1X
🔊 100%
Contenuti del libro
Informazioni
“Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli anni Settanta” di Paola Agosti è un libro che ti porta dritto nel cuore del movimento femminista in Italia durante gli anni Settanta, un periodo incredibile di energia e trasformazione. Non è solo una storia di politica, ma un racconto di come le donne hanno iniziato a guardare dentro di sé e a capire che il personale è politico. Scoprirai pratiche rivoluzionarie come l’autocoscienza e il separatismo, spazi dove le donne potevano finalmente essere solo tra loro. Il libro esplora le battaglie fondamentali: il diritto all’aborto, con storie potenti come quella di Gigliola Pierobon e la lotta per la legge 194, la denuncia della violenza sulle donne attraverso i processi per stupro e l’impatto di Processo per stupro che ha portato alla legge 96. Ma c’è anche la lotta per l’autogestione della salute (consultori autogestiti) e l’ingresso del femminismo nel sindacato, portando le questioni di genere nelle fabbriche. È la storia di donne che hanno trovato la forza di prendere la parola, uscendo dal silenzio per costruire solidarietà femminile e legami che durano ancora oggi. Un viaggio che mostra come la liberazione femminile non sia stata solo un’idea, ma una rivoluzione concreta che ha cambiato l’Italia per sempre.Riassunto Breve
Gli anni Settanta in Italia sono un periodo cruciale per il movimento delle donne, che si afferma con forza e visibilità, manifestando un’energia nuova. Questo movimento ha radici in esperienze precedenti come l’Udi, ma sviluppa linguaggi e posizioni più radicali, come nel manifesto di Rivolta Femminile che critica le istituzioni patriarcali. Al centro c’è l’idea di una “duplicità di coscienza” e la necessità per le donne di esprimere una soggettività distinta. Due tendenze si confrontano: l’azione politica e la liberazione personale, con la sfida di unire l’elaborazione interna dei gruppi con l’azione sociale. Il separatismo, la scelta di stare tra donne, è fondamentale per creare spazi propri e praticare l’autocoscienza, un metodo per condividere esperienze personali (corpo, sessualità, relazioni) e comprendere la condizione collettiva, sfidando le rappresentazioni maschili. Si distingue tra emancipazione, che cerca l’uguaglianza formale, e liberazione, che mira a una trasformazione radicale partendo dalla differenza femminile e riconoscendo l’oppressione interna. Questo allarga l’ambito della politica a temi come corpo, sessualità e relazioni. La riappropriazione della sessualità, vista come strumento di oppressione, diventa centrale, con l’obiettivo di orientarla al piacere femminile e superare concetti come l'”invidia del pene” con la “donna clitoridea”. Anche la vecchiaia, tema rimosso, viene affrontata per sfidare gli stereotipi. Le prime azioni pubbliche, come quelle per l’aborto, mostrano la difficoltà di agire senza strutture tradizionali, portando anche a conflitti con la sinistra. La rivista “effe” diffonde le idee, definendo il femminismo un “nuovo umanesimo”. Il caso di Gigliola Pierobon, incriminata per aborto, diventa un “processo politico” che denuncia lo Stato e porta alla pratica dell’autodenuncia di massa (“Tutte abbiamo abortito”), trasformando il dramma individuale in lotta collettiva. Lo slogan “l’utero è mio e lo gestisco io” esprime la rivendicazione del corpo. La maternità inizia a essere vista come una scelta. Il rapporto con la sinistra è complesso; l’Udi si evolve accogliendo temi femministi e influenzando il PCI sull’aborto, fungendo da ponte per raggiungere molte donne. Il femminismo entra nel sindacato con l’«intercategoriale donne», portando temi di genere nei luoghi di lavoro, superando la paura di parlare e denunciando disparità e violenze sessiste. Si affrontano salute, contraccezione, “aborti bianchi” e uso delle “150 ore”. La legge di parità è una conquista, ma il “compromesso storico” e la legge sull’aborto (legge 194) sono visti con ambivalenza, spesso come compromessi. La lotta per la “presa di parola” delle donne, a lungo considerate “mute”, è centrale. Le pratiche di assistenza e cura autogestite, come l’autovisita ginecologica e i consultori autogestiti, mirano a superare l’ignoranza sul corpo e la sessualità. La legge 405 sui consultori pubblici recepisce alcuni aspetti ma li trasforma in servizi “familiari”, generando dibattito. I processi per stupro diventano strumenti di lotta politica, denunciando la “cultura dello stupro” e il sessismo giudiziario, come nel caso di Verona e Claudia Caputi, portando alla produzione della trasmissione *Processo per stupro*. La battaglia per cambiare le leggi sulla violenza sessuale continua. Il femminismo è un’esperienza fondamentale per la definizione del sé, uno strumento per costruire l’identità e ragionare politicamente, un processo di scoperta personale. Avviene insieme ad altre donne, creando un campo simbolico autonomo e promuovendo la solidarietà (“per e con le altre”), che contrasta la rivalità alimentata dal patriarcato. La trasformazione individuale si lega al cambiamento sociale, mirando a unire liberazione personale e trasformazione radicale per una società più giusta. Le conquiste del femminismo sono considerate significative, talvolta l’unica rivoluzione riuscita del dopoguerra. Una rete duratura di amicizie e relazioni tra donne è un’eredità importante. Il movimento sfida gli stereotipi sulle femministe, mostrando donne attive, consapevoli e capaci di ispirare.Riassunto Lungo
1. L’energia e la coscienza delle donne negli anni Settanta
Gli anni Settanta segnano un momento decisivo per il movimento delle donne in Italia. In questo decennio, il movimento si afferma con grande forza, mostrando la sua energia attraverso azioni pubbliche e simboli potenti. Un’immagine emblematica di questa presenza e della rivendicazione di identità è una fotografia scattata a Roma nell’aprile del 1977, che cattura un gesto significativo compiuto da donne verso le forze dell’ordine. Questa visibilità pubblica è l’espressione di un risveglio profondo e diffuso.Le Radici Storiche e le Nuove Voci
Il movimento affonda le sue radici nella storia, collegandosi a organizzazioni precedenti come l’Unione donne italiane (Udi), nata dall’esperienza della Resistenza. L’obiettivo originario dell’Udi era unire le donne superando le differenze sociali o politiche, creando un fronte comune. Tuttavia, il panorama è complesso e presenta delle divisioni interne. Le nuove generazioni di attiviste che emergono in questo periodo sviluppano linguaggi, posizioni e strategie d’azione che si differenziano da quelle delle organizzazioni preesistenti, segnando un’evoluzione nel modo di intendere la lotta per i diritti delle donne.Il Contesto Sociale e la Nascita di Nuove Idee
La società italiana degli anni Settanta è attraversata da profonde tensioni e fratture, ben visibili nella battaglia che si scatena intorno al referendum sul divorzio. Questo scontro vede schierarsi fronti eterogenei e mostra le diverse visioni presenti nel paese riguardo al ruolo della donna, della famiglia e delle istituzioni. In questo clima di fermento, nel 1970, emerge il gruppo Rivolta Femminile, che pubblica un manifesto dai toni radicali. Questo testo rappresenta una critica forte alle istituzioni consolidate come il matrimonio e mette in discussione le strutture patriarcali e le ideologie dominanti dell’epoca, inclusa la posizione di chiesa, psicoanalisi e marxismo.La Duplicità di Coscienza e l’Autocoscienza
Il gruppo Rivolta Femminile, composto prevalentemente da intellettuali, pone al centro della sua riflessione l’idea cruciale di una “duplicità di coscienza”. Secondo questa visione, le donne possiedono una soggettività e una consapevolezza che sono distinte da quelle maschili e che devono essere espresse e riconosciute. Per esplorare e affermare questa soggettività unica, il gruppo promuove pratiche come l’autocoscienza, momenti di confronto e riflessione collettiva che permettono alle donne di condividere esperienze, riconoscere le oppressioni subite e sviluppare una consapevolezza critica della propria condizione nel mondo.Due Tendenze e una Sfida
All’interno del movimento delle donne degli anni Settanta, si delineano sostanzialmente due orientamenti principali. Da un lato, c’è una tendenza più orientata all’azione politica e al confronto diretto con le ideologie e le strutture di potere esistenti nella società. Dall’altro lato, emerge una corrente che si concentra maggiormente sulla liberazione personale e sullo sviluppo di una presa di coscienza interiore. La grande sfida che il movimento si trova ad affrontare in questo periodo è riuscire a creare un ponte efficace tra l’elaborazione teorica e l’approfondimento interno che avviene nei piccoli gruppi e l’azione concreta nel sociale, al fine di coinvolgere un numero sempre maggiore di donne e portare il cambiamento desiderato nella società più ampia.Il capitolo accenna a ‘divisioni interne’ e ‘linguaggi… che si differenziano’: ma quali erano le reali e profonde fratture che segnarono il distacco dalle organizzazioni preesistenti?
Il capitolo, pur riconoscendo l’esistenza di divisioni e differenze tra le nuove generazioni di attiviste e le organizzazioni come l’Udi, non ne specifica la natura. Comprendere cosa concretamente distinguesse le nuove posizioni (erano differenze ideologiche, strategiche, di metodo, generazionali?) è fondamentale per afferrare l’evoluzione del movimento. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire la storia specifica del femminismo italiano degli anni Settanta, studiando le diverse correnti e i loro manifesti. Autrici come Carla Lonzi, Lea Melandri o storiche del movimento possono offrire la prospettiva necessaria per distinguere le sfumature e le ragioni profonde di tali divergenze.2. Dalla separazione alla liberazione: le idee del movimento femminista
Il separatismo è un elemento centrale del movimento femminista. Le donne scelgono di stare tra loro, senza uomini, per creare spazi propri, non solo fisici, ma anche mentali ed emotivi. Questa esigenza porta a rotture significative, come quella di Alma Sabatini con i radicali, a favore della formazione di gruppi di sole donne e di pratiche come l’autocoscienza. L’obiettivo è costruire un percorso autonomo, lontano dalle dinamiche e dalle strutture patriarcali, per esplorare e definire la propria identità e i propri bisogni.Emancipazione e il cammino verso la liberazione
Si distingue nettamente tra emancipazione e liberazione. L’emancipazione cerca l’uguaglianza formale e sostanziale con l’uomo, agendo sul piano delle leggi e del lavoro per ottenere pari diritti e opportunità. La liberazione, invece, mira a una trasformazione radicale della società, partendo dalla riscoperta e valorizzazione della soggettività e della differenza femminile. L’oppressione non è vista solo come esterna, ma anche interna alla donna, che deve liberarsi dalla dipendenza psicologica e culturale dall’uomo e dai modelli imposti. Riconoscere e affermare la propria diversità, non come inferiorità ma come punto di forza, è fondamentale per innescare un autentico rinnovamento sociale che allarghi l’ambito della politica per includere relazioni, emozioni, corpo e sessualità.Affrontare i tabù: sessualità e vecchiaia
Il movimento affronta coraggiosamente temi considerati tabù nella società, come la sessualità femminile e la vecchiaia. La sessualità è vista come uno strumento di oppressione patriarcale, utilizzata per controllare e definire le donne. Le femministe mirano a riappropriarsi di una sessualità orientata al piacere femminile, non esclusivamente alla procreazione, superando visioni limitanti come l'”invidia del pene” con il concetto di “donna clitoridea”, che celebra l’autonomia del desiderio femminile. Anche la vecchiaia è un tema rimosso in una società patriarcale e capitalistica, dove la donna anziana perde valore e visibilità. Il movimento, anche attraverso figure come Alma Sabatini e il cartello “Vecchia è bello”, sfida questa visione, mostrando donne anziane attive e fuori dagli stereotipi imposti, rivendicando la dignità e la bellezza di ogni età.I primi passi e la voce del movimento
I primi gruppi femministi sono inizialmente pochi e i loro confini non sono sempre definiti in modo rigido. Le prime azioni pubbliche, come la manifestazione per il diritto all’aborto, mettono in luce la difficoltà e la paura di agire autonomamente, come “solo tremendamente donna”, senza il supporto delle strutture politiche tradizionali o la presenza maschile. Questa autonomia porta anche a momenti di conflitto, in particolare con alcuni gruppi della sinistra tradizionale, come accadde con Lotta Continua, che faticavano a comprendere e accettare le specificità e l’indipendenza del movimento femminista.La rivista “effe” come strumento di diffusione
Per diffondere le proprie idee e connettere i diversi collettivi sparsi sul territorio, nel 1973 nasce la rivista “effe”. Questa pubblicazione, caratterizzata da una redazione interamente femminile, diventa una voce importante per il movimento. Attraverso le sue pagine, “effe” chiarisce che il femminismo non è una lotta contro l’uomo singolo, ma contro la concezione patriarcale che permea la società industriale capitalistica e le sue strutture di potere. La rivista definisce il femminismo come un “nuovo umanesimo”, capace di portare, attraverso la liberazione della donna, a un autentico e profondo rinnovamento dell’intera società.Ma questa “liberazione”, così nettamente distinta dall’emancipazione e presentata come capace di un “profondo rinnovamento dell’intera società”, ha davvero raggiunto tale ambizioso obiettivo, o è rimasta in gran parte confinata alla sfera soggettiva e relazionale?
Il capitolo descrive la liberazione come un percorso radicale che va oltre l’uguaglianza formale per trasformare la società partendo dalla soggettività femminile. Tuttavia, la portata effettiva di questo “rinnovamento” a livello strutturale e complessivo non viene pienamente esplorata. Per comprendere meglio la tensione tra cambiamento soggettivo e trasformazione sociale, e per valutare l’impatto a lungo termine delle idee del movimento, sarebbe utile approfondire la sociologia dei movimenti sociali e la teoria critica. Autori come Nancy Fraser o bell hooks offrono prospettive che analizzano le complessità e le sfide nel tradurre la liberazione soggettiva in un cambiamento sociale radicale e duraturo.3. La battaglia per il corpo e la voce delle donne
La storia di Gigliola Pierobon, incriminata per un aborto clandestino nel 1973, diventa un momento cruciale per il movimento femminista. Con l’aiuto dell’avvocata Bianca Guidetti Serra, Pierobon trasforma il suo processo in un’accusa diretta contro lo Stato. Si sostiene che lo Stato fosse responsabile per non aver garantito l’accesso all’aborto legale, costringendo le donne a ricorrere a pratiche clandestine. Questa strategia, definita “processo politico”, trae ispirazione da casi simili avvenuti all’estero, come il processo di Bobigny in Francia. Nonostante i tentativi dei giudici italiani di focalizzare il dibattito sulla moralità personale di Pierobon, la sua condanna con perdono giudiziale non ferma la sua rivendicazione di non colpevolezza. Il suo caso mette in luce l’idea che “il personale è politico” e dimostra il potere del “partire da sé”, cioè dall’esperienza individuale.L’azione collettiva: ‘Tutte abbiamo abortito’
Dall’eco del caso Pierobon nasce il potente grido “Tutte abbiamo abortito”. Questo slogan porta a una pratica diffusa di autodenuncia di massa. Le donne dichiarano pubblicamente di aver interrotto una gravidanza per sfidare apertamente la legge esistente. L’obiettivo è mostrare l’impossibilità pratica di applicare una norma così restrittiva su un fenomeno così diffuso. Questa azione collettiva, che si diffonde anche in altri paesi, trasforma un’esperienza spesso vissuta nel silenzio e nel dramma individuale in una lotta condivisa. Offre un senso di forza reciproca e protezione tra le partecipanti.La pratica dell’autocoscienza
Parallelamente alle manifestazioni pubbliche, l'”autocoscienza” diventa uno strumento fondamentale all’interno dei piccoli gruppi femministi. Attraverso il racconto onesto e condiviso delle proprie esperienze personali, le donne affrontano temi legati al corpo, alla sessualità, alle relazioni affettive e alle paure più intime. Questo scambio permette di analizzare e comprendere la propria condizione non come un fatto isolato, ma come un’esperienza collettiva legata alla posizione della donna nella società. È un lavoro intimo e coraggioso che mira a mettere in discussione le rappresentazioni e i ruoli imposti dalla cultura dominante, aprendo nuove possibilità di libertà e di autorappresentazione. Sebbene questa pratica sia potente, a volte emergono anche difficoltà e tensioni all’interno dei gruppi stessi.La riappropriazione del corpo e della sessualità
Un aspetto centrale di questa lotta è la riappropriazione della sessualità femminile, vista come essenziale per contrastare la tendenza a ridurre la donna a un semplice oggetto. Questa rivendicazione prende forma in slogan incisivi e diretti, come “io sono mia” e “l’utero è mio e lo gestisco io”. La battaglia per il corpo e il piacere femminile si esprime anche attraverso diverse produzioni culturali. Canzoni, parodie e altre forme artistiche diventano veicoli potenti per comunicare in modo creativo e accessibile questa volontà di autodeterminazione. Si tratta di dare voce a esperienze e desideri a lungo repressi, affermando il diritto delle donne a vivere liberamente la propria sessualità.È davvero il patriarcato l’unica causa della violenza nel mondo, e la “consapevolezza e azione delle donne” l’unica soluzione?
Il capitolo, pur offrendo una prospettiva cruciale sulla lotta femminista contro la violenza e la sua analisi del legame tra violenza maschile e sistema patriarcale, rischia di presentare questa visione come l’unica chiave di lettura possibile. Attribuire fenomeni complessi come la guerra e la violenza globale unicamente a un “sistema dominato dagli uomini” e indicare una singola via d’uscita (“solo una profonda trasformazione di questo sistema, guidata dalla consapevolezza e dall’azione delle donne”) potrebbe semplificare eccessivamente una realtà multifattoriale. Per approfondire questa tematica e considerare altre prospettive, è utile esplorare discipline come la Sociologia, la Psicologia Sociale e la Storia, e confrontarsi con autori che hanno analizzato le dinamiche di potere e le origini della violenza da angolazioni diverse, come Michel Foucault o Norbert Elias.8. Trasformazione e Legami Duraturi
Il femminismo è un’esperienza fondamentale per capire meglio chi si è. Costituisce uno strumento essenziale per la costruzione dell’identità. Insegna anche a guardare le cose da un punto di vista politico. È un percorso di scoperta personale, uno spazio dove esplorare e sperimentare se stesse liberamente. Cambia il modo in cui ci si vede e si vede il mondo intorno.La forza della solidarietà e delle relazioni
Questo cammino non si fa da sole, ma insieme ad altre donne. Si crea così uno spazio di confronto e crescita autonomo, basato sulla solidarietà. Essere unite, “per e con le altre”, è un aspetto centrale perché il sistema patriarcale spesso mette le donne l’una contro l’altra. Questa rivalità è alimentata anche dal modo in cui la società, dominata dallo sguardo maschile, tende a classificare e confrontare le donne. Un elemento duraturo di questa esperienza è la rete di amicizie e relazioni tra donne che si è creata e che persiste nel tempo, offrendo un supporto importante.Collegare il cambiamento personale e sociale
Trasformare se stesse è un passo necessario, ma non basta. Questo cambiamento interiore deve legarsi a una trasformazione più ampia della società. Molte difficoltà che sembrano personali sono in realtà problemi comuni che riguardano tante donne e che si possono affrontare solo insieme. L’obiettivo è unire la propria liberazione con un cambiamento profondo della società, per renderla più giusta e umana per tutti. Collegare la crescita personale all’impegno collettivo è un’eredità importante di questa esperienza.I risultati e l’impatto del movimento
Le conquiste ottenute dal femminismo sono significative. Hanno portato cambiamenti importanti nei diritti e nella cultura. Talvolta sono descritte come l’unica rivoluzione riuscita in Italia dopo la guerra. Nonostante esistano ancora problemi, l’impatto di quelle conquiste è stato grande e ha cambiato molte cose. Il sistema patriarcale, poi, persiste ancora.Oltre gli stereotipi sulle femministe
Il movimento ha sfidato gli stereotipi negativi sulle femministe. Ha mostrato donne attive, curiose e consapevoli. Queste donne sono orgogliose di quello che sono. Sono capaci di ispirare altre persone. Sono impegnate a migliorare il mondo a modo loro.Davvero il femminismo è stata l’unica rivoluzione riuscita in Italia dopo la guerra?
Il capitolo avanza una tesi storica molto forte e specifica, definendo il femminismo l’unica rivoluzione riuscita in Italia dopo la guerra. Questa affermazione, per quanto suggestiva, richiede una contestualizzazione più ampia del periodo storico italiano post-bellico. Per approfondire questo punto e valutare la fondatezza di tale affermazione, è utile studiare la storia d’Italia dal secondo dopoguerra, analizzando i diversi movimenti sociali, politici ed economici che hanno caratterizzato quel periodo. Autori come Paul Ginsborg o Guido Crainz possono offrire prospettive diverse sui cambiamenti avvenuti nella società italiana.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
Compra il libro[sc name=”1″][/sc] [sc name=”2″][/sc] [sc name=”3″][/sc] [sc name=”4″][/sc] [sc name=”5″][/sc] [sc name=”6″][/sc] [sc name=”7″][/sc] [sc name=”8″][/sc] [sc name=”9″][/sc] [sc name=”10″][/sc]