Contenuti del libro
Informazioni
“Camminare. Meditazioni per chi va a piedi” di Arthur Sidgwick non è il solito libro su come fare trekking o escursionismo. È un saggio che ti fa capire che il vero camminare è un’esperienza totale, che unisce corpo e mente, un modo per connettersi davvero con la natura circostante, l’aria, le colline, il verde. Non è solo muoversi, è quasi una forma di meditazione attiva, incompatibile con il parlare superficiale ma capace di rendere più profonde le conversazioni sociali su temi come morale o politica. Sidgwick esplora il legame tra il camminare e la musica, il ritmo del passo che si sposa con certe melodie, e discute il valore intrinseco di questa attività fisica, non come sport competitivo contro altri, ma come confronto con l’ambiente e con sé stessi. Il libro tocca temi come i sentieri pubblici storici in Inghilterra, mappati da figure come Walker Miles, e come il camminare faciliti l’intimità e la socievolezza in modo più autentico delle convenzioni formali. Si guarda anche a come il camminare è stato rappresentato nella letteratura, da Elizabeth Bennet in Austen ai personaggi di Dickens, e si riflette sull’equipaggiamento, sul cibo e sulle bevande del camminatore. Viene esplorata la differenza tra camminare in compagnia e camminare da soli, con una sezione dedicata all’esperienza unica di camminare a Londra, perdendosi nell’anonimato della folla. In sintesi, è una vera e propria filosofia del cammino, che ti invita a riscoprire il significato profondo di questa attività apparentemente semplice.Riassunto Breve
Il vero camminare impegna tutto l’essere, unisce corpo e mente e richiede sforzo fisico con una certa passività mentale per connettersi con la natura. È diverso dal semplice passeggiare o gareggiare. Il vero camminare non si combina bene con il vero parlare, perché uno richiede ricettività e l’altro attività mentale specifica; durante la camminata ci sono solo chiacchiere o monologhi. Tuttavia, chi cammina a lungo sviluppa generalizzazioni più profonde su temi come morale o politica, che derivano da un pensiero che coinvolge tutto il corpo. Questi camminatori portano nelle conversazioni temi considerati banali, ma per loro vitali, come il tempo atmosferico, che influenza profondamente chi è in sintonia con la natura. Anche mangiare e bere assumono gravità, legati all’esperienza concreta della camminata. I luoghi sono vissuti come relazioni personali. Parlare di sentieri e cime crea un legame tra camminatori. L’Inghilterra ha una rete di sentieri pubblici mappati da Walker Miles, che rappresentano antichi diritti del popolo e il loro uso è fondamentale. Camminare ha un legame naturale con la musica per via del ritmo del passo e dello stato fisico; diversi ritmi musicali si adattano all’andatura. La musica tematica si lega bene all’elaborazione dei pensieri durante il cammino. La danza moderna, come il valzer, si è ridotta a un ritmo uniforme e si lega a contesti artificiali, non a sentimenti profondi. Il legame del camminare con la musica che riflette natura e pensiero è superiore. L’Allegro della Settima di Beethoven è un esempio di musica adatta al camminare. Il camminare non è uno sport in senso stretto, che implica competizione umana, ma è un confronto con l’ambiente. Condivide con lo sport l’essere all’aperto, lo sforzo fisico e l’abilità. Molti atleti lo usano per l’allenamento. Il valore profondo del camminare e dell’atletica sta nel valore intrinseco della forza fisica e nel benessere attivo del corpo, non solo nella salute intesa in modo limitato. Camminare è buono in sé. Favorisce l’intimità e la socievolezza meglio delle convenzioni sociali formali. L’attività condivisa all’aperto incoraggia la spontaneità e la comprensione. “Uscire a piedi” è una convenzione sociale naturale che nutre i rapporti umani. La storia ufficiale ignora il camminare quotidiano, mentre la letteratura lo rivela. In passato era visto come utilitario o medico. Un cambiamento si vede in letteratura successiva, con personaggi che apprezzano il camminare per sé stesso e i suoi effetti spirituali. La scelta dell’equipaggiamento non è solo pratica, ma influenzata da istinto di uniformità e moda. Cibo e bevande per camminatori sono influenzati da dogmatismi o sentimentalismo; l’acqua ha un significato simbolico. L’equipaggiamento acquisisce valore oltre la funzione, diventando parte del camminatore, intriso di ricordi. Camminare in compagnia è considerato superiore moralmente e socialmente al camminare da soli, visto come egoistico. Camminare da soli si giustifica quando i ritmi sono diversi, per mantenere l’andatura necessaria a liberare la mente da preoccupazioni (“la Gobba”), o in ambienti difficili come la città. Londra è un’eccezione per il camminare in città; l’anonimità permette di sentirsi isolati e mantenere un ritmo contemplativo, aiutando a capire la struttura della città con il Tamigi centrale. Camminare a Londra non sostituisce la campagna. L’ideale per chi vive a Londra è partire per camminare in compagnia; questa esperienza di gruppo, pur richiedendo organizzazione, crea legami duraturi.Riassunto Lungo
1. La Profonda Conversazione del Camminatore
Il camminare autentico coinvolge completamente la persona, unendo corpo e mente in un’unica azione. Richiede impegno fisico, ma anche una certa quiete interiore, quasi una passività mentale, che apre alla percezione profonda dell’ambiente circostante: l’aria che si respira, il calore del sole sulla pelle, il profilo morbido delle colline, il verde intenso della vegetazione. Questa immersione è molto diversa dal semplice passeggiare senza meta o dalla frenesia di una gara, che restano movimenti più superficiali. Proprio per questa sua natura ricettiva, il camminare autentico non si sposa bene con il parlare nel suo senso pieno. Il parlare, infatti, esige un’attività mentale specifica e concentrata, mentre il camminare chiede apertura e ricezione. Cercare di fare entrambe le cose contemporaneamente finisce per impoverire sia la camminata che la conversazione. Mentre si cammina, l’espressione verbale si riduce spesso a scambi veloci all’inizio, a monologhi che affiorano spontaneamente, o al ritmo cadenzato di un canto.L’influenza della camminata sulla conversazione
Quando il camminatore si trova in un contesto sociale e partecipa a una conversazione, porta con sé una qualità particolare. Le sue riflessioni su temi ampi come la morale o la politica tendono a essere più radicate e profonde. Questo accade perché queste idee sono state maturate e affinate durante le lunghe ore trascorse camminando, un processo che coinvolge l’intero essere, non solo la mente. Il risultato sono spesso affermazioni dirette e decise, quasi assolute, che chiariscono subito la sua posizione su un argomento. Non ama i giri di parole quando esprime un concetto che ha elaborato in sintonia con il proprio corpo e il paesaggio. Questa profondità e questa immediatezza distinguono il suo modo di comunicare.L’importanza del tempo e della natura
Nella conversazione, il camminatore introduce spesso argomenti che ad altri potrebbero sembrare banali, ma che per lui hanno un peso fondamentale. Il tempo, inteso come condizioni meteorologiche, è uno di questi temi centrali. Il sole, la pioggia, il vento, la nebbia non sono semplici dettagli, ma elementi che influenzano profondamente l’esperienza del camminare. Il camminatore vive in stretta connessione con gli “umori” della terra e del cielo, percependo ogni cambiamento. Parlare del meteo diventa quindi un modo per raccontare una parte essenziale della propria esperienza e del proprio rapporto con il mondo naturale. È un argomento che riflette la sua sintonia con i ritmi e le forze della natura.Il significato profondo di cibo e bevande
Anche il mangiare e il bere assumono una serietà e un significato particolari nella vita e nella conversazione del camminatore. Non si tratta solo del semplice gusto o della necessità fisica di nutrirsi. Ogni pasto o sorso d’acqua è legato in modo indissolubile all’esperienza concreta della camminata, allo sforzo compiuto, alla sosta, al luogo in cui si è consumato. Questi momenti diventano spesso punti di riferimento nella memoria, carichi di ricordi legati a un sentiero percorso, a una vista ammirata, a una compagnia condivisa. Parlare di cibo e bevande in questo contesto significa rievocare sensazioni fisiche e emotive profonde, connesse all’avventura e alla fatica del cammino.Luoghi che diventano relazioni
Infine, i luoghi costituiscono un altro perno delle conversazioni del camminatore. Una montagna, una valle, un sentiero non sono semplici punti geografici, ma vengono vissuti quasi come relazioni personali. Alcuni luoghi sono sentiti come parte della propria “famiglia”, familiari e rassicuranti, magari quelli dell’infanzia o delle prime escursioni. Altri sono scelti e frequentati come “amici”, luoghi scoperti e amati nel tempo, che offrono nuove sfide o particolari bellezze. Descrivere sentieri specifici, raccontare la conquista di una cima o condividere esperienze vissute in determinati posti crea un legame immediato e profondo tra camminatori. È una forma di linguaggio comune, concreta e ricca di significato condiviso.Come si può sostenere che il camminare “autentico” esiga una “passività mentale” e non si sposi con il “parlare nel suo senso pieno”, definendo così in modo piuttosto rigido un’esperienza che per molti può essere vissuta diversamente?
Il capitolo presenta una visione molto specifica e normativa del camminare “autentico”, legandola a una quiete interiore e a una ricettività che escluderebbero la conversazione piena. Questa definizione rischia di apparire dogmatica, non considerando la possibilità che il camminare possa stimolare il dialogo, favorire lo scambio di idee o semplicemente accompagnare una conversazione profonda tra compagni di viaggio. Per comprendere meglio le molteplici interazioni tra movimento, pensiero e comunicazione, sarebbe utile esplorare studi nel campo della psicologia sociale, della filosofia del corpo e della sociologia delle pratiche quotidiane. Approfondire il pensiero di autori che hanno riflettuto sul rapporto tra corpo, mente e interazione umana potrebbe offrire prospettive più sfaccettate.2. La Musica del Passo e la Danza Limitata
I Sentieri Pubblici e i Diritti di Passaggio Walker Miles ha mappato i sentieri pubblici, mostrando l’Inghilterra come un vasto spazio aperto dove è possibile camminare liberamente. Le sue guide sono molto precise e pratiche, strumenti essenziali per conoscere e poter utilizzare i diritti di passaggio che esistono da secoli. Questi sentieri rappresentano antichi diritti che appartengono a tutti e rispettarli è fondamentale per preservare la possibilità di esplorare il territorio. Andare fuori dai percorsi stabiliti, sconfinando nelle proprietà private, è una distrazione rispetto all’uso corretto di questi percorsi storici.Il Legame tra Camminare e Musica Camminare ha un legame naturale con la musica, un’affinità che nasce dal ritmo costante del passo e dalla condizione fisica di chi cammina. Diversi ritmi musicali si adattano perfettamente all’andatura di una persona. La musica tematica, in particolare, si lega molto bene allo stato d’animo del camminatore. Questo tipo di musica si sviluppa e si trasforma, proprio come i pensieri che si elaborano nella mente mentre si cammina, seguendo un flusso simile a quello dei temi musicali che si evolvono.La Danza Moderna: Un Contrasto A differenza del camminare, la danza moderna, specialmente il valzer, ha subito una semplificazione. Si è ridotta a un unico ritmo uniforme, quello a tre tempi, e ha perso le figure e le coreografie più complesse che la caratterizzavano in passato. Di conseguenza, la musica da valzer viene spesso giudicata solo in base alla sua capacità di essere “ballabile”. Questa musica tende ad attrarre i sensi in contesti artificiali, come le sale da ballo, e fatica a connettersi con sentimenti più profondi o con l’esperienza concreta della vita di tutti i giorni.Musica per Camminare Il legame profondo tra il camminare e la musica, capace di riflettere la natura e il flusso dei pensieri, è superiore alla relazione più limitata e artificiale che si è creata tra il valzer e la sua musica. Un esempio perfetto di musica che si adatta al camminare è l’Allegro della Settima Sinfonia di Beethoven. Questa composizione riesce a catturare in modo magistrale il ritmo e lo spirito del movimento all’aperto, accompagnando idealmente chi percorre i sentieri.Ma è davvero così semplice liquidare la danza moderna come “limitata e artificiale”, contrapponendola a un’esperienza del cammino idealizzata?
Il capitolo traccia un contrasto netto tra il camminare, legato a un’esperienza profonda e “naturale” della musica, e la danza moderna (in particolare il valzer), descritta come semplificata e confinata in contesti artificiali. Questa contrapposizione, pur suggestiva, rischia di semplificare eccessivamente la complessità della danza e della sua musica, attribuendo giudizi di valore (“superiore”, “limitata”, “artificiale”) senza un’analisi approfondita delle diverse funzioni sociali, culturali ed estetiche che musica e movimento possono assumere. Per comprendere meglio questa dinamica e valutare la presunta “superiorità” di un’esperienza rispetto all’altra, sarebbe utile approfondire la storia sociale della danza, la sociologia della musica e gli studi sull’estetica del movimento.3. Il Valore del Camminare
Il camminare si distingue dalla definizione comune di sport, che implica una competizione diretta e leale tra persone per ottenere una vittoria basata sul merito individuale. Lo spirito sportivo si concentra sull’affrontare un avversario umano in condizioni stabilite per garantire l’equità. Chi cammina, invece, si confronta principalmente con l’ambiente naturale, cercando di superare le sfide poste dalle condizioni esterne. Attività come la caccia, pur richiedendo impegno fisico, non rientrano pienamente nella sfera sportiva per una ragione simile.Camminare e altre attività fisiche
Molte attività considerate sport, come l’atletica o il calcio, sono apprezzate perché si svolgono all’aria aperta, richiedono notevoli capacità fisiche e implicano un esercizio intenso. Il camminare condivide l’elemento esterno e, a livelli più impegnativi, richiede un grande sforzo e abilità specifiche come la resistenza e la capacità di adattarsi al terreno. Gli atleti stessi, infatti, includono il camminare come parte essenziale del loro allenamento per mantenere una buona condizione fisica generale.Il valore intrinseco del movimento
Il significato più profondo del camminare e di altre attività fisiche risiede nel valore intrinseco della forza fisica e del movimento. Non si tratta solo di ottenere benefici per la salute, spesso intesa in modo limitato, ma di realizzare un benessere attivo del corpo attraverso il suo movimento naturale. Camminare, correre e muoversi in generale sono attività positive di per sé, e i loro effetti benefici sulla salute sono una conseguenza naturale e secondaria di questa intrinseca positività.Camminare come convenzione sociale
Il camminare favorisce l’intimità e la socievolezza in maniera particolarmente efficace. A differenza di contesti sociali più formali e artificiali come cene o balli, che a volte possono ostacolare una connessione autentica tra le persone, il camminare facilita un’interazione genuina. L’attività condivisa all’aperto e il continuo cambiamento dell’ambiente incoraggiano la spontaneità e permettono una comprensione reciproca più profonda tra i partecipanti. “Uscire a piedi”, inteso come camminare insieme, rappresenta una forma di convenzione sociale naturale e molto diffusa che crea un terreno fertile per lo sviluppo di relazioni autentiche, superando i limiti imposti dagli eventi più strutturati. Il camminare, in un senso più ampio, è una convenzione sociale fondamentale che nutre ogni tipo di rapporto umano, permettendo alle persone di esprimere pienamente se stesse.Ma è davvero sufficiente un capo d’abbigliamento come la cravatta, indossato per conformismo, a rappresentare un “principio morale” o addirittura “un’immagine della società stessa”?
Il capitolo, nel discutere l’equipaggiamento, suggerisce che la scelta degli indumenti per camminare sia guidata più dalla moda e dal conformismo che dalla funzionalità, arrivando ad affermare che questo desiderio di uniformità possa essere visto come un principio morale o un’immagine della società. Questa connessione tra una scelta d’abbigliamento e un principio morale appare piuttosto debole e non adeguatamente argomentata. Per comprendere meglio come le scelte materiali, incluse quelle legate all’abbigliamento, si intreccino con le norme sociali, i valori e la costruzione dell’identità collettiva, sarebbe utile approfondire la sociologia e l’antropologia. Autori come Simmel o Bourdieu hanno esplorato in profondità il significato sociale degli oggetti e delle pratiche quotidiane, offrendo strumenti concettuali per analizzare il rapporto tra individuo, società e cultura materiale in modo più articolato rispetto a una semplice equazione tra conformismo e moralità.5. Il passo solitario e la folla amica di Londra
Spesso si pensa che camminare in compagnia sia superiore, sia dal punto di vista morale che sociale, rispetto al camminare da soli. Questa visione deriva dal fatto che le attività di gruppo, come gli sport di squadra, sono viste come promotrici di comunità e legami sociali. Al contrario, camminare da soli è talvolta considerato un’attività egoistica e limitata. Per questo motivo, camminare in solitaria viene spesso giustificato solo in condizioni eccezionali, quasi come una funzione anormale della vita quotidiana o una necessità dettata da circostanze particolari.
Quando camminare da soli diventa necessario
A volte, camminare da soli diventa una necessità. Questo accade, per esempio, quando persone con passi e obiettivi diversi provano a camminare insieme. Chi cammina più veloce deve rallentare, rinunciando al proprio ritmo e alla distanza che vorrebbe fare. Questo adattamento può essere un problema, soprattutto se la persona ha bisogno di una certa andatura o di coprire una certa distanza per liberare la mente da pensieri pesanti o stress, una situazione che viene chiamata “la Gobba”. In questi momenti, camminare da soli è l’unico modo per mantenere il passo giusto e ritrovare la serenità.
La città e l’eccezione di Londra
Anche l’ambiente in cui ci si trova può rendere necessario camminare da soli. Nelle città, camminare in compagnia è complicato per via della gente, delle continue interruzioni e di un’atmosfera che spinge a conversazioni che magari non vengono naturali. La folla rende difficile procedere affiancati, i semafori interrompono il passo, e il rumore non aiuta una chiacchierata rilassata. Per tutti questi motivi, in città, camminare da soli è spesso l’unica soluzione pratica e piacevole per godersi la camminata.
Londra, però, è un caso a parte quando si parla di camminare in città. Nonostante sia grande e affollata, la sua enorme popolazione crea un senso di anonimato unico. Nessuno sembra notare chi cammina da solo, permettendo di sentirsi isolati come se si fosse in campagna. Questo anonimato offre una grande libertà: si può persino cantare o mantenere un passo lento e riflessivo. Camminare a lungo per le strade di Londra aiuta a capire come è fatta la città, con il fiume Tamigi che scorre al centro, diventando un punto di riferimento importante e una fonte di ispirazione.
L’ideale: camminare in gruppo dalla città
Nonostante la sua unicità, camminare a Londra non è la stessa cosa della vera camminata in mezzo alla natura. Per chi vive in città, la soluzione migliore è partire proprio da lì per andare a camminare in compagnia, magari fuori porta. Questa camminata di gruppo è un’esperienza sociale molto valida, anche se richiede buone capacità organizzative da parte di chi guida il gruppo. All’inizio, gestire persone diverse può presentare qualche difficoltà, ma l’esperienza vissuta insieme lungo il percorso crea legami forti e ricordi belli che fanno dimenticare i piccoli problemi o le incomprensioni iniziali.
Se camminare da soli è spesso una necessità pratica e un modo per ritrovare la serenità, perché il capitolo insiste nel presentare il camminare in gruppo come l’unico “ideale”?
Il capitolo descrive con efficacia i motivi per cui camminare in solitaria può essere non solo necessario, ma anche benefico, specialmente in contesti urbani o per gestire pensieri pesanti. Tuttavia, la conclusione che l’ideale sia sempre la camminata di gruppo sembra contraddire o almeno sminuire il valore intrinseco della camminata individuale. Per comprendere meglio questa tensione, sarebbe utile approfondire la filosofia del camminare e la psicologia della solitudine, esplorando come diverse culture e pensatori abbiano considerato il valore del passo solitario. Autori come Rebecca Solnit o Frédéric Gros offrono prospettive che vanno oltre la mera necessità o l’eccezione, elevando la camminata solitaria a una pratica di scoperta e introspezione.Abbiamo riassunto il possibile
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