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Informazioni
“Dobbiamo preoccuparci dei ricchi Le disuguaglianze estreme nel capitalismo contemporaneo” di Maurizio Raitano ti porta dentro un dibattito super attuale: ma davvero dobbiamo preoccuparci di chi ha tantissimi soldi? Questo libro non si ferma a dire che ci sono i ricchi, ma cerca di capire chi sono, come si definiscono i `super-redditi` e i `working rich`, guardando i dati, anche in Italia. La cosa interessante è che mette in discussione l’idea che questi `redditi elevati` siano solo frutto di `meritocrazia`. Raitano spiega che spesso dietro la `ricchezza` estrema nel `capitalismo contemporaneo` ci sono `rendite`, `potere di mercato` e mercati che non funzionano benissimo, non solo abilità o sforzo. Il libro analizza poi l’impatto di queste `disuguaglianze estreme` sulla società, smontando il mito che i ricchi facciano bene a tutti e mostrando come influenzino la politica e riducano le opportunità per gli altri. Alla fine, non si limita a criticare, ma propone soluzioni concrete, parlando di `pre-distribuzione` e di come una `tassazione` intelligente possa aiutare a creare una società più giusta, senza per forza frenare l’economia. È un libro che ti fa pensare su come funziona davvero il mondo di oggi e se le regole del gioco sono giuste per tutti.Riassunto Breve
Definire chi sono i ricchi è complicato, sia per la mancanza di dati completi sia per la scelta del criterio, come usare i dati fiscali per identificare le percentuali più alte di reddito o misurare la distanza dal reddito medio. Nei paesi anglosassoni, la quota di reddito detenuta dall’1% più ricco è cresciuta molto dagli anni ’70, mentre in Italia l’aumento è stato minore. Un cambiamento importante è l’aumento dei “working rich”, persone con redditi elevati derivanti principalmente dal lavoro, fenomeno visibile anche in Italia, specie tra liberi professionisti e dirigenti. Tuttavia, basarsi solo sui dati fiscali ha limiti, non sempre riflette la situazione economica reale delle famiglie e può essere influenzato da evasione. Usando un criterio basato sulla distanza dal reddito mediano, si vede che in Italia la quota di benestanti e ricchi è inferiore ad altri paesi, ma la concentrazione di reddito è alta. La fonte principale di reddito per i ricchi è il lavoro, con una forte presenza di lavoro autonomo in Italia. Le tendenze storiche mostrano un aumento dell’incidenza dei ricchi e della loro quota di reddito, accentuato dalle crisi economiche. I redditi molto alti, specialmente i super-redditi, non derivano solo da abilità o sforzo, ma spesso da potere, eredità, privilegi o mercati che non funzionano bene. In mercati ideali, le differenze di reddito sarebbero minime, ma la realtà mostra guadagni enormi legati a posizioni dominanti, barriere all’ingresso o capacità di influenzare il mercato e le decisioni dei consumatori, non solo a merito tecnico. La meritocrazia, che lega le ricompense ad abilità e sforzo, si scontra con la realtà dei mercati attuali, dove le remunerazioni elevate includono spesso “rendite”, guadagni non legati al merito ma a posizioni di vantaggio, potere di mercato o asimmetrie informative. Anche le disuguaglianze di partenza e il caso influenzano il successo, mettendo in discussione la giustificazione meritocratica delle disuguaglianze attuali. La concentrazione estrema di ricchezza ha effetti negativi sulla società: non c’è un effetto di “sgocciolamento” che beneficia tutti, i ricchi influenzano le politiche per ridurre le tasse e limitare il welfare, peggiorando la coesione sociale. Le disuguaglianze aumentano i costi di servizi essenziali come istruzione e sanità, limitando la mobilità sociale. Contrastare le disuguaglianze non danneggia la crescita, perché molti super-redditi sono rendite che possono essere tassate e reinvestite. Le giustificazioni per le disuguaglianze estreme sono deboli; la filantropia non risolve il problema e può avere motivazioni fiscali o risolvere problemi creati dal sistema stesso. L’idea che contrastare la disuguaglianza limiti la libertà è contestata, poiché la grande disuguaglianza di risorse limita la libertà di chi ha meno. È necessario intervenire sui meccanismi che creano i super-redditi, non solo sulla redistribuzione. Si parla di “pre-distribuzione”, agendo sulle regole del mercato e sulla gestione delle imprese per promuovere la concorrenza e limitare i compensi eccessivi dei manager. La tassazione rimane uno strumento importante per colpire le rendite e compensare gli effetti negativi della disuguaglianza, anche con approcci innovativi. Misure come rendere pubblici i compensi elevati o limitarne la deducibilità fiscale possono influenzare i comportamenti. Non affrontare il problema dei super-redditi porta a un aumento della disuguaglianza, anche in presenza di crescita economica.Riassunto Lungo
1. Definire e Comprendere i Ricchi
Definire chi siano esattamente i ricchi, intesi come persone con redditi molto alti, è difficile. Ci sono problemi sia nella definizione precisa sia nel trovare dati completi e affidabili per studiarli.Due modi per misurare la ricchezza
Uno dei modi per studiare i redditi più alti è usare i dati fiscali. Questo approccio guarda alle quote di reddito che vanno alle percentuali più piccole ma più ricche della popolazione, come l’1% o anche solo lo 0,1%. Studi basati su questi dati mostrano differenze tra paesi. Nei paesi anglosassoni, ad esempio, la quota di reddito dell’1% più ricco è cresciuta molto dagli anni ’70, tornando ai livelli di inizio ‘900. In Italia, invece, questo aumento è stato meno marcato. Un cambiamento importante notato con questo tipo di analisi è l’aumento delle persone ricche il cui reddito deriva principalmente dal lavoro, i cosiddetti “working rich”. Questo fenomeno è molto evidente nei paesi anglosassoni. Anche in Italia si vede questa tendenza: la parte di reddito che arriva dal lavoro è aumentata significativamente per l’1% più ricco della popolazione.Nonostante la sua utilità, definire i ricchi solo in base a una percentuale (come l’1%) ha dei limiti. La soglia di reddito necessaria per rientrare in quella percentuale cambia molto da un paese all’altro e anche nel tempo. Inoltre, i dati fiscali non sempre danno un quadro completo del reddito effettivo di una famiglia e possono essere influenzati da chi non dichiara tutto il reddito.
Un criterio diverso per capire chi sono i ricchi si basa su quanto il loro reddito è lontano dal reddito mediano, cioè il reddito che sta esattamente a metà nella distribuzione. Con questo metodo, si considerano benestanti le persone o famiglie con un reddito almeno 3 volte superiore al reddiano mediano. Si definiscono ricchi quelli con un reddito almeno 5 volte maggiore. C’è anche la categoria dei super-ricchi, che hanno un reddito almeno 10 volte superiore alla mediana, ma studiare questa fascia è difficile perché ci sono pochi dati affidabili su di loro.
Chi sono i ricchi e da dove viene il loro reddito
Usando il criterio della distanza dalla mediana, si vede che in Italia ci sono meno persone benestanti e ricche rispetto a paesi come Francia, Regno Unito o Polonia. Però, anche in Italia, la concentrazione di reddito nelle mani di questo gruppo è molto alta. La fonte principale del reddito per i ricchi, in Italia come altrove, è il lavoro. In Italia, in particolare, si nota che molte persone ricche che lavorano sono liberi professionisti o dirigenti di alto livello, sia nel settore privato che in quello pubblico.I cambiamenti nel tempo in Italia
Guardando alla storia recente in Italia, si nota che tra il 1991 e il 1993, sia il numero di ricchi e benestanti sia la loro quota di reddito sono aumentati. Negli anni successivi, l’andamento è stato meno costante, a volte diverso da come cambiava la disuguaglianza generale nella popolazione. La crisi economica sembra aver peggiorato la situazione, aumentando ulteriormente la distanza tra i redditi più alti e quelli del resto della popolazione.Capire i redditi più alti
Per capire davvero i redditi elevatissimi dei super-ricchi, è importante chiedersi se questi guadagni enormi derivano solo dal successo in mercati dove c’è molta concorrenza, oppure se sono anche il risultato di posizioni di grande potere che limitano la competizione per gli altri.Se i “working rich” guadagnano dal lavoro, quanto di quel “lavoro” è davvero frutto del mercato e quanto deriva invece da posizioni di potere?
Il capitolo identifica i “working rich” come una categoria crescente, ma non approfondisce le dinamiche che generano questi redditi elevatissimi. Per comprendere meglio se si tratti di puro merito di mercato o di rendite di posizione legate a strutture aziendali o settoriali, è fondamentale esplorare le teorie economiche sulla distribuzione del reddito, la governance aziendale e i mercati del lavoro per le alte qualifiche. Autori come Piketty, Stiglitz, o Atkinson hanno analizzato a fondo le cause della crescente disuguaglianza e la natura dei redditi ai vertici.2. Super-Redditi: Non Solo Merito, Ma Potere e Mercati Imperfetti
I redditi molto elevati possono derivare da diverse fonti, come eredità, risparmi o vantaggi speciali legati a situazioni politiche o privatizzazioni convenienti. Tuttavia, l’attenzione si concentra sui super-redditi che provengono dal lavoro. Questi riguardano figure come politici, manager di aziende pubbliche e private, professionisti di successo, artisti famosi e dirigenti di alto livello, specialmente nel mondo della finanza. Spesso si pensa che questi guadagni enormi dipendano solo da abilità rare o dalla capacità di creare cose nuove, ma in realtà anche la fortuna gioca un ruolo importante. Questo ci porta a chiederci: i guadagni altissimi sono solo merito o c’è dell’altro?Mercati Ideali e Differenze di Reddito
In un mercato dove la concorrenza è perfetta, le differenze nei guadagni da lavoro dipenderebbero solo da quanto tempo si lavora e da quanto si produce. Per avere differenze di reddito estreme in un mondo così, servirebbero livelli di tempo lavorato o di produttività che nella realtà non esistono. Anche considerando la qualità del lavoro, in un mercato ideale dove è facile copiare chi è più bravo, ad esempio perché le informazioni circolano liberamente, i vantaggi per i migliori dovrebbero durare poco. I guadagni extra dovrebbero sparire man mano che altri imitano le loro capacità o innovazioni.Teorie dei “Vincitori” e Concorrenza Parziale
Alcune idee provano a spiegare i super-redditi parlando di una certa forma di concorrenza. Dicono che i clienti scelgono sempre i migliori anche per piccole differenze di qualità, e che la tecnologia permette ai migliori di raggiungere tantissime persone contemporaneamente (il cosiddetto consumo congiunto). Questo farebbe concentrare la domanda su pochi percepiti come i “migliori”, creando guadagni enormi per loro. Però, questo tipo di spiegazione non funziona per tutti i lavori (come amministratori delegati o avvocati) e ignora che parte dei guadagni alti viene dalla fama o dalla pubblicità, non solo da capacità tecniche. La concorrenza descritta da queste teorie è solo parziale. Non porta i prezzi a essere bassi come i costi di produzione e non riduce i vantaggi di chi vince, che spesso si comporta come se fosse l’unico venditore. Una vera concorrenza ci sarebbe solo se fosse facile per chiunque sfidare e imitare chi ha successo.Potere e Mercati che Non Funzionano Bene
Molto spesso, i super-redditi sono legati al potere. Questo significa avere la capacità di influenzare direttamente la distribuzione dei guadagni, come fanno gli amministratori delegati quando decidono il proprio stipendio. Significa anche poter creare difficoltà per gli altri che vogliono entrare nel mercato, o influenzare quello che sceltono i clienti. Quando mancano le informazioni giuste, c’è conformismo o conta molto la notorietà, si possono considerare “migliori” persone che in realtà non hanno le capacità tecniche più alte. Per esempio, a volte si scelgono società di consulenza o manager basandosi sulla loro reputazione e sui contatti, invece che sul loro valore reale. I super-redditi, quindi, sono spesso il risultato del potere e di mercati che non funzionano in modo completamente libero e aperto, dove non è facile per tutti competere con chi ha già successo.Ma se il “potere”, la “notorietà” e le “relazioni” sono così cruciali nei mercati reali, non è forse ingenuo o fuorviante contrapporli rigidamente al “merito”, come se quest’ultimo potesse esistere in una bolla asettica?
Il capitolo evidenzia giustamente come i super-redditi non siano solo frutto di abilità tecniche rare o innovazione, ma derivino spesso da posizioni di potere, mercati imperfetti e fattori come la notorietà o le relazioni. Tuttavia, nel sottolineare questa differenza, si rischia di creare una dicotomia troppo netta tra “merito” (inteso forse come pura capacità tecnica o produttività in un mercato ideale) e questi altri fattori. Nella realtà, il “merito” stesso può essere definito, riconosciuto e premiato attraverso dinamiche di potere, costruzione della reputazione e reti sociali. Per comprendere meglio questa complessa interazione, sarebbe utile approfondire gli studi sulla sociologia delle élite, l’economia comportamentale che analizza come si formano le reputazioni e le decisioni in contesti di informazione imperfetta, e le teorie organizzative che studiano il ruolo del potere e delle relazioni all’interno delle aziende.3. Le Sfide della Meritocrazia nel Mercato
La meritocrazia si basa sull’idea che le ricompense ottenute da una persona dipendano dalle sue abilità e dall’impegno che ci mette. I mercati, in questa visione, sono considerati il luogo ideale dove la competizione permette di riconoscere e premiare il merito di ciascuno. Questo merito viene valutato in base a quanto una persona contribuisce al benessere della società. Nonostante questa definizione di base, non è sempre facile stabilire cosa si intenda esattamente per “merito”, poiché può includere diverse capacità e vari tipi di sforzo.L’ideale di un mercato meritocratico
Perché le disuguaglianze economiche create dal mercato possano essere giustificate in nome della meritocrazia, servirebbero mercati perfettamente concorrenziali. In questi mercati ideali, non ci sarebbero ostacoli per chi vuole entrare e nessuno avrebbe un potere tale da influenzare le regole. Le paghe e i guadagni dovrebbero riflettere solo le abilità e l’impegno delle persone. Guadagni extra, chiamati “rendite”, che non derivano direttamente dal merito, non sarebbero accettati. C’è anche un dibattito aperto sulla legittimità delle rendite che potrebbero derivare da abilità molto rare e richieste.La realtà del mercato: rendite e disuguaglianze
Guardando alla realtà di oggi, i guadagni molto alti, specialmente quelli delle persone più ricche, includono spesso una parte importante di queste rendite. Queste rendite non sono legate al merito individuale, ma nascono da situazioni come la poca concorrenza in certi settori, il potere che alcune aziende o individui hanno sul mercato, la mancanza di informazioni complete per tutti i partecipanti, lo sfruttamento di nuove tecnologie o l’attività di pressione (lobbying) per ottenere vantaggi. Questi guadagni non riflettono un maggiore merito.Mancanza di pari opportunità
Inoltre, l’idea di una meritocrazia completa, che richiederebbe che tutti abbiano le stesse possibilità di sviluppare le proprie capacità fin dalla partenza, è spesso disattesa. Le differenze nelle condizioni di partenza, l’influenza della famiglia di origine, le conoscenze e le relazioni sociali, e le responsabilità legate alla cura di familiari limitano l’accesso ai lavori più pagati per chi proviene da situazioni meno fortunate. Questo significa che non tutti partono dallo stesso punto nella corsa verso il successo di mercato.Il mercato non è un giudice neutro
C’è anche da considerare che il mercato stesso potrebbe non essere uno strumento imparziale nel valutare il merito delle persone. Tende a dare meno importanza ad alcuni valori che non si traducono facilmente in guadagni economici e a valutare principalmente ciò a cui si può dare un prezzo. Questo significa che certi tipi di contributo o di abilità potrebbero non essere riconosciuti o premiati adeguatamente dal meccanismo di mercato.Il ruolo del caso nel successo
Una visione più critica sottolinea quanto il caso influenzi il successo nel mercato. Fattori esterni come il contesto sociale in cui si vive, le connessioni tra le diverse parti dell’economia, la “lotteria naturale” delle abilità con cui si nasce e la semplice fortuna giocano un ruolo nel determinare quanto una persona guadagna, indipendentemente dal suo merito o impegno. Una parte dei guadagni di mercato ha quindi la natura di una rendita non guadagnata per merito. Le disuguaglianze che osserviamo oggi sembrano spesso il risultato di queste rendite e di fattori casuali, mettendo seriamente in discussione l’idea che siano giustificate dal merito individuale.Se i redditi altissimi non derivano dalla produttività, da cosa derivano esattamente, e siamo certi che tassare non intacchi l’innovazione?
Il capitolo afferma che molti redditi elevati non derivano dalla produttività ma da posizioni di vantaggio o potere, suggerendo che tassare non scoraggi l’innovazione. Tuttavia, la distinzione tra redditi da ‘produttività’ e redditi da ‘vantaggio’ è complessa e dibattuta. Approfondire l’economia del lavoro e l’economia industriale può aiutare a comprendere meglio le diverse fonti dei redditi elevati (compresi i ‘rent-seeking’ e il potere di mercato) e come le politiche fiscali possano influenzare gli incentivi a investire, innovare e lavorare. Autori come Joseph Stiglitz o Thomas Piketty offrono prospettive diverse su questi temi, ma è fondamentale considerare anche le analisi che esplorano gli effetti comportamentali della tassazione sull’attività economica.5. Super-redditi: Miti da Sfatare e Azioni Necessarie
Le giustificazioni che si usano per difendere le grandi differenze economiche, come i guadagni altissimi, non reggono di fronte ai fatti. L’idea che la ricchezza dei pochi più ricchi porti vantaggi a tutta la società non è vera, perché i dati non la confermano. Anzi, questa concentrazione di ricchezza può creare problemi per chi ha meno, come l’aumento dei prezzi e la difficoltà a migliorare la propria situazione economica.Le false soluzioni: filantropia e libertà limitata
Anche la beneficenza fatta dai super-ricchi non è la soluzione al problema delle disuguaglianze. Le somme donate possono essere usate come chi dona preferisce, senza seguire necessariamente le necessità più urgenti della comunità. A volte, queste donazioni servono a sistemare problemi che sono stati creati proprio dal sistema che permette di accumulare enormi ricchezze. Inoltre, non dimentichiamo che fare beneficenza può portare a sconti sulle tasse per chi dona.C’è anche chi dice che limitare i guadagni molto alti significhi togliere libertà. Ma la libertà non è assoluta e spesso le diverse libertà vanno in conflitto tra loro. Quando una persona ha tantissime risorse e un’altra quasi nessuna, la possibilità di scelta per chi ha meno è molto limitata. La libertà di uno di possedere qualcosa esclude la libertà di un altro di possedere la stessa cosa.
La vera origine dei super-redditi: le rendite
Molti guadagni altissimi non dipendono dal merito o dall’impegno nel lavoro. Derivano invece dalle “rendite”, cioè da posizioni di vantaggio o di potere che permettono di guadagnare molto senza creare valore per l’economia. Queste rendite non aiutano l’economia a crescere e si potrebbero ridurre senza togliere la voglia di impegnarsi e innovare.Come intervenire: pre-distribuzione e tassazione
Per affrontare il problema, non basta solo ridistribuire la ricchezza dopo che è stata creata. È fondamentale agire sui meccanismi che permettono di formare questi super-redditi fin dall’inizio. Una strategia efficace è la “pre-distribuzione”, che significa cambiare le regole del mercato e il modo in cui le aziende sono gestite. Si può, ad esempio, aumentare la concorrenza nei settori dove i guadagni sono sproporzionati.Un altro modo è intervenire sulla gestione delle imprese per mettere un freno ai compensi esagerati dei manager, che spesso sono alti più per il loro potere negoziale che per i risultati ottenuti. La tassazione resta comunque uno strumento importante per colpire le rendite e compensare gli effetti negativi delle grandi disuguaglianze sulla società. Si possono pensare a nuove forme di tassazione, magari tassando di più i guadagni che non derivano dal lavoro effettivo o legando le tasse ai danni sociali causati dalla disuguaglianza. Politiche che garantiscono a tutti le stesse opportunità e aiuti economici diretti, come un reddito di base, sono strumenti che possono aiutare a completare queste azioni.
Rendere pubblici i compensi più alti o limitare la possibilità di detrarli dalle tasse sono misure che possono influenzare i comportamenti. Mettere dei limiti massimi rigidi ai salari è un’opzione discussa, meno flessibile rispetto a intervenire sulla concorrenza e sulla gestione aziendale. Se non si affronta il problema dei guadagni sproporzionati, le disuguaglianze continueranno ad aumentare, anche se l’economia nel complesso dovesse crescere.
Se i “super-redditi” derivano davvero solo da “rendite”, perché le soluzioni proposte non rischiano di soffocare anche l’innovazione e il rischio d’impresa, che pure contribuiscono alla ricchezza?
Il capitolo semplifica eccessivamente le origini dei guadagni elevati, attribuendoli quasi esclusivamente alle “rendite”. Non considera a sufficienza come distinguere una rendita da un legittimo ritorno su investimenti rischiosi, capacità uniche o innovazione di successo. Le politiche di “pre-distribuzione” e tassazione aggressiva, se non calibrate con estrema attenzione, potrebbero disincentivare proprio quelle attività imprenditoriali e innovative che sono vitali per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. Per comprendere meglio questa complessità, è utile approfondire gli studi di economia che trattano di teoria dell’impresa, economia dell’innovazione e finanza aziendale. Autori come Schumpeter o studiosi contemporanei che analizzano il ruolo del capitale di rischio e delle piattaforme tecnologiche possono offrire prospettive diverse sulla formazione della ricchezza.Abbiamo riassunto il possibile
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