Contenuti del libro
Informazioni
“Ciò che resta dell’humano” di Matteo Bergamaschi non è solo un libro, è una domanda urgente sul nostro presente. In un mondo che sembra correre verso il godimento immediato e la pura efficienza tecnica, l’autore ci invita a fermarci e riflettere su cosa significhi davvero essere umano. Non cerca risposte facili o verità assolute, ma ci guida attraverso la precarietà del reale, esplorando il ruolo cruciale dell’insegnamento non come trasmissione di un sapere finito, ma come apertura al pensiero e all’alterità. Il libro ci parla dell’importanza della tradizione e del significante, quella scintilla che, a differenza del mero significato, rimanda sempre oltre, nutrendo il desiderio umano e la nostra capacità di creare un spirito oggettivo, un oikos, uno spazio storico e condiviso che non è dato dalla natura ma costruito dalla ragione e dalla cultura. È un umanesimo che abbraccia la finitudine e la fragilità come punti di forza, un invito a riscoprire il valore della mediazione, della filologia, e a resistere alla tentazione di un mondo senza ombre, dove il pensiero stesso rischia di svanire.Riassunto Breve
Il sapere non è qualcosa da possedere completamente, ma indica una direzione. L’esistenza umana è limitata e riconoscere questo è importante per chi insegna. L’insegnante non cerca una verità assoluta, ma lavora in un mondo aperto e precario, che non è mai finito. Mostra come si può affrontare questa apertura, interpretando il mondo pur sapendo che non c’è un punto di arrivo definitivo. Proporre una materia significa dare un punto di vista chiaro, una direzione agli studenti. Questo richiede che l’insegnante sia una presenza solida, che crede in quello che dice. È necessario accogliere la tradizione in modo critico, riconoscendo il valore di chi è venuto prima. L’insegnamento si basa su un contatto, un legame che lascia un segno. Il pensiero non è un oggetto esterno, ma nasce da ciò che mette in difficoltà il pensiero stesso, legandolo alla finitezza e alla storia. Si sviluppa nella tradizione, confrontandosi con il particolare. Esiste il rischio che il pensiero e l’umanità finiscano in un’epoca dove domina il piacere immediato e l’organizzazione di tutto, facendo scomparire l’alterità. Un manifesto per il pensiero lo fa accadere, creando uno spazio dove il pensiero può esistere. Un manifesto è un atto che fa emergere qualcosa di specifico, lavorando dentro il mondo esistente. Funziona come una citazione, ripetendo altri manifesti e inserendosi nella storia, permettendo un inizio nuovo. Il manifesto mostra anche la fragilità dell’evento e il rischio che non accada, non per opposizione violenta, ma per la saturazione del presente, per l’impossibilità tecnica o la mancanza di sostegno. Questo rischio è legato alla perdita di autonomia del pensiero, perché i mezzi per produrlo e legittimarlo sono spesso privati e legati al profitto. Per esistere, il pensiero ha bisogno di un “corpo”, una comunità storica di pensatori che si fa carico dell’universale e mantiene l’uso pubblico della ragione. L’epoca attuale, con il suo desiderio orientato al consumo, minaccia questa comunità. L’economia oggi domina il pensiero. Alcuni criticano l’economia vista solo come affare, che riduce l’uomo a bisogni e impulsi. Richiamano il senso originale di “eco-nomia” come “legge della casa” (oikos), legata all’uomo che si confronta con un’alterità che non si può calcolare. Capire l’economia richiede di capire l’uomo; è una questione profonda. L'”oikos” non è un fenomeno che si vede subito, ma è prodotto dalla ragione stessa nell’esistenza umana. Appartiene all’ambito pratico, creando un mondo condiviso che, anche se nasce dall’uomo, si sviluppa in modo autonomo. Questo “oikos” è una realtà della ragione che non è solo individuale, ma storica e indipendente, un ambiente universale in cui l’uomo si trova e agisce. La ragione umana si sviluppa in modo storico e oggettivo, come questo ambiente condiviso o “oikos”. Anche il linguaggio è storico e materiale. La retorica, vista come arte di trovare le premesse (“topoi”), definisce l’orizzonte dove il pensiero può iniziare. Non cerca significati fissi, ma significanti, che rimandano sempre ad altro. L’origine del pensiero non è un significato unico, ma un luogo di significanti. Questo porta a una “scienza nuova” che studia le creazioni umane nella storia, cercando una disposizione iniziale di significanti. Questa scienza si occupa dell'”oikos”, un soggiorno storico e pubblico. È una ricerca filologica, non strutturalista. La verità storica è un fatto compiuto dalle comunità umane, non un significato eterno. È una “grammatica” legata alla storia. Le passioni, il corpo, i gesti sono significanti: rimandano ad altro. L’umanesimo non riguarda l’essenza dell’uomo, ma la questione del significante, il luogo dove umano e pensare si incontrano. L’umanesimo si definisce come un ritorno ai classici, ma non cerca solo significati da accumulare. Si concentra sulla trasmissione del significante, che è se stesso e rimanda ad altro. Questo trasmette il desiderio stesso di pensare, la ricerca. Attraverso il significante, l’umanesimo inserisce l’uomo nella tradizione storica, rendendo accessibile ciò che è problematico. Il significante si manifesta in una singolarità storica, un “corpo-significante”. Questo ritorno ai classici genera novità. L’umanesimo è secolare e richiede un uso civile della ragione, in una comunità storica, una “repubblica di lettori”. Guarda positivamente alla finitezza e alla mortalità, vedendo la finitezza come possibilità di vedere un fine e l’iscrizione dell’altro. Il pensiero umano sta nel significante, non nel piacere o nel calcolo. Introduce l’altro nei dati, aprendo un soggiorno storico. La mediazione è fondamentale nell’umanesimo, che valorizza la filologia e la traduzione. L’illuminismo si concentra solo sul significato, visto come possedibile, portando al dominio e a una libertà che può diventare servitù. Un illuminismo coerente diventa positivismo, dove il significante e l’altro scompaiono. Lo spirito è il divenire storico del pensiero, con un lato soggettivo e uno oggettivo (il senso comune). La modernità cerca di sostituire il mito con il soggetto, perdendo il senso comune. Romanticismo e liberismo cercano nuove basi nel piacere o nel calcolo, perdendo il significante e l’alterità. L’umanesimo si basa sulla trasmissione spirituale del significante, non sulla natura. Si avvicina alla cultura come fecondità da contaminazione. Il significante è l’origine dell’uomo, un fatto storico, un dono che include la mortalità, l’essere esposti all’alterità. Dona parzialità e la possibilità di una risposta personale. Il compito attuale è donare il significante in un mondo dominato dalla tecnica e dall’immanenza, dove si rischia di perdere la storia e l’umano. Il dispositivo storico non è una prigione, ma la condizione per accedere all’umanità, confrontandosi con l’alterità del reale. L’umanità si manifesta nella finitezza e fragilità, attraverso una trasmissione storica e contingente. Una filosofia autenticamente cristiana permette al pensiero di esplorare il suo orizzonte completo, orientato verso il divino. Il pensatore al governo, volendo attuare il bene del pensiero, rischia di diventare tiranno o di scendere a patti con chi desidera il piacere privato. Il pensare trascende la storia. La tirannide più efficace concede il piacere, rendendo intollerabile il pensare che va oltre il dato. Il pensare ha bisogno di uno spazio pubblico, che non dipende dal consenso. Il sostentamento del pensatore è importante; se pagato, rischia di perdere la sua natura disinteressata. Una società che non lo sostiene si schiera contro il pensare. Il pensare autentico rende accessibile il bene impossibile al dato. Ridurre il pensare a un processo biologico non ne coglie l’essenza. Scrivere non è un atto soggettivo, ma una necessità imposta da “altro”. È un evento che mette in crisi l’ordine del mondo. Scrivere richiede un corpo e si manifesta in scritture finite, incontrando la vita e portando “l’altro”, inclusa la morte come inizio. Scrivere è donare il corpo a un’esigenza, operare tra i significanti, amandoli più del significato. È un disastro perché implica l’impossibilità di scrivere tutto e l’incontro con ciò che resta non scritto. Questa finitezza porta al desiderio. Il desiderio si radica nella natura contingente ma le permette di trasformare il caos in cosmo. C’è differenza tra il sapere a scuola, visto come completo, e all’università, percepito come esterno e incompleto. Il rapporto umano con il reale si manifesta nel godimento immediato o nel desiderio, che si realizza attraverso il linguaggio e i simboli. Il linguaggio crea un ordine simbolico fragile che permette al desiderio di andare oltre il godimento. Questo ordine è lo “spirito oggettivo”, un ambito umano per desiderare. L’umanesimo, confrontandosi con i classici, permette di riscoprire percorsi di desiderio, un’alternativa al godimento o a un sapere utile. Dai classici si riceve una mancanza che stimola il desiderio anche quando si è sazi, offrendo la possibilità di dare al mondo un ordine che non è già dato.Riassunto Lungo
1. Pensare nel Tocco dell’Aperto
Il sapere non è qualcosa da possedere completamente, ma piuttosto una direzione, un percorso. L’esistenza umana è segnata dai limiti, e capire questo è essenziale per chi insegna. L’insegnante non cerca una verità definitiva e assoluta, ma lavora in uno spazio aperto e incerto, dove la realtà non è mai finita. Insegna mostrando come affrontare questa apertura in modo umano, interpretando il mondo e ponendo domande, pur sapendo che non c’è un punto di arrivo finale.Il Ruolo dell’Insegnante
Insegnare una materia significa proporre un punto di vista chiaro, una tesi che offra una direzione agli studenti. Per fare questo, l’insegnante deve essere una presenza forte e consapevole, capace di dare un senso a ciò che insegna e di crederci davvero. È fondamentale accogliere la tradizione in modo critico, riconoscendo il valore di chi è venuto prima, perché solo chi è stato influenzato dagli altri può a sua volta insegnare in modo efficace. L’insegnante si pone quindi come un ponte tra il passato e il futuro del sapere.Il Ruolo dell’Insegnante
La parola dell’insegnante deve essere solida e coerente per poter continuare il dialogo sul sapere. Tuttavia, deve anche mostrare una certa fragilità, suggerendo che è sempre possibile andare oltre e che non esistono verità assolute e immutabili. L’insegnante deve navigare tra la debolezza che non dà punti di riferimento e la rigidità dogmatica che chiude ogni possibilità di ricerca. Il suo compito è tenere aperto lo spazio del pensiero, mostrando che il sapere è vivo e in continua evoluzione. In questo modo, invita lo studente a partecipare attivamente alla costruzione della conoscenza, senza imporre verità preconfezionate.Il Rapporto tra Insegnante e Studente
L’insegnamento si muove in un difficile equilibrio tra l’idea di un significato ultimo e la consapevolezza che tutto è in continuo cambiamento. Mostra come sia possibile interagire con ciò che è finito e limitato senza considerarlo definitivo. Allo stesso tempo, rimanda a qualcosa che va oltre l’esistente, senza però sminuire il valore di ciò che è presente e concreto. L’insegnante testimonia questa tensione, guidando gli studenti a esplorare sia la profondità del sapere sia la sua natura aperta e in divenire. È un invito a non accontentarsi, ma nemmeno a disprezzare il punto di partenza.Il Rapporto tra Insegnante e Studente
L’insegnante può essere visto come un capocantiere che lavora in uno spazio aperto, invitando gli studenti a partecipare attivamente alla costruzione del sapere. Non offre un edificio già pronto e finito, ma piuttosto una struttura aperta, una sorta di laboratorio condiviso dove si lavora insieme. Questo tipo di relazione richiede un delicato equilibrio tra vicinanza e distanza. Inizialmente, l’insegnante ‘conduce a sé’ (se-ducere) per poi ‘condurre fuori’ (educere) l’allievo. Questo significa guidare lo studente all’inizio, ma poi lasciarlo libero di sviluppare un rapporto personale e autonomo con la conoscenza, evitando di creare una dipendenza o un’idolatria verso il maestro.Il Rapporto tra Insegnante e Studente
La trasmissione del sapere non è un semplice passaggio di informazioni, ma avviene attraverso un ‘tocco’. Questo contatto è sia fisico che relazionale, un incontro che lascia un segno profondo nell’altro. Si crea così un legame di ‘appartenenza’, un senso di connessione con il sapere e con chi lo trasmette. Questo legame è fatto di intimità, di vicinanza emotiva e intellettuale, ma anche di distanza, che permette all’allievo di mantenere la propria autonomia. È un’influenza che rispetta l’individualità e promuove la crescita personale.Il Pensiero e la Storia
Ciò che chiamiamo ‘la cosa del pensare’ non è un oggetto esterno che possiamo afferrare, ma piuttosto ciò che mette in difficoltà il pensiero, ciò che lo sfida. È ciò che lega il pensiero ai nostri limiti umani (la finitudine) e al percorso che ha fatto nel tempo (la storia). Il pensiero non nasce dal nulla, ma si sviluppa all’interno di una tradizione, confrontandosi e lavorando con i dettagli e le specificità del mondo. È un processo che non può prescindere dal contesto in cui si manifesta e dalle esperienze passate, trovando il suo senso proprio nel dialogo continuo con ciò che è stato e con ciò che è.Il Pensiero e la Storia
Nel corso della storia, c’è stato un cambiamento importante: l’importanza principale si è spostata dal ‘nous’, che rappresenta l’intelletto che afferra le cose in modo diretto e intuitivo, al ‘logos’. Il ‘logos’ è la ragione che si sviluppa attraverso il dialogo, il discorso e la relazione con gli altri. Questo passaggio ha dato grande valore alla mediazione, cioè alla capacità di confrontarsi con punti di vista diversi e di costruire il sapere insieme. Ha sottolineato l’importanza fondamentale del rapporto con l’altro per la crescita del pensiero. Questo cambiamento ha plasmato il modo in cui comprendiamo la conoscenza e la sua trasmissione, rendendola un processo intrinsecamente legato alla comunità e allo scambio.Il Futuro del Pensiero
C’è un rischio concreto che il pensiero e l’idea stessa di ‘humanitas’, cioè la nostra essenza umana, possano finire. Questo pericolo si manifesta in un’epoca che sembra dominata dalla ricerca di un godimento immediato e totale e da una gestione puramente amministrativa della vita. In questo scenario, lo spazio per l’alterità, per la diversità e per il confronto con ciò che è diverso da noi, tende a scomparire. Quando non c’è più spazio per l’altro, il pensiero che si nutre del confronto e del limite rischia di atrofizzarsi. È una prospettiva preoccupante per il futuro della nostra capacità di riflettere e di essere pienamente umani.Il Futuro del Pensiero
Un ‘manifesto’ per il pensiero non è solo un documento, ma un vero e proprio atto che rende possibile il pensiero stesso. Richiede che diverse individualità, diverse ‘singolarità’, si uniscano. Lo scopo è creare uno spazio condiviso, un luogo dove il pensiero possa continuare a vivere e a svilupparsi. Questo pensiero è quello che rimane legato ai nostri limiti (la finitudine) e alla relazione con gli altri (l’alterità). È un appello a difendere e praticare la capacità di pensare in un mondo che sembra volerla soffocare.Se il sapere è un percorso senza punto di arrivo e la realtà mai finita, come può l’insegnante proporre un “punto di vista chiaro” e una “tesi” senza cadere nella rigidità dogmatica che il capitolo stesso critica?
Il capitolo sottolinea giustamente il rischio della rigidità dogmatica e l’importanza di operare in uno spazio aperto e incerto. Tuttavia, non chiarisce sufficientemente come l’insegnante possa bilanciare la necessità di offrire una direzione chiara e una tesi forte con l’imperativo di mantenere aperto lo spazio del pensiero e riconoscere l’incertezza radicale del sapere. Questa tensione tra guida autorevole e apertura radicale è cruciale per la pratica didattica e meriterebbe maggiore elaborazione per evitare di presentare un’idea dell’insegnamento potenzialmente contraddittoria. Per approfondire questo delicato equilibrio, si potrebbe esplorare la filosofia dell’educazione, in particolare autori che hanno riflettuto sul ruolo dell’autorità e della libertà nel processo educativo, o testi di epistemologia che discutono il rapporto tra convinzione, dubbio e progresso della conoscenza.2. Far Avvenire l’Altro
Un manifesto è un atto che fa accadere qualcosa di specifico, rompendo la normalità che già esiste. Non crea un mondo completamente nuovo, come potrebbe fare una poesia o un racconto epico, ma agisce all’interno di un mondo già formato. Il suo scopo è far emergere opere, azioni o idee particolari. Funziona come una tecnica, un sapere pratico che rende possibili creazioni che sono distinte da chi le propone.Come funziona un manifesto
Un manifesto agisce spesso come una citazione, riprendendo e riferendosi ad altri manifesti che lo hanno preceduto. Questa ripetizione, che si lega alla storia e alla tradizione del linguaggio, permette un inizio nuovo senza cadere nella violenza o nell’egoismo. Iniziando attraverso la citazione, si riceve l’impulso iniziale da ciò che è già stato detto da altri, inserendosi così in una catena storica. Questo processo rende possibile l’emergere di qualcosa di diverso e originale nel presente.Le minacce che un manifesto affronta
Un manifesto rivela anche quanto sia fragile l’evento che vuole far accadere e quali mali lo minacciano. Per un manifesto che riguarda il pensiero, il pericolo principale non è un’opposizione violenta. Piuttosto, è la saturazione dell’esistente, l’incapacità di permettere che qualcosa d’altro possa nascere. È un male che non ha volto, legato a impedimenti pratici o burocratici, o semplicemente all’assenza di sostegno. Questo pericolo si manifesta nel rischio che il pensiero stesso non trovi spazio in un’epoca che sembra poterne fare a meno.Il pericolo per il pensiero nell’epoca attuale
Viviamo in un’epoca dominata dal godimento immediato e dal consumo, dove il pensiero non è assente, ma non se ne sente la mancanza. Questo male è strettamente connesso alla perdita di autonomia del pensiero. I pensatori sono spesso separati dai mezzi necessari per produrre e legittimare le proprie idee, poiché questi mezzi sono in mano privata e orientati principalmente al profitto. L’uso pubblico della ragione, che permette al pensiero di influenzare la società, si indebolisce a favore di usi privati, rendendo difficile per il pensiero avere un impatto nella sfera pubblica.Ciò che rende possibile il pensiero e il manifesto
Affinché il pensiero possa esistere e un manifesto possa avere efficacia, è essenziale l’esistenza di un “corpo”. Questo corpo è una comunità storica di pensatori che, pur essendo specifica e legata a un momento storico, si fa carico di questioni universali. Mantiene vivo l’uso pubblico della ragione, che è fondamentale per il pensiero. La possibilità che un manifesto nasca e che il pensiero continui a esistere dipende dalla capacità di preservare questa tradizione vivente. Questa tradizione è fatta di persone e di significati condivisi, che custodiscono il desiderio di qualcosa di nuovo e rendono possibile un inizio.La sfida attuale e lo scopo di un manifesto per il pensiero
L’epoca attuale, con il suo focus sul consumo che sembra indebolire il desiderio profondo, minaccia questa “corporeizzazione”, mettendo a rischio l’esistenza stessa del pensiero critico e innovativo. Un manifesto per il pensiero, in questo contesto, non è solo una dichiarazione, ma un invito pressante. È un appello a preservare questa tradizione essenziale per mantenere viva la possibilità che qualcosa di “altro” emerga, per custodire il desiderio di un futuro diverso e per garantire che il pensiero possa continuare a fiorire e a incidere nel mondo.Ma questo “corpo” di pensatori è davvero l’unica condizione necessaria per l’esistenza del pensiero critico e del manifesto?
Il capitolo pone l’esistenza di un “corpo”, inteso come comunità storica di pensatori, come condizione essenziale affinché il pensiero possa esistere e un manifesto avere efficacia. Questa affermazione, per quanto suggestiva, potrebbe beneficiare di un maggiore approfondimento sui meccanismi specifici attraverso cui tale “corpo” opera e sul perché debba essere l’unica o la principale forma di “corporeizzazione” del pensiero. La storia del pensiero e la sociologia della conoscenza offrono prospettive diverse sui modi in cui le idee emergono, si diffondono e si istituzionalizzano, non sempre legate a comunità strutturate in senso tradizionale. Per esplorare queste dinamiche e confrontarle con la tesi del capitolo, può essere utile studiare autori che hanno analizzato i rapporti tra potere, sapere e istituzioni, come Michel Foucault o Pierre Bourdieu, o approfondire la storia intellettuale per esaminare come il pensiero si è manifestato in contesti diversi.3. L’Oikos come Spirito Oggettivo
L’economia domina il nostro modo di pensare, sia negli studi che nella vita di tutti i giorni. C’è però chi indaga il senso più profondo di questa disciplina, andando oltre lo studio dei numeri. Autori come Serge Latouche e Silvano Petrosino criticano l’economia vista solo come affari, che riduce la persona a un insieme di bisogni. Ricordano il significato antico di “eco-nomia”: “legge della casa” (oikos). Questo senso è legato all’esistenza della persona, che deve confrontarsi con qualcosa di imprevedibile e cercare di tenerne conto.Perché l’eco-nomia non è una scienza come le altre
Per capire davvero l’economia, dobbiamo capire chi siamo noi esseri umani. È una questione che riguarda il nostro modo di essere. La parola “eco-nomia” unisce “oikos” (casa) e “nomia” (legge o norma). “Nomia” indica un insieme di regole e direttive, non una conoscenza teorica (“logia”) o tecnica. L’eco-nomia non è una scienza basata sull’osservazione perché l'”oikos” non è qualcosa che possiamo semplicemente vedere o toccare. La ragione non lo studia in modo teorico.L’Oikos: un mondo creato dalla ragione
L'”oikos” è creato dalla nostra stessa ragione. È determinato e realizzato dalla ragione nella nostra esistenza. Appartiene al mondo pratico, ma non si limita a guidare la volontà come nella morale. Riguarda invece la costruzione di un’esistenza storica, un mondo che condividiamo. Anche se nasce dal soggetto, questo mondo si sviluppa poi in modo autonomo. L'”oikos” non è un fatto che si osserva, né rientra nella libertà morale. È una materia della ragione, non materiale ma “spirituale”. È sia l’oggetto che il prodotto della ragione. Dipende dall’uso della ragione, che crea le sue regole e il suo oggetto. Questo oggetto, l'”oikos”, ha la stessa natura della ragione ma esiste al di fuori di essa, formando un mondo a sé.L’Oikos come “spirito oggettivo”
Questa idea si avvicina al concetto hegeliano di “spirito oggettivo”. L'”oikos” è una realtà specifica della ragione che non appartiene al singolo individuo. È un’esistenza storica indipendente. Non è il risultato di una singola persona, ma una materia concreta e storica della ragione umana che esiste prima del soggetto singolo. Indica un ambiente universale che nasce dalla natura umana, un mondo della ragione in cui ogni soggetto si trova e agisce. La ragione, confrontandosi con i propri scopi, crea questo mondo oggettivo. È un frutto della ragione, ma da essa indipendente.Ma come può il “pensare autentico”, che si definisce trascendente e disinteressato, esistere concretamente in uno “spazio pubblico” senza essere inevitabilmente contaminato dalle dinamiche di potere, consenso e necessità economiche che caratterizzano tale spazio?
Il capitolo postula una tensione fondamentale tra la natura pura e disinteressata del pensare e la sua necessaria manifestazione in uno spazio pubblico, suggerendo che tale manifestazione porti quasi sempre a un compromesso o a una snaturazione. Questa dicotomia rigida solleva interrogativi sulla praticabilità e sulla stessa definizione di un pensare che sia contemporaneamente trascendente e pubblico. Per approfondire questo complesso rapporto tra pensiero, potere e sfera pubblica, può essere utile esplorare autori che hanno analizzato la vita della mente nel contesto politico e sociale, come Hannah Arendt o Michel Foucault, e considerare studi nell’ambito della sociologia della conoscenza.8. Il Sapere e la Fame Umana
C’è una grande differenza nel modo in cui vediamo la conoscenza quando siamo al liceo rispetto a quando andiamo all’università. Al liceo, spesso pensiamo che la conoscenza sia qualcosa di completo, che l’insegnante possieda tutte le risposte e che ci sia una verità assoluta per ogni domanda. All’università, invece, capiamo che la conoscenza è qualcosa di esterno, sempre in evoluzione e mai del tutto completa. È più come un percorso di ricerca, dove si cercano spunti e indicazioni piuttosto che risposte definitive. Questo modo di vedere la conoscenza si lega al nostro rapporto più ampio con la realtà. Questo rapporto si manifesta in due forme principali: il godimento immediato e il desiderio. Il godimento immediato è un po’ come l’istinto degli animali, che cercano soddisfazione diretta, pensiamo a un cane che morde un osso o insegue un gatto per semplice reazione.Il desiderio, il linguaggio e l’umanesimo
L’altra forma di rapporto con la realtà è il desiderio, che invece prende forma attraverso il linguaggio e i simboli, come quando diamo un nome a quel gatto. Il linguaggio non si basa direttamente sulle cose come sono, ma crea un accordo, una struttura fatta di simboli che, pur essendo delicata, permette al nostro desiderio di andare oltre la semplice soddisfazione immediata. Questa struttura simbolica è ciò che possiamo chiamare ‘spirito oggettivo’, un mondo creato solo dagli esseri umani, dove il desiderio può manifestarsi in modi unici. In questo contesto, l’umanesimo, specialmente studiando i testi classici, ci offre la possibilità di scoprire strade per il desiderio che non sono già segnate nella realtà di tutti i giorni. L’obiettivo non è trovare una definizione fissa di cosa sia l’uomo, ma piuttosto leggere questi testi con attenzione per trovare spunti e segnali del desiderio, offrendo un’alternativa sia alla soddisfazione immediata che a una conoscenza vista solo come qualcosa di utile e pratico.Oltre l’utilità: il valore dell’umanesimo
Oggi, c’è una forte tendenza a considerare la conoscenza solo come uno strumento utile per scopi immediati e pratici, qualcosa da usare subito per ottenere un risultato concreto. L’umanesimo propone invece un percorso di desiderio e riflessione che va oltre la semplice ricerca di soddisfazione materiale o di risposte pronte. Leggendo i classici, riceviamo una sorta di ‘promessa di vuoto’, una sensazione di mancanza o incompletezza che, stranamente, stimola il nostro desiderio di cercare e comprendere ancora di più, anche quando ci sentiamo già appagati o ‘sazi’ di informazioni. Questo ‘pegno di vuoto’ non è una debolezza, ma una forza: ci dà la possibilità unica di dare al mondo un senso e un ordine che non sono già presenti nella realtà in modo automatico, ma che creiamo noi stessi attivamente attraverso il desiderio e il pensiero critico.Ma davvero il desiderio umano, una volta superato il mero istinto, può manifestarsi soltanto attraverso il linguaggio e i simboli, confinato in un ‘spirito oggettivo’ creato dall’uomo?
Il capitolo pone una distinzione netta tra godimento immediato e desiderio, legando quest’ultimo in modo esclusivo al linguaggio e a una struttura simbolica umana. Questa visione, per quanto suggestiva, rischia di trascurare altre dimensioni dell’esperienza umana non strettamente linguistiche o simboliche, come l’arte non narrativa, la musica, o forme di relazione e comprensione che trascendono la parola. Per approfondire la complessità del desiderio e del suo rapporto con la realtà, al di là di una mediazione unicamente linguistica, potrebbe essere utile esplorare autori che hanno indagato il desiderio da prospettive diverse, come Lacan per la psicoanalisi, o filosofi che si sono occupati di estetica e fenomenologia, discipline che offrono sguardi sulla relazione tra l’uomo e il mondo che non si esauriscono nel simbolo verbale.Abbiamo riassunto il possibile
Se vuoi saperne di più, devi leggere il libro originale
Compra il libro[sc name=”1″][/sc] [sc name=”2″][/sc] [sc name=”3″][/sc] [sc name=”4″][/sc] [sc name=”5″][/sc] [sc name=”6″][/sc] [sc name=”7″][/sc] [sc name=”8″][/sc] [sc name=”9″][/sc] [sc name=”10″][/sc]