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Informazioni
“Clima, capitalismo verde e catastrofismo” di Philippe Pelletier sembra un libro che ti fa guardare la questione del clima con occhi diversi. Non si ferma alla solita storia del riscaldamento globale causato solo dall’uomo e dalla CO2, ma scava molto più a fondo, dicendo che il clima stesso è un concetto complicato, non una cosa che misuri e basta, e che i dati che usiamo, tipo la temperatura globale, sono semplificazioni. L’autore mette in discussione un sacco di cose che sentiamo spesso, come lo scioglimento dei ghiacciai o l’innalzamento del mare, mostrando che la realtà è più complessa e che spesso i problemi dipendono da come noi costruiamo o gestiamo il territorio, non solo dal clima. Ma il punto forte sembra essere come la questione climatica sia diventata un enorme campo di battaglia politico ed economico, una specie di “capitalismo verde” dove Stati, tipo Cina e India, e grandi aziende si scontrano. Si parla di “geopolitica del clima”, di come organizzazioni come l’IPCC o figure pubbliche vengano usate, e di come il “catastrofismo” climatico sia uno strumento per spaventare e controllare. Insomma, è un invito a non prendere per oro colato quello che ci dicono e a pensare in modo critico su chi ha interesse a presentare le cose in un certo modo.Riassunto Breve
La questione del clima è un argomento molto dibattuto che va oltre la semplice scienza, entrando nel campo della politica e dell’economia, spesso legata a un modello chiamato “capitalismo verde”. Si nota un linguaggio che a volte esagera il potere umano, come l’idea di “salvare il clima”, che può aprire la strada a interventi sulla natura come la geoingegneria, anche se si critica l’azione dell’uomo. È importante guardare chi parla di clima, come scienziati, governi o gruppi ambientalisti, perché le loro posizioni possono avere dietro interessi specifici. Bisogna distinguere l’ecologia, che è una materia scientifica, dall’ecologismo, che è un’idea o un movimento. Il clima non è qualcosa che si sente direttamente, come il tempo di oggi, ma è un’idea, una specie di media delle condizioni atmosferiche su tanto tempo. Rappresentarlo, per esempio su una mappa, è un’astrazione che va capita bene. Misurare il clima è fondamentale, ma ci sono limiti negli strumenti, dove sono posizionate le stazioni e come si interpretano i dati, specialmente per capire il clima del passato. Usare medie globali, come la “temperatura globale”, semplifica troppo, non mostrando le grandi differenze tra un posto e l’altro. La relazione tra l’aumento della CO2 e il riscaldamento è discussa nella scienza; il vapore acqueo è il gas serra naturale più importante. L’effetto dei gas serra prodotti dall’uomo è oggetto di dibattito, e non sempre l’andamento della CO2 e della temperatura vanno di pari passo ovunque e sempre. Anche cose naturali come i vulcani o i movimenti della Terra influenzano il clima. Ci sono anche altre spiegazioni scientifiche per i cambiamenti osservati. Eventi come lo scioglimento dei ghiacci, le alluvioni o la siccità sono presentati in modo allarmante, ma la realtà è più complicata e diversa da regione a regione, e la scienza non sa tutto. I ghiacciai di montagna si ritirano da tempo, a volte da prima dell’industria, segno che anche la natura li influenza; la loro vita dipende molto dalla pioggia. L’acqua dei ghiacciai dell’Himalaya non è la fonte principale per l’agricoltura in Asia, è il monsone che dà la maggior parte dell’acqua. Lo scioglimento dei ghiacciai di montagna cambia poco il livello del mare globale rispetto a quanto si espande l’acqua quando si scalda. Ai poli, bisogna distinguere tra le grandi masse di ghiaccio sulla terraferma e il ghiaccio che galleggia sul mare; quest’ultimo, sciogliendosi, non cambia il livello del mare. L’Antartide ha quasi tutto il ghiaccio del mondo, ma non si scalda allo stesso modo dappertutto. L’Artico attira più attenzione per motivi economici e politici, ma anche lì il riscaldamento non è uguale ovunque. Il livello del mare sale soprattutto perché l’acqua si scalda e si espande. Le misurazioni mostrano un aumento medio di pochi millimetri all’anno, con grandi differenze locali. L’erosione delle coste spesso dipende dalla mancanza di sabbia nei fiumi (per colpa delle dighe) e dal costruire in zone non stabili, non solo dal mare che sale. L’esempio di Tuvalu mostra che l’aumento della popolazione, le costruzioni e l’urbanizzazione disordinata causano più problemi di alluvioni e perdita di terra del presunto aumento globale del mare. Piogge forti e alluvioni sono fenomeni che capitano spesso e si possono prevedere; i danni sono peggiorati dal costruire dove non si dovrebbe, dal non pulire i fiumi e dal troppo cemento. Dire che questi disastri sono solo colpa del riscaldamento globale nasconde le responsabilità delle scelte locali. La siccità, come nel Sahel, fa parte di cicli naturali, ma i suoi effetti sono peggiorati dall’aumento della popolazione, dall’agricoltura che si espande e da politiche (anche del passato coloniale) che hanno reso più deboli le comunità rurali. La storia della “desertificazione” ha spesso dato la colpa ai pastori nomadi, ignorando altre cause. Collegare eventi complessi, come guerre, direttamente alla siccità senza considerare i veri motivi politici ed economici è una semplificazione che confonde le cause. La questione climatica si inserisce nell’economia globale dove Stati e aziende competono. L’interesse politico per il riscaldamento globale è cresciuto quando paesi come Cina e India hanno iniziato a diventare più forti economicamente. Chiedere di ridurre la CO2 serve, in parte, a rallentare la crescita di questi paesi da parte di Stati Uniti ed Europa, a volte con l’aiuto di gruppi ambientalisti. C’è una forte competizione tra chi produce energia da fonti fossili (petrolio, carbone) e chi da nucleare. Il nucleare, non producendo CO2, si presenta come una soluzione e viene promosso anche grazie alla discussione sul clima. Alcuni partiti ambientalisti, pur non volendo il nucleare, fanno parte del sistema economico che criticano o gestiscono. L’energia è centrale per il sistema economico attuale. Organismi come l’IPCC, nato nel 1988, hanno una natura politica. La scelta degli esperti e come vengono scritti i rapporti mostrano influenze politiche e di gruppi ambientalisti, con casi di presunte manipolazioni. Strumenti come il Protocollo di Kyoto o le tasse sulla CO2 sono visti come meccanismi di mercato che non risolvono il problema, permettono di spostare l’inquinamento altrove e colpiscono di più le persone comuni che le grandi aziende inquinanti. I piccoli Stati insulari usano la minaccia del mare che sale per ottenere aiuti e farsi notare, a volte nascondendo problemi locali o altre ragioni per cui le persone si spostano. L’idea di “rifugiato climatico” è una costruzione che serve anche a definire chi controlla certe zone di mare ricche. La politica del clima è legata al controllo delle risorse, come l’uranio, e agli interessi delle grandi potenze. La questione del clima è un terreno di scontro dove si incontrano interessi diversi, come quelli dell’industria nucleare e petrolifera, Stati rivali e grandi aziende. Questa situazione è complicata e rende difficile capire tutto, favorendo spiegazioni troppo semplici. Si sta creando una specie di “ecocrazia”, un modo di gestire il mondo basato su esperti non votati, organizzazioni e incontri internazionali. I giornali e le televisioni principali spesso appoggiano questa visione, usando toni allarmistici per attirare l’attenzione e promuovere il “capitalismo verde”. Notizie sul riscaldamento in posti specifici mostrano come i fatti vengano semplificati, ignorando la complessità scientifica e altri fattori. Il dibattito sul clima tende a ridurre problemi complessi a una sola causa, come l’azione dell’uomo e la CO2, facendo sembrare naturali problemi che sono invece sociali. Concetti come “giustizia climatica” sono usati in modi non chiari. La mancanza di una buona preparazione sul clima contribuisce a questa semplificazione. Persone come Greta Thunberg diventano famose in tutto il mondo, sostenute da interessi economici legati al “capitalismo verde” e al nucleare. Il loro messaggio, spesso basato sulle emozioni e molto semplice, cerca di creare paura e promuovere soluzioni che, stranamente, possono favorire tecnologie come il nucleare. Usare figure giovani è una strategia per far passare certi messaggi e distogliere l’attenzione da quello che succede oggi. Anche la religione, specialmente in certi paesi, influenza il dibattito sull’ambiente. Figure religiose importanti legano la fede ai problemi ecologici, vedendo la crisi ambientale in termini spirituali o morali e influenzando le scelte politiche. Usare il catastrofismo è uno strumento politico per spaventare, far sentire in colpa e rendere le persone passive di fronte a problemi che sembrano troppo grandi. Questa strategia, usata in passato da chi aveva potere per controllare, non funziona e non porta a soluzioni vere. Il movimento ambientalista ha origini complicate, con pensatori anche conservatori e legami con idee di destra. L’idea che il sistema economico attuale crollerà per colpa dell’ambiente o dell’economia è vista come un errore di analisi. Il sistema si adatta e usa le crisi a suo vantaggio. La strategia di non fare piccole modifiche aspettando un grande cambiamento non funziona. È importante mantenere un atteggiamento critico e stare attenti a quello che viene detto sul clima, specialmente da chi ha potere o non è esperto.Riassunto Lungo
1. Clima: Un Concetto Conteso tra Scienza e Politica
Il clima non è qualcosa che percepiamo direttamente come il tempo di oggi o di domani. È invece un concetto, una sorta di riassunto statistico delle condizioni dell’atmosfera su un lungo periodo. Pensare al clima come a una realtà fisica immediata può portare a interpretazioni errate. La sua rappresentazione, ad esempio sulle mappe, è un’astrazione complessa che richiede attenzione. L’idea moderna di clima, così come la intendiamo oggi, si è sviluppata principalmente in Europa nel corso del XIX secolo.La Misurazione del Clima e i Suoi Limiti
Studiare il clima richiede la misurazione dei fenomeni atmosferici, un’attività fondamentale per la climatologia. Tuttavia, questa misurazione presenta delle sfide importanti. Ci sono limiti legati all’affidabilità degli strumenti utilizzati, alla copertura non sempre completa delle stazioni di rilevamento sul territorio e all’interpretazione umana dei dati raccolti, specialmente quando si cerca di ricostruire il clima del passato. L’uso di valori medi a livello globale, come la “temperatura globale”, semplifica molto la realtà e rischia di nascondere le grandi differenze che esistono tra le varie aree del pianeta.Il Dibattito Scientifico sulle Cause dei Cambiamenti
Un punto centrale del dibattito scientifico riguarda la relazione tra l’aumento dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera e il riscaldamento globale. È importante ricordare che il vapore acqueo è il principale gas serra presente in natura. L’effettivo impatto e l’estensione dei gas serra prodotti dalle attività umane sono ancora argomenti di discussione tra gli scienziati. La correlazione tra le curve che mostrano l’andamento della CO2 e quelle della temperatura non è sempre diretta o uguale in ogni momento e in ogni luogo. Ci sono anche fattori naturali, come le eruzioni dei vulcani o i cicli legati al movimento della Terra nello spazio, che influenzano il clima. Esistono inoltre diverse teorie scientifiche che propongono spiegazioni alternative per i cambiamenti climatici che osserviamo.La Dimensione Politica e Sociale del Clima
La questione del clima ha assunto una forte rilevanza politica, spesso intrecciandosi con un modello economico definito “capitalismo verde”. Nel dibattito pubblico emergono talvolta delle contraddizioni, come l’espressione “salvare il clima”, che sembra attribuire all’uomo un potere enorme e apre la porta a idee come la geoingegneria, anche se poi si critica l’intervento umano sulla natura. Questo tipo di linguaggio può essere usato per scopi ideologici e politici. È perciò cruciale analizzare con spirito critico chi sono gli attori coinvolti in questo dibattito: scienziati, organizzazioni internazionali come l’IPCC, governi e gruppi ambientalisti. Le loro posizioni non sono sempre neutrali e possono riflettere interessi specifici. È fondamentale distinguere chiaramente l’ecologia, che è una disciplina scientifica che studia i rapporti tra gli organismi e l’ambiente, dall’ecologismo, che è un movimento basato su idee e valori. Questa distinzione viene spesso trascurata nel dibattito pubblico.Se esistono “diverse teorie scientifiche che propongono spiegazioni alternative” ai cambiamenti climatici, quali sono e perché il capitolo non le esplora?
Il capitolo accenna all’esistenza di “diverse teorie scientifiche” alternative e all’influenza di fattori naturali, ma non fornisce dettagli su quali siano queste teorie o come si confrontino con le spiegazioni più diffuse riguardo ai cambiamenti climatici osservati. Per comprendere la natura di questo dibattito scientifico e valutare le diverse spiegazioni proposte, è fondamentale approfondire la climatologia e la fisica dell’atmosfera. Studiare i metodi con cui si ricostruisce il clima del passato (paleoclimatologia) e si sviluppano i modelli climatici è essenziale. Per orientarsi tra le diverse prospettive scientifiche, può essere utile leggere le opere di scienziati che hanno contribuito in modo significativo alla comprensione del sistema climatico, come Wallace Broecker o Richard Alley.2. Il Clima tra Fatti, Miti e Azioni Umane
Le questioni legate al clima, come lo scioglimento dei ghiacci, le inondazioni e la siccità, vengono spesso presentate in modo allarmante, quasi a suggerire un imminente disastro globale. La realtà, tuttavia, è molto più complessa e cambia notevolmente da una regione all’altra del mondo. Anche la scienza non ha ancora risposte complete e definitive su tutti gli aspetti di questi fenomeni. È importante guardare ai dati con attenzione e considerare tutti i fattori in gioco.I Ghiacciai di Montagna
Il ritiro dei ghiacciai sulle montagne è un fenomeno osservato da molto tempo. In alcuni casi, questo ritiro è iniziato anche prima della rivoluzione industriale, il che fa pensare che ci siano anche cause naturali in gioco, oltre all’effetto dei gas serra. La vita di un ghiacciaio dipende in gran parte dalla quantità di neve che cade, non solo dalla temperatura. Contrariamente a quanto si crede, l’acqua che si scioglie dai ghiacciai dell’Himalaya non è la fonte principale per l’irrigazione delle vaste pianure asiatiche. La maggior parte dell’acqua, circa l’80-90%, arriva dalle piogge monsoniche. Lo scioglimento dei ghiacciai montani contribuisce solo in minima parte all’aumento del livello globale del mare, specialmente se confrontato con l’espansione dell’acqua causata dal calore.I Ghiacci Polari
Quando si parla di ghiacci ai poli, è fondamentale distinguere due tipi: le grandi calotte glaciali, che sono masse enormi di ghiaccio sulla terraferma (come in Antartide e Groenlandia), e la banchisa, che è ghiaccio che galleggia sul mare. Lo scioglimento della banchisa non fa aumentare il livello del mare, proprio come un cubetto di ghiaccio che si scioglie in un bicchiere d’acqua non fa traboccare il bicchiere. L’Antartide custodisce la maggior parte del ghiaccio del pianeta, circa il 91.8%, ma la situazione lì è complicata: non tutta l’Antartide si sta riscaldando in modo uniforme. L’Artico riceve molta attenzione, anche per motivi economici e politici, ma anche qui il riscaldamento non è uguale dappertutto.L’Aumento del Livello del Mare
L’innalzamento del livello del mare è dovuto principalmente al fatto che l’acqua si espande quando si riscalda. Le misurazioni fatte a livello globale mostrano un aumento medio di pochi millimetri ogni anno. Tuttavia, questo aumento non è uguale in tutte le zone del mondo; ci sono grandi differenze regionali. L’erosione delle coste, che spesso viene attribuita solo all’innalzamento del mare, è in realtà causata spesso da altri fattori. Ad esempio, le dighe sui fiumi bloccano i sedimenti che normalmente arriverebbero al mare e aiuterebbero a mantenere le spiagge. Anche costruire case e infrastrutture su zone costiere fragili o instabili peggiora il problema. L’esempio delle isole Tuvalu dimostra bene questo: l’aumento della popolazione, la costruzione di edifici e la crescita disordinata delle città hanno causato inondazioni e perdita di terra molto più del presunto aumento globale del mare.Eventi Meteorologici Estremi
Eventi come le piogge molto intense che colpiscono zone come le Cévennes in Francia sono fenomeni naturali che si ripetono periodicamente e che, in una certa misura, sono prevedibili. Le inondazioni che ne derivano sono spesso rese più gravi dall’azione dell’uomo. Questo accade quando si costruisce in aree che si sa essere a rischio alluvione, quando non si puliscono e non si mantengono i corsi d’acqua, e quando le città si espandono troppo velocemente e in modo disordinato. Attribuire questi disastri solo al riscaldamento globale può nascondere le responsabilità legate a precise scelte politiche ed economiche prese a livello locale.Siccità e Desertificazione
Anche la siccità, come quella che si verifica nella regione del Sahel in Africa, fa parte di cicli naturali del clima. Tuttavia, le conseguenze della siccità sono rese molto più pesanti da fattori legati alla presenza e alle attività dell’uomo. Tra questi ci sono l’aumento della popolazione, l’espansione dell’agricoltura in aree non adatte e le decisioni politiche, a volte risalenti anche al periodo coloniale, che hanno indebolito le comunità che vivono in campagna. La storia della “desertificazione” ha spesso puntato il dito contro i pastori nomadi, senza considerare tutte le altre cause. Collegare in modo diretto eventi complessi, come i conflitti in Siria, solo alla siccità, senza considerare le ragioni politiche ed economiche molto più importanti, è una semplificazione eccessiva. Questo modo di fare confonde una semplice correlazione (due cose accadono nello stesso periodo) con una causalità (una cosa è la causa diretta dell’altra).Se il capitolo critica le “semplificazioni” e le “presentazioni allarmanti”, non rischia a sua volta di semplificare eccessivamente, ignorando il quadro scientifico più ampio e il consenso consolidato?
Il capitolo presenta una serie di argomenti validi per sottolineare la complessità dei fenomeni climatici, l’esistenza di cicli naturali e l’influenza di fattori umani locali diversi dalle emissioni di gas serra. Tuttavia, nel concentrarsi su questi aspetti e nel mettere in discussione le “risposte complete e definitive” della scienza, il capitolo sembra trascurare o minimizzare il vasto corpo di prove scientifiche che attribuisce la maggior parte del riscaldamento globale osservato negli ultimi decenni all’attività umana, in particolare all’aumento dei gas serra. La “complessità” non è in contraddizione con l’esistenza di un driver principale del cambiamento climatico recente. Per formarsi un’opinione equilibrata, è indispensabile approfondire la climatologia e la fisica dell’atmosfera, confrontandosi direttamente con i rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), che rappresentano la sintesi del consenso scientifico globale.3. Geopolitica del Clima: Interessi e Potere
La questione del clima è strettamente legata all’economia globale, che si basa sulla competizione tra nazioni, aziende e diversi settori industriali. Il tema del riscaldamento globale è diventato importante a livello politico a partire dagli anni Ottanta, proprio mentre paesi come Cina e India iniziavano a crescere economicamente. In questo contesto, la richiesta di ridurre le emissioni di CO2 appare in parte come uno strumento usato da Stati Uniti ed Europa per limitare la crescita di queste nuove potenze, a volte con l’appoggio di influenti movimenti ecologisti presenti in quei paesi.Geopolitica e Competizione Energetica
C’è una forte rivalità tra chi promuove le energie da combustibili fossili, come petrolio e carbone, e chi invece punta sull’energia nucleare. Quest’ultima, producendo poche emissioni di CO2, viene presentata come una soluzione al problema climatico, e la sua promozione è spesso collegata alle campagne sul clima. È interessante notare come alcuni partiti ecologisti, pur esprimendo riserve sul nucleare, finiscano per operare all’interno del sistema economico attuale, che in alcuni casi si trovano a gestire o si preparano a gestire.Organismi e Rapporti sul Clima
L’energia è un aspetto cruciale per il funzionamento del sistema economico. Diversi pensatori hanno cercato di mettere in relazione l’energia con l’economia. Un esempio è il Club di Roma, un gruppo fondato nel 1968 da importanti figure del mondo dell’industria, della politica e della scienza. Questo gruppo ha pubblicato nel 1972 il famoso Rapporto Meadows, che parlava dei limiti dello sviluppo. Sebbene basato su modelli informatici e previsioni che si sono spesso rivelate sbagliate, il rapporto ha diffuso un’idea di catastrofe imminente e di crescita demografica insostenibile. Anche organismi come l’IPCC, il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, nato nel 1988, hanno una natura fondamentalmente politica. La scelta degli esperti che vi lavorano e il modo in cui vengono scritti i loro rapporti risentono di influenze politiche e del peso di organizzazioni non governative ambientaliste. Sono stati riportati casi che metterebbero in discussione la loro imparzialità e il rigore scientifico.Strumenti di Mercato e Critiche
Vengono utilizzati anche strumenti economici per affrontare la questione climatica, come il Protocollo di Kyoto o la tassa sulle emissioni di carbonio (carbon tax). Tuttavia, questi meccanismi di mercato sono criticati perché non sembrano risolvere il problema alla radice. Permettono infatti di trasferire l’inquinamento altrove e finiscono per colpire maggiormente i cittadini comuni, piuttosto che le grandi aziende che inquinano di più.Stati Insulari e “Rifugiati Climatici”
Alcuni piccoli Stati insulari sfruttano la preoccupazione per l’innalzamento del livello del mare per ottenere aiuti economici e attirare l’attenzione internazionale. A volte, questa strategia può mettere in secondo piano altri problemi ambientali locali o cause diverse che spingono le persone a spostarsi. Anche l’idea di “rifugiato climatico” viene vista come una definizione creata per gestire la situazione di queste popolazioni e, in parallelo, decidere il futuro delle zone economiche marittime esclusive.In definitiva, l’intera questione della geopolitica del clima è profondamente connessa al controllo delle risorse naturali, come ad esempio l’uranio, e agli interessi strategici delle grandi potenze mondiali.[/membership]Ma la scienza del clima è davvero solo un pretesto geopolitico, o c’è una realtà fisica che il capitolo ignora?
Il capitolo offre una prospettiva critica e necessaria sulle dinamiche di potere legate alla questione climatica, evidenziando come interessi economici e strategici influenzino il dibattito. Tuttavia, concentrandosi quasi esclusivamente sugli aspetti geopolitici ed economici, rischia di trascurare il vasto corpus di evidenze scientifiche che descrivono i cambiamenti fisici del sistema Terra. Per avere un quadro completo, è fondamentale approfondire le discipline scientifiche che studiano il clima, come la climatologia e la fisica dell’atmosfera, e confrontarsi con le ricerche che documentano l’evoluzione del sistema climatico globale, al di là delle sole implicazioni politiche ed economiche.4. Clima: Strategie e Paure
La questione del clima è un argomento molto complesso, dove si scontrano gli interessi di molti attori diversi: grandi industrie come quelle nucleari e petrolifere, stati che sono in competizione tra loro e potenti aziende. Questa complessità rende difficile capire la situazione in modo semplice e porta spesso a spiegazioni che riducono il problema a pochi elementi.Come il tema viene semplificato
Si sta diffondendo un modo di gestire la questione climatica che potremmo chiamare “ecocrazia”, dove le decisioni importanti vengono prese da esperti non eletti, organizzazioni internazionali e incontri globali. I grandi mezzi di informazione appoggiano questa visione, usando spesso toni forti e scenari catastrofici per attirare l’attenzione e promuovere soluzioni legate a un “capitalismo verde”. Ad esempio, quando si parla di riscaldamento in luoghi come le isole Svalbard, le notizie a volte semplificano o esagerano i fatti, senza considerare la scienza nel suo complesso e altri fattori importanti.Il modo in cui si discute del clima tende a ridurre problemi molto articolati a cause uniche, come l’azione dell’uomo e la CO2, facendo sembrare naturali problemi che invece sono legati alla società. Concetti come “giustizia climatica” vengono usati con significati che non sono sempre chiari. La mancanza di una preparazione specifica sul tema del clima contribuisce a questa tendenza a semplificare.Le figure simbolo e il messaggio
Personaggi come Greta Thunberg diventano figure molto conosciute in tutto il mondo, spesso sostenute da interessi economici legati al “capitalismo verde” e al settore dell’energia nucleare. Il loro messaggio, che fa leva sulle emozioni ed è spesso molto semplice, cerca di creare allarme e promuovere un programma che, in modo inatteso, può favorire soluzioni tecnologiche come il nucleare. L’uso di figure giovani è una strategia per far passare messaggi specifici e spostare l’attenzione da quello che succede nel presente.La paura come strumento politico
Usare scenari terribili e catastrofici è uno strumento politico per spaventare le persone, farle sentire in colpa e renderle passive di fronte a problemi che vengono presentati come impossibili da risolvere. Questa strategia, usata in passato da chi deteneva il potere politico e religioso per controllare le persone, non funziona e non aiuta a trovare soluzioni concrete.Radici storiche e strategie
Il movimento ambientalista ha origini storiche complesse, che includono anche pensatori conservatori e legami con idee di destra. L’idea che il sistema economico capitalista crollerà a causa di problemi ecologici o economici è considerata un’analisi sbagliata. Il capitalismo, infatti, riesce ad adattarsi e a sfruttare le crisi a proprio vantaggio. Anche la strategia del “tanto peggio”, che rifiuta piccole modifiche positive nell’attesa di un cambiamento totale e improvviso, si dimostra inefficace.L’influenza della religione
Anche la religione, in particolare alcune correnti dell’evangelismo, influenza il dibattito sull’ambiente, specialmente negli Stati Uniti e in America Latina. Figure religiose importanti collegano la fede alle questioni ecologiche, interpretando la crisi ambientale in termini spirituali o morali e influenzando così le posizioni politiche.È fondamentale mantenere un atteggiamento critico e una attenzione costante verso quello che viene detto sul clima, soprattutto da parte di chi ha potere o non ha le conoscenze specifiche sull’argomento.Ma se il capitolo sostiene che il problema climatico non sia riducibile all’azione umana e alla CO2, quale sarebbe l’analisi scientifica alternativa che viene ignorata?
Il capitolo critica la tendenza a ridurre la questione climatica all’azione umana e alla CO2, suggerendo che questa sia una semplificazione che ignora altri fattori e rende “naturali” problemi sociali. Tuttavia, non specifica quali siano questi altri fattori cruciali o quale parte della “scienza nel suo complesso” venga trascurata. Per comprendere appieno questa critica e valutare se la scienza dominante sia effettivamente una semplificazione eccessiva, è fondamentale approfondire le basi della climatologia e dell’atmosfera, studiando le evidenze scientifiche che portano al consenso sul ruolo preponderante dei gas serra di origine antropica. Un punto di partenza essenziale è la consultazione dei rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) o le sintesi prodotte dalle principali accademie scientifiche nazionali, che illustrano la complessità dei modelli climatici e i molteplici fattori considerati, distinguendo tra variabilità naturale e forzanti antropiche.Abbiamo riassunto il possibile
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