendo autori come Simonetta Piccone Stella o Joan Scott.2. Donne, Pace e Guerra in un’Epoca di Cambiamenti
Dopo la repressione delle proteste del 1898, molti militanti socialisti e leader politici vennero condannati, e associazioni e stampa furono sciolte. In questo clima difficile, Filippo Turati ricevette una condanna a dodici anni. In risposta a questa situazione, Ernesto Teodoro Moneta fondò il quindicinale «La vita internazionale». Questa nuova pubblicazione divenne un punto di incontro per intellettuali, politici, scrittrici e giornaliste di diverse estrazioni, incluse esponenti femministe e pacifiste.Dibattiti su Femminismo e Divorzio
«La vita internazionale» affrontava un’ampia gamma di temi sociali, politici e culturali, dedicando spazio anche a questioni come il femminismo e il divorzio. Sul tema del femminismo, emersero posizioni molto diverse tra le collaboratrici: Pierangeli Faccio criticava la mancanza di un movimento unitario, Neera proponeva una visione della donna strettamente legata al ruolo di madre, mentre Eugenia Balegno sosteneva la capacità della donna di lavorare e rendersi indipendente. Anche sul divorzio le opinioni erano contrastanti: Adolfo Zerboglio si schierava per l’indissolubilità del matrimonio, mentre Angelica Devito Tommasi era favorevole, pur con riserve che riteneva superabili attraverso l’educazione. Nonostante le divergenze, la rivista promuoveva un confronto aperto sui problemi sociali, anche se nel tempo si spostò progressivamente verso questioni giuridiche e di politica estera, subendo per questo processi e sequestri.Nuove Voci e Organizzazioni
In questo periodo di fermento, emersero figure e organizzazioni significative. Ersilia Majno fondò l’Unione femminile, un’associazione che promuoveva attivamente la missione sociale della donna nella società. Parallelamente, Melany Scodnik si distinse nel movimento per la pace, denunciando con forza i conflitti e criticando l’operato degli statisti. Scodnik sottolineava l’importanza cruciale dell’educazione alla tolleranza come strumento per prevenire le guerre e promuoveva l’unione tra le donne, vista come una forza capace di contrastare le logiche di conquista maschili.La Diversificazione del Movimento Femminile
L’inizio del nuovo secolo vide una crescente diversificazione dell’associazionismo femminile in Italia. Nel 1903, fu fondato il Consiglio nazionale delle donne italiane (Cndi), che si affiliò all’International Council of Women. Sotto la guida di Gabriella Spalletti, il Cndi scelse di evitare temi che potevano generare divisioni interne, come la pace e il suffragio, per preservare l’unità dell’organizzazione. L’attenzione si concentrò maggiormente su aree come l’istruzione e l’assistenza sociale. La posizione del Cndi sul pacifismo, definita da Spalletti come un pacifismo “dignitoso” e pronto al sacrificio per la patria, creò una distanza significativa con le posizioni più radicali delle femministe pacifiste attive a Milano.Le Correnti Antimilitariste
Parallelamente ai gruppi moderati, si consolidarono correnti antimilitariste, particolarmente attive tra le giovani socialiste e anarchiche. Queste voci critiche contestavano non solo l’istituzione militare ma l’intero sistema borghese, rifiutando ogni forma di collaborazione con i gruppi femminili più moderati. Pubblicazioni come «La pace» e «La donna socialista» divennero veicoli importanti per la diffusione di queste idee, lanciando appelli diretti alle madri affinché si opponessero alla coscrizione militare dei figli. Nonostante l’impegno e la passione, l’antimilitarismo non riuscì a costituire un fronte unico e coeso e, in molti casi, sottovalutò la crescente corsa agli armamenti in atto a livello internazionale.L’Impatto degli Eventi Internazionali e l’Irredentismo
Eventi internazionali come il conflitto russo-giapponese del 1904 misero in luce le divisioni interne al movimento pacifista. Moneta espresse delusione verso la Russia, mentre socialisti e antimilitaristi criticarono quella che consideravano la sua ingenuità politica. Figure come Ersilia Majno e Melany Scodnik criticarono apertamente la passività delle donne di fronte alla guerra, esortandole a una maggiore ribellione. Il riemergere dell’irredentismo complicò ulteriormente il quadro. Al congresso della pace di Torino nel 1904, si discusse apertamente del pericolo rappresentato dall’agitazione irredentista nel rianimare lo spirito militarista. Melany Scodnik, nonostante i suoi legami con circoli irredentisti, tentò una difficile conciliazione tra patriottismo e pacifismo, mentre Teresa Labriola si avvicinò progressivamente al nazionalismo, interpretando la difesa della cultura italiana come una lotta necessaria contro il pangermanesimo.La Campagna per il Voto Femminile
Nel 1906, Carmela Baricelli fondò la rivista «L’alleanza», che proponeva un legame stretto tra femminismo, antimilitarismo e suffragismo. La rivista vedeva nel diritto di voto uno strumento essenziale per consentire alle donne di influenzare attivamente la politica estera e promuovere la pace. Il Congresso universale della pace tenutosi a Milano nel 1906 vide un’ampia partecipazione di diverse associazioni femminili, ma le divergenze di vedute emersero chiaramente. Rosalia Gwis Adami criticava le femministe che definiva “arrabbiate” e promuoveva un femminismo più moderato, mentre Melany Scodnik ribadiva con forza la necessità del voto come precondizione per la missione di pace che le donne potevano svolgere. Nonostante le divisioni, la campagna per il voto femminile prese slancio, riuscendo a unire diversi gruppi e portando alla formazione di comitati specifici pro suffragio, sebbene la partecipazione delle operaie rimanesse limitata.La Svolta della Guerra di Libia
L’annessione della Bosnia-Erzegovina nel 1908 aumentò ulteriormente le tensioni internazionali e riaccese il dibattito sull’irredentismo, acuendo le divisioni già presenti tra le pacifiste. Alma Dolens si impegnò attivamente promuovendo la creazione di comitati femminili dedicati all’educazione alla pace. Tuttavia, la guerra di Libia del 1911 rappresentò una svolta decisiva. Ernesto Teodoro Moneta, insignito del premio Nobel per la pace, appoggiò l’impresa coloniale, causando una profonda e dolorosa rottura all’interno del movimento pacifista. Il Cndi offrì un supporto incondizionato alla guerra, mentre l’Unione femminile si concentrò principalmente sull’assistenza umanitaria. Il clima di guerra favorì la crescita del nazionalismo e indebolì significativamente sia il fronte pacifista che quello femminista. La campagna suffragista, per non ostacolare la richiesta di piena cittadinanza, si ritirò cautamente dalla scena politica. Nel 1912, il suffragio venne esteso a tutti gli uomini, escludendo ancora una volta le donne. La sconfitta sul fronte del voto e il clima politico generale segnarono un periodo di indebolimento per il movimento femminile e pacifista. Il legame tra donne e pace si affievolì, mentre l’immagine della madre come figura patriottica, disposta al sacrificio per la nazione, guadagnò sempre più terreno nell’immaginario collettivo.Ma l’indebolimento dei movimenti fu solo colpa della guerra, o le divisioni interne li avevano già resi fragili?
Il capitolo, pur descrivendo con precisione le molteplici correnti e i contrasti ideologici che attraversavano i movimenti femministi e pacifisti, non approfondisce sufficientemente come queste divisioni abbiano potuto minare la loro capacità di reazione di fronte a shock esterni come la guerra di Libia e la montante ondata nazionalista. Presentare l’indebolimento quasi esclusivamente come una conseguenza diretta degli eventi del 1911 rischia di semplificare eccessivamente un quadro complesso. Per una comprensione più sfumata, è indispensabile esplorare la storiografia che analizza la storia sociale e politica dell’Italia di inizio Novecento, concentrandosi sulle dinamiche interne ai movimenti e sul loro rapporto con il potere politico e l’opinione pubblica. Approfondire gli studi sul femminismo e il pacifismo italiano del periodo può aiutare a valutare quanto le fragilità strutturali abbiano contribuito alla successiva crisi.3. L’impegno delle donne e la spinta per i diritti
Movimenti e posizioni sulla guerra
Prima della Prima Guerra Mondiale, le donne in Italia partecipano attivamente a movimenti che chiedono la pace e il diritto di voto. Questi sforzi incontrano difficoltà e non ottengono grandi risultati politici. Quando la guerra inizia, le posizioni si dividono nettamente. Alcune donne, vicine a idee socialiste e anarchiche, sono contro la guerra. Organizzano proteste e aiutano chi è in difficoltà, anche se vengono accusate di non sostenere la nazione. Altre donne, influenzate da pensieri repubblicani o che vogliono l’intervento in guerra, la vedono come un dovere verso il paese o un’occasione per dimostrare di cosa sono capaci e ottenere più diritti.L’impegno sul fronte interno e le nuove rivendicazioni
Indipendentemente da come la pensano sulla guerra, moltissime donne si attivano in quello che viene chiamato il “fronte interno”. Organizzano aiuti per i civili e assistenza sanitaria, dando supporto alle famiglie dei soldati, ai profughi e ai feriti. Questo lavoro concreto, spesso visto solo come un dovere patriottico e non come un’azione politica, rende le donne più visibili e aumenta le loro capacità nella vita pubblica. Gruppi di donne che lottano per i diritti e il voto usano questo grande impegno durante la guerra per chiedere con più forza cambiamenti nelle leggi e nella politica. Sostengono che aver servito la nazione in questo modo dimostra che le donne sono mature e pronte per avere gli stessi diritti degli uomini, chiedendo il diritto di voto, la possibilità di fare ogni tipo di lavoro e l’eliminazione di regole che le limitano, come la necessità dell’autorizzazione del marito. Anche le giornaliste diventano più importanti, scrivendo delle attività legate alla guerra, pur con i limiti imposti dalla censura. Usano i giornali per informare e partecipare alle discussioni pubbliche, contribuendo a cambiare l’idea che la gente ha delle donne e delle giornaliste stesse. L’esperienza della guerra, sebbene piena di contrasti, fa emergere il contributo fondamentale delle donne e prepara il terreno per le future lotte per la loro libertà e uguaglianza.[/membership]Se l’impegno sul “fronte interno” dimostrò la maturità e la prontezza delle donne, perché i grandi risultati politici, come il diritto di voto, non arrivarono subito dopo la guerra?
Il capitolo evidenzia giustamente l’enorme contributo delle donne durante il conflitto e come questo sia stato usato per rivendicare nuovi diritti. Tuttavia, non approfondisce a sufficienza perché questo impegno, presentato come prova di maturità politica, non si sia tradotto immediatamente in conquiste fondamentali come il suffragio universale nel primo dopoguerra. Per comprendere meglio questo apparente paradosso, sarebbe utile esplorare il contesto politico e sociale dell’Italia post-bellica, analizzando le resistenze incontrate dal movimento femminile e il ruolo giocato dalle forze politiche emergenti. Approfondire gli studi sulla storia delle donne in Italia e sulla storia politica del periodo, magari leggendo autori come Simonetta Soldani o Patrizia Gabrielli, può aiutare a colmare questa lacuna e a capire i complessi meccanismi che ritardarono l’ottenimento dei diritti.4. La mobilitazione femminile tra patriottismo e desiderio di pace
La disfatta di Caporetto nell’ottobre 1917 cambia profondamente la situazione. Questo evento aumenta l’impegno dell’Italia nella guerra. La trasforma in una lotta per difendere il territorio invaso. Questo provoca una forte reazione nella popolazione. Porta a una grande partecipazione delle donne che si attivano in vari modi.La mobilitazione patriottica delle donne
Donne di diverse associazioni si attivano subito per aiutare i profughi. Diffondono anche messaggi a favore della resistenza interna. Alcuni gruppi, come l’Unione femminile, chiedono al governo misure severe e l’allontanamento dei tedeschi. Mostrano così un sentimento patriottico molto acceso. Nascono nuove organizzazioni, come la Lega Patriottica Femminile, che promuovono idee nazionaliste decise. Discutono su come sarà l’Italia dopo la guerra, confrontando visioni nazionaliste con quelle democratiche che guardano a una collaborazione internazionale. Viene anche proposta l’idea di un servizio militare obbligatorio per le donne, ma questa proposta non riscuote grande successo. Lo Stato preferisce un servizio civile volontario.
Il dolore delle madri per i figli perduti
Il dolore per la perdita dei figli è un aspetto molto importante dell’esperienza femminile durante la guerra. Molte madri vivono un profondo lutto. Figure conosciute come Ada Negri e Anna Franchi danno voce a questa sofferenza. Questa sofferenza diventa un simbolo del sacrificio della nazione. Per offrire supporto morale e pratico e mantenere vivo il sentimento patriottico, vengono create associazioni specifiche dedicate all’assistenza delle madri dei caduti.
Le voci per la pace
Allo stesso tempo, un movimento pacifista, sebbene minoritario, continua a operare tra le donne. Promuovono l’idea di risolvere i conflitti attraverso accordi internazionali. Favoriscono la collaborazione tra i popoli. Attiviste di questo movimento, come Rosa Genoni, prendono parte a importanti incontri internazionali, ad esempio al congresso dell’Aia nel 1915. Lì si discute attivamente del ruolo che le donne possono avere nella costruzione della pace. Si gettano le basi per future organizzazioni pacifiste a livello mondiale. Tuttavia, queste donne si trovano spesso sotto la sorveglianza delle autorità. Incontrano notevoli difficoltà nel far conoscere le loro idee in un periodo storico in cui prevale nettamente il linguaggio e il sentimento bellico.
L’impegno nel dopoguerra
Terminata la guerra, l’attenzione delle associazioni femminili si sposta sull’assistenza concreta ai soldati che tornano a casa. Aiutano anche le loro famiglie. Chiedono di ottenere importanti diritti politici e sociali, tra cui spicca il diritto di voto. Allo stesso tempo, il ricordo dei soldati caduti diventa parte integrante della storia ufficiale della nazione. Anche il sacrificio compiuto dalle madri viene integrato. Questo contribuisce anche alla definizione di un nuovo assetto politico per il paese.
Davvero il sacrificio delle madri e l’impegno femminile hanno contribuito a definire un “nuovo assetto politico” per l’Italia, o sono stati piuttosto strumentalizzati da esso?
Il capitolo accenna all’integrazione del sacrificio delle madri e dell’impegno femminile nella storia ufficiale e nella definizione di un “nuovo assetto politico” post-bellico. Tuttavia, questa affermazione merita un approfondimento critico. Non è chiaro a quale “nuovo assetto politico” si faccia riferimento (il periodo liberale post-bellico, l’ascesa del Fascismo?). Comprendere come le narrazioni sulla guerra, il sacrificio e i ruoli di genere siano state plasmate e utilizzate nel contesto politico turbolento del dopoguerra è fondamentale. Per esplorare questa complessa relazione, è utile consultare studi sulla storia politica e sociale dell’Italia tra le due guerre, sulla memoria della Grande Guerra e sul ruolo delle donne nel periodo fascista. Autori come George Mosse o Victoria De Grazia possono offrire prospettive preziose su come il culto dei caduti e i ruoli di genere siano stati politicizzati.Abbiamo riassunto il possibile
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