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Contenuti del libro
Informazioni
“Crisi. Per un lessico della modernità” di Reinhart Koselleck si tuffa a capofitto in un’idea che sentiamo ovunque oggi: la crisi. Ma il punto è proprio questo, se ne parla talmente tanto che forse non sappiamo più cosa significhi davvero. Il libro, partendo dal primo capitolo, ti fa vedere come il concetto di crisi sia cambiato un sacco nel tempo, da quando per i greci era una scelta super importante e urgente, tipo una svolta decisiva per la vita o la morte, fino a diventare ai giorni nostri quasi una condizione normale, un casino generale dove sembra che nessuna decisione specifica possa davvero sistemare le cose. Koselleck ti porta in un viaggio attraverso la storia, dalla medicina antica alla politica, dall’economia moderna, specialmente dopo la crisi del 1857 e le idee di Marx e Schumpeter, fino all’era della finanziarizzazione. Capisci come la crisi sia diventata un tratto distintivo della modernità, legata all’idea di progresso ma anche a un’accelerazione del tempo che ci fa sentire sempre in urgenza, anche se non c’è una fine chiara in vista. È affascinante vedere come un termine così antico si sia trasformato, e come oggi, specialmente con la finanza che domina, la crisi sembri un orizzonte permanente, rendendo difficile per la politica intervenire efficacemente. Questo libro ti fa riflettere su quanto sia complicato il nostro presente, dove l’urgenza di agire si scontra con l’incertezza e la mancanza di alternative nette.Riassunto Breve
Oggi la parola crisi si usa tantissimo, quasi per descrivere una condizione generale, come un “piano” dove le decisioni che prendiamo non sembrano cambiare le cose. Questo è diverso da quando si parlava di crisi come un momento preciso, un punto di svolta con un inizio e una fine chiari. Se la situazione è sempre “critica” ma non si risolve con una decisione, forse il termine crisi non funziona più bene per come lo usiamo. All’inizio, tanto tempo fa, in greco, “krisis” voleva dire un momento super importante, soprattutto in politica, religione o legge, un punto in cui dovevi scegliere subito tra alternative chiare, spesso di vita o di morte, come nella medicina. Solo dopo, e all’inizio poco, è stata usata per la politica e l’economia. Dalla fine del Settecento, la crisi diventa una cosa tipica dell’età moderna, prima legata ai rapporti tra stati, poi ai problemi interni di un paese, indicando un momento decisivo per cambiare la costituzione o il governo. Quando si inizia a pensare alla storia come a un percorso, la crisi non è più solo un attimo urgente, ma dura nel tempo. Con l’Illuminismo, si lega all’idea di progresso e rivoluzione. Dalla metà dell’Ottocento, il significato economico diventa il più importante, specialmente dopo la crisi mondiale del 1857. Per Marx, crisi e sviluppo del capitalismo sono legati, le cause della crisi sono necessarie per farlo crescere. Schumpeter invece parla di cicli di benessere e difficoltà, pensando che il capitalismo alla fine crollerà per motivi sociali. Alcuni studiosi vedono la crisi in modi diversi: come una situazione sempre presente, come un’accelerazione verso qualcosa di nuovo, o come l’ultima crisi prima di un cambiamento totale. Tutti questi modi implicano che il tempo sembra stringersi. Nella situazione di oggi, sentiamo questa fretta del tempo dappertutto. Ma decidere è difficile perché spesso non ci sono solo due scelte, ce ne sono tante, e non si capisce quando finirà questa situazione. Il significato economico attuale di crisi non spiega bene cosa sta succedendo. Nei mercati finanziari, dove tutto è velocissimo, non si sa quanto dura la crisi. Il modo in cui l’economia funziona oggi, basato sulla finanza, è proprio la forma attuale di accumulazione, non solo un uso strano dei soldi. Questo rende difficile per i governi avere il controllo e intervenire per migliorare le cose. È complicato trasformare i problemi economici in azioni politiche quando il potere economico e politico è esso stesso in crisi. Le soluzioni che si usano adesso guardano solo al brevissimo tempo e non funzionano per controllare le cose a lungo termine. La crisi diventa come un orizzonte che non finisce mai, dove senti che devi decidere subito ma non riesci a capire bene cosa sta succedendo o a distinguere le opzioni.Riassunto Lungo
1. Crisi: L’Evoluzione di un Concetto e la Perdita della Decisione
L’idea di crisi è diventata così comune da perdere il suo significato originale. Oggi, la crisi è vista come una condizione generale, quasi un “piano” fisso, dove le decisioni che prendiamo sembrano inutili e non portano a soluzioni concrete. Non si tratta più solo di un momento difficile con un inizio e una fine chiari, come era intesa in passato. Se la situazione attuale è “critica” ma non possiamo risolverla prendendo una decisione, allora forse la parola “crisi” non descrive più bene quello che sta succedendo nella sua accezione attuale.Le origini del concetto di crisi
Molto tempo fa, nella Grecia antica, la parola krisis era molto importante in politica, religione e legge. Indicava momenti cruciali della vita che richiedevano una scelta immediata e importante, una decisione che poteva cambiare tutto. Il suo significato originale veniva dalla medicina, dove indicava il punto di svolta in una malattia, quello che decideva se il paziente sarebbe sopravvissuto o meno. Questo senso di punto decisivo che richiede un’azione urgente è rimasto per molto tempo. Solo più avanti nella storia, e all’inizio in modo limitato, la parola ha cominciato a essere usata anche per parlare di politica ed economia.La crisi nell’età moderna
Dalla fine del Settecento, l’idea di crisi ha iniziato a caratterizzare l’epoca moderna. All’inizio si usava per descrivere momenti difficili nelle relazioni tra stati, poi anche nei problemi interni di un paese. Significava un punto cruciale che poteva portare a grandi cambiamenti nella struttura dello stato o nel tipo di governo. Quando questa idea è stata applicata alla storia, vista come un percorso con uno scopo (un’idea che veniva dalla religione), la crisi non era più un istante urgente, ma un periodo di tempo prolungato. Con l’epoca dell’Illuminismo, la crisi è stata collegata alle idee di progresso e di rivoluzione, vista come un passaggio necessario verso un futuro migliore e più avanzato.La crisi diventa economica
Dalla metà dell’Ottocento, il senso economico della parola crisi ha preso il sopravvento, specialmente dopo la crisi che ha colpito tutto il mondo nel 1857. Pensatori come Marx vedevano le crisi come una parte inevitabile e necessaria dello sviluppo del sistema capitalistico. Per lui, le stesse cose che causano le crisi sono quelle che permettono al capitalismo di crescere e trasformarsi. Schumpeter, invece, preferiva parlare di “cicli” di crescita e di difficoltà (prosperità e depressione). Credeva che il capitalismo, alla fine, sarebbe crollato non per motivi economici interni, ma per ragioni sociali e culturali che ne avrebbero minato le basi.Diversi modi di vedere la crisi
Lo storico Koselleck ha studiato come è cambiata l’idea di crisi nel tempo e ha individuato tre modi principali di intenderla. Il primo la vede come una condizione di cambiamento continuo e permanente nella storia, un processo senza fine. Il secondo la intende come un momento di forte accelerazione che porta rapidamente a una situazione nuova e diversa, un passaggio rapido. Il terzo la considera come la crisi finale, quella che porterà a un cambiamento radicale e definitivo, quasi una fine della storia come la conosciamo, proiettata verso un futuro ideale. Nonostante le differenze, tutti questi modelli hanno in comune l’idea che la crisi comporti una percezione del tempo che si restringe, che diventa più veloce e incalzante.La situazione attuale: tempo veloce e decisioni difficili
Oggi, sentiamo tutti che il tempo corre sempre più veloce, un’esperienza diffusa legata alla crisi. Ma prendere decisioni urgenti in questa situazione è difficile e problematico. Spesso non ci troviamo di fronte a due sole scelte chiare e distinte, ma a tante possibilità diverse, e non sappiamo quando finirà questo periodo di difficoltà. Il modo in cui parliamo di crisi in economia oggi non ci offre un modello chiaro e utile per capire bene cosa sta succedendo nel profondo. Nei mercati finanziari, dove tutto si muove a velocità altissima e le informazioni cambiano di continuo, non si capisce quando una crisi inizi o finisca, la sua durata è indefinita.Finanza e governo nella crisi attuale
Il modo in cui oggi si accumula ricchezza passa sempre più per la finanza, non è solo un modo per usare i soldi messi da parte in modo improduttivo. Questa situazione rende più debole il potere dei governi di decidere liberamente e di intervenire per evitare le difficoltà economiche, limitando la loro sovranità. È difficile per la politica riprendere il controllo sull’economia quando il potere è così legato al mondo finanziario, che a sua volta è in un perenne stato di crisi. I metodi che usiamo oggi per gestire la società e l’economia si concentrano solo sul brevissimo periodo e non funzionano per avere un controllo stabile e duraturo nel tempo. La crisi diventa così una specie di “orizzonte” che non vediamo finire, dove sentiamo l’urgenza di agire ma non riusciamo a capire bene la situazione per distinguere le opzioni e decidere in modo efficace.Ma se la finanza ha davvero reso i governi impotenti di fronte alla crisi, non è forse che il capitolo accetta troppo facilmente questa presunta inevitabilità?
Il capitolo presenta la situazione attuale come una in cui la finanza domina e i governi sono indeboliti, quasi incapaci di agire efficacemente. Questa prospettiva, mentre descrive una tendenza reale, rischia di trascurare la complessità delle interazioni tra potere economico e potere politico. Non è detto che la finanza operi in un vuoto politico; al contrario, è spesso modellata da decisioni politiche e regolamentari. Per comprendere meglio questo rapporto e le possibili vie d’uscita dalla “crisi perpetua” descritta, sarebbe utile approfondire gli studi di economia politica internazionale, le teorie sulla sovranità statale nell’era globale e le analisi critiche del capitalismo finanziario. Autori che si occupano di governance economica globale, di regolamentazione finanziaria o di alternative economiche potrebbero offrire prospettive più sfumate e meno fatalistiche.Abbiamo riassunto il possibile
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