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Contenuti del libro
Informazioni
“Come uccidere il padre. Genitori e figli da Roma a oggi” di Eva Cantarella ti fa capire che i problemi tra genitori e figli, specialmente i conflitti familiari, non sono una cosa inventata dalla modernità. Anzi, questo libro ti porta dritto nella Roma antica per mostrare come la famiglia romana fosse un posto dove il padre, con la sua incredibile patria potestas, aveva un potere quasi assoluto, una roba forte che durava tutta la vita del figlio. Immagina figli adulti senza un soldo loro, dipendenti in tutto, una situazione che creava un sacco di tensioni e incertezze. Il libro esplora queste dinamiche, le difficoltà economiche, il rischio di diseredazione, e arriva a toccare temi pesantissimi come il parricidio, l’uccisione del padre, un crimine punito a Roma con la stranissima e simbolica pena del sacco. Non mancano esempi pazzeschi di come venivano trattati gli anziani, tipo la pratica dei “sexagenari de ponte”. Attraverso il diritto romano e storie vere o raccontate, Eva Cantarella dipinge un quadro di rapporti spesso tesi, un amore familiare diverso dal nostro, gerarchico e pieno di obblighi. È un viaggio nella storia della famiglia per capire che certi drammi e certe strutture di potere hanno radici lontane, e che la fine della vecchia patria potestas ha lasciato strascichi che ci aiutano a leggere anche i problemi di oggi.Riassunto Breve
I conflitti familiari non sono un fenomeno nuovo legato solo alla modernità; esistono da tempo immemorabile, come dimostrano le fonti antiche. Nel mondo greco, le tensioni tra genitori e figli sembrano contenute, con il parricidio quasi assente nella storia e confinato ai miti. A Roma, invece, il conflitto tra padri e figli è molto più forte, e il parricidio è documentato frequentemente fin dalle leggi più antiche. Questo è legato alla straordinaria e duratura *patria potestas* romana, il potere assoluto del capofamiglia che non finisce con la maggiore età dei figli ma solo con la sua morte, generando ansia nei discendenti. Un’antica pratica romana, “Sexagenari de ponte”, allude al lancio effettivo degli anziani sessantenni nel Tevere, una forma di sacrificio umano simile a quelle di altre culture antiche, legata al controllo demografico e diversa dall’abbandono dei neonati per la sua complessità emotiva. A Roma, il padre esercita un potere unico e vitalizio sui membri della sua famiglia. I figli sono *alieni iuris*, cioè sottoposti al diritto paterno, senza capacità giuridica privata e senza poter possedere beni; tutto appartiene al *pater familias*. L’autonomia economica dei figli, anche adulti, dipende dalla volontà paterna. Il padre ha poteri sul corpo e sulla vita dei figli, potendo decidere se accettare un neonato, ordinare aborti, vendere i figli (con limiti legali) e punirli, anche con la morte, per comportamenti gravi o crimini pubblici. Spesso è il padre stesso a giudicare e condannare i figli. Per le figlie, le pene di morte sono spesso legate a condotte sessuali o al bere vino, con esecuzioni come la morte per inedia. Il padre controlla completamente la vita affettiva dei figli, scegliendo i coniugi e potendo sciogliere i matrimoni. Il potere paterno condiziona pesantemente la vita dei figli, rendendo difficile l’indipendenza economica e la carriera. Per gestire affari, si usa il *peculium*, beni affidati dal padre, che non è autonomia ma uno strumento nell’interesse paterno. I figli affrontano anche il rischio di diseredazione o adozione inattesa, quest’ultima usata per strategie patrimoniali o politiche. Esiste un dibattito sulla natura della famiglia romana, se fosse solo autoritaria o anche affettuosa. Studi demografici limitati suggeriscono meno adulti sotto *patria potestas*, ma fonti letterarie e retoriche mostrano frequenti conflitti per denaro, amore o controllo, e padri autoritari. Una prospettiva antropologica lega la severità educativa e la lunga durata del potere genitoriale alla paura delle divinità degli antenati, supportando l’idea di rapporti intergenerazionali tesi. La famiglia nucleare potrebbe essere un ideale emergente, non la realtà diffusa. La famiglia patriarcale romana cambia nel tempo, influenzata dal cristianesimo e da nuove etiche. In età tardo-imperiale, leggi limitano i poteri paterni, abolendo progressivamente il diritto di vita e di morte. Nonostante l’attenuazione, le tensioni persistono. Fin dalle origini, leggi puniscono i figli che picchiano i padri. Il parricidio è un timore antico, punito con la pena del sacco, un rito magico-religioso per purificare la comunità dal “mostro”. Non è un semplice omicidio, ma una trasgressione fondamentale. In età classica, il parricidio è frequente, spesso legato a problemi economici dei figli e all’attesa dell’eredità, portando a leggi per limitare i prestiti ai figli. La frequenza dei parricidi indica forte tensione. L’affetto tra padri e figli a Roma è diverso da quello odierno, inserito in una struttura rigida. L’amore familiare antico (*philìa*) è pacato e gerarchico; nella relazione padre-figlio, il superiore è amato più di quanto ami, riflettendo l’asimmetria del potere. L’affetto dei figli è visto come un debito verso il padre. Esempi storici mostrano sia *pietas* filiale che estrema severità paterna. La *patria potestas* ha influenzato il diritto europeo per secoli, abolita in Italia solo nel 1975. I problemi familiari attuali non derivano dalla crisi della vecchia famiglia, che è scomparsa, ma sono conseguenze della sua fine e degli strascichi lasciati. Alcuni conflitti, come la dipendenza economica dei figli, sembrano simili ma hanno cause moderne. Altri, come i femminicidi, sono visti come residui della mentalità patriarcale. Conoscere questa lunga storia aiuta a comprendere il presente senza idealizzare un passato che comportava molti problemi e drammi.Riassunto Lungo
1. Conflitti antichi e la fine dei sessantenni
L’idea che i problemi e i conflitti in famiglia siano un fenomeno nato con la modernità non trova conferma studiando la storia. Già le fonti antiche, sia quelle greche che quelle romane, ci mostrano che la vita familiare era segnata da tensioni e difficoltà anche in passato. Nel mondo greco, ad esempio, esistevano conflitti tra genitori e figli, ma sembravano rimanere entro certi limiti. L’atto estremo di questo conflitto, il parricidio, è quasi assente nelle fonti storiche greche, comparendo principalmente nei miti. Questi episodi estremi restano confinati nel regno del mito, distinguendosi nettamente dalla realtà storica documentata.A Roma, al contrario, lo scontro tra padri e figli era molto più forte e frequente. Il parricidio è documentato con una frequenza notevole in diverse fonti, comprese quelle legali fin dalle leggi più antiche della città. Questa alta frequenza è considerata legata alla forza straordinaria e alla lunga durata della patria potestà romana. Questo potere del padre sui figli non finiva con la loro maggiore età, ma solo con la sua morte, creando spesso grande ansia e aspettativa nei figli. Il potere quasi illimitato del padre sulla vita dei figli creava un terreno fertile per tensioni profonde e durature all’interno delle famiglie.L’antica pratica dei ‘Sexagenari de ponte’
Un vecchio detto romano, “Sexagenari de ponte” (che significa “I sessantenni giù dal ponte”), fa riferimento a un’usanza sociale molto antica. Anche se alcuni romani successivi cercarono di interpretarlo in modo diverso, per esempio come l’esclusione degli anziani dalla vita politica, diverse fonti antiche confermano che si trattava del lancio vero e proprio delle persone anziane, dai sessant’anni in su, nel fiume Tevere dal ponte Sublicio. Questa pratica, che troviamo simile anche in altre culture antiche, era una forma di sacrificio umano. Era spesso collegata al culto di divinità importanti, come Saturno, che i greci chiamavano Kronos. Questa usanza era probabilmente legata alla necessità di controllare la crescita della popolazione in società che non erano ancora città o erano ancora organizzate in tribù. A differenza dell’abbandono dei neonati, eliminare gli anziani era un gesto emotivamente più complesso, e l’atto di precipitarli nelle acque come sacrificio serviva a placare la coscienza della comunità e delle singole persone. L’eliminazione delle persone anziane era quindi una realtà nella Roma dei tempi antichi, prima che diventasse una grande città.Ma siamo davvero sicuri che i Romani gettassero i loro anziani da un ponte?
Il capitolo presenta l’usanza dei “Sexagenari de ponte” come un fatto storico accertato da diverse fonti. Tuttavia, l’interpretazione di questo antico detto è stata dibattuta fin dall’antichità e continua ad esserlo tra gli studiosi moderni. Alcune fonti antiche offrono spiegazioni simboliche o politiche, non letterali. Per comprendere la complessità di questa tradizione e il dibattito sulla sua realtà storica, è utile approfondire la metodologia della ricerca storica, l’analisi delle fonti antiche e gli studi sulla religione romana. Autori come Mary Beard possono offrire spunti sulla lettura critica delle tradizioni antiche.2. La mano del padre: Potere e vita nella famiglia romana
A Roma, il capo della famiglia, chiamato pater familias, aveva un potere enorme e unico sui suoi membri. Questo potere, noto come patria potestas, durava per tutta la vita del padre. A differenza di altre società antiche dove i figli diventavano indipendenti da adulti, a Roma i figli restavano sempre sotto l’autorità paterna. Erano considerati alieni iuris, cioè soggetti al diritto di un altro (il padre), mentre solo il padre era sui iuris, cioè autonomo e di diritto proprio.Questa condizione di dipendenza aveva conseguenze importanti nella vita di tutti i giorni. I figli non avevano capacità legale nel diritto privato: non potevano possedere beni a loro nome. Ogni cosa apparteneva al pater familias. Anche se adulti, la loro autonomia economica dipendeva completamente dalla volontà del padre. Diventavano pienamente autonomi solo quando, alla morte degli uomini della generazione precedente, diventavano a loro volta pater familias.Diritti Pubblici e Autorità Paterna
Nonostante questa forte dipendenza nella sfera privata, i figli maschi acquisivano diritti nella vita pubblica una volta diventati cittadini. Potevano partecipare alle assemblee e ricoprire cariche politiche. Tuttavia, anche in questo caso, l’autorità paterna poteva prevalere. Si racconta, ad esempio, che il tribuno Caio Flaminio fu allontanato con la forza dall’assemblea da suo padre, a dimostrazione di come il potere paterno potesse superare anche gli impegni pubblici.Potere sulla Vita e sulla Morte
Il padre aveva diritti che si estendevano persino sul corpo e sulla vita dei figli. Poteva decidere se accettare un neonato nella famiglia, potendo altrimenti abbandonarlo (la cosiddetta esposizione). Aveva anche il potere di ordinare aborti. Poteva vendere i figli in una condizione di dipendenza temporanea (in mancipio). Le leggi delle Dodici Tavole misero un limite a questo potere, stabilendo che un figlio venduto tre volte acquisiva la libertà. Il padre poteva anche punire i figli, anche con la morte, per comportamenti che riteneva gravi. Spesso era il padre stesso a giudicare e condannare il figlio, anche per crimini pubblici, come mostrano i casi di Spurio Cassio e Giunio Silano, condannati a morte dai rispettivi padri.Punizioni Specifiche per le Figlie
Per le figlie, le cause che potevano portare alla morte come punizione erano spesso legate a comportamenti sessuali (come l’adulterium) o al bere vino. L’esecuzione tipica per le donne era la morte per inedia (digiuno forzato), considerata meno crudele e spesso avvenuta in casa. Le Vestali colpevoli, invece, venivano seppellite vive. La morte di una figlia poteva anche essere un atto compiuto dal padre per difendere il suo onore e quello della famiglia, come nel famoso caso di Virginia.Controllo sui Matrimoni
Il padre controllava completamente la vita affettiva dei figli. Sceglieva con chi avrebbero dovuto sposarsi e poteva sciogliere i loro matrimoni anche contro la loro volontà. La validità stessa del matrimonio dipendeva dal consenso paterno, un consenso che poteva essere ritirato in qualsiasi momento.Il capitolo descrive un potere paterno assoluto, ma quanto era realmente esercitato nella vita quotidiana romana, al di là delle norme legali?
Il capitolo delinea con efficacia il quadro giuridico della patria potestas, presentando un’autorità paterna di portata eccezionale. Tuttavia, la trattazione si concentra principalmente sulla norma legale, lasciando in ombra la sua effettiva applicazione pratica e le possibili limitazioni sociali o consuetudinarie che potevano mitigarne l’aspetto più draconiano. Per ottenere una visione completa della complessa dinamica familiare romana, sarebbe fondamentale esplorare in modo più approfondito le fonti storiche e letterarie non strettamente giuridiche, al fine di valutare la frequenza con cui poteri estremi, come la condanna a morte di un figlio, venivano concretamente messi in atto. È indispensabile considerare il contesto sociale più ampio, le pressioni della comunità e l’evoluzione del diritto nel corso dei secoli. Approfondire la storia del diritto romano e la storia sociale, leggendo autori come Mommsen o Veyne, può fornire gli strumenti per distinguere tra la teoria legale e la realtà vissuta.3. L’ombra del padre e le incertezze dei figli
Il potere del capofamiglia romano influenza profondamente la vita dei suoi figli. Finché il padre è in vita, i figli non possono possedere beni personali. Questo rende molto difficile per loro raggiungere l’indipendenza economica, sposarsi o intraprendere una carriera politica autonoma, poiché tutte queste attività richiedevano notevoli risorse finanziarie. Spesso il lavoro produttivo veniva affidato agli schiavi. Per gli affari più complessi, i padri potevano delegare i figli, ma non per dare loro autonomia; piuttosto, era un modo per il padre di preservare il proprio tempo libero, l’otium.Strumenti e limiti: Peculium e Legge
Per permettere ai figli di gestire affari per conto del padre, si utilizzava il peculium. Si trattava di una somma di denaro o di un insieme di beni che il padre affidava al figlio. Questo sistema permetteva di aggirare il fatto che i figli non potevano legalmente possedere nulla, senza però intaccare la proprietà del padre. Il peculium non era un segno del desiderio paterno di dare maggiore libertà ai figli; veniva concesso anche agli schiavi e serviva principalmente agli interessi del padre. I problemi legali che nascevano dall’incapacità dei figli venivano affrontati dal pretore, una figura giuridica che introdusse nuove procedure legali. Queste procedure rendevano il padre responsabile dei debiti che i figli contraevano gestendo gli affari delegati. In questo modo, non si cambiava la legge sull’incapacità dei figli, ma la si aggirava per necessità pratiche.I rischi per i figli: Eredità e Adozione
Oltre alla dipendenza economica, i figli dovevano affrontare il rischio di essere diseredati. Questo era possibile attraverso il testamento paterno, anche se c’erano regole specifiche, soprattutto per i figli maschi. L’introduzione di una procedura legale chiamata querela inofficiosi testamenti permise ai figli diseredati di contestare il testamento. Questo suggerisce che la diseredazione, anche senza motivi di forte rabbia, non fosse un evento raro. Un altro rischio per i figli era l’adozione inattesa di un nuovo figlio da parte del padre. A Roma, l’adozione non era legata al desiderio di avere figli naturali, ma era uno strumento usato per gestire il passaggio dei beni, favorire carriere politiche o definire strategie ereditarie. L’adozione testamentaria della moglie Livia da parte dell’imperatore Augusto è un esempio di come l’adozione fosse usata per scopi strategici.Il dibattito sulla famiglia romana
Esiste un dibattito tra gli studiosi sulla vera natura della famiglia romana. Era un modello strettamente patriarcale e autoritario, o era più simile a una famiglia “nucleare” moderna, basata sugli affetti? L’idea di una famiglia romana più “affezionata” si basa su alcuni studi demografici. Questi studi, analizzando per esempio le iscrizioni sulle tombe, suggeriscono che non molti adulti rimanevano a lungo sotto il potere del padre, forse perché ci si sposava in un’età in cui il padre era già anziano o deceduto. Inoltre, si pensa che le fonti scritte, come lettere o discorsi, mostrino rapporti familiari più miti rispetto alle norme legali, che sembravano molto severe.Le prove di una realtà complessa
Tuttavia, questa visione di una famiglia romana prevalentemente affettuosa incontra diverse critiche. I dati demografici disponibili provengono da fonti limitate, come le iscrizioni funerarie trovate nelle città dell’Occidente romano. Queste potrebbero non rappresentare la situazione di tutta l’Italia o dell’Impero. Le iscrizioni sulle tombe, inoltre, tendono a mettere in risalto l’unione familiare nel momento del lutto, e non riflettono necessariamente la vita quotidiana. Le fonti letterarie, come le commedie di Plauto e Terenzio o le satire di Giovenale, descrivono spesso conflitti tra padri e figli. Questi litigi riguardavano denaro, relazioni amorose o il controllo sulla vita dei figli, e ritraggono padri avari o molto autoritari. Le esercitazioni di retorica, chiamate controversiae, anche se a volte presentavano casi inventati, si concentravano spesso su problemi familiari, specialmente tra padri e figli. Descrivevano padri che usavano il loro potere in modo autoritario, sceglievano chi i figli dovevano sposare, litigavano per questioni economiche e non tolleravano la disubbidienza. Questo dimostra che i conflitti e l’autorità paterna erano temi importanti nella società romana.Una visione antropologica
Un’analisi basata sull’antropologia mette in luce un legame tra la severità nell’educazione dei bambini, la lunga durata del potere dei genitori e la paura delle divinità degli antenati. I Romani temevano gli spiriti degli antenati, i manes, se non venivano onorati. Le fonti indicano un’educazione infantile piuttosto severa. Anche se l’uso di punizioni corporali in casa è discusso, è certo che nelle scuole le punizioni erano note per la loro durezza. Questi elementi suggeriscono che i rapporti tra le diverse generazioni erano spesso tesi e segnati dal forte potere del padre. La famiglia basata solo sui genitori e i figli (nucleare) potrebbe essere stata più un ideale a cui si aspirava che la realtà più diffusa.Se il potere del padre diminuiva, come mai le tensioni familiari e il timore del parricidio non solo persistevano, ma il crimine diventava addirittura frequente in epoca classica?
Il capitolo descrive efficacemente la progressiva limitazione del potere paterno nell’antica Roma, influenzata da fattori culturali e legali. Tuttavia, l’argomentazione secondo cui le tensioni tra padri e figli non solo persistettero, ma portarono a una frequenza significativa del parricidio in epoca classica, nonostante la diminuzione formale della patria potestas, presenta una lacuna esplicativa. Il legame tra la riduzione del potere e la persistenza/aumento della tensione non è del tutto chiaro. Per comprendere meglio questa dinamica apparentemente contraddittoria, sarebbe utile approfondire la storia sociale e legale della famiglia romana, esplorando le cause profonde delle tensioni che andavano oltre il mero potere formale. Discipline come la storia del diritto romano, la sociologia storica e l’antropologia della famiglia possono offrire prospettive aggiuntive. Letture di autori come Richard Saller o Peter Garnsey possono fornire un contesto più ampio sulle relazioni familiari e le strutture sociali ed economiche che potevano alimentare tali conflitti, indipendentemente dalla formale autorità paterna.5. Padri e figli a Roma: un altro amore
Le emozioni che proviamo nei rapporti con gli altri sono fondamentali, ma i sentimenti non sono immutabili. Sono profondamente influenzati dalle regole della società e del diritto, e cambiano in modo significativo nel corso del tempo. L’affetto che legava padri e figli nell’antica Roma, ad esempio, era molto diverso da come lo intendiamo oggi.Affetto e Leggi nell’Antica Roma
Autori romani come Catone il Censore e Cicerone ci mostrano esempi di legami familiari che sembrano affettuosi, ma che esistevano all’interno di una struttura familiare estremamente rigida e gerarchica. Cicerone, nella sua opera De officiis, descrive gli obblighi che legano le persone tra loro, e pone i genitori in una posizione superiore rispetto ai figli. L’amore e il rispetto che i figli dovevano ai padri erano visti come un debito enorme per aver ricevuto il dono della vita, un debito che non poteva mai essere completamente estinto. Questa visione creava un rapporto intrinsecamente sbilanciato: il figlio era chiamato a onorare e, in un certo senso, a imitare il padre, ma senza mai superarlo o eguagliarlo completamente nella posizione o nell’autorità.Esempi di Legami Familiari Romani
Valerio Massimo, nella sua raccolta di aneddoti, presenta diverse storie considerate esemplari riguardo ai rapporti tra figli e padri nell’antica Roma. Tra i figli, vengono lodati in particolare quelli che dimostrano pietas, ovvero un profondo rispetto e amore filiale, anche nei confronti di padri che si mostrano severi o inflessibili. Per quanto riguarda i padri, le storie mostrano comportamenti molto diversi. Ci sono esempi di grande benevolenza, come Fabio Rulliano che si rallegra sinceramente dei successi del figlio. Ma ci sono anche casi di severità estrema, dove padri come Giunio Bruto, Cassio o Tito Manlio Torquato arrivano a condannare a morte i propri figli per ragioni legate alla politica o all’onore della famiglia o dello Stato. Esiste anche un esempio di benevolenza portata all’estremo, quello del re Seleuco, che cede la sua giovane moglie al figlio che se ne era innamorato. Questo caso, discusso anche nelle scuole di retorica dell’epoca, evidenzia come un atto di perdono così grande potesse essere interpretato da alcuni come un’offesa all’onore e all’autorità paterna, dimostrando la complessità delle norme sociali.La Struttura Gerarchica e la Philìa
La concezione che gli antichi avevano dell’amore all’interno della famiglia, che Aristotele definiva philìa, era un sentimento inteso come pacato e fortemente legato alla gerarchia sociale. Nelle relazioni caratterizzate da una superiorità, come quella tra un padre e un figlio, chi deteneva la posizione superiore era considerato degno di essere amato di più rispetto a quanto lui stesso amasse. Questa marcata asimmetria nel sentimento rifletteva fedelmente la struttura autoritaria della famiglia romana. Al centro di questa struttura c’era la patria potestas, il potere quasi assoluto del padre sui membri della famiglia, che limitava pesantemente l’autonomia e la dignità dei figli, indipendentemente dalla loro età.L’Eredità Romana e i Problemi di Oggi
La famiglia patriarcale romana, con il suo concetto di patria potestas, ha avuto un’influenza enorme sul diritto e sulle strutture familiari in tutta Europa per molti secoli. Solo con riforme legislative piuttosto recenti, come ad esempio quella avvenuta in Italia nel 1975, la patria potestas è stata formalmente abolita dal diritto, venendo sostituita da un concetto più moderno di responsabilità genitoriale condivisa da entrambi i genitori. I problemi che si presentano oggi nelle famiglie non sono dovuti a una crisi della vecchia famiglia patriarcale, che di fatto non esiste più nella sua forma storica, ma sono piuttosto una conseguenza della sua scomparsa e degli effetti duraturi che ha lasciato nella mentalità e nelle strutture sociali. Alcuni conflitti attuali, come la difficoltà dei figli adulti a raggiungere l’indipendenza economica e la loro dipendenza dalla famiglia d’origine, possono sembrare simili a problemi antichi, ma le loro cause sono profondamente diverse, legate alle trasformazioni economiche e sociali del mondo moderno. Altri problemi gravissimi, come i femminicidi, sono visti da molti come una tragica eredità e un residuo di quella mentalità patriarcale che considerava la donna quasi una proprietà dell’uomo. Comprendere questa lunga evoluzione storica aiuta a inquadrare meglio le sfide del presente.Ma se la patria potestas è stata abolita, come possono i problemi di oggi, inclusi i femminicidi, essere conseguenza della sua scomparsa e al contempo un residuo della sua mentalità? Non c’è qui una contraddizione che il capitolo lascia irrisolta?
Il capitolo propone un nesso causale tra la scomparsa della struttura patriarcale romana e i problemi familiari odierni, salvo poi definire i femminicidi come un “tragico residuo” della mentalità che quella struttura ha generato. Questa distinzione tra l’effetto della fine di una struttura e la persistenza di una mentalità appare logica solo in superficie e necessita di un’analisi molto più rigorosa. Per comprendere come le eredità culturali e le norme sociali continuino a operare anche dopo l’abolizione formale delle strutture che le hanno incarnate, è indispensabile rivolgersi agli studi di sociologia del diritto, antropologia culturale e, in particolare, alle teorie sulla trasmissione intergenerazionale dei modelli di comportamento e di potere. Approfondire autori che trattano la complessa relazione tra cambiamento legislativo e trasformazione sociale profonda potrebbe fornire gli strumenti critici per valutare la solidità di tale affermazione.Abbiamo riassunto il possibile
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