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Contenuti del libro
Informazioni
“Da Circe a Morgana. Scritti di Momolina Marconi” di Momolina Marconi è un viaggio incredibile nel cuore delle dee antiche e della religione mediterranea, esplorando il potere femminile divino che ha plasmato i miti e la cultura per millenni. Il libro parte dalla mitologia greca, analizzando la Teogonia di Esiodo per mostrare come figure come Gaia e Rhea possedessero una forza e un’astuzia fondamentali, anche se poi il patriarcato mitologico di Zeus cercò di assorbire o limitare la loro influenza. Ma la vera magia sta nel vedere come questa energia femminile non sia scomparsa, ma sia sopravvissuta e si sia trasformata, legata alla natura, alla guarigione e alla magia erbe. Si incontrano figure potentissime come la Circe maga, Medea ed Ecate, il cui dominio si estende sulla vita, sulla morte e sulla trasformazione, con legami che vanno dalla Colchide all’Italia. Il libro traccia una linea affascinante che collega queste figure mediterranee a quelle del mondo celtico, come Morgana, suggerendo un sostrato culturale condiviso dove la magia è intrinseca alla sovranità femminile. È un’immersione profonda nei culti femminili antichi, vista attraverso gli occhi acuti di Momolina Marconi, una studiosa che ha dedicato la sua vita alla Storia delle Religioni, mostrandoci come la studiosa non abbia mai “sciupato la donna”, portando una prospettiva unica e appassionata su queste figure divine e sul loro impatto duraturo.Riassunto Breve
Esiste un antico strato religioso nel Mediterraneo incentrato su una grande divinità femminile, spesso chiamata Potnia, legata alla fertilità, alla natura, agli animali e alle piante. Questa figura divina ha profonda conoscenza di erbe, guarigione, trasformazione e magia, riflettendo un possibile prestigio femminile nelle società antiche. Il potere è visto come capacità di creare e mantenere la vita. Nella *Teogonia* di Esiodo, Gaia, la Terra, nasce prima degli dèi e possiede autonomia generativa, creando da sola Uranos e Pontos. Gaia usa intelligenza e inganno per influenzare i conflitti generazionali, come nel caso di Uranos e Kronos, e consiglia Rhea per salvare Zeus. Zeus, salendo al potere, interagisce con dee come Metis, l’intelligenza e la profezia. Zeus inghiotte Metis per assorbire le sue qualità e impedire la nascita di un figlio più potente, portando alla nascita di Athena dalla sua testa, appropriandosi così della funzione generativa e intellettuale femminile. Questo mostra un passaggio da un sistema con forte influenza femminile a un ordine patriarcale dominato da Zeus, anche se le dee mantengono forza e prestigio. L’arrivo di popoli indoeuropei porta alterazioni ai miti, cercando di limitare l’autonomia della dea, spesso attraverso il matrimonio sacro, inserendola in contesti patriarcali e riducendo l’immagine delle donne mortali. Nonostante questi cambiamenti, gli attributi della dea mediterranea persistono in figure come Circe, Medea, Ecate, Artemide e Diana, legate a magia, erbe e metamorfosi. Questa tradizione si estende al mondo celtico con figure come Morgana, con elementi comuni come maestria magica, associazione con isole o laghi, simbolismo della mela e il rito del matrimonio sacro. Circe è una manifestazione di questa grande dea, legata sia all’Oriente (Colchide) che all’Occidente (Italia). Il nome della sua isola, Aiaia, si lega alla terra fertile e alle piante. Circe è una *pharmakis* e *potnia phyton*, con potere su animali e uomini e capacità di trasformazione. Il “piano Circeo” in Colchide la collega al mondo dei defunti, come signora della vita e della morte. Presenta affinità con Ecate e Medea, e in Italia si assimila a dee locali come Feronia. Circe assume anche un ruolo di progenitrice per popoli e città in Italia. La sua figura si inserisce nei culti mediterranei come i Misteri Eleusini di Demetra e Persefone, dove il matrimonio sacro collega vivi e morti per la fertilità. Santuari dedicati a questa dea, come l’Heraion del Sele, mostrano offerte votive legate a vita e maternità, come gigli, melagrane, colombe e figure femminili incinte. Il giglio è associato a fecondità e salute femminile. Esistono giardini sacri (*kepos*) con piante medicinali e magiche per riti di gestazione e maternità. Dee italiane come Bona Dea mostrano caratteristiche simili, con serpenti, vite e erbe medicinali, spesso con un ruolo predominante rispetto al paredro maschile. Questa visione religiosa, che sacralizza terra ed elementi naturali, è un substrato culturale profondo che ha influenzato le religioni classiche e si estende oltre il Mediterraneo. Una studiosa, Momolina Marconi, ha dedicato i suoi studi a questa religione mediterranea, seguendo una metodologia rigorosa e concentrandosi sull’influenza femminile, la saggezza e il potere generativo, mantenendo autonomia di pensiero e condividendo la sua conoscenza.Riassunto Lungo
1. La forza nascosta delle dee nella Teogonia
La Teogonia di Esiodo racconta le origini degli dèi e del mondo, descrivendo diverse fasi del potere divino. Tutto inizia con il Caos, seguito da Gaia, la Terra dal largo seno. Gaia è speciale perché nasce prima degli altri dèi e ha la capacità unica di generare da sola, senza bisogno di un compagno maschio. Da sola dà vita a figure potenti come Uranos, il Cielo stellato, e Pontos, il Mare. Questa sua forza generativa, la capacità di creare vita autonomamente, è una caratteristica fondamentale del suo potere iniziale.I conflitti e la strategia delle dee
La storia divina prosegue con scontri tra diverse generazioni di dèi. Gaia si trova oppressa da suo figlio Uranos, che imprigiona i suoi altri figli sotto terra. Per liberarli, Gaia usa la sua intelligenza: crea un’arma e convince Kronos, un altro suo figlio, a usarla per sconfiggere il padre. Gaia non combatte direttamente, ma agisce con astuzia e inganno. Questa strategia basata sulla saggezza si ripete in seguito in modo simile. Rhea, madre di Zeus, affronta un problema simile con Kronos, che divora i suoi figli per paura di essere spodestato. Seguendo il consiglio di Gaia, Rhea riesce a salvare Zeus con un inganno, sostituendolo con una pietra. Gaia mantiene così un ruolo cruciale come consigliera e profetessa nelle vicende divine, guidando le azioni decisive.Zeus e l’assimilazione del potere femminile
Quando Zeus prende il potere, interagisce in modo particolare con diverse dee, e queste unioni sono spesso più che semplici matrimoni. Sono modi per Zeus di acquisire le qualità che le dee rappresentano, integrando il loro potere nel proprio. Un esempio chiave è l’unione con Metis. Metis incarna l’intelligenza pratica, il consiglio e l’astuzia, ma possiede anche la capacità di prevedere il futuro. Zeus viene avvertito che Metis potrebbe generare un figlio più potente di lui, minacciando il suo dominio. Per evitare questa minaccia e allo stesso tempo appropriarsi delle sue doti, Zeus inghiotte Metis. Questo atto porta alla nascita di Athena direttamente dalla testa di Zeus, già armata e saggia. È un modo per il dio di fare sue sia la funzione di generare (anche se in modo non convenzionale) sia le qualità intellettuali e profetiche tipiche del femminile.Il cambiamento nell’ordine divino
La Teogonia mostra un passaggio chiaro nell’organizzazione del mondo divino. Si parte da un sistema dove le dee hanno una forte influenza, agendo attraverso la saggezza, il consiglio e il potere di generare vita in modo autonomo. Questo evolve verso un ordine dominato da Zeus, un sistema patriarcale in cui il potere maschile è preminente. Tuttavia, le dee non scompaiono; mantengono un loro prestigio e una forza che continua a influenzare il mondo maschile. Anche se Zeus cerca di consolidare il suo potere assorbendo o limitando le capacità femminili, il testo conserva tracce di tradizioni più antiche. Queste tracce includono unioni tra parenti stretti o forme divine che non sono ancora completamente umane, testimoniando che la religione olimpica si è costruita su strati culturali precedenti.L’interpretazione del capitolo, che vede in Zeus un mero ‘assimilatore di potere femminile’, non rischia di semplificare eccessivamente le complesse dinamiche divine descritte da Esiodo?
Il capitolo propone una lettura del passaggio di potere in Esiodo focalizzata sull’assimilazione maschile delle qualità femminili. Tuttavia, la Teogonia presenta un pantheon con diverse forme di potere divino (generativo, strategico, profetico, fisico) che interagiscono in modi complessi. Ridurre l’azione di Zeus a una semplice ‘assimilazione’ potrebbe non rendere giustizia alla stratificazione del mito e alle molteplici interpretazioni possibili delle unioni divine e della successione al potere. Per approfondire queste dinamiche e considerare letture alternative, è utile esplorare gli studi sulla religione greca antica e sulla mitologia, leggendo autori come Walter Burkert o Marcel Detienne.2. L’Antica Sovrana e la Magia delle Erbe
Una religione molto antica nel Mediterraneo ruotava attorno a una potente divinità femminile. Questa figura, chiamata Grande Dea o Potnia, aveva il controllo sulla natura, sulla vita e sulla morte. Possedeva una conoscenza profonda delle erbe, dell’arte di guarire, della trasformazione e della magia. La sua importanza rifletteva una società in cui le donne godevano di rispetto e influenza, spesso descritta come un matriarcato basato sull’intuizione e la comprensione. In questo contesto, il potere era visto come la capacità di creare e sostenere la vita in tutte le sue forme.L’arrivo di nuovi culti
Con l’arrivo di popoli indoeuropei, come i Dori, le storie antiche subiscono profondi cambiamenti. I nuovi miti tendono a ridurre l’importanza e l’autonomia della figura divina femminile. Spesso, si cerca di integrarla in un sistema dominato da divinità maschili, ad esempio attraverso il rito del matrimonio sacro, che la lega a un consorte. Questo cambiamento porta le divinità maschili a occupare il ruolo centrale nel pantheon. Di conseguenza, anche l’immagine delle donne mortali nella società viene influenzata, limitando i loro ruoli e il loro potere.La persistenza della magia e il legame celtico
Nonostante queste trasformazioni, gli attributi fondamentali della dea mediterranea rimangono vivi in figure successive come Circe, Medea, Ecate, Artemide e Diana, che conservano un forte legame con la magia, le erbe e la capacità di trasformazione. Questa tradizione magica si diffonde e si collega anche al mondo celtico, unendo figure mediterranee a personaggi come Morgana e la Dama del Lago, conosciuta anche come Viviana. Tra queste figure si trovano elementi comuni: la grande abilità nella magia, il legame con luoghi isolati come isole o laghi, il simbolismo della mela, come nell’isola mitica di Avalon, e il rito del matrimonio sacro tra un re e una figura divina femminile. Anche alcuni nomi sembrano avere radici mediterranee. Questi collegamenti mostrano l’esistenza di una base culturale condivisa, dove la magia non è un elemento secondario, ma una qualità essenziale della divinità femminile, fondamentale per il suo dominio sulla vita e sulla morte.Ma quanto è fondata l’idea di una ‘Antica Sovrana’ universale e di un ‘matriarcato basato sull’intuizione’?
Il capitolo presenta la figura dell’Antica Sovrana e il concetto di matriarcato come elementi consolidati, ma si tratta di ipotesi fortemente dibattute e prive di consenso unanime nel mondo accademico. L’esistenza di un’unica “Grande Dea” universale pre-indoeuropea e, soprattutto, di società matriarcali diffuse e basate sull’intuizione è un tema controverso. Per comprendere meglio le diverse posizioni e le prove a sostegno o contro queste teorie, è fondamentale approfondire gli studi di archeologia, storia delle religioni e studi di genere. Autori come Ronald Hutton o Mary Beard offrono analisi critiche che aiutano a contestualizzare e valutare queste narrazioni.3. Il viaggio e i poteri della dea mediterranea
Circe incarna la grande dea mediterranea, una figura potente legata a due luoghi lontani: la Colchide a Oriente e la costa tirrenica in Italia a Occidente. Questa duplice collocazione geografica suggerisce antichi spostamenti di popolazioni nel Mediterraneo. Il nome della sua isola, Aiaia, deriva dalla parola “aia”, che significa terra fertile, e si collega al nome di una pianta specifica, sottolineando così il profondo legame della dea con la terra, la vegetazione e le erbe curative o magiche. Circe possiede infatti l’arte della magia e una vasta conoscenza delle piante, caratteristiche che la definiscono come una “pharmakis” (colei che usa erbe e incantesimi) e una “potnia phyton” (signora delle piante).Poteri e legame con la morte
La dea esercita un notevole potere sugli animali e sugli uomini, potendo operare trasformazioni profonde. Queste capacità rientrano pienamente nelle prerogative della Potnia mediterranea, una signora della natura capace di mutare le forme viventi. In Colchide, il luogo noto come “piano Circeo” ha un significato sacro e funebre: qui gli uomini venivano appesi agli alberi e le donne sepolte nella terra. Questo aspetto macabro collega Circe non solo al mondo della magia, ma anche a quello dei defunti, presentandola come una signora della vita e della morte, intimamente connessa alla Terra Madre e ai suoi cicli.Affinità divine
La figura di Circe mostra chiare affinità con altre divinità del pantheon antico. È imparentata con Hecate, condividendo con lei poteri magici e il dominio sul mondo dei morti e degli spiriti notturni. In Italia, la sua figura si assimila a dee locali come Feronia, che eredita alcuni dei suoi attributi, inclusa una particolare associazione con il picchio, un uccello legato a presagi e trasformazioni. Anche Medea, un’altra potente maga, presenta parallelismi con Circe, non solo per la parentela, ma anche per il percorso migratorio che la porta dall’Oriente all’Occidente, simile a quello attribuito alla stessa Circe.Ruolo di progenitrice in Italia
Nella tradizione mitologica legata all’Italia, Circe assume un ruolo di grande importanza come progenitrice. Diversi miti la indicano infatti come la madre di eroi leggendari che diedero origine a popoli e fondarono città. Tra questi si annoverano gli Ausoni e i Marsi, popolazioni antiche e significative del Lazio e delle regioni circostanti. Anche città importanti come Preneste (l’attuale Palestrina) e Ardea sono considerate fondate dai suoi discendenti. Questo dimostra quanto la figura di Circe fosse radicata nel territorio italiano e riconosciuta come una divinità fondatrice per queste comunità.Contesto dei culti mediterranei
La sua figura si inserisce nel contesto più ampio dei grandi culti misterici mediterranei, come quello dedicato alla dea duale Demetra e Persefone nei Misteri Eleusini in Grecia. In questi riti, il matrimonio sacro (hieros gamos) tra divinità è centrale sia per garantire la fertilità della terra, rappresentata da Demetra, sia per offrire ai fedeli una speranza di salvezza e continuità oltre la morte, legata alla figura di Persefone. Questo collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti, mediato dall’azione divina e dai cicli naturali, è un tema ricorrente che unisce diverse manifestazioni della grande dea mediterranea, inclusa Circe.Quanto è solida l’idea di un unico, diffuso “strato religioso” incentrato su una “Dea Madre Mediterranea” o è una generalizzazione che non rende giustizia alla complessità dei culti antichi?
Il capitolo presenta l’esistenza di un antico substrato religioso incentrato su una divinità femminile come un dato di fatto, ma questa interpretazione è oggetto di dibattito acceso nel mondo accademico. La tendenza a vedere un’unica “Dea Madre” universale è stata criticata per la sua eccessiva semplificazione e per non considerare la grande varietà di culti e figure divine femminili presenti nel Mediterraneo e oltre. Per approfondire questa controversia e valutare la validità dell’argomentazione, è utile esplorare gli studi di archeologia e storia delle religioni che analizzano criticamente il concetto di “Dea Madre”. Si possono consultare le opere di autori come Marija Gimbutas, che hanno promosso questa teoria, ma è fondamentale confrontarle con le prospettive critiche di studiosi come Bruce Trigger o Lynn Meskell, che offrono interpretazioni alternative dei reperti e sottolineano la diversità dei contesti culturali antichi.5. La studiosa e la donna
Momolina Marconi, vissuta dal 1912 al 2006, si è distinta come una studiosa di grande valore nel campo della Storia delle Religioni. Ha intrapreso il suo percorso formativo all’Università di Milano, dove ha avuto come maestro Pestalozza, figura fondamentale per la sua successiva carriera. Dopo un periodo dedicato all’insegnamento nelle scuole medie, ha raggiunto l’importante traguardo della libera docenza nel 1948. In seguito, ha assunto la cattedra di Storia delle Religioni a Milano, raccogliendo l’eredità accademica di Pestalozza, e l’ha mantenuta fino al 1982. Ha seguito con grande rigore la metodologia del suo maestro, dedicando particolare attenzione e studio alla religione mediterranea e offrendo interpretazioni significative in questo ambito.Approccio al sapere e personalità
Momolina Marconi manteneva una grande riservatezza sulla sua storia personale, una scelta del tutto intenzionale. Nonostante ciò, manifestava una profonda attenzione per la ricerca culturale e condivideva le sue scopertezze con notevole generosità. Incoraggiava attivamente lo studio delle religioni, ponendo un accento particolare su quelle mediterranee. Un aspetto centrale del suo insegnamento e della sua persona era la capacità di trasmettere il fascino per la materia mitologica. Per il suo modo di comunicare il sapere, caratterizzato da una “sollecitudine tutta femminile”, era vista come una vera “Magistra”. Si presentava come una persona distinta e sicura di sé, sempre gentile e premurosa verso gli altri. Evidenziava con orgoglio la sua identità di donna e la ferma volontà di mantenere un’autonomia di pensiero. Mostrava un amore costante e profondo per la conoscenza del rapporto che l’essere umano intesse con il sacro.L’impegno fino alla fine
Questo desiderio di donare e condividere la conoscenza non si è mai spento, persistendo anche in età avanzata e in condizioni di sofferenza fisica. Proprio in questo periodo, la sua passione l’ha spinta a pubblicare le sue ultime riflessioni. Queste opere finali si distinguono per un tono più intimo e colloquiale, assomigliando maggiormente a una conversazione che a un rigoroso testo accademico, quasi un dialogo diretto con il lettore sui temi a lei più cari. Il suo maestro Pestalozza riassunse perfettamente questa dualità affermando che in Momolina Marconi “la studiosa non ha mai sciupato la donna”.È davvero necessario descrivere le qualità accademiche di una studiosa in termini di “sollecitudine tutta femminile” o di un equilibrio tra “studiosa” e “donna”?
Il capitolo, pur celebrando la figura di Momolina Marconi, utilizza espressioni che legano le sue doti intellettuali e didattiche a caratteristiche di genere (“sollecitudine tutta femminile”, “la studiosa non ha mai sciupato la donna”). Questo approccio rischia di incasellare il merito accademico in categorie potenzialmente stereotipate e di distogliere l’attenzione dalle specifiche qualità intellettuali e metodologiche della studiosa, indipendentemente dal suo genere. Per un’analisi più completa e meno condizionata da lenti superate, sarebbe utile approfondire gli studi di genere e la critica femminista al linguaggio accademico, leggendo autori come Butler o Haraway, per comprendere come descrivere il contributo di una donna nel sapere senza ricorrere a essenzialismi.Abbiamo riassunto il possibile
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