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Contenuti del libro
Informazioni
“Dio, uomo e mondo nella metafisica da Cartesio a Nietzsche” di Karl Löwith è un viaggio pazzesco attraverso un pezzo fondamentale della `filosofia occidentale`. Il libro parte dalla domanda che cambia tutto: cosa succede alla nostra idea di `Dio, uomo e mondo` quando l’idea di un Dio creatore scompare? Löwith ci porta a spasso tra giganti del pensiero, iniziando da `Cartesio` che mette al centro la coscienza umana, un po’ come eredità del pensiero cristiano, portando alla `soggettività` moderna e a volte a un senso di `nichilismo` cosmico, dove il mondo sembra senza senso. Ma c’è anche un’altra strada, quella che porta al `ritorno alla natura`, con figure come `Spinoza` e `Nietzsche`, che vedono la natura non come qualcosa da dominare o separato da noi, ma come la realtà fondamentale, eterna e autosufficiente, dove l’uomo è parte integrante. Il libro esplora come questi pensatori, nel contesto della `metafisica moderna` post-cristiana, hanno ripensato tutto: il rapporto tra fede e ragione, la nascita della scienza moderna, e la ricerca di un nuovo fondamento per l’esistenza umana dopo la “morte di Dio”. È un percorso che mostra come la filosofia ha cercato di dare un senso al mondo e al nostro posto in esso, passando dalla centralità divina a quella umana, fino a riscoprire la potenza della natura stessa.Riassunto Breve
Dopo che l’idea di un Dio creatore scompare, la filosofia moderna si chiede cosa succede al mondo e all’uomo. Molti pensatori, pur lasciando la fede, mantengono idee di origine religiosa, come l’uomo al centro di tutto o il mondo separato dalla coscienza umana. Questo porta l’uomo a sentirsi perso in un universo senza senso, una condizione chiamata nichilismo. Esiste però un’altra strada, seguita da filosofi come Spinoza e Nietzsche, che propone di tornare alla natura come realtà fondamentale. Spinoza, in particolare, vede la natura come qualcosa che genera se stessa, eterna e spontanea, non creata da una volontà esterna. In questa visione, l’uomo non è separato dalla natura, ma ne fa parte. Questo modo di pensare riconosce alla natura una sua capacità di organizzarsi e vivere, superando sia l’idea di un mondo fatto da Dio, sia quella di una natura vista solo come materia inerte. Ritrovare questo legame con una natura eterna e autosufficiente aiuta a superare l’alienazione, ritrovando un accordo con il mondo fisico. La natura non ha un valore morale o uno scopo, è semplicemente la realtà in cui la vita umana si trova. I primi scienziati moderni, come Cartesio, pur credendo in un Dio creatore, iniziano a cercare certezze nel pensiero umano: “Io penso, dunque io sono”. Questo punto di partenza, l’autocoscienza, ha radici nell’idea cristiana di guardare dentro di sé. Cartesio usa poi l’idea di Dio per garantire la verità della conoscenza e separa il pensiero dal corpo, riflettendo l’idea cristiana di anima separata dal corpo. Questa visione, dove Dio e l’uomo sono vicini, permette all’uomo di sentirsi padrone della natura. L’influenza di Cartesio si sposta poi sull’analisi del pensiero stesso. Filosofi come Kant e Husserl si concentrano sull’io e su come la coscienza costruisce il mondo, a volte riducendo il mondo a un’idea o a un fenomeno della coscienza. Anche se criticano Cartesio, rimangono concentrati sulla soggettività. Altri, come Fichte, vedono l’io come principio assoluto e il mondo come qualcosa che non è io, riducendo Dio a un’idea morale. Schelling, invece, cerca un fondamento nella natura stessa, vedendola legata alla natura divina, ma ancora con l’uomo come culmine. Successivamente, il pensiero si sposta sull’uomo concreto e finito. Feuerbach dice che l’uomo è l’essere supremo per l’uomo, riducendo la teologia all’antropologia. Marx vede l’uomo come un essere sociale, criticando le divisioni. Darwin, con l’evoluzione, offre una spiegazione scientifica dell’origine umana dalla natura, mettendo ulteriormente in discussione l’idea di una creazione speciale. Il superamento del nichilismo, nato dalla “morte di Dio”, richiede un ritorno al cosmo, un legame con il mondo che la tradizione religiosa aveva allontanato. Questo ritorno rifiuta l’idea di un mondo “vero” oltre quello che vediamo, un’idea che viene dal pensiero antico e cristiano. Si afferma invece il mondo così com’è, nella sua natura che si ripete eternamente, al di là delle idee di bene e male. L’uomo è parte di questa natura, non creato a immagine divina. Spinoza anticipa molte di queste idee, identificando Dio con la Natura (“Deus sive Natura”). La sua filosofia nega un Dio personale che crea il mondo per uno scopo. L’universo funziona secondo leggi necessarie, e ogni cosa agisce secondo la propria forza. Le azioni umane sono parte di questa necessità, non frutto di un libero arbitrio assoluto. Bene e male sono solo modi umani di vedere le cose. Peccato significa imperfezione. Mente e corpo sono un’unica cosa vista in modi diversi. Gli uomini credono di essere liberi perché vedono le loro azioni ma non le cause che le determinano. Questa filosofia, pur usando un linguaggio religioso, è vista come un punto di passaggio verso un universo senza Dio, privo di scopo o valore intrinseco, dove tutto avviene per necessità naturale.Riassunto Lungo
1. Dalla caduta di Dio al ritorno alla natura
La filosofia moderna si confronta con una domanda fondamentale: cosa accade al mondo e all’uomo quando l’idea di un Dio creatore viene meno? Molti pensatori di quest’epoca, pur allontanandosi dalla fede tradizionale, faticano a liberarsi completamente da un modo di pensare che mette l’uomo al centro e vede il mondo come una sua creazione o come qualcosa di separato da lui. Questo porta spesso a filosofie basate sulla coscienza individuale, dove il mondo esterno sembra distante o addirittura creato dalla mente umana. In questa visione, l’uomo si sente smarrito, come un estraneo in un universo che appare senza scopo, una condizione che viene descritta come nichilismo cosmico.Una via diversa: il ritorno alla natura
Esiste però un percorso alternativo all’interno del pensiero moderno, un ateismo che si sviluppa in modo diverso e porta a una riscoperta della natura come realtà primaria e fondamentale. Figure importanti come Spinoza, Feuerbach e Nietzsche esplorano questa direzione. Spinoza, in particolare, propone una visione potente con il suo concetto di natura naturans, che descrive una natura capace di generare se stessa, eterna e spontanea, non creata da una volontà esterna, né divina né umana. In questa prospettiva, l’uomo non è più visto come separato dalla natura o come il suo obiettivo finale, ma semplicemente come una parte integrante di essa, inserito in un tutto più grande.La natura come realtà fondamentale
Questo approccio naturalistico riconosce alla natura una sua intrinseca capacità di auto-organizzazione e una vitalità propria. Supera così sia la vecchia idea di un mondo creato dalla volontà di un Dio, sia la visione più recente di una natura ridotta a semplice materia inerte o a un insieme di leggi matematiche astratte. Riscoprire che l’uomo appartiene a questa natura eterna e auto-sufficiente offre un modo per superare quel senso di estraneità e vuoto che caratterizza la coscienza moderna. Permette di ritrovare un legame e un accordo profondo con il mondo fisico che ci circonda. La natura, in questa visione, non è un concetto morale o un fine da raggiungere, ma la realtà di base in cui la vita umana si svolge e da cui dipende.È davvero sufficiente il ‘ritorno alla natura’ per superare il nichilismo cosmico descritto nel capitolo, o si tratta di un’altra illusione antropocentrica?
Il capitolo presenta il riavvicinamento alla natura come una via d’uscita dal senso di smarrimento e vuoto generato dalla perdita della visione di un Dio creatore. Tuttavia, non è del tutto chiaro come il semplice riconoscimento di appartenere a una natura auto-sufficiente possa, di per sé, risolvere la profonda crisi di significato e scopo che caratterizza il nichilismo. La sensazione di estraneità potrebbe derivare non solo dalla separazione fisica, ma dalla mancanza di un fine ultimo percepito. Per approfondire questa tensione e capire se il “ritorno alla natura” sia una risposta completa o parziale, sarebbe utile esplorare più a fondo le diverse interpretazioni del nichilismo e le risposte filosofiche ad esso, magari confrontando le visioni di autori come Nietzsche, che ha analizzato il nichilismo in profondità, con quelle di pensatori che hanno cercato soluzioni nell’immanenza o nell’esistenzialismo. Approfondire la filosofia della natura e l’etica di Spinoza, come accennato nel capitolo, è fondamentale, ma è altrettanto importante considerare altre correnti di pensiero che hanno affrontato il problema del senso in un universo privo di garanzie trascendenti.2. Dalla Fede al Cogito: Le Radici Cristiane della Scienza Moderna
Oggi, il mondo appare spesso lontano dal divino. Alcuni pensatori, come Löwith, notano che le persone non si sentono più legate né alle vecchie idee su Dio né all’ateismo. Sembra che Dio non sia più presente nel mondo. Questa sensazione rende difficile credere che Dio sia vicino o che ci sia un legame speciale tra Dio e l’uomo. Per Löwith, la filosofia di oggi dovrebbe lasciare da parte le idee religiose del passato e accettare l’incertezza come parte della ricerca. La filosofia cerca la conoscenza attraverso il dubbio, mentre la teologia si basa sulla fede e su ciò che si crede sia stato rivelato.I fondatori della scienza e la fede
I pensatori che hanno dato il via alla scienza moderna, come Cartesio, vivevano in un periodo diverso. Anche se erano scienziati, la loro visione era molto legata al cristianesimo. Credevano in un Dio che aveva creato il mondo ma ne era separato. Questa idea è diversa da quella dei Greci antichi, che vedevano il divino presente dentro il mondo stesso.Il dubbio e la certezza del pensiero
Cartesio, in particolare, iniziò la sua ricerca partendo dal dubbio su tutto. Cercava una certezza assoluta e la trovò nel fatto di pensare. Arrivò alla famosa conclusione: “Io penso, dunque io sono”. Questo punto di partenza, la consapevolezza di sé, era una novità rispetto alla filosofia greca. Ha radici profonde nella tradizione cristiana, specialmente nel pensiero di Sant’Agostino, che invitava a guardare dentro di sé per trovare la verità e Dio.Dio, la conoscenza e il mondo
Partendo dalla certezza di esistere come essere pensante, Cartesio cercò di dimostrare che anche Dio esiste. Ragionò che l’idea di un essere perfetto che abbiamo nella mente non può venire da noi, che siamo imperfetti, né dal mondo esterno. Questa idea deve essere nata con noi e messa lì da un essere perfetto, che è Dio. Per Cartesio, l’esistenza di Dio è fondamentale perché garantisce che la nostra conoscenza sia vera, anche quella della matematica. Questo rende possibile studiare e capire il mondo esterno in modo scientifico.Anima, corpo e dominio sulla natura
Cartesio distingueva tra la sostanza che pensa (res cogitans), cioè la mente o l’anima, e la sostanza estesa (res extensa), cioè il corpo e il mondo materiale. Questa distinzione ricorda l’idea cristiana di un’interiorità spirituale separata dal corpo fisico. L’anima è vista come qualcosa che non si può dividere e che è immortale, a differenza del corpo. Questa prospettiva, che vede Dio e l’uomo più legati tra loro di quanto lo siano con il resto del mondo, si basa sull’idea biblica che l’uomo è stato creato a immagine di Dio. Questo ha portato l’uomo a considerarsi il padrone della terra, capace di controllare la natura grazie alla scienza basata sulla matematica.Ma siamo sicuri che il ‘Cogito’ e la scienza moderna siano davvero figli così diretti e inequivocabili delle ‘radici cristiane’, o non si rischia di semplificare un processo storico e filosofico ben più complesso e con influenze diverse?
Il capitolo propone una linea di discendenza forte tra il pensiero cristiano, Agostino, Cartesio e la nascita della scienza moderna, in particolare per quanto riguarda il primato della coscienza e la separazione tra spirito e materia. Tuttavia, questa interpretazione, pur autorevole, non è l’unica e presenta delle lacune nel considerare la molteplicità di fattori che hanno contribuito a tale sviluppo. Per approfondire questa tematica e valutare la solidità di tale legame, è utile considerare altre prospettive storiche e filosofiche. Si possono esplorare gli studi sulla storia della scienza medievale (che evidenziano contributi non direttamente legati al filone agostiniano-cartesiano), le influenze della filosofia greca e araba sulla scolastica e sul Rinascimento, e le diverse correnti del pensiero scientifico e filosofico del XVII secolo che non si allineavano perfettamente con il dualismo cartesiano. Approfondire autori come Pierre Duhem per le radici medievali, o Hans Blumenberg per una critica alla tesi della secolarizzazione come mera trasformazione di concetti teologici, può fornire un contesto più ampio e sfumato per comprendere la complessa genesi della scienza moderna.3. La Svolta Soggettiva: Cartesio Riletto da Kant e Oltre
L’influenza del pensiero di Cartesio si è trasformata nel tempo, spostandosi dalle sue dimostrazioni sull’esistenza di Dio e dell’anima per concentrarsi sull’analisi dell'”Io penso” e sulle condizioni che rendono possibile la conoscenza dal punto di vista del soggetto. Immanuel Kant, ad esempio, ha criticato l’approccio di Cartesio, ritenendolo non sufficientemente radicale. Per Kant, la consapevolezza che abbiamo di noi stessi non può esistere senza l’esperienza del mondo esterno. L’Io che pensa, secondo Kant, è un soggetto trascendentale, una struttura fondamentale della nostra mente che però non ha un contenuto proprio. Il mondo, in questa visione, diventa un’idea che la ragione usa per organizzare l’esperienza, non una realtà che possiamo conoscere nella sua totalità in modo diretto.Husserl e la Coscienza Pura
Edmund Husserl ha portato ancora più avanti questa attenzione verso l’io con la sua filosofia chiamata fenomenologia trascendentale. Il suo obiettivo era trovare un punto di partenza assolutamente certo nella soggettività, in quel “Io sono” fondamentale. Per fare questo, Husserl ha cercato di ridurre il mondo esterno a un semplice fenomeno, qualcosa che esiste solo in quanto viene percepito e costruito dalla coscienza pura. Ha criticato Cartesio perché, a suo parere, non aveva spinto questa “riduzione” fino in fondo, considerando ancora l’ego come una sostanza o un’anima vera e propria, e non come un puro soggetto trascendentale. Questo approccio, tuttavia, crea delle difficoltà nel capire come l’io puro sia legato all’uomo concreto nella sua vita quotidiana e come da questa coscienza pura si formi il mondo che consideriamo reale.Heidegger, l’Esserci e il Mondo
Martin Heidegger ha interpretato la relazione tra l’individuo e il mondo attraverso il concetto di “essere-nel-mondo” dell’esserci, che lui chiama “Dasein”. Ha criticato Cartesio per aver definito l’esistenza del mondo e dell’uomo semplicemente come una “presenza costante”, qualcosa di statico e immutabile. Per Heidegger, invece, l’esserci è caratterizzato dalla sua finitezza e dal suo essere nel tempo, e il mondo acquista significato solo in relazione a questa esistenza concreta e temporale. Questa prospettiva, concentrata sull’esperienza umana nel tempo, tende a non dare importanza alla natura vista come una realtà che esiste indipendentemente da noi, e spesso trascura anche il concetto di Dio.Valéry, Sartre e il Dubbio Radicale
Paul Valéry ha visto l’importanza attuale di Cartesio non tanto nelle sue idee specifiche su Dio o l’anima, ma nel suo gesto personale di ricominciare tutto da capo partendo da sé. Per Valéry, l’essenza di Cartesio sta nel dubbio radicale e nella fiducia assoluta nel potere del pensiero puro. Ha interpretato il famoso “cogito” (“penso, dunque sono”) come l’espressione di una volontà di guardare dentro di sé che porta a vedere il mondo strutturato e comprensibile attraverso la misurazione matematica. Jean-Paul Sartre, invece, ha interpretato la libertà secondo Cartesio come limitata alla sola capacità di distinguere il vero dal falso e di rifiutare l’errore. Sartre ha contrapposto a questa una libertà molto più profonda, vista come la capacità di creare sé stessi e il proprio mondo dal nulla. Ha suggerito che Cartesio abbia attribuito la vera libertà creativa, intesa in questo senso radicale, solo all’onnipotenza divina.Queste diverse letture successive hanno reinterpretato Cartesio partendo dalle proprie visioni filosofiche. Si sono concentrate soprattutto sulla soggettività e sul modo in cui l’uomo si rapporta al mondo, mettendo spesso in secondo piano elementi che per Cartesio erano centrali, come l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima. Questo cambiamento segna un passaggio verso un modo di pensare il mondo che si può definire post-cristiano. In questa nuova prospettiva, il rapporto tra Dio, l’uomo e il mondo si modifica profondamente: l’uomo e il mondo diventano sempre più importanti e centrali, mentre l’idea di Dio si trasforma o scompare del tutto dal quadro filosofico.Ma perché la soluzione al nichilismo dovrebbe necessariamente essere il “superuomo” e l'”eterno ritorno”?
Il capitolo presenta queste idee come la via d’uscita dal vuoto di senso lasciato dalla “morte di Dio”, ma non argomenta in modo stringente perché proprio queste specifiche nozioni metafisiche e antropologiche siano la risposta inevitabile o la migliore possibile. Per esplorare le ragioni profonde dietro queste affermazioni e valutare la loro validità, è fondamentale studiare direttamente l’autore di riferimento, concentrandosi sulla sua genealogia della morale e sulla sua critica dei valori occidentali. Un confronto con altre correnti filosofiche che affrontano il nichilismo, come l’esistenzialismo o alcune forme di filosofia analitica, può aiutare a contestualizzare e mettere in discussione l’unicità della soluzione proposta nel capitolo.7. La Natura Divina e l’Assenza di Scopo
È difficile capire perché in passato la filosofia si sia concentrata così tanto su Dio. Oggi, l’esistenza del mondo senza un Dio tradizionale appare evidente e non è più possibile accettare le vecchie idee di un “Dio-Natura” o le visioni teologiche tradizionali, sia quelle bibliche che quelle greche. Spinoza si trova in un punto cruciale di questo cambiamento. Con la sua espressione “Dio ovvero Natura” (Deus sive Natura), segna il momento in cui la fede in un Dio separato dal mondo si affievolisce. Riconosce un universo che esiste per sé, privo di uno scopo, un senso o un valore imposti dall’esterno. Spinoza realizza questo passaggio identificando Dio come una causa che è dentro il mondo naturale, non fuori. La sua visione considera l’essere come natura, pur rimanendo formalmente legata a un linguaggio che ricorda la tradizione religiosa. La sua grande capacità sta nell’accettare la realtà delle cose per come sono, in modo rigoroso, senza cercare facili consolazioni o nascondere i fatti difficili. Affronta il problema dell’esistenza con grande chiarezza.Le Leggi Naturali e la Prospettiva Umana
Tutto ciò che accade segue le leggi della natura, che per Spinoza coincidono con i decreti divini. La forza che muove tutte le cose naturali è identica alla forza di Dio. Non c’è una vera separazione tra Dio e Natura, anche se le persone spesso le immaginano come poteri distinti. L’idea di bene e male è solo un modo in cui noi umani vediamo le cose; non sono qualità reali delle cose stesse né giudizi fatti da Dio. Il peccato non è qualcosa di realmente negativo o contrario alla volontà divina, ma indica semplicemente un’imperfezione, un limite relativo. Ogni cosa si sforza di continuare a esistere per quanto le è possibile.Mente, Corpo, Libertà e Interpretazione
Per Spinoza, la mente e il corpo non sono due cose separate, ma un’unica realtà considerata da punti di vista diversi. Le decisioni che la mente sembra prendere sono in realtà desideri che cambiano a seconda di come sta il corpo. L’esperienza di tutti i giorni ci mostra che le persone pensano di essere libere perché sono consapevoli delle loro azioni, ma ignorano le vere cause che le spingono ad agire in quel modo. Questa filosofia, pur usando un linguaggio che ricorda la religione, è stata interpretata da molti come una forma di ateismo. Questo perché le sue idee portano a conclusioni molto diverse dalle credenze tradizionali.Davvero oggi l’esistenza del mondo senza un Dio tradizionale appare così “evidente”, o il capitolo riduce la complessità del dibattito contemporaneo per far apparire la visione di Spinoza come l’unica conclusione logica?
Il capitolo afferma con sicurezza che l’assenza di un Dio tradizionale è oggi “evidente”, liquidando secoli di pensiero filosofico e teologico e ignorando il persistente dibattito contemporaneo sulla natura della realtà e sul ruolo del sacro. Per comprendere appieno la complessità di queste questioni, è fondamentale non fermarsi a questa asserzione, ma approfondire la filosofia della religione contemporanea, le diverse letture del pensiero di Spinoza (che non tutti interpretano come puramente ateo o nichilista) e le discussioni sulla teleologia e sul significato nell’universo. Un confronto diretto con il pensiero di Spinoza e con i suoi commentatori è indispensabile.Abbiamo riassunto il possibile
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