Contenuti del libro
Informazioni
“Devi cambiare la tua vita sull’antropotecnica” di Paolo Sloterdijk è un libro che ti fa pensare un sacco su come viviamo. Non è solo una storia, ma un’esplorazione profonda dell’esistenza umana vista come un continuo allenamento, un’ascesi non per diventare santi, ma per plasmare noi stessi. Sloterdijk ci porta in un viaggio dalla filosofia antica, passando per Nietzsche e i suoi concetti di esercizio e superamento di sé, fino alla vita moderna, dove la disciplina e l’antropotecnica si nascondono nello sport, nella scuola, nel lavoro e persino nell’arte. Vediamo figure come atleti che superano limiti fisici, artisti che si dedicano a pratiche estenuanti, o filosofi che usano il pensiero come un esercizio per affrontare l’esistenza. Il libro mostra come la cultura e la società siano in realtà grandi sistemi di disciplina che cercano di modellare l’individuo. Non ci sono luoghi specifici in senso narrativo, ma piuttosto spazi concettuali: il ritiro interiore, il campo di allenamento, la fabbrica dell’uomo. Alla fine, l’autore ci sfida a ripensare l’esercizio e la disciplina non più come fuga dal mondo, ma come strumenti essenziali per affrontare le enormi sfide globali di oggi, un vero e proprio imperativo a cambiare vita per la sopravvivenza di tutti. È un testo che ti spinge a vedere la tua stessa esistenza come un’opera in costruzione che richiede costante impegno e pratica.Riassunto Breve
L’esistenza umana è caratterizzata da una tensione verticale che richiede un costante ri-orientamento e allenamento. L’arte, come il torso di Apollo, possiede un’autorità che interroga e chiede un cambiamento di vita. L’ascesi, intesa come esercizio o allenamento, è una pratica fondamentale. Nietzsche distingue l’ascesi dei sani, orientata al perfezionamento, da quella dei malati, motivata dal risentimento, contribuendo a un interesse moderno per l’esercizio fisico e lo sport. La vita stessa, senza riferimenti metafisici, ha una verticalità data dalla differenza tra forme di esistenza superiori e inferiori, che stimola l’allenamento per superare i limiti. L’esperienza della disabilità mostra come l’ostacolo possa diventare impulso per un intenso lavoro su di sé, trasformando la limitazione in virtuosismo e l’anormalità in una normalità conquistata con sforzo. L’uomo è intrinsecamente limitato e chiamato all’esercizio correttivo, con la figura dell’allenatore che incarna questa spinta al miglioramento personale. La condizione moderna si manifesta come un’esistenza instabile che richiede disciplina e pratica, un’arte acrobatica. Le pratiche ascetiche si secolarizzano, perdendo il legame con il trascendente e manifestandosi in forme non religiose, come nei personaggi di Kafka o nella disciplina negativa di Cioran. Fenomeni di massa come il movimento olimpico o sistemi come Scientology mostrano come le strutture di pratica e disciplina, definite antropotecniche, diventino centrali per modellare la condotta umana e affrontare l’esistenza, a volte etichettate come “religione” per scopi pratici. L’esistenza si basa sull’esercizio e la disciplina che modellano l’individuo, costituendo le antropotecniche. Esiste una dimensione verticale nell’evoluzione e nell’esperienza umana, una “surcreazione” che supera la semplice procreazione, un ideale di perfezione raggiunto con allenamento costante, simile a quello di un acrobata. L’evoluzione è vista come una scalata verso livelli sempre maggiori di improbabilità stabilizzata, un “Monte Improbabile”. La cultura è paragonabile a una “regola monastica” che richiede una scelta e un distacco dalle abitudini comuni. Le discipline e le “tecniche del Sé” analizzate da Foucault plasmano l’individuo, che si costruisce attivamente attraverso l’esecuzione di esercizi. Ogni disciplina ha una sua tensione verticale interna, che distingue l’esecuzione corretta da quella scorretta. L’esistenza umana si manifesta in una tensione tra dimensioni orizzontali e verticali, con l’etica che guida il movimento in questo spazio. Il pensiero antico individua una distinzione tra l’*ethos* (abitudine) e il *daimon* (forza superiore), indicando una tensione tra il livello abituale e una dimensione più alta. Essere “superiori a se stessi” significa che il lato migliore prevale, richiedendo *paideia*, un addestramento che disciplina le passioni e forma le abitudini. L’uomo è soggetto all’inerzia delle abitudini, e l’antropotecnica è l’arte di usare la forza della ripetizione per superare la ripetizione stessa, passando da un’esistenza passiva a una attiva. L’età assiale segna l’emergere di un’élite che si auto-plasma usando “strumenti” contro l’inerzia. La filosofia stessa diventa un’atletica. La vita elevata è un’acrobatica, un fare apparire facile l’impossibile. La differenza tra il mondo antico e quello moderno sta nell’enfasi sull’esercizio e la perfezione (antico) contro il lavoro e la produzione (moderno). La vita incentrata sull’esercizio inizia con un ritiro volontario, creando uno spazio interiore per la cura di sé, usando “tecniche di solitudine” e mirando a una meta di perfezione. Molti sistemi di esercizio criticano l’ego come ostacolo. L’idea di perfezione si estende dall’individuo ai gruppi. La cultura trasmette conoscenze e valori, promuovendo imprese quasi impossibili e generando un mondo interiore. La figura del maestro o allenatore è fondamentale in questo processo. La “conversione” è spesso un riorientamento, un cambio di guida e di pratiche di esercizio. L’epoca moderna accentua la formazione sistematica dell’uomo attraverso l’esercizio e la disciplina (antropotecnica) su larga scala, trasformando l’auto-formazione nella coltivazione della personalità, vista come un’opera in continua costruzione. La Modernità segna un passaggio dalla trasformazione spirituale individuale alla riorganizzazione di massa della condizione umana. Le pratiche ascetiche tradizionali si secolarizzano e collettivizzano, dissolvendosi nelle attività di allenamento, istruzione e lavoro. L’Europa si trasforma in un vasto campo di allenamento. Lo Stato moderno assume un ruolo centrale nella “produzione di uomini” attraverso politiche demografiche e sistemi disciplinari/assistenziali. La pedagogia moderna forma gli individui fin dalla giovane età. L’arte applicata all’uomo si manifesta in vari modi, dalla figura del boia alla creazione di automi, e nella capacità di “farsi operare”, affidandosi all’expertise esterna per l’ottimizzazione di sé, come con l’introduzione dell’anestesia. Movimenti radicali mirano alla creazione di un “Uomo Nuovo” attraverso la trasformazione totale con la tecnica. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si abbandona l’idea di rivoluzione a favore dell’evoluzione graduale e del miglioramento pragmatico con la tecnica. Tuttavia, la modernità sviluppa anche “ripetizioni maligne” in alcuni suoi sistemi, come la “cultura dei Lager”, o il degrado della scuola e del sistema artistico, che diventano autoreferenziali e perdono la loro funzione originale. La Modernità ha riportato l’individuo nel mondo, superando l’antica tendenza a fuggire da esso. Le pratiche di ritiro ascetiche scompaiono, sostituite da forme di relax. La ri-secolarizzazione del soggetto abolisce vecchie opposizioni. L’Illuminismo radicale del XX secolo distrugge la sfera interiore protetta, spingendo l’uomo verso la beatitudine intramondana e il consumo di massa. La filosofia di Heidegger rivela l’uomo come costitutivamente “fuori-di-sé”, assorbito nella “cura”. L’esistenza umana sembra essere tornata al punto di partenza, immersa nella banalità. È necessario ripristinare le pratiche di esercizio che producono energia salutare per uscire non più dal mondo, ma dall’ottusità e dalla banalità. L’imperativo “Devi cambiare la tua vita!” è diventato un richiamo universale, il contenuto ultimo di ogni comunicazione, legato alla crisi globale e alla minaccia di catastrofe, che agisce come una nuova autorità. L’etica attuale è inadeguata perché non affronta la scala della minaccia; deve fondarsi sull’esperienza del sublime, orientandosi verso l’impossibile. Le catastrofi del XX secolo mostrano il fallimento dei tentativi di controllare la storia. Le sfide attuali richiedono una pretesa superiore e risposte audaci. L’imperativo ecologico propone di agire in modo che gli effetti siano compatibili con la permanenza della vita umana sulla Terra, affrontando enormi improbabilità e agendo come cittadino del mondo. I sistemi sociali funzionano come sistemi immunitari, proteggendo un sé contro ciò che è estraneo. La logica dell’esternalizzazione non è più sostenibile sulla Terra limitata. È necessario un protezionismo della totalità, una ragione immunitaria globale che superi le distinzioni tra sfera personale e sfera estranea. L’umanità deve diventare un concetto politico, collaborando a un progetto di design immunitario globale. Gli interessi vitali comuni richiedono ascesi universali e cooperative. Una struttura di co-immunità globale è una “civiltà” che richiede nuove regole e tecniche per plasmare l’uomo (antropotecniche) conformi all’esistenza nel contesto globale, adottando abitudini quotidiane per la sopravvivenza comune.Riassunto Lungo
1. La Stella Ascetica e l’Allenamento della Vita
La vita moderna ci mette di fronte a sfide che richiedono un impegno costante, una sorta di allenamento interiore per orientarci meglio. È come se ci fossero delle spinte che ci portano verso l’alto, verso forme di esistenza migliori. L’arte, pensiamo a una statua antica, non ci impone nulla, ma con la sua sola presenza ci interroga profondamente. Questa forza che viene dall’opera stessa ci chiede di cambiare la nostra vita. Anche un’opera non finita ha una sua perfezione perché sa comunicare e toccarci nel profondo, andando oltre il semplice imitare la natura.L’esercizio come pratica fondamentale
Nietzsche ha studiato l’idea di “ascesi”, che intende come un vero e proprio esercizio o allenamento per l’esistenza. Ha distinto l’allenamento di chi è sano e vuole migliorarsi da quello di chi è malato e agisce per risentimento. Questa idea ha contribuito a un periodo, tra l’Ottocento e il Novecento, dove si è riscoperto il corpo e l’attività fisica, lo sport è diventato importante e l’esercizio ha perso il suo significato solo spirituale. La vita stessa, anche senza credenze particolari, ha una sua “verticalità”: ci sono modi di vivere più elevati e altri meno, e questo ci spinge naturalmente ad allenarci per raggiungere i primi.La forza che nasce dalla difficoltà
L’esperienza della disabilità è un esempio potente di come le difficoltà possano diventare una spinta incredibile. Pensiamo a Carl Hermann Unthan, il violinista senza braccia, che incarna la “filosofia del nonostante”: nonostante la limitazione, ha trovato la forza di agire. L’handicap lo ha spinto a un lavoro intensissimo su se stesso, trasformando il limite in un’abilità eccezionale, una “normalità” conquistata con fatica. Hans Würtz, che si occupava di pedagogia per disabili, diceva che superare una difficoltà crea movimento e una “sovracompensazione”, cioè uno sviluppo maggiore in altre aree. Vedeva nelle persone disabili che si allenano un modello per tutti noi. L’essere umano, per sua natura, ha dei limiti ed è chiamato a un esercizio continuo per correggerli e migliorarsi. La figura dell’allenatore oggi rappresenta proprio questa chiamata, che non dipende da idee astratte ma dalla necessità di superare i propri limiti personali.Ma questa presunta “verticalità” dell’esistenza, che spingerebbe naturalmente all’allenamento per raggiungere forme di vita “migliori”, non rischia di imporre un modello normativo e di semplificare eccessivamente la complessità dell’esperienza umana e delle sue difficoltà?
Il capitolo introduce l’idea di una “verticalità” intrinseca alla vita e di un impulso naturale verso forme di esistenza “migliori”, suggerendo che ciò giustifichi un costante “allenamento”. Tuttavia, la definizione di cosa costituisca un modo di vivere “elevato” o “migliore” rimane ambigua e potenzialmente soggettiva, rischiando di scivolare in un giudizio morale o sociale non universalmente condiviso. Inoltre, l’enfasi sull’allenamento e sul superamento dei limiti, pur potente negli esempi citati, potrebbe non considerare adeguatamente la legittimità di accettare i propri limiti, o la possibilità che non tutte le difficoltà portino necessariamente a una “sovracompensazione” positiva per tutti. Per esplorare queste criticità, sarebbe utile approfondire la filosofia morale ed etica per confrontarsi con diverse concezioni del “bene vivere”, la sociologia per analizzare la costruzione sociale delle norme e delle aspettative sul corpo e sulla performance, e la psicologia per comprendere le diverse risposte individuali alle avversità, al di là del solo modello della resilienza eroica. Rileggere Nietzsche nel suo contesto completo può aiutare a sfumare la sua idea di ascesi, così come confrontarsi con autori che criticano le pressioni sociali all’auto-ottimizzazione costante.2. Tecniche dell’Esistenza
La vita oggi sembra precaria, come un’arte difficile da imparare. Per esistere, le persone devono fare esercizi, proprio come un acrobata sulla fune. Questa idea viene da pensatori come Nietzsche, che vedevano l’uomo senza protezioni naturali, costretto a inventare modi per stare al mondo. Le antiche pratiche di disciplina, che una volta servivano per avvicinarsi a Dio o a qualcosa di superiore, cambiano completamente nel mondo moderno. Non sono più legate a scopi religiosi, ma diventano pratiche laiche, usate per vivere qui e ora.Esercizi Individuali e Letterari
Nella letteratura, personaggi come quelli creati da Kafka mostrano bene questa idea. Il funambolo o chi digiuna non cercano una meta spirituale, ma la loro stessa esistenza è uno sforzo continuo, una performance fragile. La “strada giusta” non è in alto nel cielo, ma è una semplice corda per terra, dove è facilissimo inciampare e cadere. Anche figure reali come il filosofo Cioran vivono questa disciplina in modo personale. Le sue opere sono come una serie di “esercizi al contrario”, un modo rigoroso per rifiutare le regole e le identità che la società impone. Trasforma così il suo malessere e la sua disperazione in una pratica precisa e strutturata, dimostrando che anche il rifiuto può diventare una forma di esercizio per l’anima.Pratiche su Larga Scala
Osservando la società, vediamo come queste pratiche si manifestino su vasta scala. Pensiamo al movimento delle Olimpiadi, nato con l’idea di essere quasi una nuova fede basata sullo sport. Oggi è diventato una gigantesca organizzazione che si occupa di allenare il corpo e mettere in competizione le persone, gestendo le energie umane in un contesto completamente non religioso. Un altro esempio è Scientology, creata da Ron Hubbard. Questo sistema di aiuto psicologico personale usa le strutture tipiche di una religione, ma lo fa per scopi molto pratici. Organizza esercizi specifici per aiutare le persone a “sopravvivere” e a migliorare se stesse nella vita di tutti i giorni, non per raggiungere un paradiso.La Natura delle Pratiche Moderne
Tutti questi esempi ci fanno capire che ciò che chiamiamo “religione” o “cultura” è spesso fatto di “tecniche per l’uomo”. Sono insiemi di esercizi, regole e modi di fare che servono a modellare come le persone si comportano e cosa pensano dentro di sé. Offrono una specie di stabilità o di “protezione” contro le difficoltà della vita. La parola “religione” a volte viene usata per definire questi sistemi di pratiche, magari per motivi pratici o strategici, piuttosto che perché c’è un vero legame con qualcosa di divino. L’attenzione si sposta quindi dal credere in qualcosa di superiore al saper usare le tecniche per dare forma a se stessi e affrontare meglio l’esistenza di ogni giorno.Ma è legittimo ridurre la complessità di fenomeni come la religione o lo sport organizzato a semplici ‘tecniche per l’uomo’, perdendo di vista le loro specificità storiche, sociali e spirituali?
Il capitolo propone una visione affascinante, ma la sua ampia categorizzazione rischia di appiattire differenze sostanziali. Non tutte le pratiche che modellano l’individuo o la società hanno la stessa origine, lo stesso scopo o lo stesso impatto. Ridurre tutto a “tecniche” potrebbe non cogliere le specifiche dinamiche di potere, le credenze profonde o le funzioni sociali che distinguono, ad esempio, una disciplina spirituale millenaria da un moderno sistema di auto-aiuto. Per approfondire queste distinzioni, sarebbe utile esplorare la sociologia delle religioni, la storia delle pratiche ascetiche o la filosofia della tecnica. Autori come Michel Foucault o Pierre Bourdieu offrono strumenti concettuali per analizzare come le pratiche si inseriscono in contesti di potere e strutturano i corpi e le menti in modi diversi.3. L’Ascesa Improbabile
L’esistenza umana è profondamente modellata dall’esercizio e dalla disciplina. Queste pratiche, che siano abitudini che seguiamo senza pensarci o allenamenti scelti volontariamente, sono la base di come costruiamo noi stessi. In un certo senso, viviamo immersi in queste discipline, che formano il fondamento di ogni “antropotecnica”, cioè ogni tecnica usata dall’uomo su sé stesso.La Dimensione Verticale dell’Esistenza
C’è una dimensione verticale nel modo in cui viviamo e in come ci evolviamo. Pensiamo a quello che Nietzsche chiama “surcreazione”, un andare oltre la semplice “procreazione” (il mettere al mondo figli) per creare qualcosa di più alto in noi stessi. Il suo famoso concetto di “superuomo” non riguarda la biologia, ma è l’idea di una persona che raggiunge un ideale di perfezione attraverso un allenamento costante, proprio come un acrobata che si esercita per migliorare.L’evoluzione stessa può essere vista come un processo simile a quello di un acrobata. È una scalata continua verso livelli sempre più alti di complessità e “improbabilità stabilizzata”. Questo è ben rappresentato dall’immagine del “Monte Improbabile”. Sopravvivere come specie o elevarsi come individui significa superare ciò che sarebbe statisticamente più probabile, compiendo uno sforzo per raggiungere una posizione più elevata e stabile su questa montagna ideale.
La Cultura come Forma di Disciplina
Anche la cultura, in questo contesto, funziona come una sorta di “regola monastica”. Richiede una scelta, un impegno e spesso un distacco dalle abitudini più comuni e superficiali, che a volte vengono definite “sozzura”. Le interazioni sociali e i modi di usare il linguaggio, che potremmo chiamare “giochi linguistici”, sono esercizi. Possiamo eseguirli in modo automatico, quasi senza pensarci, oppure con maggiore consapevolezza e rigore, cercando di vivere in una “buona forma”.Michel Foucault ha studiato a fondo queste discipline e le “tecniche del Sé”, cioè le pratiche che usiamo per plasmare la nostra identità. Secondo la sua visione, il potere non è solo qualcosa che ci limita, ma è anche ciò che rende possibili certi modi di essere e di “saper-fare”. Siamo noi stessi a costruirci attivamente attraverso l’esecuzione di questi esercizi e pratiche.
Un Paesaggio di Discipline Umane
Esiste una teoria generale del disciplinamento che abbraccia ogni campo del sapere e dell’agire umano. Include attività diverse come l’acrobatica, la ricerca scientifica, l’arte della retorica o la pratica della meditazione. Ogni disciplina ha al suo interno una specie di “tensione verticale”: c’è sempre un modo corretto e uno scorretto di eseguirla, un livello più alto e uno più basso di maestria. La critica, che valuta il valore e la qualità delle pratiche, si esercita sia all’interno di una singola disciplina sia confrontandone diverse. L’insieme di tutte le discipline umane forma un paesaggio vasto e complesso, un vero e proprio Monte Improbabile che è stato creato dall’uomo stesso attraverso i suoi sforzi e le sue pratiche.Ma è davvero così semplice liquidare la scuola e l’arte moderne come meri sistemi autoreferenziali che hanno smarrito ogni scopo?
Il capitolo, pur offrendo spunti critici interessanti, sembra generalizzare eccessivamente la presunta “perversione” dei sistemi moderni, in particolare scuola e arte, dipingendoli come chiusi in sé stessi e privi di finalità esterne. Questa visione rischia di ignorare le complessità interne e le molteplici funzioni che queste istituzioni continuano a svolgere nella società contemporanea. Per approfondire questa critica e valutare la sua fondatezza, sarebbe utile esplorare la sociologia dell’educazione e la filosofia dell’arte, confrontandosi con autori come Bourdieu o Adorno, che hanno analizzato le dinamiche dei campi culturali e istituzionali.8. Dalla Secessione alla Co-immunità
La Modernità ha segnato un cambiamento profondo: l’individuo è tornato a vivere pienamente nel mondo, superando l’antica idea di doversi allontanare dalla realtà terrena. Questo ha portato una sorta di nuova “innocenza” per il mondo, ma ha anche reso più difficile per l’uomo sentirsi radicalmente separato da ciò che lo circonda. La distanza che un tempo esisteva tra la persona e il mondo è quasi sparita. Il contrasto tra l’uomo e l’esistenza non viene più visto in termini spirituali, ma come qualcosa da affrontare con cure mediche, riforme sociali o nuove forme d’arte. L’obiettivo è stato riportare l’uomo, che si era isolato, nella realtà concreta dell’essere parte del mondo. Si è voluta creare una sorta di “cittadinanza” universale, da cui non è possibile fuggire. Per questo, le vecchie pratiche di isolamento spirituale o religioso sono state abbandonate, lasciando spazio a forme di riposo e svago come il relax e le vacanze.La Modernità ha cercato di “ri-secolarizzare” la persona, che un tempo era vista come un’entità separata. Si è cercata una via per far convivere l’uomo e il mondo, eliminando vecchie divisioni come spirito e vita quotidiana, etica e azioni di tutti i giorni. Gli esseri umani, che per secoli avevano diviso l’universo in una sfera interiore e una esteriore, sono stati ricondotti in un’unica realtà complessa. L’Illuminismo ha avuto un ruolo importante in questo, mettendo da parte le idee metafisiche e liberando le persone dalle credenze sull’aldilà. L’idea era che la vera felicità si potesse trovare qui, nella realtà concreta, rinunciando alle illusioni su un altro mondo.La Scomparsa della Distanza Interiore
Per formare l’individuo moderno, ci si è concentrati su esercizi e pratiche che aiutassero a costruire una “personalità” capace di portare il vasto mondo dentro di sé. Queste persone si sentivano ancora al sicuro grazie a una sfera interiore privata e protetta. Tuttavia, l’Illuminismo più radicale del Novecento ha smantellato questa protezione e l’idea di un’anima separata. L’uomo è stato spinto completamente verso la ricerca della felicità nella vita terrena. Il prezzo di questa trasformazione è stato che l’uomo è diventato un semplice elemento nel grande gioco della riforma del mondo, destinato al consumo di massa. Ideologie come il naturalismo e il socialismo hanno cercato di riportare l’uomo interamente dentro le relazioni sociali, chiudendo ogni via di fuga verso mondi interiori. Questa tendenza è stata accompagnata da un modo di pensare pratico che considera reale solo ciò che può essere gestito socialmente o tecnicamente.La filosofia di Heidegger, all’inizio del XX secolo, ha rappresentato una svolta cruciale. Ha riportato il pensiero sulla condizione esistenziale dell’essere già “nel mondo”. Questo ha eliminato l’idea di un osservatore esterno e distaccato, mostrando l’uomo come costitutivamente proiettato “fuori di sé”, assorbito dalla “cura” e dipendente dal mondo e dagli altri. L’idea di un sé autonomo e che può essere salvato è vista come una finzione. La ri-secolarizzazione, quindi, non ha portato a una felicità diffusa, ma alla perdita di distanza e a un’immersione totale nella “cura” delle cose e delle relazioni. L’esistenza umana è sempre già coinvolta nel mondo di cui si prende cura, e i tentativi di allontanarsi sono solo piccole variazioni di questa dedizione fondamentale.L’Immersione nella Banalità e l’Imperativo del Cambiamento
Sembra che l’esistenza umana sia tornata al punto di partenza, a prima delle grandi fughe spirituali. Forse oggi siamo più consapevoli, ma comunque immersi nella routine e nella banalità. È necessario riscoprire pratiche che generino energia positiva e salutare, anche se non le consideriamo più rivoluzioni spirituali. Dobbiamo guardare alle vecchie abitudini e inventarne di nuove, non più per scappare dal mondo, ma per uscire dall’ottusità e dalla banalità che ci circondano.L’ordine “Devi cambiare la tua vita!” è diventato un richiamo che sentiamo ovunque, il messaggio fondamentale di ogni comunicazione. Non è più rivolto solo a figure religiose o artistiche, ma è legato alla crisi globale e alla minaccia di catastrofi. Questa crisi è diventata l’unica forza capace di imporre un cambiamento radicale, agendo quasi come una nuova divinità. L’etica che abbiamo oggi non è sufficiente perché non è commisurata alla gravità della minaccia. L’etica necessaria oggi deve basarsi sull’esperienza del sublime, che ci spinge a orientarci verso ciò che sembra impossibile.La Crisi Globale e la Sfida Ecologica
Le grandi catastrofi del XX secolo dimostrano che i tentativi di controllare la storia sono falliti. L’Occidente tende a considerare gli avvertimenti di catastrofe come semplice intrattenimento, evitando di affrontare seriamente la situazione. Le sfide di oggi non sono semplici problemi da risolvere con gli strumenti che già possediamo; richiedono una risposta di portata molto maggiore.Non basta conservare i valori del passato per affrontare la crisi mondiale. Servono idee nuove e risposte coraggiose. La situazione attuale è caratterizzata da due tipi di catastrofe: una legata all’eccessiva integrazione (la globalizzazione con le sue disuguaglianze) e una legata alla disintegrazione (che porta verso un punto di non ritorno). Quest’ultima è più probabile a causa dello sfruttamento eccessivo e insostenibile delle risorse del pianeta.La filosofia propone un principio fondamentale per l’ecologia: agire in modo che le conseguenze delle nostre azioni siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla Terra. Questo ci impone di affrontare situazioni estremamente difficili e di considerare l’impatto delle nostre scelte sull’intero ecosistema mondiale. Dobbiamo agire come cittadini del mondo, anche se l’umanità nel suo complesso non è ancora un’entità politica unita e operativa.Verso una Co-immunità Planetaria
I sistemi sociali, come le famiglie o le nazioni, funzionano come sistemi immunitari: proteggono un “sé” definito da ciò che è considerato estraneo. L’altruismo all’interno di un gruppo culturale è, in fondo, una forma di egoismo su scala più ampia. La storia può essere vista come una serie di conflitti tra questi sistemi immunitari locali. Oggi, con la Terra che è diventata un unico grande teatro limitato, l’idea di poter semplicemente spostare i problemi all’esterno non funziona più. È necessario proteggere l’intero pianeta, sviluppare una “ragione immunitaria” globale che superi le vecchie distinzioni tra ciò che è “nostro” e ciò che è “estraneo”. Chi continua a mantenere queste distinzioni finisce per creare debolezze immunitarie per sé e per gli altri.L’epoca in cui esistevano una sfera personale ristretta e una sfera esterna vista come negativa sta finendo. È necessaria una struttura di “co-immunità” globale che sappia includere le culture e gli interessi locali. Questa struttura planetaria dovrebbe considerare la Terra stessa come la sfera da proteggere e lo sfruttamento eccessivo come la minaccia esterna. L’umanità deve diventare un concetto politico unito, collaborando a un progetto di difesa globale. L’idea che i nostri interessi vitali comuni richiedano forme di disciplina e cooperazione universali diventa oggi di fondamentale importanza.Una struttura di co-immunità globale è, in sostanza, una “civiltà”. Richiede nuove regole e tecniche per formare l’essere umano (antropotecniche) in modo che sia adatto a vivere nel contesto globale. Vivere in questa nuova civiltà significa adottare abitudini quotidiane orientate alla sopravvivenza e al benessere comune di tutti.Ma come si passa concretamente dall’idea di “sistemi immunitari” locali in conflitto a una “co-immunità planetaria”?
Il capitolo introduce l’idea affascinante di una “co-immunità” globale come soluzione alla crisi attuale, ma lascia irrisolta la questione fondamentale su come si possa realisticamente superare la logica storica del conflitto tra “sistemi immunitari” (nazioni, culture) per arrivare a un’umanità politicamente unita. Quali sono i passaggi pratici, le istituzioni necessarie, e come si gestiscono i potentissimi interessi divergenti che ostacolano una tale transizione? Per esplorare le complessità di questo salto concettuale e pratico, è indispensabile approfondire gli studi di scienza politica, diritto internazionale e teoria delle relazioni internazionali, confrontandosi con autori che analizzano le sfide della governance globale e i limiti della cooperazione tra stati sovrani.Abbiamo riassunto il possibile
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