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Informazioni
“Ciclismo & doping” di Aldo Bernacchi non è solo un libro sullo sport, ma un viaggio crudo nella storia nascosta delle due ruote, quella fatta di sudore sì, ma anche di sangue e provette. Ti porta dentro il mondo del doping ciclismo, partendo dalle prime “bombe” degli anni ’60 fino all’era moderna dell’EPO e delle trasfusioni. Vedrai come figure leggendarie come Eddy Merckx si sono scontrate con i primi controlli, e come la morte di Tom Simpson sul Mont Ventoux ha segnato un punto di svolta. Il racconto si concentra poi sulla figura controversa di Lance Armstrong doping, svelando i suoi rapporti con medici come Michele Ferrari e il sistema sofisticato che gli ha permesso di dominare il Tour de France per anni, un inganno svelato dall’indagine USADA. Ma non è solo Armstrong: il libro esplora scandali enormi come l’Operación Puerto del dottor Eufemiano Fuentes, che ha coinvolto tantissimi corridori, inclusi campioni italiani come Cipollini e Basso, mostrando quanto fosse diffuso il problema. Si parla anche di storie tragiche come quella di Marco Pantani, simbolo di una favola spezzata. Attraverso questi scandali ciclismo, il libro analizza come l’uso di sostanze come l’EPO ciclismo e le trasfusioni di sangue abbiano cambiato le gare e minato la credibilità di uno sport amato, cercando di capire la storia doping ciclismo e le sfide che ancora oggi affronta per riconquistare la fiducia del pubblico, anche con strumenti come il passaporto biologico.Riassunto Breve
Il ciclismo ha una storia segnata dal doping, una pratica diffusa che va oltre i singoli casi. Nonostante l’immagine di sport basato sulla fatica, l’uso di sostanze è una realtà documentata da molti anni. Già in passato si usavano stimolanti, chiamati “bomba”, e la morte di Tom Simpson nel 1967 portò all’introduzione dei primi controlli antidoping. Tuttavia, l’arrivo di sostanze come l’EPO e le trasfusioni di sangue negli anni Ottanta rese il doping più difficile da scoprire.L’era di Lance Armstrong è un esempio di questo inganno sistematico. Le sue vittorie al Tour de France si basavano sull’uso di EPO e trasfusioni, spesso con la collaborazione di medici come Michele Ferrari. Armstrong e i suoi compagni usavano metodi sofisticati per eludere i controlli, come nascondere sacche di sangue. Nonostante le accuse e le indagini, Armstrong ha negato a lungo, ammettendo il doping solo dopo che le prove raccolte dall’USADA e le testimonianze degli ex compagni lo hanno incastrato. La sua caduta ha rivelato l’estensione della frode.Altri scandali importanti, come l’Operación Puerto guidata dal medico Eufemiano Fuentes, hanno mostrato una rete di doping che coinvolgeva molti ciclisti di alto livello, identificati con nomi in codice e con piani dettagliati per l’uso di sostanze e trasfusioni. Casi come quelli di Ivan Basso, Jan Ullrich, Michele Scarponi e Mario Cipollini dimostrano che il doping era una pratica comune nel gruppo, non limitata a pochi. La cultura era spesso quella del “no dope, no hope”, protetta dall’omertà.Il doping ha danneggiato gravemente la credibilità del ciclismo. Le gare sono state influenzate da pratiche illecite e le decisioni sono finite spesso nei tribunali. Ogni grande impresa sportiva viene guardata con sospetto. Sebbene il doping esista anche in altri sport, il ciclismo è stato particolarmente colpito da indagini e controlli, a volte percepiti come più severi rispetto ad altre discipline ricche come il calcio, dove i controlli sul sangue sembrano meno frequenti nonostante i rischi per la salute degli atleti.Per combattere il doping, il ciclismo ha introdotto nuove strategie, come il passaporto biologico, che monitora i parametri fisiologici degli atleti nel tempo per individuare anomalie. Questo strumento rappresenta un tentativo di contrastare la frode sportiva. Nonostante i passi avanti e le confessioni che rompono il silenzio, il ciclismo deve ancora affrontare le conseguenze del suo passato e lavorare per ricostruire la fiducia del pubblico.Riassunto Lungo
1. Sudore e Sangue: La Storia Nascosta del Ciclismo
Il ciclismo, spesso visto come simbolo di salute e fatica pura, nasconde una realtà di diffuso doping. Molti casi e confessioni di corridori hanno portato alla luce l’uso di sostanze come EPO, testosterone e trasfusioni di sangue per migliorare le prestazioni. Il sito Dopeology, ad esempio, ha registrato un numero elevato di corridori squalificati tra il 1980 e il 2013, evidenziando quanto fosse estesa la pratica. Anche Lance Armstrong, una figura centrale in questo contesto, ha ammesso che il doping era una pratica comune nel suo gruppo. La produzione mondiale di EPO sintetico supera di molto le necessità mediche, suggerendo l’esistenza di un vasto mercato illecito, di cui il ciclismo è un grande utilizzatore, sebbene non l’unico sport coinvolto. È interessante notare come l’Amgen, uno dei produttori di EPO, sponsorizzi un importante tour ciclistico, un fatto che solleva diverse domande. Nonostante il ciclismo sia stato tra i primi sport a introdurre controlli antidoping, questi non sono riusciti a eliminare completamente la pratica, rendendola solo più difficile da scoprire.Le Radici Storiche del Doping
Il doping ha radici profonde nella storia del ciclismo professionistico. Un evento tragico che segnò una svolta fu la morte di Tom Simpson sul Mont Ventoux nel 1967, causata da un mix di eccitanti e alcol. Questo incidente portò all’introduzione dei primi controlli antidoping l’anno successivo, nel 1968. Prima dell’era moderna, i corridori facevano uso di stimolanti noti come “bomba” per aumentare la resistenza e superare la fatica. Anche campioni riconosciuti come Eddy Merckx furono trovati positivi a sostanze stimolanti in diverse occasioni. Con l’introduzione dei test, i corridori iniziarono a cercare metodi per eludere i controlli, come dimostrato dal dispositivo per l’urina pulita utilizzato da Michel Pollentier nel 1978 per aggirare i test dopo una vittoria di tappa al Tour de France.L’Avvento dell’EPO e l’Era Armstrong
La situazione del doping cambiò radicalmente negli anni Ottanta con l’avvento di nuove tecniche e sostanze, in particolare il doping ematico e l’uso di EPO, l’eritropoietina ricombinante. Queste nuove pratiche erano significativamente più difficili da rilevare con i test antidoping dell’epoca rispetto ai vecchi stimolanti. L’era di Lance Armstrong, caratterizzata dalle sue sette vittorie consecutive al Tour de France, è considerata un periodo emblematico di grande inganno nel ciclismo. Le indagini, in particolare quella condotta dall’USADA (Agenzia Antidoping Statunitense), hanno rivelato che le sue vittorie erano basate su un programma sistematico e sofisticato di doping che prevedeva l’uso regolare di EPO e trasfusioni di sangue. Questo periodo ha messo in luce la complessità e la pervasività del doping nel ciclismo di alto livello nell’era moderna.Il capitolo descrive la ‘storia nascosta’, ma quanto è davvero ‘nascosta’ se il sistema stesso ne era complice?
Il capitolo, pur descrivendo efficacemente l’estensione e l’evoluzione del doping nel ciclismo, rischia di concentrarsi eccessivamente sugli atleti e sulle sostanze, trascurando il contesto sistemico. Per comprendere appieno perché il doping sia diventato così radicato, è fondamentale esplorare le pressioni economiche, la cultura interna del ciclismo professionistico e il ruolo delle squadre, dei direttori sportivi e dei medici. Approfondire la sociologia dello sport e l’etica sportiva, magari leggendo autori che hanno analizzato criticamente il mondo del ciclismo dall’interno o dall’esterno (come Paul Kimmage), può offrire una prospettiva più completa sulle dinamiche che hanno permesso a questa “storia nascosta” di prosperare per decenni.2. La Rete del Doping e la Caduta di un Mito
Michele Ferrari entra in contatto con Lance Armstrong nel 1995, un periodo in cui lavora per la squadra Gewiss con l’obiettivo di aumentare l’ematocrito dei corridori. Questo lavoro porta a risultati notevoli nel ciclismo di allora. Evgenij Berzin vince il Giro d’Italia del 1995 mostrando un ematocrito elevato. Giorgio Furlan conquista la Milano-Sanremo, ma deve poi ritirarsi a causa di un trombo. Bjarne Riis domina il Tour de France del 1996 con un valore di ematocrito al 56%, ammettendo anni dopo di aver fatto uso di Epo. Ferrari esprime ammirazione per Armstrong, pur negando pubblicamente rapporti professionali diretti con la sua squadra in quel momento.Il Rapporto con Armstrong e le Pratiche di Doping
Dal suo sito web, Ferrari continua a elogiare Armstrong, sostenendo che avrebbe trionfato anche senza l’uso di Epo. Armstrong, al contrario, lo menziona di rado nelle sue autobiografie e nella confessione televisiva, descrivendolo semplicemente come “non un mostro”. Non fa alcun riferimento a pagamenti significativi trasferiti su un conto in Svizzera, intestato a una società che l’Agenzia Antidoping Statunitense (Usada) collega direttamente a Ferrari. Questi trasferimenti, che Armstrong giustifica come spese per terapie di osteopatia, sono invece interpretati dall’Usada come pagamenti per consulenze e trattamenti legati all’uso di Epo, testosterone, ormoni della crescita e trasfusioni di sangue. Ferrari pianifica nei dettagli il programma di doping per Armstrong e i suoi compagni di squadra, i quali si sentono obbligati a seguire le sue indicazioni. Armstrong utilizza l’Epo, soprannominata “oro liquido”, per potenziare le proprie prestazioni fisiche. Ferrari, conosciuto anche con il soprannome Schumi, fornisce i consigli necessari ma sceglie di rimanere distante dalle competizioni. Il medico ufficiale della squadra Us Postal, Pedro Celaya, ha un ruolo attivo nel convincere i corridori a usare sostanze proibite, presentandole come benefiche per la loro salute e il recupero.Gli Scandali e le Indagini
Nel 1998, il ciclismo è scosso dallo scandalo Festina durante il Tour de France, quando il massaggiatore Willy Voet viene fermato con un’ingente quantità di farmaci proibiti, tra cui molta Epo. Questo episodio mette in luce la vasta diffusione del doping all’interno del gruppo. La paura generata dallo scandalo spinge il dottor Celaya a disfarsi rapidamente dei prodotti vietati in possesso della squadra Us Postal. Nonostante lo scandalo, Armstrong non viene coinvolto direttamente dalle indagini e prosegue il suo programma sportivo. Anni dopo, nel 2005, il quotidiano francese “L’Équipe” pubblica un’inchiesta che accusa Armstrong di aver praticato doping in modo sistematico. L’articolo si basa sui test effettuati su campioni delle sue urine prelevati durante il Tour del 1999, rivelando la presenza di Epo sintetica in ben sei occasioni. Si spiega che l’Epo è un ormone capace di aumentare la produzione di globuli rossi, migliorando così l’ossigenazione dei muscoli e potenziando significativamente le prestazioni atletiche.La Reazione e la Confessione
Di fronte alle accuse dell’inchiesta de “L’Équipe”, Armstrong reagisce con fermezza, esprimendo sdegno e definendo l’articolo “giornalismo spazzatura”. Nega categoricamente di aver fatto uso di additivi o Epo per migliorare le sue performance. Nonostante i dubbi sollevati, il mondo del ciclismo decide in gran parte di continuare a credere nel suo mito e nella sua immagine pubblica. Tuttavia, diversi anni dopo, la verità emerge. Armstrong ammette apertamente di essersi dopato durante un’intervista televisiva con Oprah Winfrey. Durante quella conversazione, collega la sua pratica del doping a una filosofia basata sulla necessità di vincere a ogni costo, un principio che ha guidato le sue azioni per lungo tempo.Se il doping era una “rete” diffusa, come suggerisce il capitolo, perché la narrazione si concentra quasi esclusivamente su due figure, omettendo il contesto sistemico che lo rendeva possibile?
Il capitolo, pur intitolato “La Rete del Doping”, sembra concentrare l’attenzione quasi esclusivamente sulla figura di Ferrari e sul suo rapporto con Armstrong, pur menzionando episodi come lo scandalo Festina che suggeriscono una diffusione ben più ampia del fenomeno. Questa focalizzazione rischia di presentare il doping come un problema legato a pochi “mostri” individuali, trascurando il contesto sistemico – le pressioni competitive, economiche, il ruolo delle squadre e delle istituzioni – che ha permesso a tale “rete” di prosperare per anni. Per comprendere appieno la portata del fenomeno e le sue cause profonde, sarebbe utile approfondire la storia e la sociologia dello sport professionistico, esplorando autori che analizzano le dinamiche di potere e gli incentivi economici nel mondo delle competizioni d’élite.3. La Leggenda e l’Ombra del Doping
Lance Armstrong manteneva riservati i suoi contatti con il medico Ferrari, nonostante le accuse pubbliche che circolavano. Prima del Tour de France del 2001, negò di aver mai discusso o fatto uso di EPO insieme a lui. Durante il Giro di Svizzera di quell’anno, Armstrong risultò positivo a un controllo antidoping. Tuttavia, la vicenda sembrò essere messa a tacere poco dopo, in seguito a una donazione fatta all’UCI, l’Unione Ciclistica Internazionale. L’UCI, da parte sua, si limitò a confermare di aver ricevuto tale donazione.Metodi e Complici
Nel 2002, Floyd Landis entrò a far parte della squadra US Postal e divenne uno degli alleati più stretti di Armstrong. I due condividevano pratiche dopanti, come l’uso di sacche di sangue per trasfusioni e l’assorbimento trans-dermico di testosterone. Armstrong arrivò ad affidare a Landis le chiavi del suo appartamento a Girona, in Spagna, per custodire queste sacche di sangue. Queste tecniche sofisticate servivano principalmente a sfuggire ai controlli antidoping, soprattutto dopo che, nel 2001, i laboratori Wada avevano iniziato a essere in grado di rintracciare l’EPO nelle urine. Utilizzando questi metodi, Armstrong riuscì a vincere il suo quarto Tour de France, con Landis al suo fianco come prezioso supporto.
Il Ritiro da Campione
Nel luglio del 2005, Lance Armstrong ottenne la sua settima vittoria consecutiva al Tour de France. Subito dopo questo trionfo, annunciò il suo ritiro dall’attività agonistica, venendo celebrato come un campione ineguagliabile. In quel periodo, i suoi guadagni superavano i 110 milioni di dollari, e la rivista Forbes lo classificava tra i più grandi atleti a livello mondiale. Dopo il suo ritiro, un dettaglio rivelato anni dopo indica che il suo compagno di squadra George Hincapie si occupò di controllare la casa di Girona per eliminare ogni possibile traccia di doping presente.
Le Indagini e le Rivelazioni
Poco dopo il ritiro di Armstrong, il quotidiano francese L’Équipe pubblicò un’inchiesta che gettava nuove ombre sul suo passato. L’indagine si basava sull’analisi di campioni di urina prelevati tra il 1998 e il 1999, che erano stati rianalizzati nel 2004 utilizzando nuove tecniche più sensibili. Il laboratorio confermò la presenza di EPO in questi campioni attribuiti ad Armstrong. Nonostante questi controlli non avessero valore ufficiale ai fini sanzionatori, la notizia generò un enorme scandalo. Armstrong reagì definendo le rivelazioni “schifezza” e difendendosi con il fatto di aver superato centinaia di controlli antidoping nel corso della sua carriera. L’allora presidente dell’UCI, Hein Verbruggen, cercò di minimizzare la portata delle accuse. La tempesta mediatica, per il momento, si placò e Armstrong poté dedicarsi alla sua fondazione Livestrong.
Nonostante il medico Ferrari fosse stato inibito dal CONI e avesse avuto procedimenti legali a suo carico, Armstrong annunciò pubblicamente nel 2005 di aver interrotto ogni rapporto con lui. Tuttavia, le successive indagini condotte dall’USADA (l’Agenzia Antidoping Statunitense) indicarono che i contatti tra i due erano proseguiti almeno fino al 2010. Una sentenza d’appello a Bologna che assolse Ferrari da alcune accuse contribuì, in quel momento, a rafforzare ulteriormente la posizione pubblica di Armstrong e a stemperare parte delle polemiche.
Il capitolo afferma che il doping fosse la ‘norma’ nel ciclismo. Ma quali prove concrete, oltre a casi noti e una singola testimonianza, supportano una generalizzazione così forte?
Il capitolo, pur fornendo esempi significativi, basa l’affermazione che il doping fosse la ‘norma’ e che ‘pochissimi corridori non usassero sostanze’ in gran parte sulla testimonianza di un singolo atleta. Per valutare la reale portata di questa ‘norma’ e se fosse un fenomeno così universalmente diffuso, sarebbe necessario integrare la narrazione con altre fonti: indagini giornalistiche approfondite, testimonianze di una pluralità di attori del ciclismo (non solo i casi più noti) e studi sulla sociologia dello sport che analizzino le pressioni sistemiche. Approfondire il lavoro di giornalisti investigativi o storici del ciclismo può fornire un quadro più completo.6. L’ombra lunga del doping sul ciclismo
Il doping, con sostanze come Epo e ormoni sintetici, non è un problema solo del ciclismo. Riguarda anche atletica, sci di fondo, nuoto e lotta, con casi noti come Ben Johnson, Marion Jones e Alex Schwazer. Eppure, il ciclismo è l’unico sport dove le forze dell’ordine, come la polizia e i NAS, intervengono regolarmente, come dimostra il blitz al Giro d’Italia del 2001 che portò al ritrovamento di molte sostanze proibite.Controlli e Sospetti nel Ciclismo
Queste operazioni si ripetono ogni anno nel mondo del ciclismo. Al contrario, nel calcio, uno sport con enormi risorse economiche, sembra non esserci lo stesso livello di controllo. Nonostante la Wada chieda verifiche sui valori sanguigni, anche per l’aumento di morti premature e malattie gravi tra gli ex calciatori, queste notizie non emergono. Tuttavia, sono le morti nel ciclismo a sollevare i sospetti più forti, spesso collegati a doping, depressione e solitudine. Campioni come Laurent Fignon, José María Jiménez, Frank Vandenbroucke, Luis Ocaña e gregari come Fois e Zanette hanno avuto destini tragici. Il nome più conosciuto legato a queste vicende è certamente quello di Marco Pantani.Un Passato Complicato e la Mancanza di Fiducia
Nonostante la stagione ciclistica offra momenti di grande spettacolo, ogni impresa, specialmente nelle corse più lunghe e faticose, viene guardata con scetticismo. I nomi dei corridori sono spesso associati a sostanze o scandali del passato, come Alberto Contador legato al clenbuterolo o Alejandro Valverde al caso Fuentes. Affermare che Lance Armstrong sia solo un ricordo del passato non risolve il problema, dato che indagini recenti continuano a portare alla luce nuove questioni. Il fatto che il ciclismo sia stato sottoposto a controlli per decenni, considerando i risultati, è un elemento che gioca a suo sfavore. Controlli permissivi e regole come il limite del 50% di ematocrito hanno permesso manipolazioni del sangue. La teoria del dottor Michele Ferrari, secondo cui il doping è solo ciò che viene scoperto, non è stata accettata dall’Unione Ciclistica Internazionale (UCI), ma riflette una realtà difficile.Nuove Strategie e la Speranza di Cambiamento
Il doping ha creato una situazione molto difficile per l’immagine e la credibilità del ciclismo. Le confessioni fatte di recente da alcuni protagonisti rompono un silenzio che ha causato molti danni e rappresentano una possibile via d’uscita. È un segnale positivo che gli ultimi vincitori del Tour de France, Cadel Evans e Bradley Wiggins, non siano stati coinvolti in scandali legati al doping. Il passaporto biologico, che monitora i parametri del sangue degli atleti nel tempo, è una tecnica più avanzata per contrastare le frodi sportive. Andamenti anomali nei valori o l’impossibilità di rintracciare un corridore possono portare a sanzioni. Questo strumento rappresenta l’ultima linea di difesa contro il doping, in attesa di un cambiamento più profondo basato sull’etica. Il ciclismo deve riconoscere che per recuperare credibilità, è necessario un rinnovamento quasi totale.Se il doping è un problema diffuso in molti sport, perché il capitolo sembra suggerire che solo il ciclismo sia l’unico vero malato, o almeno l’unico a essere curato con tanta veemenza?
Il capitolo evidenzia giustamente come il doping non sia esclusiva del ciclismo, citando casi in atletica, sci e nuoto, e sollevando dubbi sulla mancanza di controlli nel calcio nonostante segnali preoccupanti. Tuttavia, la narrazione si concentra quasi esclusivamente sul ciclismo come sport afflitto da scandali, sfiducia e tragedie legate al doping, mentre gli altri sport vengono menzionati solo per contrasto iniziale. Questa focalizzazione rischia di creare l’impressione che il problema sia qualitativamente diverso o peggiore nel ciclismo, quando forse è solo la rilevazione del problema ad essere più aggressiva in questa disciplina. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile approfondire la storia e la sociologia dell’anti-doping, analizzando come le politiche di controllo e le relative narrazioni mediatiche si siano sviluppate in modo differente nei vari sport. Autori come Verner Møller o John Hoberman offrono prospettive critiche su questi temi, aiutando a distinguere tra la reale prevalenza del doping e la sua visibilità mediatica e giudiziaria.Abbiamo riassunto il possibile
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