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Informazioni
“Dieci lezioni sul male. I crimini degli adolescenti” di Mauro Grimoldi non è il solito libro che ti racconta storie di ragazzi “cattivi”, ma cerca di capire perché certi adolescenti commettono reati. Non è quasi mai una scelta lucida, ma un casino di impulsi, pressioni dal gruppo, o un modo per difendere un’identità che si sente fragile. Il libro esplora la psicologia criminale che sta dietro a questi gesti, mostrando come un reato minorile sia spesso un sintomo, un messaggio in codice su conflitti interni, difficoltà a crescere o a relazionarsi con gli altri. Si parla di tutto, dai furti che nascondono problemi con la famiglia o il bisogno di sentirsi parte di un gruppo, allo spaccio visto come scorciatoia per sentirsi qualcuno, fino ad affrontare temi pesanti come i reati sessuali adolescenziali, gli abusi in famiglia o le aggressioni, anche quelle online come il cyberbullismo. Grimoldi non giudica, ma cerca di decifrare il significato simbolico di ogni azione, spiegando che il sistema penale minorile punta proprio a questo: capire per aiutare il recupero minore, non solo punire. È un viaggio per capire l’ombra che a volte c’è dentro i ragazzi e come questa si manifesta fuori, in gesti che fanno paura ma che, se decifrati, possono aprire la strada per uscirne.Riassunto Breve
Il reato commesso dagli adolescenti non è quasi mai una scelta fatta a tavolino, ma succede spesso in modo un po’ casuale, come qualcosa che sfugge al controllo. Per un ragazzo o una ragazza, capire la propria responsabilità è difficile, spesso si limitano a dire “c’ero anch’io” senza capire bene cosa è successo dopo. Ci sono diverse ragioni dietro questi gesti. A volte è solo impulsività, una rabbia che non si riesce a tenere a bada. Altre volte si fa quello che dice il gruppo, per sentirsi parte di qualcosa, anche in contesti criminali, dove l’individuo scompare e conta solo stare insieme agli altri. Oppure il reato è una specie di difesa, un modo aggressivo per proteggersi da cose che fanno sentire fragili, come sentirsi giudicati o invidiati. Questi gesti, anche se sembrano senza senso, hanno un significato nascosto per l’adolescente, sono un modo, magari senza accorgersene, per superare problemi che non li fanno crescere o per mostrare un malessere interiore. Capire perché succedono queste cose è fondamentale per aiutare questi ragazzi a riprendersi, invece di pensare solo a punirli. Il reato diventa così un segnale, un sintomo che bisogna interpretare per capire cosa sta succedendo dentro di loro.Il comportamento criminale nei ragazzi nasce spesso da quello che hanno dentro. Le azioni violente, per esempio, succedono perché si vede l’altro come una minaccia. È come se i pensieri negativi venissero proiettati sull’altro, che diventa così “cattivo”, e la violenza sembra giustificata per difendersi o punire. Anche come gli altri ti vedono è importantissimo per un adolescente e può creare paura o spingere a fare certe cose per essere accettati dal gruppo. I furti e le rapine sono molto comuni e non sempre si ruba per bisogno. Rubare in casa può voler dire che c’è un problema con il sentirsi dipendenti dai genitori. Rubare in gruppo è spesso un rito per entrare a far parte della banda e sentirsi qualcuno. Rubare soldi, che sembra una cosa fredda, può nascondere il desiderio di avere legami o sentirsi non all’altezza. L’oggetto rubato o come si ruba spesso dicono molto sul significato nascosto dietro l’azione. In generale, fare un reato è un modo per mostrare i conflitti che si hanno dentro e la difficoltà a capire chi si è rispetto agli altri. Rompere le regole della società diventa utile se serve, anche in modo sbagliato, a risolvere questi problemi interiori o a sentirsi più legati a un gruppo, vero o immaginario.Anche reati come spacciare droga o gli abusi sessuali fatti da adolescenti mostrano spesso una grande fragilità e difficoltà a capire chi sono. Chi spaccia può essere di due tipi: quello che usa anche lui la droga, magari leggera, per non sentire un dolore dentro e sentirsi un po’ indipendente, spesso per problemi in famiglia e sensi di colpa; oppure quello che spaccia per non annoiarsi, sentirsi bravo e importante, usando il reato come una scorciatoia per sentirsi come vorrebbe essere, senza per forza usare droghe in modo problematico. I reati sessuali tra adolescenti, come gli abusi di gruppo, non sono quasi mai pensati prima e spesso non c’è un vero piacere sessuale; sono più un rito di gruppo per sentirsi potenti, trasformando la vittima, che spesso conoscono, in una cosa o un’immagine per non avere paura di essere rifiutati o di avere un rapporto vero. Chi fa reati legati alla pornografia minorile online sono spesso ragazzi soli, intelligenti ma con problemi a relazionarsi e con il proprio corpo, che trovano piacere da soli su internet; questo comportamento è più legato alla dipendenza dal digitale e non significa per forza che faranno abusi nella realtà. Questi reati nascono dalla difficoltà a mettere insieme sesso e relazioni, dalla pressione degli amici e dal sentirsi inadeguati, che spinge a cercare conferme o a scappare dalla realtà.Azioni molto gravi fatte da giovani, come uccidere un neonato o aggredire qualcuno, vengono fuori da situazioni molto complicate. L’abuso in famiglia, come l’incesto, rompe una regola fondamentale e scombussola come si vede la realtà e se stessi, soprattutto se succede da piccoli. Il trauma non sempre si capisce subito, ma il suo peso si sente dopo, cambiando il passato e il presente e creando confusione e sensi di colpa. Questo può portare a gesti estremi, come una ragazza che, dopo anni di abusi dal fratello, partorisce e uccide la neonata per cercare di cancellare il segreto e il dolore. Nelle aggressioni tra adolescenti, spesso manca la capacità di mettersi nei panni dell’altro. La fragilità e la difficoltà a parlare dei problemi portano ad agire la sofferenza. Questo si vede in modi diversi, dalla violenza diretta, come picchiare qualcuno, a quella fatta a distanza, come le risse organizzate online o il cyberbullismo. Queste azioni permettono di non sentire troppo da vicino la sofferenza della vittima, ma fanno danni seri. Aggredire può anche essere un modo per capire chi si è attaccando chi è diverso o viene messo da parte. Aggredire un genitore, invece, può essere una lotta per staccarsi da un legame troppo forte, necessario per diventare grandi. Questi comportamenti violenti mostrano una debolezza interiore e una ridotta capacità di provare empatia, spesso legate a famiglie difficili o a traumi non superati.Il reato fatto dai ragazzi, soprattutto l’omicidio, spaventa molto la gente. Spesso si cerca una spiegazione facile, tipo la pazzia o la droga, ma la verità è molto più complessa. L’omicidio fatto da un minore è raro e dipende da tante cose diverse, come una serie di eventi, non da una sola causa o da un tipo di criminale preciso. Chi lo fa è molto diverso e quasi mai sembra un criminale. Le dinamiche di gruppo e i problemi tipici dell’adolescenza sono molto importanti. Ci sono casi che mostrano coppie che si influenzano troppo, ragazze che seguono il gruppo e proiettano il loro vuoto sulla vittima, omicidi legati a idee sbagliate sul sesso e all’influenza di adulti, o casi in cui la paura di essere emarginati viene proiettata su uno sconosciuto. Il sistema giudiziario per i minorenni non vuole solo punire, ma aiutare a recuperare. Vede il reato come un sintomo che ha un significato simbolico per il ragazzo. È obbligatorio capire la personalità del minore per capire le cause profonde del gesto. Questa valutazione guida la “messa alla prova”, un percorso che aiuta il ragazzo a capire la sua responsabilità e a cambiare comportamento. Gli interventi che funzionano si basano sul capire il senso del reato e propongono attività che affrontano le paure o sostituiscono il comportamento sbagliato con esperienze positive.Riassunto Lungo
1. Le Molte Facce del Gesto Criminale
Il reato commesso dagli adolescenti spesso non è il risultato di una scelta pensata. Sembra piuttosto un evento che accade quasi per caso, qualcosa che sfugge al loro controllo completo. La percezione della responsabilità è complicata per chi è giovane; spesso ammettono di ‘esserci stati’, ma non capiscono fino in fondo le conseguenze di ciò che hanno fatto. Non colgono il peso reale delle loro azioni. Questo distacco dalla responsabilità piena è una caratteristica importante da considerare.Le Radici del Gesto
Ci sono diverse ragioni per cui i ragazzi arrivano a commettere certi atti. A volte, è pura impulsività, una difficoltà interna nel gestire l’aggressività che li spinge ad agire senza riflettere. Altre volte, il comportamento criminale nasce dall’obbedienza a un gruppo, sia esso una banda organizzata o semplicemente gli amici più stretti. In questi casi, la pressione dei pari è fortissima e l’identità del singolo scompare quasi del tutto per seguire le regole del gruppo. C’è anche il reato che serve come difesa: un atto aggressivo compiuto per proteggere una parte fragile di sé da minacce percepite, come giudizi negativi, invidia o frustrazioni che si sentono addosso.Il Significato Nascosto
Questi gesti, anche se antisociali, non sono privi di un loro significato per l’adolescente che li compie. Hanno un valore simbolico profondo, rappresentano un tentativo, spesso fatto senza esserne consapevoli, di superare difficoltà nella crescita o di esprimere un malessere interiore. Capire il senso nascosto dietro l’azione criminale è fondamentale per aiutare davvero il ragazzo. L’obiettivo deve essere il suo recupero, non solo la punizione dell’atto commesso. Il reato diventa così una specie di messaggio, un segnale che ci dice qualcosa sulle tensioni e sui problemi che il giovane ha dentro di sé e che non riesce a comunicare in altro modo.Se il gesto criminale adolescenziale è un “evento che accade quasi per caso” e la responsabilità è “complicata”, non si rischia di svuotare di significato l’atto stesso e la nozione di colpa?
Il capitolo presenta il reato come qualcosa che “sfugge al controllo completo” e sottolinea la difficoltà dei giovani nel percepire la “responsabilità piena”. Questa prospettiva, pur evidenziando aspetti psicologici e sociali cruciali, sembra inclinare verso una visione quasi deterministica del comportamento criminale, dove l’agency individuale viene messa in secondo piano rispetto a impulsi interni, pressioni esterne o disagi simbolici. Per bilanciare questa visione e comprendere appieno la complessità del fenomeno, è fondamentale approfondire le teorie criminologiche che affrontano il rapporto tra individuo e ambiente, esplorando concetti come il libero arbitrio, la capacità di intendere e di volere in età evolutiva, e le diverse sfaccettature della responsabilità penale e morale. Discipline come la Criminologia critica, la Psicologia forense e la Filosofia del diritto offrono strumenti essenziali per analizzare queste tensioni. È utile confrontarsi con autori che hanno esplorato le interazioni tra fattori individuali, sociali e istituzionali nel definire e rispondere alla devianza, considerando anche le implicazioni per le politiche di giustizia minorile che non si limitino al solo recupero dell’offender, ma tengano conto anche della tutela della società e del ruolo della vittima.2. Il mondo dentro e l’atto fuori
Il comportamento criminale negli adolescenti spesso deriva da processi interni, da come vedono il mondo e se stessi in rapporto agli altri. Non è solo l’atto in sé, ma quello che significa dentro di loro. Le difficoltà nel capire chi si è e dove ci si colloca nel gruppo sociale possono spingere a violare le regole. La violazione delle norme sociali diventa conveniente quando serve a risolvere, anche in modo distorto, queste tensioni interne o a rafforzare il legame con una comunità, reale o immaginaria. L’atto criminale riflette quindi conflitti interiori e la difficoltà nel definire sé stessi.Atti Violenti e Percezione dell’Altro
Gli atti violenti, ad esempio, nascono spesso dall’interpretazione di una situazione. L’altro viene visto come un aggressore, anche se non lo è realmente. Questo meccanismo si chiama proiezione: i propri pensieri negativi o aggressivi vengono spostati sull’altra persona. Questo rende l’altro “maleficato”, una figura negativa, e giustifica la violenza come se fosse una difesa o una punizione necessaria. Anche lo sguardo degli altri è molto importante per gli adolescenti. Può generare paura o spingerli ad agire in un certo modo per essere accettati dal gruppo.I Reati Contro la Proprietà
I reati contro la proprietà, come furti e rapine, sono molto comuni tra gli adolescenti. Non sono sempre fatti solo per bisogno di soldi o oggetti. Rubare in casa, per esempio, può indicare un conflitto con la dipendenza dai genitori o un modo per sentirsi autonomi. Se si ruba in gruppo, spesso è un modo per essere accettati, un rito per entrare a far parte della banda e sentirsi qualcuno. Anche rubare denaro, che sembra impersonale, può nascondere un desiderio di avere legami con gli altri o un sentimento di non essere abbastanza bravi. L’oggetto che viene rubato o il modo in cui si ruba spesso ci dice qualcosa sul significato nascosto dietro l’azione.Davvero il comportamento criminale degli adolescenti si spiega solo guardando dentro di loro?
Il capitolo pone una forte enfasi sui processi psicologici interni come causa principale del comportamento criminale, ma rischia di trascurare il peso determinante dei fattori esterni. L’ambiente socio-economico, la struttura familiare, le opportunità educative e lavorative, e l’influenza del contesto sociale più ampio giocano un ruolo cruciale che non può essere ridotto a una mera interpretazione interna. Per avere una visione completa, è fondamentale integrare l’analisi psicologica con prospettive sociologiche e criminologiche che studiano l’impatto delle disuguaglianze, della disorganizzazione sociale e dei processi di apprendimento deviante. Approfondire autori come Sutherland o le teorie della tensione sociale può fornire un quadro più articolato.3. Fragilità e maschere nell’adolescenza criminale
I reati commessi dagli adolescenti, come lo spaccio di droga e gli abusi sessuali, spesso nascondono profonde fragilità interiori. Questi comportamenti rivelano difficoltà nel costruire una solida identità personale. Affrontare queste azioni criminali significa comprendere le insicurezze e le paure che spingono i ragazzi a compierle. Si osservano dinamiche complesse legate alla ricerca di accettazione o alla fuga dal dolore emotivo. I reati diventano a volte una maschera per nascondere un senso di inadeguatezza profondo.Il volto dello spaccio nell’adolescenza
Nel caso dello spaccio di droga, emergono solitamente due profili distinti tra i giovani. C’è lo spacciatore che è anche dipendente, come Roberto, che usa e vende droghe leggere per cercare sollievo da un dolore interiore. Questo ragazzo spesso proviene da situazioni familiari difficili e cerca una finta autonomia, portando con sé un forte senso di colpa. Poi c’è lo spacciatore definito narcisista, come Enrico o Ettore, che non necessariamente usa le sostanze ma spaccia per riempire un vuoto di noia. Cerca nel reato un modo per sentirsi capace e ottenere riconoscimento sociale, vedendolo come una via rapida per raggiungere un’immagine di sé grandiosa e potente.Abusi sessuali: paura della relazione e inadeguatezza
I reati sessuali commessi dagli adolescenti, che richiamano gli articoli 609 e 600-ter, sono strettamente legati alla paura di instaurare relazioni autentiche e a un senso di inadeguatezza. L’abuso di gruppo, ad esempio, raramente è pianificato in anticipo e spesso non è motivato dal piacere sessuale. Si configura piuttosto come un rituale collettivo che simula l’iniziazione sessuale, permettendo ai partecipanti di sentirsi potenti. In questo contesto, la vittima, spesso una persona conosciuta, viene trasformata in un oggetto o un’immagine muta per superare la paura del rifiuto e dell’intimità. Gli autori di reati legati alla pornografia minorile (600-ter) sono invece spesso ragazzi che vivono una forte solitudine. Possiedono buone capacità intellettuali ma incontrano grandi difficoltà nella percezione del proprio corpo e nelle relazioni sociali. Trovano piacere in solitudine online, un comportamento che appare più connesso a una dipendenza dagli strumenti digitali che non predice necessariamente abusi nel mondo reale. Questi comportamenti criminali, in definitiva, nascono dalla fatica di conciliare sessualità e relazione, dalla pressione del gruppo e da un senso di inadeguatezza che spinge a cercare conferme esterne o a rifugiarsi nella realtà virtuale.Ma siamo sicuri che l’uccisione di un neonato e il ‘ghosting’ online abbiano le stesse radici profonde?
Il capitolo, pur evidenziando l’importanza dei traumi e delle fragilità interiori nella genesi della violenza giovanile, sembra accostare comportamenti di gravità e natura molto diversa, come un atto omicida e forme di esclusione sociale online, sotto un’unica spiegazione causale legata alla mancanza di empatia o all’incapacità di verbalizzare i conflitti. Questo approccio rischia di appiattire la complessità delle motivazioni e dei contesti che portano a manifestazioni aggressive così eterogenee. Per comprendere meglio queste differenze, sarebbe utile approfondire gli studi specifici sulle diverse forme di aggressività, sia fisica che relazionale e digitale, esplorando teorie psicologiche che distinguono tra diversi tipi di violenza e le loro specifiche dinamiche sottostanti, e considerare anche le prospettive sociologiche che analizzano come il contesto sociale e le piattaforme digitali modellino comportamenti aggressivi specifici.5. Decifrare il Sintomo Criminale
Il reato commesso da adolescenti, specialmente l’omicidio, genera forte inquietudine pubblica. Spesso si cerca una spiegazione semplice in follia o droghe, ma la realtà mostra una complessità maggiore. L’omicidio minorile è un evento raro e multifattoriale, come una catena di circostanze, non riconducibile a una singola causa o a un profilo criminale tipico. Gli autori sono diversi tra loro e raramente mostrano l’aspetto del criminale. Comprendere a fondo questi gesti richiede di andare oltre le spiegazioni superficiali e considerare i molteplici fattori in gioco.Le dinamiche dietro il gesto
Le dinamiche di gruppo e le difficoltà evolutive giocano un ruolo centrale nella commissione di questi reati. Diversi casi noti illustrano come queste dinamiche si manifestino concretamente. Il caso di Erika e Omar, ad esempio, mostra una fusione patologica all’interno di una coppia che sfocia in violenza. Le ragazze di Chiavenna evidenziano la forte lealtà di gruppo e la proiezione del vuoto interiore sulla vittima designata. L’omicidio di Desirée Piovanelli mette in luce fantasie distorte sulla sessualità e l’influenza negativa che un adulto può esercitare su un minore vulnerabile. Infine, il caso del Garda rivela la proiezione della paura della marginalità su un estraneo, trasformato in bersaglio della violenza.L’approccio del sistema giudiziario minorile
Il sistema penale minorile non mira primariamente alla punizione, ma al recupero del giovane autore del reato. Considera il reato non solo come un atto da sanzionare, ma come un sintomo che possiede un significato simbolico profondo per l’adolescente che lo commette. Per questo motivo, la valutazione approfondita della personalità del minore è obbligatoria, al fine di comprendere le cause profonde che hanno portato al gesto criminale. Questa diagnosi dettagliata guida il percorso della “messa alla prova”, uno strumento centrale che ha l’obiettivo di far acquisire al minore piena consapevolezza della propria responsabilità e di aiutarlo a modificare i comportamenti devianti. Interventi efficaci si basano proprio sulla comprensione del senso intimo che il crimine ha avuto per il ragazzo o la ragazza, proponendo attività mirate che permettano di affrontare le paure sottostanti o di sostituire il comportamento deviante con esperienze costruttive e positive che favoriscano la crescita e il reinserimento.Il capitolo descrive il reato come “sintomo” e multifattoriale: come si conciliano queste visioni, e non si rischia di privilegiare l’analisi psicologica a scapito dei fattori sociali ed esterni?
Il capitolo, pur riconoscendo la natura multifattoriale del fenomeno, tende a concentrarsi sull’analisi del reato come “sintomo” di dinamiche interne o relazionali del minore, attribuendogli un “senso intimo” da decifrare. Questa prospettiva, sebbene fondamentale per il percorso di recupero individuale, rischia di non dare il giusto peso ai fattori esterni e sociali (contesto socio-economico, disuguaglianze, ambiente familiare allargato, influenza culturale, ecc.) che interagiscono con le vulnerabilità individuali e di gruppo. Per bilanciare questa visione e comprendere appieno la complessità del fenomeno, è cruciale integrare l’analisi psicologica con le prospettive della criminologia sociologica e critica. Approfondire autori che hanno studiato l’impatto dei fattori sociali sulla devianza, come Sutherland o Merton, o ricerche più recenti sulle determinanti sociali del crimine minorile, può offrire un quadro più completo e meno sbilanciato sull’individuo come unica sede del “sintomo”.Abbiamo riassunto il possibile
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