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Contenuti del libro
Informazioni
ti sbatte in faccia la vera storia di Los Angeles, che è molto diversa dal sogno soleggiato che ci hanno venduto. Il libro scava a fondo per mostrare come questa metropoli sia stata plasmata da una lotta continua: tra chi la dipingeva come un’utopia e chi ne svelava il lato oscuro fatto di lotte di classe e corruzione. Vedrai come il potere è passato dai vecchi proprietari terrieri a élite locali legate al Los Angeles Times e poi a enormi interessi di sviluppo immobiliare e capitale globale, creando una città sempre più divisa. Si parla di come i ricchi si barricano nei loro quartieri fortificati, mentre la segregazione sociale e la repressione colpiscono le aree più povere, alimentando tensioni e violenza, come nei disordini del ’92, nati anche dalla deindustrializzazione. Scoprirai il movimento “crescita lenta”, spesso usato dai proprietari benestanti per difendere i loro privilegi, e come persino la Chiesa cattolica si trovi al centro di questi enormi cambiamenti sociali e demografici. È un viaggio nella storia di Los Angeles, un’analisi cruda del suo potere politico, della sua crescita urbana e dei conflitti sociali che la definiscono, mostrando una cultura urbana complessa e spesso brutale, lontana dall’immagine patinata di Hollywood.Riassunto Breve
L’identità di Los Angeles è profondamente legata alla sua crescita economica e alla speculazione immobiliare, definita da narrazioni contrastanti: da un lato il mito utopico promosso per attirare investimenti, dall’altro la realtà esposta dal “noir” che rivela lotta di classe e corruzione. Oggi, l’immagine di “Città Mondiale” promossa da nuovi intellettuali al servizio del capitale globale maschera una crescente polarizzazione sociale. La struttura del potere si è evoluta dai grandi proprietari terrieri a élite legate al capitale finanziario e, più recentemente, a monopoli immobiliari globali che influenzano la politica a tutti i livelli, superando le vecchie élite locali. Questa struttura di potere, spesso allineata con i proprietari di case benestanti, promuove movimenti come la “crescita lenta” per proteggere il valore delle proprietà e l’esclusività dei quartieri, usando strumenti storici di segregazione e argomenti ambientalisti per mascherare l’esclusivismo. Questo porta alla creazione di una “città fortificata”, dove aree ricche si isolano e gli spazi pubblici sono modificati per escludere i poveri, mentre la polizia si concentra sulla repressione nei quartieri a basso reddito, criminalizzando i giovani e le comunità minoritarie. Parallelamente, la deindustrializzazione e i cambiamenti economici globali causano disoccupazione e disagio, specialmente nelle comunità minoritarie, alimentando tensioni sociali che possono sfociare in disordini, come quelli del 1992, legati a brutalità della polizia e difficoltà economiche. Anche istituzioni come l’Arcidiocesi Cattolica, con la sua crescente base latinoamericana, riflettono queste tensioni, con conflitti tra leadership gerarchica e attivismo di base di fronte alle sfide sociali ed economiche delle comunità immigrate e povere. La città è un luogo dove la sicurezza per alcuni si basa sull’esclusione e il controllo di altri, e dove la lotta per la crescita e lo sviluppo è principalmente uno scontro tra grandi interessi economici e proprietari benestanti, con gli interessi dei residenti a basso reddito spesso marginali.Riassunto Lungo
1. Sole contro Ombra: Le Narrazioni di Los Angeles
L’identità culturale di Los Angeles è profondamente segnata da visioni contrastanti, nate dalla sua rapida crescita economica e dalla speculazione immobiliare. In un primo momento, un gruppo definito “Propagandisti” ha lavorato per costruire un’immagine idealizzata della città. Hanno creato il mito di un luogo utopico e soleggiato, romanticizzando un passato che in realtà non era mai esistito. Questo racconto serviva ad attrarre nuovi abitanti e a spingere lo sviluppo, ma nascondeva volutamente i conflitti sociali e la violenza che erano già presenti.Le Voci Critiche e la Realtà Nascosta
Questa narrazione ottimistica è stata fortemente contestata da altre voci. I “Demistificatori” e il genere letterario “Noir” hanno offerto una prospettiva molto diversa, mettendo in luce la dura realtà della città. Hanno descritto Los Angeles come un luogo dominato dalla lotta di classe, dalla corruzione diffusa e da un senso di declino, dipingendola come una metropoli artificiale e piena di ombre. Anche gli “Esuli” europei, arrivati in città per sfuggire al fascismo, hanno percepito Los Angeles in modo critico, vedendola come l’emblema della superficialità e della tendenza a trasformare tutto in merce tipica del capitalismo. Queste diverse critiche hanno smontato il mito iniziale, rivelando le complessità e le contraddizioni sotto la superficie patinata.Culture Alternative e Contro-Narrazioni
Accanto a queste narrazioni principali, Los Angeles è stata anche un terreno fertile per culture alternative e contro-narrazioni. Un aspetto particolare è la strana convivenza tra la ricerca scientifica più avanzata e tendenze mistiche. Allo stesso tempo, gruppi culturali “underground”, spesso chiamati “Comunardi” e spesso legati alle diverse comunità etniche presenti in città, hanno cercato di creare forme di cultura indigena e resistente. Questi gruppi hanno esplorato e valorizzato le sottoculture locali, come la vivace scena jazz o l’arte legata al mondo delle automobili, offrendo punti di vista diversi e radicati nelle esperienze dirette dei quartieri.La Città Globale e la Polarizzazione Attuale
Oggi, si osserva l’emergere di una nuova categoria di intellettuali, soprannominati “Mercenari”, che mettono le loro competenze al servizio del grande capitale immobiliare internazionale. Il loro obiettivo è promuovere Los Angeles come una “Città Mondiale” di prestigio. Per farlo, finanziano e promuovono grandi progetti culturali, ma concentrano le risorse quasi esclusivamente nelle aree già ricche della città. Questo approccio tende a trascurare e marginalizzare le comunità artistiche e culturali che operano nei quartieri più poveri. Questa strategia crea l’illusione di una città opulenta e culturalmente vivace, ma in realtà accentua la crescente divisione e polarizzazione sociale tra le diverse aree e i diversi gruppi di abitanti. La tensione tra questa immagine ufficiale e le difficoltà quotidiane delle periferie, espresse anche attraverso movimenti culturali come il “gangster rap”, continua a modellare profondamente il paesaggio culturale e sociale della metropoli.Le nette categorie di “Propagandisti”, “Demistificatori” e “Mercenari” descrivono adeguatamente la fluidità e le contraddizioni del paesaggio culturale di Los Angeles?
Il capitolo propone una divisione chiara delle narrazioni su Los Angeles in gruppi distinti, legati a specifiche dinamiche economiche. Tuttavia, la realtà culturale di una metropoli complessa è spesso caratterizzata da sovrapposizioni, figure ibride e spazi di negoziazione che sfuggono a classificazioni rigide. Per approfondire la comprensione di queste dinamiche, sarebbe utile esplorare gli studi sulla sociologia urbana, le teorie sulla produzione culturale nelle città contemporanee e le analisi di autori che hanno indagato le complessità delle identità urbane al di là delle dicotomie semplificanti.2. L’evoluzione del potere a Los Angeles: dalla terra al capitale globale
La struttura del potere a Los Angeles è da sempre legata a doppio filo allo sviluppo immobiliare e ai grandi cambiamenti economici che hanno attraversato la città nel tempo. All’inizio, il controllo del territorio e quindi del potere era saldamente nelle mani dei grandi proprietari terrieri. Questi latifondisti videro parte delle loro terre passare di mano, a volte anche attraverso matrimoni strategici con i nuovi arrivati che portavano capitali freschi. Fu poi il capitale proveniente da San Francisco a prendere il sopravvento nell’economia locale. Questi investitori si concentrarono sull’acquisto e lo sviluppo delle terre, in particolare dopo il declino dell’allevamento, segnando una prima importante trasformazione nella distribuzione del potere cittadino.La dinastia Chandler e il consolidamento del potere
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, una figura centrale emerge nel panorama del potere losangelino: la dinastia Chandler. Attraverso il controllo del “Los Angeles Times”, questa famiglia riuscì a consolidare un potere fortemente centralizzato sulla città. Questa élite dominante si impegnò attivamente nella promozione di Los Angeles a livello nazionale. Furono promotori della costruzione di infrastrutture fondamentali per la crescita urbana. Inoltre, imposero con forza la politica dell'”Open Shop”, contrastando l’organizzazione sindacale dei lavoratori. Il potere economico e politico si concentrò così in pochi cartelli, che di fatto monopolizzavano la lottizzazione e lo sfruttamento dei terreni disponibili, definendo lo sviluppo della città per decenni.Il dopoguerra e l’ascesa di nuove élite
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’economia di Los Angeles subì un profondo cambiamento. La crescita esponenziale dell’industria aerospaziale divenne un motore potentissimo. Parallelamente, si assistette a un massiccio sviluppo suburbano, che ridisegnò la mappa sociale ed economica della città. In questo nuovo contesto, emerse una nuova élite, concentrata principalmente nel Westside. Questa nuova classe dirigente, spesso di origine ebraica, era legata a doppio filo al settore immobiliare in espansione e al mondo bancario, in particolare alle casse di risparmio che finanziavano lo sviluppo. Questa evoluzione portò alla creazione di una struttura di potere bipolare, con il centro storico (Downtown) e il nuovo polo del Westside in una sorta di competizione per l’influenza e il controllo.Potere frammentato e influenza globale
Negli ultimi decenni, il panorama del potere a Los Angeles ha continuato a evolversi, diventando sempre più frammentato e aperto all’influenza internazionale. La progressiva scarsità di terreni edificabili ha favorito la formazione di grandi monopoli nel settore dello sviluppo immobiliare. Questa concentrazione di potere economico nel real estate ha creato una sorta di “nuova Piovra”, capace di esercitare una forte influenza sulla politica a tutti i livelli, dal locale al nazionale. Il capitale straniero ha iniziato a giocare un ruolo cruciale, con investimenti massicci, specialmente da parte di attori giapponesi. Questi capitali si sono riversati in particolare nel centro città e nell’industria dell’intrattenimento, come Hollywood. L’economia locale è diventata sempre più dipendente dai grandi centri finanziari globali. Anche il “Times”, pur cercando di adattarsi ai nuovi scenari mediatici ed economici, ha affrontato sfide nel mantenere la sua storica influenza regionale. Il controllo effettivo della città si è spostato progressivamente verso attori globali e i grandi interessi immobiliari transnazionali, superando il peso delle vecchie élite locali che avevano dominato per gran parte del ventesimo secolo.Ma se il potere si è davvero spostato verso la “nuova Piovra” del real estate e il capitale globale, come si esercita concretamente questa influenza sulla politica di Los Angeles, al di là della semplice proprietà o investimento?
Il capitolo descrive efficacemente il passaggio del controllo economico attraverso diverse fasi, dalla terra al capitale finanziario globale, e menziona l’influenza esercitata dalle élite dominanti in ciascuna epoca. Tuttavia, la descrizione di come questa “nuova Piovra” o gli attori globali traducano il loro potere economico in effettivo controllo politico a livello locale, statale o nazionale rimane un po’ generica. Per comprendere meglio questo meccanismo, sarebbe utile approfondire gli studi sull’economia politica urbana e sui processi decisionali nelle grandi metropoli contemporanee. Autori come Manuel Castells o David Harvey offrono strumenti concettuali per analizzare il rapporto tra capitale, spazio urbano e potere politico.3. La difesa del prato e del privilegio
Il movimento che vuole limitare la crescita in California del Sud è guidato soprattutto dai proprietari di case, in particolare quelli ricchi. Questo gruppo si è organizzato per difendere il valore delle loro proprietà e mantenere i quartieri esclusivi. Vedono la “comunità” come un gruppo di persone simili per ricchezza e origine etnica.Radici storiche di esclusione
Storicamente, i gruppi di proprietari hanno usato regole e contratti (chiamati “clausole restrittive”) per impedire a certe persone di vivere in certe zone. Hanno creato una specie di “muro invisibile” per tenere lontane le minoranze. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il “Lakewood Plan” ha permesso ai quartieri fuori città di diventare città vere e proprie. Queste nuove città hanno usato le regole di costruzione per non far venire persone povere o minoranze, spesso aiutate con i soldi delle tasse pagate dai cittadini delle città più grandi.Nuove minacce e argomenti
Negli anni ’60 e ’70, costruire più case o uffici nello stesso spazio (aumentare la “densità”) è diventato il nuovo problema. La protesta si è concentrata sul difendere il loro modo di vivere nei quartieri residenziali e gli spazi verdi. Hanno iniziato a dire di voler proteggere l’ambiente, ma in realtà era per mantenere i quartieri solo per loro. La protesta contro le tasse del 1978 (chiamata Proposizione 13) è stata un altro segno della rabbia dei proprietari. Era legata anche al fatto che non volevano che i bambini di diverse origini andassero a scuola insieme usando gli scuolabus.Successi e problemi infrastrutturali
Negli anni ’80, il movimento che vuole limitare la crescita ha ottenuto risultati. Ad esempio, a Los Angeles, la Proposizione U ha messo limiti alla costruzione di negozi e uffici. Problemi con i servizi pubblici, come quando è crollato l’impianto che pulisce l’acqua (il depuratore Hyperion), hanno reso più forte la posizione di chi voleva limitare la crescita. Hanno obbligato la città a permettere nuove costruzioni solo se c’erano abbastanza servizi pubblici (come acqua, strade, ecc.).“Non nel mio cortile” e conflitti
Spesso la protesta si vede con l’atteggiamento “Non nel mio cortile” (chiamato NIMBY). Si concentra su problemi vicini a casa, come il traffico o la costruzione di palazzi. In certe zone, come la San Gabriel Valley, diventa una protesta contro gli immigrati, specialmente quelli asiatici. Le grandi aziende che costruiscono case e palazzi sono contro questo movimento. Dicono di voler costruire case che tutti possono comprare e creare posti di lavoro. A volte cercano di convincere gruppi di minoranza o i sindacati a stare dalla loro parte. Questa battaglia sulla crescita è soprattutto tra i proprietari ricchi e le grandi imprese di costruzione. Le persone povere e le minoranze spesso non vengono considerate in questa lotta.Ma il “popolo” latinoamericano, motore di questa transizione, è davvero al centro del racconto, o la narrazione resta ancorata alla prospettiva della gerarchia?
Il capitolo descrive efficacemente le reazioni e le strategie dei vertici ecclesiastici di fronte alla crescita della comunità latinoamericana. Tuttavia, per comprendere appieno la “Chiesa in Transizione”, sarebbe fondamentale esplorare con maggiore profondità la soggettività, le pratiche religiose e le forme di organizzazione spontanea dei fedeli stessi. Quali erano le loro aspettative, le loro sfide specifiche, e come hanno attivamente plasmato la vita della chiesa locale, al di là delle iniziative dei cardinali? Approfondire gli studi di sociologia delle religioni, l’antropologia delle comunità immigrate e la storia sociale dal basso può offrire una visione più completa. Autori che si occupano di religiosità popolare e di dinamiche comunitarie tra i migranti possono fornire spunti essenziali.6. Dall’acciaio alle macerie: il prezzo del cambiamento
La Kaiser Steel di Fontana era un punto di riferimento fondamentale per la vita della comunità, influenzando sia gli aspetti sociali che quelli ricreativi. Nonostante la sua importanza, l’azienda non investì nella modernizzazione delle sue tecnologie. Preferì invece concentrarsi sull’esportazione di materie prime, trovandosi così ad affrontare la concorrenza internazionale con strumenti superati. Questa mancanza di innovazione, unita alle tensioni con i sindacati e agli elevati costi necessari per controllare l’inquinamento, portò l’azienda a gravi difficoltà economiche e a dover ridurre il personale. La famiglia Kaiser decise infine di abbandonare il settore siderurgico, vendendo gli asset a speculatori. Questi ultimi smantellarono progressivamente l’azienda, lasciandola con enormi debiti. La chiusura definitiva dello stabilimento nel 1983 fu un colpo durissimo, causando la perdita di migliaia di posti di lavoro e la fine dei benefici per i dipendenti.La trasformazione di Fontana e le sue difficoltà
Dopo la fine dell’industria siderurgica, Fontana vide comunque una crescita della sua popolazione. Questa espansione fu guidata principalmente da un intenso sviluppo immobiliare. Le autorità locali decisero di sfruttare leggi specifiche per incentivare i costruttori con agevolazioni finanziarie. L’obiettivo era trasformare la città in un grande centro residenziale per chi lavorava altrove e si spostava quotidianamente. Furono avviati imponenti progetti edilizi che fecero aumentare il valore dei terreni. Tuttavia, questa strategia si rivelò un fallimento dal punto di vista finanziario per la città stessa. Fontana si ritrovò sull’orlo della bancarotta perché gli accordi stipulati con i costruttori deviavano gran parte delle entrate fiscali. Questo impediva di avere fondi sufficienti per finanziare i servizi necessari per la nuova e crescente popolazione. In questo contesto emersero anche scandali legati alla corruzione tra i funzionari pubblici.Recessione a Los Angeles e i disordini del 1992
Parallelamente, a Los Angeles, la recessione economica dei primi anni ’90 causò un forte aumento della disoccupazione. Le comunità immigrate e le minoranze furono particolarmente colpite da questa crisi. Il disagio economico diffuso, insieme alla brutalità della polizia e alle tensioni tra i diversi gruppi etnici, contribuì a creare un clima esplosivo che sfociò nei disordini del 1992. La rivolta vide la partecipazione di persone di diverse etnie e classi sociali. I saccheggi colpirono in modo significativo i negozi gestiti da proprietari coreani, che venivano percepiti come un simbolo di un nuovo sistema economico che escludeva le comunità locali. È interessante notare come le gang cittadine misero da parte le loro rivalità e collaborarono durante i disordini. La risposta delle autorità fu una dura repressione, con arresti di massa e deportazioni. La deindustrializzazione e il processo di globalizzazione generarono un’instabilità sociale ed economica che lasciò conseguenze profonde e durature sulle comunità.Davvero la deindustrializzazione e la globalizzazione, per quanto devastanti, bastano a spiegare la complessità esplosiva dei disordini di Los Angeles, o il capitolo trascura altre micce fondamentali?
Il capitolo offre un quadro generale delle trasformazioni economiche e sociali, collegando la deindustrializzazione e la globalizzazione all’instabilità. Tuttavia, l’attribuzione dei disordini di Los Angeles del 1992 principalmente a questi macro-fenomeni, pur riconoscendone l’importanza, rischia di semplificare eccessivamente un evento profondamente radicato in dinamiche sociali, razziali e politiche specifiche. La brutalità della polizia, le tensioni interetniche e il contesto storico delle relazioni razziali a Los Angeles sono elementi cruciali che richiedono un’analisi più approfondita per comprendere appieno la complessità della rivolta e il perché essa abbia assunto quelle particolari forme e obiettivi. Per approfondire, è utile esplorare la storia delle relazioni razziali negli Stati Uniti, la sociologia urbana e gli studi sui movimenti sociali. Autori come Mike Davis offrono prospettive critiche sulla storia e le dinamiche sociali di Los Angeles.Abbiamo riassunto il possibile
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