Letteratura

Cevengur

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1. Corpi e Utopie Nelle Steppe

Un gruppo di persone povere e ai margini della società intraprende un viaggio attraverso la vasta steppa. Sono gli “ultimi” e la loro meta è un luogo chiamato Čevengur, dove credono che il comunismo possa realizzarsi spontaneamente. Durante questo percorso, ciò che emerge con forza sono i loro sentimenti, i dolori profondi e le speranze tenaci. È un’umanità segnata dalla fatica, la cui realtà è profondamente legata alla condizione fisica, spesso estenuata dal viaggio e dalle privazioni. L’attenzione si sposta così dagli eventi storici astratti alle emozioni e alle concrete condizioni dei corpi che vivono quell’esperienza.

Il corpo come unica verità

In questa ricerca, il corpo diventa l’unico strumento affidabile per comprendere la realtà circostante. È attraverso l’esperienza fisica, la sofferenza provata sulla propria pelle, che si arriva a capire la fallibilità delle idee astratte. Le teorie, per quanto elaborate, non vengono considerate degne di fiducia. La verità si manifesta nel vissuto concreto, nella fatica dei corpi, nel dolore che si prova. È una visione del mondo dove l’astrazione cede il passo alla tangibilità dell’esistenza fisica.

L’utopia che non si realizza

La speranza di trovare un luogo dove non esista sfruttamento e dove persino la morte sia superata si scontra con la realtà. L’utopia cercata, un mondo perfetto, non riesce a concretizzarsi. Anche nel villaggio di Čevengur, nonostante i tentativi di applicare le condizioni ideali per il comunismo, il risultato è l’opposto di quanto sperato. Questo luogo, che avrebbe dovuto rappresentare il sogno realizzato, si rivela invece l’immagine di un’utopia fallita, dimostrando come le idee, separate dalla realtà umana e fisica, non portino alla felicità attesa.

Il peso dell’essere orfani

Un tema centrale che attraversa l’esperienza di queste persone è l’essere orfani. Questo si manifesta sia a livello individuale, come nella ricerca del padre da parte di Saša Dvanov, sia a livello collettivo, riferendosi all’intera condizione degli “ultimi”. Questa orfanezza suggerisce una profonda mancanza di legami con il passato. L’idea che emerge è che cercare di costruire un futuro completamente nuovo, senza memoria delle proprie radici e della storia, sia un percorso destinato inevitabilmente al fallimento.

Macchine e lavoro come rifugio

In questo contesto di utopie fallite e legami spezzati, alcuni personaggi trovano un senso e una concretezza nel lavoro manuale e nelle macchine. Questi elementi appaiono più solidi e affidabili rispetto alla fragilità delle relazioni umane o all’incertezza della natura incontaminata. Le macchine e il lavoro rappresentano una realtà tangibile, un punto fermo in un mondo in cui le idee astratte e i sogni di un futuro perfetto si dissolvono, offrendo una forma diversa di connessione con il mondo.

Affermare che il corpo sia l’unica verità non rischia di trascurare altre forme di conoscenza e comprensione della realtà?
Il capitolo, ponendo l’accento sul corpo come unica fonte di verità, presenta una visione potente ma potenzialmente limitata. La comprensione umana della realtà si nutre anche di astrazioni, concetti, memoria collettiva e strutture sociali che vanno oltre la mera esperienza fisica individuale. Per esplorare questa complessità e confrontare diverse prospettive sulla natura della conoscenza e della verità, può essere utile approfondire la filosofia della conoscenza (epistemologia) e la sociologia. Autori come Max Weber hanno indagato il profondo legame tra idee, credenze e la costruzione della realtà sociale, offrendo spunti per capire come l’astrazione possa non essere solo un inganno, ma anche una forza plasmatrice.


2. La ricerca di calore umano nel caos

Un operaio di nome Zachar Pavlovič inizialmente è profondamente legato al mondo delle macchine, mentre osserva la vita e la natura come forze che agiscono senza curarsi della sofferenza umana, una sofferenza che si ripete incessantemente.

Il cambiamento e la ricerca di risposte

L’incontro con giovani orfani come Proška e Saša lo porta a riconsiderare le sue convinzioni, iniziando a dare più valore agli esseri umani rispetto alle macchine. La sua passione per la meccanica diminuisce, sostituita da una crescente preoccupazione per il destino delle persone. Con lo scoppio della guerra e della rivoluzione, il mondo intorno a lui cambia radicalmente. Zachar Pavlovič riflette sul potere e sulla violenza, non riuscendo a comprendere la necessità di un’autorità che spesso genera solo sofferenza. Assiste alla morte di un collega, un evento che gli mostra in modo crudo la fragilità della vita. Cerca un partito politico che possa offrire una felicità certa e duratura, ma trova solo ideologie astratte e la promessa di una lotta continua, arrivando alla conclusione amara che ogni forma di potere è intrinsecamente una forma di dominio.

Saša e la sensibilità verso il mondo

Saša, che viene adottato da Zachar Pavlovič, ha una percezione del mondo molto diversa, caratterizzata da una profonda empatia. Sente le macchine e la natura quasi come esseri viventi e cerca costantemente connessioni con ciò che lo circonda, senza avere scopi definiti o ambizioni materiali. Viene mandato al fronte, dove vive in prima persona gli orrori della guerra e la sofferenza collettiva. Si trova alla guida di un treno e rischia una grave collisione, assistendo da vicino a scene di morte e distruzione. Incontra molte persone che vagano disorientate, la cui unica speranza è trovare un modo per salvarsi e sopravvivere.

La ricerca del socialismo tra la gente

A Saša viene affidato l’incarico di cercare manifestazioni di socialismo spontaneo tra la popolazione, lontano dai centri di potere. Viaggia attraverso la campagna, osservando da vicino la povertà estrema e la profonda solitudine che affliggono le persone comuni. Mentre i funzionari di partito discutono e cercano soluzioni razionali e teoriche per costruire la nuova società socialista, la gente nelle campagne soffre la fame e le malattie. Saša continua la sua ricerca, trovando individui che vivono ai margini della società, la cui unica vera ricerca non è un’ideologia, ma semplicemente la sopravvivenza quotidiana e un po’ di calore umano in un mondo caotico e indifferente.

È logicamente sostenibile definire “socialismo spontaneo” la semplice ricerca di sopravvivenza e calore umano in un mondo caotico?
Il capitolo descrive efficacemente il divario tra le discussioni teoriche dei funzionari di partito e la cruda realtà della sofferenza tra la popolazione. Tuttavia, l’identificazione della ricerca di sopravvivenza e di connessione umana con il concetto di “socialismo spontaneo” presenta una lacuna argomentativa. Non viene chiarito come bisogni primari e reazioni alla disperazione si traducano in una forma, pur non organizzata, di socialismo. Per comprendere meglio la complessa relazione tra ideologie politiche, le condizioni materiali di vita delle masse e le dinamiche sociali non strutturate, sarebbe utile approfondire studi di sociologia politica e le analisi di pensatori che hanno esaminato le rivoluzioni e le loro conseguenze sociali, come Hannah Arendt o Raymond Aron.


3. La Ricerca del Socialismo nella Steppa

Nella steppa, la rivoluzione in Russia si manifesta attraverso tentativi diversi e spesso contraddittori di costruire il socialismo. Questo ideale viene perseguito in modi inaspettati. Dvanov, ad esempio, viaggia cercando una sua realizzazione concreta, legandola allo sviluppo agricolo e all’irrigazione delle terre aride. Durante il suo viaggio, incontra figure che rappresentano varie risposte al nuovo ordine: contadini che vivono nella miseria e si nutrono di terra, un uomo che si crede dio e propone azioni simboliche, e gruppi come la comune “Amicizia del contadino povero” che si organizzano con regole complesse ma trascurano la produzione agricola di base.

Diverse Figure e Approcci Ideologici Si osserva una tensione tra l’ideologia rivoluzionaria e la realtà quotidiana. Diversi personaggi incarnano questa lotta. Figure come Kopënkin, un comandante bolscevico guidato dall’amore per Rosa Luxemburg, agiscono con violenza ideologica. Altri, come il plenipotenziario Dostoevskij, riflettono sulla vita e cercano di implementare il socialismo attraverso riforme sociali e persino cambiamenti di nome per l’autoperfezionamento dei cittadini. La distribuzione del bestiame ai contadini poveri, ad esempio, si rivela problematica per la mancanza di risorse e competenze necessarie per prendersi cura degli animali.

Le Sfide della Realtà Quotidiana La rivoluzione appare come un processo confuso, dove le idee astratte si scontrano con la necessità pratica di sopravvivenza. La ricerca del socialismo avviene in progetti concreti come l’irrigazione o l’abbattimento di boschi per fare spazio alla segale. Ma si cerca anche in simboli e organizzazioni burocratiche che a volte sembrano vuote. La vita nella steppa è segnata dalla povertà, dalla violenza dei banditi e dalla difficoltà di comprendere e mettere in pratica i principi rivoluzionari.



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Se il comunismo non è un sistema o un’organizzazione, ma risiede “nel corpo degli ultimi” e nelle loro sofferenze, non si sta forse confondendo l’ideale con la condizione di chi quell’ideale avrebbe dovuto liberare?
Il capitolo presenta una visione del comunismo che si discosta radicalmente dalle sue definizioni storiche e teoriche, spostandone la sede dalle strutture socio-economiche ai corpi sofferenti e alle relazioni fragili degli individui. Questa prospettiva solleva interrogativi cruciali sulla natura stessa del comunismo: si tratta di una sua ridefinizione o piuttosto della descrizione del suo fallimento nel manifestarsi a livello strutturale, riducendosi a una condizione esistenziale condivisa? Per approfondire questa tensione e comprendere le implicazioni di tale interpretazione, è fondamentale confrontarsi con la teoria marxista classica, le analisi critiche delle esperienze storiche del comunismo e le riflessioni filosofiche sulla sofferenza e la solidarietà. Autori come Marx, o pensatori che hanno criticato o reinterpretato il comunismo alla luce della sua attuazione storica, possono offrire strumenti utili.


8. La Fine e il Ritorno

A Čevengur manca organizzazione ufficiale e persone con le competenze necessarie, nonostante l’area coltivata sia aumentata. La città appare abitata da vagabondi con scarse capacità pratiche, e l’unica cosa che la segnala nel paesaggio è un faro fatto di argilla. Serbinov, osservando questa situazione, invia un rapporto critico al governatorato e sente di non poter trovare compagni o persone con cui condividere le sue preoccupazioni tra gli abitanti. Intanto, arrivano Prokofij, un musicante e un gruppo di donne, presentate come future compagne per gli uomini. Gli uomini di Čevengur accolgono queste donne con un certo imbarazzo, non sapendo bene come comportarsi. Le donne, provate dalle difficoltà della vita, sono fisicamente deboli e cercano soprattutto calore e protezione, più che legami d’amore o relazioni romantiche.

Nuovi Arrivi e Cambiamenti nella Comunità

Vengono integrate nella comunità non tanto come mogli, ma principalmente come “madri” o “sorelle” per gli orfani presenti in città. Questa integrazione spinge molti abitanti a concentrarsi sui legami personali e sulla vita domestica, diminuendo l’impegno nel lavoro per la collettività e l’ideale comune. Kirej in particolare si lega a una donna di nome Gruša e dedica tutte le sue energie e attenzioni a lei, trascurando gli affari della comunità. Nel frattempo, Prokofij inizia a fare un inventario di tutto ciò che c’è in città, quasi considerandola una sua proprietà di famiglia e non un bene comune. Karčuk, intanto, parte per consegnare le lettere scritte da Serbinov, sentendo un vuoto e la mancanza di uno scopo personale nella sua vita, lontano dagli eventi che stanno per accadere.

L’Attacco e le Perdite

Improvvisamente, la città viene attaccata da un gruppo di cavalleggeri che irrompono con violenza. Gli abitanti cercano di difendersi come possono, usando armi improvvisate trovate sul momento per respingere l’assalto. Durante la battaglia che ne segue, molte persone muoiono, tra cui figure centrali come Serbinov e Kirej, che perdono la vita combattendo. Anche Kopënkin viene ferito a morte e muore mentre il suo fedele cavallo, chiamato Forza Proletaria, lo porta via dalla lotta disperata. Dvanov, testimone di questi eventi tragici, decide di seguire il cavallo nella steppa, allontanandosi dalla città in fiamme e dal caos.

Il Ritorno di Dvanov alle Origini

Dvanov, cavalcando il cavallo Forza Proletaria che lo ha portato via dalla battaglia, raggiunge il suo villaggio natale dopo un lungo viaggio. Arriva fino al lago Mutëvo, lo stesso lago dove suo padre aveva trovato la morte anni prima in circostanze misteriose. Qui, Dvanov riconosce i luoghi e gli oggetti che gli erano familiari fin dall’infanzia, carichi di ricordi e malinconia. Entra nel lago insieme al cavallo e scende in acqua, cercando disperatamente una traccia o un segno del padre scomparso, come se volesse ritrovare un legame perduto nelle profondità. È un gesto finale di ricerca e ricongiungimento con il suo passato e le sue radici.

La Città Vuota

Mentre Dvanov è immerso nel lago Mutëvo, il cavallo Forza Proletaria torna da solo verso Čevengur, lasciando Dvanov al suo destino. Poco dopo, la città viene trovata completamente vuota da Karčuk e Zachar Pavlovič, che sono arrivati sul posto proprio in cerca di Dvanov e degli altri abitanti. Non c’è più traccia degli uomini e delle donne che la popolavano, il luogo è deserto. Solo Prokofij è rimasto in quel luogo desolato, seduto in mezzo alle proprietà che aveva meticolosamente inventariato, e sta piangendo da solo, circondato dal silenzio e dalla desolazione della città abbandonata.

Ma come si può liquidare la fine di un’intera comunità con un attacco improvviso e una scomparsa di massa senza spiegazioni?
Il capitolo descrive la violenta irruzione dei cavalleggeri e la successiva constatazione che la città è quasi completamente vuota, lasciando il lettore con interrogativi fondamentali. Chi sono gli aggressori? Qual è il loro movente? E, soprattutto, cosa accade agli abitanti che non muoiono nello scontro? La narrazione, così come presentata, lascia un vuoto contestuale che impedisce di comprendere appieno le forze in gioco e il destino della comunità. Per colmare questa lacuna e afferrare il significato di questa dissoluzione, è necessario esplorare il contesto storico e le complessità politiche dell’epoca, oltre a immergersi nella visione unica dell’autore. Approfondire l’opera di Platonov è la via maestra per trovare risposte.


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