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“Disattenti e iperattivi. Cosa possono fare genitori e insegnanti” di Gian Bongarzone è quel tipo di libro che ti prende e ti spiega per bene cos’è l’ADHD, non come un problema di comportamento e basta, ma come un disturbo del neurosviluppo che rende difficile gestire attenzione, iperattività e impulsività. Ti fa capire che non è colpa di nessuno, ma che c’è dietro un funzionamento diverso del cervello, con difficoltà nelle funzioni esecutive che si vedono un sacco a casa e a scuola. Il libro non si ferma a spiegare i sintomi ADHD o come si fa una diagnosi ADHD, ma va dritto al punto su cosa si può fare concretamente. Parla delle strategie comportamentali che genitori e insegnanti possono usare, dell’importanza di un’alleanza educativa forte per supportare il bambino con ADHD. Ti fa vedere come strutturare l’ambiente, dare regole chiare e riconoscere i progressi. E non dimentica di parlare delle reti di supporto, come Aidai e Aifa Onlus, che sono fondamentali. È una guida pratica e chiara per chi vive l’ADHD da vicino, mostrando che con le giuste informazioni e gli strumenti adatti, si può davvero fare la differenza nella gestione ADHD e migliorare la vita di tutti.Riassunto Breve
Il Disturbo da deficit di attenzione e iperattività, o ADHD, è un disturbo del neurosviluppo che riguarda la capacità di attenzione, l’iperattività e l’impulsività. Non dipende dall’intelligenza o da come si è stati educati, ma da difficoltà nel regolare pensieri, emozioni e comportamenti. Chi ha l’ADHD fatica con le funzioni esecutive, cioè quei processi mentali che servono per organizzare e controllare le azioni, come inibire risposte immediate, tenere a mente informazioni importanti, pianificare e risolvere problemi; le azioni spesso si basano su ciò che succede nel momento. I sintomi principali, che si vedono già da piccoli, sono la disattenzione, che rende difficile concentrarsi sui dettagli, mantenere l’attenzione, ascoltare, seguire istruzioni e organizzarsi, e l’iperattività e l’impulsività, che si manifestano con irrequietezza, difficoltà a stare fermi, parlare troppo, rispondere senza pensare e interrompere gli altri. Per avere una diagnosi, questi sintomi devono essere molto presenti, durare almeno sei mesi, iniziare prima dei 12 anni, comparire in almeno due ambienti diversi come casa e scuola, e creare problemi significativi nella vita di tutti i giorni. Ci sono tre modi in cui l’ADHD si può presentare: con prevalenza di disattenzione, con prevalenza di iperattività/impulsività, o con una combinazione di entrambi. Spesso l’ADHD si accompagna ad altri disturbi, come quelli dell’apprendimento, problemi di comportamento, ansia o depressione, e queste condizioni rendono il quadro più complicato. È importante distinguere l’ADHD da una semplice vivacità o da sintomi simili causati da altre cose come ansia o alto potenziale. La diagnosi la fa uno specialista dopo aver raccolto molte informazioni sulla storia del bambino e sui suoi comportamenti in diversi contesti, usando interviste, questionari per genitori e insegnanti, test per la memoria e l’attenzione, e osservando direttamente il bambino; nessun singolo test basta per la diagnosi. A differenza di quello che si pensava, i sintomi dell’ADHD continuano spesso anche da adolescenti e adulti, anche se l’iperattività può diminuire. Le difficoltà nel gestire emozioni e comportamenti possono portare a problemi maggiori crescendo. L’evoluzione non è uguale per tutti: circa due terzi dei bambini continuano ad avere sintomi, spesso con altre difficoltà, mentre un terzo migliora o si adatta bene. Fattori come la presenza di altri disturbi e la genetica influenzano il percorso, mentre il supporto della famiglia e il valorizzare i punti di forza aiutano molto. Scegliere percorsi di studio e lavoro adatti alle caratteristiche individuali è utile. Le funzioni esecutive sono fondamentali per organizzare pensieri e azioni, e i loro deficit nell’ADHD creano problemi nella vita di tutti i giorni. L’attenzione non è una cosa sola, ma ha diversi tipi; i bambini con ADHD faticano soprattutto a mantenere l’attenzione volontaria e a filtrare le distrazioni, anche se a volte in situazioni di attenzione divisa possono essere più attivi. La difficoltà a non agire d’impulso porta a comportamenti invadenti e problemi nelle relazioni, oltre a cercare subito una ricompensa. Le cause dell’ADHD sono tante e dipendono dall’interazione tra fattori biologici e ambientali. La genetica è importante, con studi che indicano l’influenza di molti geni, inclusi quelli legati alla dopamina. Le ricerche sul cervello mostrano differenze in aree come i lobi frontali, suggerendo un ritardo nella maturazione. Tra i rischi non genetici ci sono la nascita prematura, il basso peso alla nascita, l’esposizione a fumo o alcol in gravidanza e lo stress della mamma. I primi segnali si possono vedere già da piccolissimi con un carattere difficile, problemi a dormire, poca tolleranza alla frustrazione e ritardi nello sviluppo motorio o del linguaggio. L’ambiente familiare è importante; uno stile educativo non coerente o troppo rigido, e le reazioni dei genitori influenzano come il bambino impara a regolarsi. Anche se i genitori hanno l’ADHD, questo può influenzare il comportamento del bambino. Questi fattori aumentano la probabilità del disturbo, ma non decidono tutto. Ci sono anche cose che aiutano, come una mamma con un buon livello di istruzione, una buona salute alla nascita e relazioni familiari stabili. Capire bene l’ADHD è difficile perché sintomi come disattenzione e iperattività possono dipendere da tante cose, non solo dal disturbo. La diagnosi la fa solo uno specialista. Prepararsi alla visita significa fare un controllo medico e raccogliere tutte le informazioni possibili sul comportamento del bambino a casa, a scuola e con gli amici, e sulla sua storia. Lo specialista usa interviste, questionari, test per le capacità cognitive e osserva il bambino. La diagnosi si basa su tutti questi dati messi insieme. Come andrà in futuro dipende da vari fattori, come se ci sono altri casi in famiglia, le capacità del bambino, la presenza di altri disturbi e l’ambiente in famiglia e a scuola. L’intervento migliore coinvolge professionisti, genitori e insegnanti che lavorano insieme. L’obiettivo è migliorare il benessere e l’autonomia del bambino. Gli interventi includono percorsi psicologici per aiutare il bambino a sviluppare capacità cognitive, emotive e sociali. Si usano strategie comportamentali, come premiare i comportamenti positivi con un sistema a punti o usando il time-out e il sistema del semaforo, per gestire le difficoltà. Nei casi più seri, un medico specialista può prescrivere farmaci, che vanno sempre affiancati ad altri trattamenti e monitorati. Ogni intervento è pensato su misura per il bambino e la sua situazione. Genitori e insegnanti sono fondamentali e imparano ad applicare le strategie con una formazione specifica. Un tutor specializzato aiuta il bambino a organizzarsi con lo studio e a diventare più autonomo. Gestire l’ADHD richiede che genitori e insegnanti capiscano bene il disturbo e i comportamenti che ne derivano, distinguendo i sintomi principali da quelli secondari su cui si può lavorare. Un primo passo è guardare come reagiscono gli adulti, le loro aspettative e difficoltà, perché le idee negative sul bambino e lo stress possono peggiorare le cose. Analizzare i comportamenti problematici significa capire cosa succede prima, il comportamento stesso e cosa succede dopo. Questo aiuta a capire perché succedono certe cose e a decidere come intervenire. È importantissimo stabilire regole chiare, precise e sempre uguali. Dire prima al bambino cosa ci si aspetta da lui e quali saranno le conseguenze dei suoi comportamenti, sia belli che brutti, lo aiuta a regolarsi. Riconoscere e premiare i comportamenti positivi è fondamentale. Le lodi, soprattutto quelle che dicono cosa ha fatto bene il bambino, funzionano meglio delle punizioni per incoraggiare i comportamenti desiderati e migliorare il rapporto. Le punizioni, se servono, devono essere una conseguenza logica e già detta, date in modo calmo, e bisogna spiegare al bambino cosa avrebbe dovuto fare. Organizzare l’ambiente e il tempo, a casa e a scuola, è un grande aiuto. Routine fisse, spazi ordinati e dividere i compiti grandi in passaggi più piccoli aiutano il bambino con ADHD a gestire la difficoltà a pianificare e a stare attento. A scuola, insegnare strategie di studio e usare supporti visivi è molto utile. La comunicazione e la collaborazione tra genitori e insegnanti sono vitali. Condividere osservazioni, punti di forza e debolezza del bambino, e mettersi d’accordo sulle strategie evita problemi e crea una squadra che supporta il bambino. L’obiettivo è aiutarlo a capire meglio se stesso e a diventare capace di regolarsi. In Italia ci sono associazioni che offrono aiuto e informazioni sull’ADHD. L’Aidai, nata nel 1998, promuove formazione e ricerca, offre informazioni a genitori, insegnanti e adulti, mette in contatto le famiglie e collabora con scuole e servizi. Il loro sito è www.aidaiassociazione.com. L’Aifa Onlus, fondata nel 2002 da genitori, coordina le famiglie per scambiarsi esperienze, offre supporto scientifico e morale, e include genitori, adulti con ADHD e professionisti. L’obiettivo è facilitare il dialogo tra chi si occupa del bambino. Promuovono solidarietà, aiuto, istruzione e divulgazione scientifica, creano reti tra genitori, diffondono informazioni scientifiche, collaborano con enti e difendono i diritti dei bambini con ADHD e delle loro famiglie per migliorare l’accettazione sociale e la qualità della vita. Il sito è www.aifa.it. Esiste anche il Registro dell’ADHD, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) fino al 2016 per monitorare i farmaci, e ora gestito dalle Regioni. Sul vecchio sito ISS (http://old.iss.it/Adhd) si trovano informazioni utili, norme e l’elenco dei Centri di riferimento regionali. Alcune Regioni hanno centri coordinatori e pagine web dedicate. Per trovare un centro pubblico per la terapia ADHD, si può consultare la pagina web dell’ISS.Riassunto Lungo
1. Comprendere l’ADHD: Sintomi, Diagnosi ed Evoluzione
Il Disturbo da deficit di attenzione e iperattività, noto come ADHD, è un disturbo che riguarda lo sviluppo del cervello. Si manifesta principalmente con difficoltà legate all’attenzione, all’essere troppo attivi (iperattività) e all’agire senza pensare (impulsività). È importante capire che l’ADHD non dipende dalla mancanza di intelligenza o da un’educazione sbagliata. Piuttosto, è legato a difficoltà nel controllare come si pensa, si sentono le emozioni e ci si comporta. Questo disturbo rende difficile fermare gli stimoli esterni o le reazioni immediate, tenere a mente informazioni importanti per un compito, organizzarsi o trovare soluzioni ai problemi. Spesso, chi ne soffre tende a concentrarsi solo su quello che succede nel momento presente.I Segnali dell’ADHD: Sintomi e Criteri Diagnostici
I segnali principali di questo disturbo si possono notare fin da quando il bambino è piccolo e includono la disattenzione, l’iperattività e l’impulsività. La disattenzione si vede quando una persona ha difficoltà a notare i piccoli particolari, a mantenere la concentrazione su un compito, ad ascoltare quando qualcuno parla, a seguire le istruzioni o a organizzare le proprie cose o attività. L’iperattività e l’impulsività si manifestano con un’eccessiva irrequietezza fisica, l’incapacità di stare fermi, il parlare troppo, il rispondere in modo affrettato prima che la domanda sia finita o l’interrompere gli altri mentre parlano o giocano. Per poter parlare di diagnosi di ADHD, questi segnali devono essere molto presenti e intensi, durare per almeno sei mesi e manifestarsi prima dei 12 anni di età. Devono inoltre essere visibili in almeno due ambienti diversi della vita di una persona, come a casa e a scuola, e causare difficoltà significative nella vita di tutti i giorni. L’ADHD può presentarsi in tre modi diversi: prevalentemente con problemi di attenzione, prevalentemente con iperattività e impulsività, oppure con una combinazione di entrambi.ADHD e Altre Condizioni: Distinguere e Comprendere
Spesso, l’ADHD si presenta insieme ad altre difficoltà o disturbi. Tra i più comuni ci sono i disturbi specifici dell’apprendimento, che rendono difficile leggere, scrivere o fare calcoli. Possono esserci anche disturbi del comportamento, come il Disturbo oppositivo provocatorio o il Disturbo della condotta. Non è raro che si manifestino anche problemi legati all’ansia o alla depressione. La presenza di queste altre condizioni rende il quadro generale più complesso. Per questo, è molto importante saper distinguere l’ADHD da una semplice vivacità tipica dei bambini o da segnali che possono sembrare simili ma che sono causati da altre ragioni, come l’ansia, la depressione o anche un alto potenziale intellettivo. Per arrivare a una diagnosi corretta, è necessaria un’analisi molto attenta della storia della persona e di come i segnali si manifestano nei diversi contesti della sua vita.L’Evoluzione dell’ADHD nel Tempo
Contrariamente a quello che si credeva in passato, i segnali dell’ADHD spesso non scompaiono con la crescita. Molte persone continuano a manifestare sintomi anche durante l’adolescenza e nell’età adulta. È vero che i sintomi possono cambiare: ad esempio, l’iperattività fisica tende a diminuire con il tempo, ma le difficoltà nel gestire le emozioni e il comportamento possono diventare più evidenti e causare problemi maggiori nella vita adulta. Il modo in cui il disturbo evolve è diverso da persona a persona. Circa due terzi dei bambini con ADHD continuano ad avere sintomi, spesso accompagnati da altre difficoltà. Un terzo, invece, mostra un miglioramento significativo o riesce ad adattarsi bene alla vita quotidiana. Ci sono diversi fattori che influenzano questo percorso, come la presenza di altri disturbi associati o fattori genetici. Tuttavia, un forte supporto da parte della famiglia e la capacità di riconoscere e valorizzare i punti di forza della persona possono aiutare molto a favorire un’evoluzione positiva. Scegliere percorsi di studio e lavori che tengano conto delle caratteristiche e dei talenti individuali è fondamentale per il benessere e il successo a lungo termine.Ma se i segnali sono ‘visibili’ e la diagnosi si basa su ‘un’analisi attenta’, quanto è oggettiva e libera da interpretazioni la valutazione di un disturbo così complesso?
Il capitolo, pur descrivendo i criteri diagnostici, non affronta a fondo le sfide intrinseche del processo valutativo. La diagnosi si basa sull’osservazione di comportamenti e sulla valutazione del loro impatto, elementi che per loro natura sono soggetti all’interpretazione di genitori, insegnanti e clinici. Questo solleva interrogativi sulla potenziale soggettività del giudizio, sull’influenza del contesto sociale e culturale, e sulla difficoltà di distinguere il disturbo da semplici variazioni individuali o risposte a specifici ambienti. Per comprendere meglio queste problematiche, è utile approfondire la psicodiagnostica e i dibattiti sull’affidabilità e validità dei sistemi di classificazione nosografica. Temi come la neurodiversità e la psicologia critica possono offrire prospettive alternative. Autori come Gabor Maté o Thomas Armstrong hanno esplorato questi aspetti critici.2. Comprendere l’ADHD: Deficit, Cervello e Ambiente
Le Funzioni Esecutive e le Difficoltà Quotidiane
Le funzioni esecutive sono processi mentali complessi che ci aiutano a organizzare pensieri e azioni, a pianificare e a controllare il nostro comportamento. Pensiamo all’attenzione, alla capacità di fermare un’azione impulsiva, alla memoria di lavoro o alla flessibilità nel cambiare approccio. Questi processi richiedono uno sforzo mentale e spesso presentano delle carenze nei bambini con ADHD. Questa difficoltà rende più complicato adattarsi alle situazioni di ogni giorno.Attenzione e Impulsività: Le Sfide dell’ADHD
L’attenzione non è un unico processo, ma si divide in diversi tipi. C’è l’attenzione selettiva, quella che manteniamo nel tempo (sostenuta), quella che dividiamo tra più cose, e quella flessibile. I bambini con ADHD faticano soprattutto a dirigere l’attenzione volontariamente e a mantenerla a lungo. Hanno difficoltà a ignorare le distrazioni e a gestire più compiti insieme, anche se a volte si attivano di più quando devono dividere l’attenzione. Un altro aspetto cruciale è la difficoltà a frenare gli stimoli e le reazioni impulsive. Questo porta a comportamenti che possono sembrare invadenti o a problemi nelle relazioni con gli altri. C’è anche una forte tendenza a cercare subito una ricompensa o una gratificazione.Le Cause dell’ADHD: Un Mix di Fattori Biologici e Ambientali
Le ragioni dietro l’ADHD sono molteplici e dipendono dall’interazione tra come siamo fatti biologicamente e l’ambiente in cui viviamo. La genetica ha un peso importante; studi suggeriscono che non dipenda da un singolo gene, ma da molti, inclusi quelli legati alla dopamina. Le ricerche sul cervello mostrano che in alcune aree, come quelle frontali e quelle più profonde, ci sono differenze nella struttura e nel funzionamento. Questo fa pensare a un possibile ritardo nella loro maturazione. Oltre ai geni, ci sono altri fattori di rischio che non sono ereditari. Tra questi, la nascita prima del termine, un peso basso alla nascita, l’esposizione a fumo o alcol durante la gravidanza, o lo stress vissuto dalla madre in quel periodo.Primi Segnali e il Ruolo della Famiglia
I primi indizi dell’ADHD possono comparire già nei primissimi anni di vita. Si possono notare un temperamento più difficile, problemi con il sonno, poca capacità di tollerare la frustrazione o piccoli ritardi nello sviluppo motorio o del linguaggio. L’ambiente in famiglia ha un impatto notevole. Uno stile educativo che non è costante, che è troppo permissivo o al contrario troppo severo, e il modo in cui i genitori reagiscono, influenzano la capacità del bambino di imparare a regolarsi da solo. Se i genitori presentano a loro volta sintomi di ADHD, questo può anche diventare un modello di comportamento per il figlio. Tutti questi fattori rappresentano dei rischi che aumentano la probabilità che il disturbo si manifesti, ma non decidono in modo definitivo il percorso di crescita del bambino. Fortunatamente, esistono anche fattori che proteggono, come ad esempio avere una madre con un buon livello di istruzione, una buona salute alla nascita e relazioni familiari stabili e positive.Davvero comprendiamo le cause dell’ADHD, o il capitolo si limita a elencare fattori di rischio senza svelare il complesso e ancora dibattuto ‘come’ e ‘quanto’ interagiscono?
Il capitolo presenta un quadro multifattoriale, ma la vera sfida scientifica risiede nel comprendere i meccanismi precisi con cui geni, ambiente prenatale, sviluppo cerebrale e contesto familiare si influenzano reciprocamente. La ricerca in questo campo è in continua evoluzione e spesso le correlazioni osservate non implicano una causalità semplice e lineare. Per approfondire la complessità di queste interazioni e il dibattito scientifico in corso, è utile esplorare discipline come la genetica comportamentale, la neurobiologia dello sviluppo e la psicologia clinica, leggendo autori che trattano la complessità dei disturbi del neurosviluppo e le sfide della ricerca in questo ambito. Un esempio di autore che affronta la complessità dell’interazione gene-ambiente è Eric Turkheimer.3. Comprendere e Intervenire sull’ADHD
Identificare correttamente l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) presenta diverse difficoltà. I sintomi principali, come la disattenzione e l’iperattività, non si manifestano solo in questo disturbo. Possono infatti dipendere da fattori legati alla normale crescita, da periodi di stress o ansia, oppure essere segnali di altre condizioni come i disturbi specifici dell’apprendimento o l’autismo. Per questo motivo, arrivare a una diagnosi precisa è un processo complesso che richiede sempre la valutazione approfondita da parte di uno specialista qualificato.Il Percorso Diagnostico
Prima di arrivare alla visita specialistica, è fondamentale preparare il terreno raccogliendo una serie di informazioni utili. Questo passaggio iniziale prevede un controllo medico generale per escludere altre cause dei sintomi. È altrettanto importante raccogliere dati dettagliati sul comportamento del bambino nei diversi contesti della sua vita: a casa, a scuola e durante le interazioni con gli amici. Si considera anche la sua storia di sviluppo e salute generale.Una volta dallo specialista, vengono impiegati diversi strumenti per raccogliere un quadro completo. Non esiste un unico test che da solo possa fare la diagnosi. Vengono usati:
- Interviste: Colloqui approfonditi con i genitori e, se appropriato, con il bambino stesso.
- Questionari Standardizzati: Moduli specifici compilati da genitori e insegnanti per valutare la frequenza e l’intensità dei sintomi in diversi ambienti.
- Test Neuropsicologici: Prove per esaminare specifiche funzioni cognitive, come l’attenzione, la memoria di lavoro e la capacità di pianificazione.
- Osservazione Diretta: Valutazione del comportamento del bambino in un contesto clinico.
La diagnosi di ADHD si raggiunge integrando tutte queste informazioni: i dati raccolti prima della visita, i risultati degli strumenti utilizzati dallo specialista e il giudizio clinico basato sull’esperienza. Questo approccio globale è indispensabile per distinguere l’ADHD da altre condizioni e assicurare una valutazione accurata.
Prognosi e Obiettivi dell’Intervento
L’evoluzione dell’ADHD nel tempo, conosciuta come prognosi, è influenzata da una combinazione di fattori. Tra questi, un ruolo importante è giocato dalla familiarità con il disturbo, dalle specifiche capacità cognitive del bambino e dalla presenza di eventuali altre diagnosi associate. Anche la qualità e il supporto offerti dall’ambiente familiare e scolastico hanno un impatto significativo sul percorso di crescita e adattamento del bambino.Per affrontare l’ADHD in modo efficace, l’approccio raccomandato è sempre multimodale. Questo significa che l’intervento coinvolge attivamente diverse figure: professionisti della salute, genitori e insegnanti, che lavorano insieme come una squadra. L’obiettivo fondamentale di questo lavoro congiunto va oltre la semplice riduzione dei sintomi del disturbo; punta invece a migliorare globalmente il benessere del bambino e a promuovere lo sviluppo della sua autonomia nella vita di tutti i giorni.
Strategie di Intervento Specifiche
Per supportare i bambini con ADHD, si ricorre a diverse strategie. Un pilastro è rappresentato dai percorsi psicologici, che aiutano i bambini a sviluppare competenze fondamentali in aree come il pensiero (abilità cognitive), la gestione delle emozioni e le interazioni sociali. Parallelamente, si applicano strategie comportamentali molto concrete per affrontare le difficoltà pratiche quotidiane. Queste possono includere sistemi di rinforzo per incoraggiare i comportamenti desiderati, come l’uso di “token economy” (un sistema a punti o gettoni), oppure tecniche per gestire i momenti di maggiore difficoltà, come il “time-out” o il “sistema del semaforo”.Nei casi in cui i sintomi dell’ADHD sono particolarmente severi e impattano significativamente sulla vita del bambino, uno specialista (un medico autorizzato) può considerare la prescrizione di una terapia farmacologica. Questo tipo di trattamento non è mai l’unico intervento, ma viene sempre integrato con altri approcci e richiede un monitoraggio costante e attento da parte del medico. È fondamentale sottolineare che ogni piano di intervento è strettamente personalizzato: viene costruito sulle specifiche caratteristiche del bambino, sulle sue necessità e sul contesto in cui vive.
Il successo degli interventi dipende molto dalla collaborazione di tutti gli adulti che circondano il bambino. Genitori e insegnanti, in particolare, diventano figure chiave, quasi dei “co-terapeuti”. Attraverso percorsi di formazione specifici, imparano ad applicare le strategie e le tecniche suggerite dai professionisti nella vita di tutti i giorni, sia a casa che a scuola. Un supporto prezioso può venire anche dal tutor specializzato in ADHD, una figura dedicata ad aiutare il bambino a migliorare l’organizzazione dello studio e ad acquisire gradualmente maggiore autonomia nelle attività quotidiane.
Ma queste strategie comportamentali, pur utili, bastano davvero a gestire un disturbo neurosviluppatale come l’ADHD?
Il capitolo si concentra molto sull’organizzazione esterna, sulle regole e sulle conseguenze, offrendo un approccio valido basato sul comportamento osservabile. Tuttavia, un disturbo come l’ADHD affonda le sue radici in differenze neurologiche che impattano non solo il comportamento manifesto, ma anche funzioni esecutive cruciali come la pianificazione, la memoria di lavoro, l’inibizione e la regolazione emotiva. Il capitolo non approfondisce sufficientemente questi aspetti interni e le sfide che comportano, né accenna ad altre forme di supporto o intervento che spesso sono considerate parte di un approccio multimodale al disturbo. Per avere un quadro più completo, sarebbe utile esplorare la neurobiologia dell’ADHD, il ruolo delle funzioni esecutive e considerare l’integrazione di strategie che vadano oltre il mero controllo ambientale e comportamentale, magari approfondendo il lavoro di autori come Russell Barkley, noto per le sue ricerche sulle funzioni esecutive nell’ADHD.5. Reti di Supporto e Monitoraggio per l’Adhd
In Italia, diverse associazioni offrono supporto e informazioni sull’Adhd. Tra queste, l’Associazione italiana disturbi di attenzione/iperattività (Aidai) è stata fondata nel 1998. Nasce dall’iniziativa di clinici, operatori scolastici e genitori con l’obiettivo di promuovere attività formative e scientifiche sul tema. Dal 2005, Aidai si è strutturata con un Comitato scientifico e uno scolastico per meglio indirizzare le proprie azioni. L’associazione si impegna a fornire informazioni preziose a genitori, insegnanti e adulti che convivono con l’Adhd. Mantiene attivi i contatti tra famiglie, scuole e servizi sanitari per creare una rete di supporto efficace. Promuove la ricerca scientifica, organizza regolarmente corsi di formazione ed eventi dedicati per diffondere la conoscenza e le migliori pratiche. Per chi cerca maggiori dettagli o l’elenco dei centri affiliati, il sito di riferimento è www.aidaiassociazione.com.L’Associazione Italiana Famiglie Adhd (Aifa Onlus)
Un’altra importante realtà nel panorama italiano è l’Associazione italiana famiglie Adhd (Aifa Onlus). Fondata nel 2002, l’AIFA nasce dal progetto “Parents for Parents”, un’iniziativa avviata direttamente da due genitori. Questa associazione coordina le famiglie per favorire la condivisione di esperienze tra genitori che affrontano sfide simili. Fornisce supporto sia dal punto di vista scientifico che morale. La sua composizione è eterogenea e include genitori, adulti con Adhd e professionisti come psicologi, medici e insegnanti, creando un ponte tra diverse competenze. L’obiettivo principale è facilitare il dialogo e la collaborazione tra tutte le figure professionali coinvolte nella cura e nel supporto del bambino con Adhd. Le finalità di Aifa Onlus spaziano dalla solidarietà sociale all’aiuto pratico, dall’istruzione alla divulgazione scientifica. L’associazione costruisce reti di genitori, promuove contatti diretti tra le famiglie e veicola aggiornamenti scientifici rilevanti. Collabora attivamente con enti pubblici e privati per migliorare i servizi disponibili. Un impegno fondamentale è la difesa dei diritti dei bambini con Adhd e delle loro famiglie, lavorando per migliorare l’accettabilità sociale e la qualità della loro vita quotidiana. Il sito web di riferimento è www.aifa.it.Il Registro dell’Adhd
Oltre alle associazioni di supporto, in Italia esiste uno strumento di monitoraggio importante: il Registro dell’Adhd. Questo registro è stato gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per un periodo, dal 2007 al 2016. Il suo scopo principale era monitorare l’utilizzo e l’efficacia delle terapie farmacologiche prescritte per l’Adhd. Risorse utili, la normativa di riferimento e l’elenco dei Centri regionali autorizzati alla prescrizione erano disponibili sul vecchio sito dell’ISS all’indirizzo http://old.iss.it/Adhd. A partire dal 2016, la gestione del registro è stata delegata alle singole Regioni italiane. Le Regioni continuano a seguire la normativa stabilita nel 2007 per la prescrizione dei farmaci. Alcune Regioni hanno istituito un centro coordinatore dedicato e mantengono pagine web informative specifiche, come accade in Lombardia, dove il coordinamento è affidato all’Istituto Mario Negri, e in Toscana, gestito dall’Irccs Stella Maris. Per trovare un centro pubblico autorizzato alla terapia Adhd nella propria zona, è possibile consultare la pagina web dedicata sul sito dell’ISS.Il capitolo, descrivendo il Registro dell’Adhd, non sorvola forse sulle complessità e le controversie legate alla diagnosi e al trattamento farmacologico?
Il capitolo si limita a presentare il Registro come uno strumento di monitoraggio dell’uso dei farmaci, senza affrontare il vasto e acceso dibattito scientifico e sociale che circonda l’Adhd, in particolare per quanto riguarda i criteri diagnostici, l’efficacia a lungo termine e gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche, e il ruolo delle alternative non farmacologiche. Per comprendere appieno il contesto del Registro e le sfide legate all’Adhd, sarebbe utile approfondire le prospettive critiche sulla medicalizzazione dei comportamenti, esplorare la letteratura scientifica che presenta risultati diversi sull’efficacia dei trattamenti, e considerare i contributi di autori che si occupano di neurodiversità e delle implicazioni etiche e sociali della diagnosi e della terapia. Discipline come la psicologia clinica, la sociologia della salute e l’etica medica offrono spunti fondamentali per un’analisi più completa.Abbiamo riassunto il possibile
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