Storia

Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin

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1. Dalla Rus’ di Kiev alle Riforme di Alessandro II

La storia russa inizia con la Rus’ di Kiev, un territorio che comprendeva parti dell’attuale Bielorussia, Ucraina e Russia europea. Questa regione, con capitale Kiev, era caratterizzata da grandi foreste e fiumi che facilitavano il commercio. A sud, la steppa eurasiatica era abitata da popolazioni nomadi, che influenzarono la storia della Rus’ attraverso conflitti e scambi culturali. La società slava, inizialmente pagana, adottò il cristianesimo ortodosso, che divenne un elemento centrale della cultura russa.

Il potere politico e la frammentazione

Il potere politico era nelle mani dei principi della dinastia Rjurikidi, di origine scandinava, che governavano con l’aiuto di guerrieri chiamati družina. La Rus’ di Kiev, pur essendo un insieme di tribù, sviluppò un sistema giuridico proprio, come dimostra la Russkaja Pravda. Con il tempo, il potere si frammentò in vari principati, tra cui emerse Novgorod, una città con un sistema di governo unico, dove il popolo eleggeva i propri capi. La Chiesa ortodossa, guidata da un metropolita greco, divenne un’istituzione fondamentale, influenzando la cultura e la società.

L’Ottocento e le riforme di Alessandro II

Nel XIX secolo, la Russia, sotto il regno di Nicola I, vide un’esplosione culturale, nonostante l’autocrazia e la censura. La letteratura, in particolare, si emancipò dalla corte, con autori come Puškin, Gogol’ e Lermontov che ritraevano la società russa con occhio critico. La sconfitta nella guerra di Crimea, combattuta tra il 1853 e il 1856, rivelò l’arretratezza del paese, spingendo il successore di Nicola I, Alessandro II, a intraprendere importanti riforme. L’emancipazione dei servi della gleba, nel 1861, fu la più significativa, ma seguirono anche riforme giudiziarie, militari e amministrative. Queste riforme, pur mirando a modernizzare il paese, non intaccarono l’autocrazia, lasciando inalterato il potere assoluto dello zar.

L’intelligencija e i radicali

L’intelligencija, un nuovo ceto sociale formato da intellettuali, studenti e professionisti, emerse come forza attiva nella società russa. Questo gruppo eterogeneo, che comprendeva individui con idee liberali e radicali, iniziò a mettere in discussione l’ordine costituito. Figure come Černyševskij e Herzen influenzarono il dibattito politico e sociale, promuovendo idee di riforma e progresso. I radicali, ispirati dal socialismo e dal nichilismo, si opposero apertamente all’autocrazia, ricorrendo anche al terrorismo per raggiungere i loro obiettivi. La morte di Alessandro II, vittima di un attentato nel 1881, segnò la fine di un’era di riforme e l’inizio di un periodo di repressione. Le riforme precedenti avevano cambiato la società russa, rendendo impossibile un ritorno al passato e aprendo la strada a nuovi sviluppi politici e sociali.

Come è possibile che un capitolo che si propone di delineare la storia russa, salti senza soluzione di continuità dalla Rus’ di Kiev, la cui dissoluzione risale al XIII secolo, alla Russia del XIX secolo, tralasciando completamente eventi cruciali come l’ascesa del Principato di Mosca, il regno di Ivan il Terribile e l’epoca imperiale di Pietro il Grande?
Il capitolo, pur fornendo un’interessante panoramica di alcuni momenti della storia russa, presenta una lacuna temporale di circa seicento anni che impedisce una comprensione organica del processo storico. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile approfondire la storia politica, sociale e culturale russa del periodo compreso tra il XIII e il XIX secolo. In particolare, si suggerisce di approfondire le dinamiche di accentramento del potere sotto i principi di Mosca e gli zar, le trasformazioni sociali e culturali, l’espansione territoriale e i rapporti con l’Europa. Per una migliore comprensione del periodo, si consiglia di approfondire le ricerche di studiosi come Kliuchevsky, Soloviev e Pipes.


2. Trasformazione e Cultura nella Russia Imperiale

Nel XIX secolo, l’Impero russo vive una fase di profonda trasformazione. Il sistema socio-economico evolve da un modello basato sul servaggio a uno di tipo proto-capitalista. Questo cambiamento è particolarmente evidente a San Pietroburgo, che da semplice capitale amministrativa si trasforma in un vivace centro industriale. La città vede la nascita di nuove fabbriche e infrastrutture, simboli di un’economia in rapida evoluzione. La crescita economica stimola un significativo aumento della popolazione urbana e la formazione di nuove classi sociali, tra cui operai, banchieri e una classe media emergente. La vita quotidiana si arricchisce di elementi di modernità, come i grandi magazzini, i tram elettrici e altre innovazioni tecnologiche.

Espansione e tensioni nell’Impero

L’Impero russo, parallelamente alla sua trasformazione interna, si espande in Asia centrale, sviluppando un vasto impero coloniale. Questa espansione, tuttavia, si accompagna a crescenti sfide legate alle diverse nazionalità presenti lungo i confini occidentali. Polacchi, finlandesi ed ebrei cercano di definire il proprio ruolo all’interno della struttura imperiale, mentre gli ucraini sviluppano una distintiva coscienza nazionale. Le politiche di russificazione e le tensioni sociali alimentano un’opposizione sempre più forte all’autocrazia. Emergono movimenti rivoluzionari che iniziano a minare le fondamenta stesse dell’impero.

Fioritura culturale e fermento sociale

In questo contesto di trasformazioni socio-politiche, la cultura russa vive una straordinaria età dell’oro. La scienza, la musica, le arti figurative e la letteratura raggiungono vette di eccellenza. Scienziati del calibro di Mendeleev e Dokučaev ottengono riconoscimenti a livello mondiale, mentre compositori come Čajkovskij e il Gruppo dei Cinque danno vita a opere che entrano a far parte del repertorio musicale internazionale. Nel campo delle arti figurative, il movimento degli Itineranti si distingue per la sua capacità di ritrarre scene di vita russa, offrendo uno spaccato realistico della società dell’epoca. Grandi scrittori come Turgenev, Dostoevskij e Tolstoj esplorano con maestria le profonde questioni morali e sociali che caratterizzano questo periodo storico. L’industrializzazione e la modernizzazione, pur creando nuove opportunità, generano anche disuguaglianze sociali. La società russa si trova in una fase di rapido cambiamento, con una classe operaia in espansione e una cultura che riflette le tensioni e le speranze di un’epoca in bilico tra tradizione e progresso.

Se da un lato il capitolo celebra l’indubbia fioritura culturale e i progressi scientifici della Russia imperiale, non si rischia forse di minimizzare il ruolo delle tensioni sociali e delle disuguaglianze come catalizzatori di un cambiamento che, seppur positivo in apparenza, ha portato a un’inevitabile e forse traumatica rottura con il passato?
Il capitolo, pur delineando con efficacia la trasformazione socio-economica e l’effervescenza culturale della Russia nel XIX secolo, sembra quasi suggerire un’evoluzione lineare e in gran parte positiva. Tuttavia, questa narrazione tralascia di approfondire come le stesse innovazioni e la modernizzazione abbiano acuito le disuguaglianze e alimentato il malcontento, ponendo le basi per i movimenti rivoluzionari. Per una comprensione più completa, sarebbe utile esplorare le dinamiche di classe e le teorie del conflitto sociale, con particolare attenzione agli studi di Marx e alla scuola di pensiero marxista. Inoltre, un’analisi delle opere di storici sociali come E.P. Thompson potrebbe fornire un quadro più dettagliato delle condizioni di vita delle classi lavoratrici e del loro ruolo nel processo di trasformazione dell’Impero. Infine, per comprendere appieno il fermento intellettuale e le correnti di pensiero che hanno accompagnato e in parte determinato gli eventi, è consigliabile approfondire le opere di figure chiave del socialismo russo, come Herzen e Bakunin.


3. Dalla Rivoluzione alla Nascita dell’Unione Sovietica

Dopo l’assassinio di Alessandro II, la Russia attraversò un periodo di stagnazione politica. Il governo represse ogni forma di dissenso e, nonostante una certa crescita economica, non riconobbe i cambiamenti sociali in atto. Alessandro III, influenzato da figure conservatrici, limitò le libertà e rafforzò il potere dei nobili. In politica estera, si avvicinò alla Francia, creando un’alleanza in funzione antitedesca. L’attenzione si spostò poi sull’Estremo Oriente, con i progetti di Sergej Witte per la ferrovia Transiberiana e l’espansione in Manciuria. Questo tentativo fallimentare di espansione in Manciuria culminò nella guerra con il Giappone, che indebolì ulteriormente la monarchia zarista.

Il regno di Nicola II e i primi segnali di crisi

Nicola II, meno determinato del padre, sostenne inizialmente Witte, ma poi si affidò a figure più repressive. In questo contesto, nacquero movimenti di opposizione, dai marxisti ai socialisti-rivoluzionari, fino ai liberali. La sconfitta nella guerra con il Giappone peggiorò la situazione interna, evidenziando l’arretratezza del paese e l’inefficienza del governo. La crescente tensione sfociò nella “Domenica di sangue” del 1905, quando le truppe zariste spararono su una folla di manifestanti pacifici, innescando una rivoluzione.

La Rivoluzione del 1905 e le sue conseguenze

La Rivoluzione del 1905 portò alla creazione della Duma, un parlamento con poteri limitati. Si aprì una breve fase di governo costituzionale, durante la quale il primo ministro Stolypin tentò di introdurre alcune riforme, in particolare in campo agrario. Tuttavia, il suo assassinio nel 1911 lasciò il governo in una situazione di stallo. La corte, sempre più isolata e influenzata dalla figura controversa di Rasputin, perse ulteriormente credibilità agli occhi del popolo.

La Prima Guerra Mondiale e il crollo del regime zarista

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1914 vide la Russia alleata con Francia e Gran Bretagna contro Germania e Austria. Le sconfitte militari e la crisi economica aggravarono le tensioni interne. Nel febbraio del 1917, una nuova ondata di proteste sfociò nella Rivoluzione di febbraio, che costrinse lo zar Nicola II ad abdicare. Si formarono due centri di potere: un governo provvisorio, guidato da esponenti liberali e moderati, e il Soviet di Pietrogrado, espressione dei socialisti e delle forze popolari.

La Rivoluzione d’Ottobre e la presa del potere da parte dei bolscevichi

Lenin, il leader dei bolscevichi, tornato dall’esilio in Svizzera, spinse per una rivoluzione socialista. Con le “Tesi di aprile”, espose il suo programma: pace immediata, terra ai contadini, potere ai soviet. Nell’ottobre del 1917, i bolscevichi, con un’azione di forza, presero il potere a Pietrogrado, rovesciando il governo provvisorio. La Russia divenne una repubblica sovietica, basata sul potere dei consigli degli operai e dei contadini.

La guerra civile e il “comunismo di guerra”

La presa del potere da parte dei bolscevichi scatenò una sanguinosa guerra civile tra l’Armata Rossa, guidata da Trockij, e le armate “bianche”, sostenute dalle potenze straniere e fedeli al vecchio regime. Per affrontare le difficoltà della guerra e la crisi economica, il governo bolscevico adottò una serie di misure drastiche, note come “comunismo di guerra”: requisizioni forzate di grano nelle campagne, nazionalizzazione delle industrie, abolizione del libero commercio.

La Nuova Politica Economica (NEP) e la nascita dell’URSS

Il “comunismo di guerra” portò a un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita della popolazione e a un crollo della produzione agricola e industriale. Per risollevare le sorti del paese, Lenin decise di introdurre la Nuova Politica Economica (NEP), che reintroduceva parzialmente il libero commercio e la proprietà privata, soprattutto nelle campagne. La NEP portò a una ripresa economica, ma aprì anche nuovi contrasti all’interno del partito bolscevico. Nel 1922, dopo anni di guerra e rivoluzione, venne proclamata l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), uno stato federale che riuniva diverse repubbliche, basate su criteri etnici e con un certo grado di autonomia. La politica estera sovietica, guidata dal Comintern, l’organizzazione internazionale dei partiti comunisti, sostenne i movimenti rivoluzionari nel mondo, in particolare in Asia. Dopo la morte di Lenin nel 1924, si aprì una lotta per la successione all’interno del partito. Stalin, con abilità e spregiudicatezza, riuscì a sconfiggere i suoi oppositori, Trockij in testa, e a imporre la sua leadership, avviando l’Unione Sovietica verso un nuovo corso, caratterizzato da un potere sempre più centralizzato e autoritario.

Se la NEP reintrodusse elementi di libero mercato e proprietà privata, portando a una ripresa economica, perché allora il capitolo descrive il “comunismo di guerra” come una fase necessaria e non come un fallimento ideologico e pratico?
Il capitolo, pur descrivendo gli effetti positivi della NEP, sembra quasi giustificare a posteriori il “comunismo di guerra”, presentandolo come una misura “drastica” ma inevitabile per affrontare le difficoltà della guerra civile. Questa narrazione, tuttavia, omette di analizzare criticamente le contraddizioni intrinseche del “comunismo di guerra”, che non solo fallì nel suo intento di rilanciare l’economia, ma causò anche un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, generando carestie e malcontento. Per comprendere appieno le dinamiche di questo periodo storico, è fondamentale approfondire le diverse interpretazioni storiografiche, non limitandosi a una visione univoca e ideologicamente orientata. In particolare, sarebbe utile analizzare le critiche al “comunismo di guerra” provenienti da economisti come Nikolai Kondratiev, o da storici come Richard Pipes, che hanno messo in luce le inefficienze e le brutalità di quel sistema. Inoltre, per comprendere le ragioni del parziale ritorno al libero mercato con la NEP, si potrebbe approfondire il pensiero di economisti come Evgenij Preobrazenskij, che all’interno dello stesso partito bolscevico si confrontarono sulle diverse strategie economiche da adottare.


4. Trasformazioni culturali, sociali e politiche in Russia

Tra il 1890 e la metà degli anni ’20, la cultura russa visse un periodo di fermento artistico, con diverse rivoluzioni che, pur condividendo tratti con i movimenti globali, non ebbero un impatto internazionale paragonabile a quello del secolo precedente, anche a causa della difficoltà di tradurre la poesia, forma d’arte predominante in quel periodo. Le scienze naturali, invece, guadagnarono un pubblico internazionale, grazie anche alla promozione del regime sovietico.

Nuove tendenze artistiche

Negli anni ’90 del XIX secolo, si affermarono nuove tendenze artistiche come il simbolismo e il realismo in letteratura, e il gruppo Mondo dell’Arte nelle arti figurative. Intorno al 1910, emersero movimenti come il futurismo e l’acmeismo, mentre i Ballets Russes e la musica di Stravinskij portarono innovazione. La Rivoluzione e la guerra civile divisero la cultura russa: molti artisti emigrarono, mantenendo i modelli estetici precedenti, mentre nella Russia sovietica si cercò di combinare modernismo e contenuti socialisti. La generazione degli anni ’90 vide anche l’espansione dell’editoria, con scrittori come Maksim Gor’kij che divennero tra i più pagati. Le opere teatrali di Čechov, rappresentate al Teatro d’Arte di Mosca da Stanislavskij, riformarono l’arte teatrale. Nonostante l’influenza di questi autori, il simbolismo e altre nuove tendenze dominarono l’epoca, con figure come Merežkovskij e Blok.

Musica, arti figurative e mecenatismo

Anche la musica e le arti figurative subirono rapidi cambiamenti. Il mecenatismo di Beljaev aprì nuove opportunità per i compositori di San Pietroburgo, mentre a Mosca, Mamontov sponsorizzò una compagnia d’opera privata e pittori innovativi come Serov. Djagilev trasformò la scena artistica con la rivista “Mir iskusstva”, promuovendo un nuovo stile pittorico. Gli artisti di questo periodo, pur non cercando l’arte pura, erano alla ricerca di una realtà nascosta, spesso attraverso il misticismo.

La Rivoluzione del 1905 e le sue conseguenze

La Rivoluzione del 1905 portò a reazioni diverse nel mondo artistico, con molti artisti che non simpatizzavano con il regime zarista. L’istituzione della Duma nel 1906 e l’attenuazione della censura favorirono nuove tematiche letterarie e lo sviluppo della cultura di caffè e cabaret. Il mecenatismo privato divenne più frequente, con figure come Kusevickij e Djagilev che promossero l’arte. I Ballets Russes di Djagilev, con le musiche di Stravinskij, rivoluzionarono la danza. Anche la pittura vide nuove tendenze, con Kandinskij e Malevič che si volsero all’astrattismo.

La Rivoluzione del 1917 e l’emigrazione degli artisti

Gli anni successivi al 1905 furono ricchi di cambiamenti anche per gli scrittori, con figure come Belyj e Majakovskij che emersero. La maggior parte degli intellettuali sostenne lo sforzo bellico, ma la Rivoluzione del 1917 li colse impreparati. Mentre alcuni, come Majakovskij, si schierarono con i bolscevichi, altri rimasero ostili. La Rivoluzione fu vista come un ritorno al caos e all’anarchia. Alcuni scrittori si sentirono in sintonia con la Rivoluzione, come Blok, che nel suo poema “I dodici” dipinse l’anarchia di Pietrogrado. Majakovskij si impegnò attivamente con i bolscevichi, mentre molti artisti e scrittori emigrarono, dando vita a una cultura russa in esilio. L’emigrazione fu una catastrofe per gli scrittori, che persero il loro pubblico, mentre musicisti e ballerini ebbero successo in Occidente.

La NEP e la cultura sovietica

Durante la Nuova Politica Economica (NEP), il mondo culturale sovietico divenne un crogiolo di nuove tendenze. I bolscevichi non avevano una posizione definita sull’arte, ma il Proletkul’t cercò di promuovere una cultura proletaria. La dirigenza bolscevica era scettica verso molta arte modernista. La guerra civile ebbe un impatto negativo su musica e teatro, ma con la NEP, il governo ripristinò gradualmente le vecchie istituzioni. L’assenza di una linea di partito definita portò alla nascita di molte piccole compagnie di balletto e teatri. La musica strumentale fu favorita, e alla fine degli anni ’20 Šostakovič divenne famoso. Mejerchol’d e Ejzenštejn innovarono il teatro e il cinema, quest’ultimo considerato da Lenin come la più importante delle arti.

Letteratura e censura negli anni ’20

Con la fine della guerra civile, l’editoria tornò a nuova vita, ma il mondo artistico del passato non poté rinascere. Gli artisti dovettero affrontare le ambiguità della politica sovietica, con un atteggiamento di sospetto verso l’arte combinato con la consapevolezza del suo valore. Il partito non si pronunciò pubblicamente sulla letteratura fino al 1925, promuovendo gli scrittori “proletari” e tollerando i “compagni di strada”. Questi fattori portarono alla nascita di opere letterarie varie e innovative. Scrittori come Pasternak e Babel’ emersero, mentre altri, come Achmatova e Bulgakov, ebbero difficoltà a pubblicare. Gli anni ’20 furono una continuazione dell’Età argentea in nuove condizioni, con molti artisti che avevano già raggiunto la maturità prima della Rivoluzione.

Le scienze naturali e il nuovo regime

Per le scienze naturali, la Rivoluzione segnò una rottura istituzionale. Le nuove scuole di ingegneria, create sotto il patrocinio del ministero delle Finanze, erano meno conservatrici delle università. Figure come Ioffe ebbero la possibilità di lavorare nel campo della fisica. Tuttavia, le condizioni della scienza nel complesso lasciavano a desiderare, con poche risorse e laboratori inadeguati. Il nuovo governo bolscevico considerava le scienze naturali fondamentali per il suo progetto utopico. La conoscenza scientifica avrebbe combattuto la religione e portato alla tecnologia necessaria per modernizzare il paese. Il regime sovietico finanziò grandi istituzioni scientifiche, come l’Istituto fisico-tecnico di Leningrado e l’Istituto pansovietico per la coltivazione delle piante. Gli scienziati ebbero la possibilità di viaggiare e di collaborare con i maggiori centri di ricerca europei.

La “rivoluzione culturale” del 1929

La fine della NEP portò a un cambiamento radicale nella società e nella cultura, con la “rivoluzione culturale” del 1929. Questo sconvolgimento segnò l’inizio di una trasformazione fondamentale nel mondo della cultura sovietica. A partire dal 1929, la dirigenza sovietica avviò la trasformazione della società per costruire uno stato industrializzato e non capitalista. Il primo Piano quinquennale, con obiettivi di produzione senza precedenti, portò a un aumento della popolazione urbana e alla necessità di collettivizzare l’agricoltura. La crisi degli approvvigionamenti di grano del 1928 portò a requisizioni e razionamenti, con Stalin che accelerò l’industrializzazione e la collettivizzazione.

Il Piano quinquennale e l’industrializzazione

Il Piano quinquennale prevedeva la modernizzazione dei settori industriali, seguendo modelli americani come la linea di produzione Ford. Furono costruiti giganteschi complessi industriali, come la diga sul Dnepr e la città di Magnitogorsk. Il partito mobilitò i giovani per lavorare in questi cantieri, esaltando i loro successi. Il Piano rappresentò una svolta nella costruzione del socialismo e una lotta di classe. Gli organi di stato e di partito presero di mira i manager dell’industria, accusandoli di sabotaggio. La Gpu inscenò processi farsa contro ingegneri, manager e intellettuali. La collettivizzazione portò a milioni di sfollati e alla nascita di appartamenti di coabitazione e baracche. La produzione di beni di consumo fu ridotta, mentre gli investimenti nel complesso bellico-industriale aumentarono.

La collettivizzazione delle campagne e la carestia

La collettivizzazione delle campagne fu un disastro, con la deportazione dei kulaki e la creazione dei primi Gulag. I contadini furono costretti a entrare nelle fattorie collettive, spesso macellando il loro bestiame. La carestia del 1932-33 uccise milioni di contadini, soprattutto in Ucraina. Verso la metà degli anni ’30, furono fissati gli elementi fondamentali delle fattorie collettive, i kolchoz. I contadini ricevevano un pagamento in base al lavoro svolto, mentre la maggior parte del raccolto andava allo stato. Le stazioni di macchinari e trattori fornivano attrezzature ai kolchoz, garantendo allo stato il controllo. I contadini potevano coltivare piccoli appezzamenti privati, portando i loro prodotti ai mercati colcosiani.

Il Terrore e la repressione staliniana

Dal 1933 al 1936, le tensioni sociali diminuirono, con gli oppositori che avevano capitolato. Il governo abolì il Consiglio supremo per l’economia, sostituendolo con commissariati del popolo. Nuovi metodi per aumentare la produttività, come lo stacanovismo, furono introdotti. La carenza di prodotti alimentari diminuì e il razionamento terminò nel 1935. Tuttavia, i semi della distruzione erano già stati seminati. L’assassinio di Kirov nel 1934 portò alla caccia agli agenti nemici e ai processi contro i vecchi bolscevichi. Nel 1937, il Comitato Centrale del partito lanciò la campagna per smascherare i “traditori”, portando all’arresto di decine di migliaia di persone. L’alto comando dell’Armata Rossa fu quasi completamente eliminato. Il Terrore si abbatté su ampi strati della popolazione, con l’Nkvd che ordinò l’esecuzione di centinaia di migliaia di persone.

Il “Breve corso” e la scomparsa del Terrore dal dibattito pubblico

Dopo la fine del Terrore, l’argomento scomparve dal dibattito pubblico. Stalin ordinò la pubblicazione del “Breve corso di storia del Partito comunista”, che offriva una versione falsificata della storia del bolscevismo. Il Grande Terrore non ebbe mai una spiegazione pubblica.

I Gulag e il lavoro forzato

I campi di lavoro si espansero enormemente, con i kulaki e altri “nemici del popolo” che vi furono deportati. Nel 1939, i prigionieri nei campi e nelle colonie di lavoro erano un milione e mezzo. Il sistema dei campi di lavoro era un sistema di lavori forzati, con la maggior parte dei prigionieri che non erano politici.

La centralizzazione del potere e il culto di Stalin

Alla fine degli anni ’30, l’Unione Sovietica era un paese centralizzato, con Stalin che aveva consolidato il suo potere. Il culto del leader divenne una parte essenziale della cultura politica sovietica. La centralizzazione del potere ebbe ripercussioni anche sulla struttura federale dell’Urss, con la creazione di commissariati pansovietici e la fine della collaborazione con gli intellettuali delle repubbliche non russe.

Sviluppo economico e struttura federale

La centralizzazione economica portò a uno sviluppo regionale non su base etnica, ma economica. Le repubbliche con industrie prioritarie furono favorite. Nonostante la centralizzazione, la struttura federale rimase formalmente. La campagna contro il nazionalismo locale non implicò una russificazione culturale, con le autorità che promossero le culture locali. Nelle regioni musulmane, la dirigenza sovietica si mosse con cautela contro l’islam. In Kazachstan, la collettivizzazione portò a una crisi demografica.

Progressi sociali e difficoltà economiche

Nonostante il terrore, la popolazione era più istruita, urbanizzata e moderna rispetto al 1928. L’istruzione di massa divenne una priorità e le donne entrarono nel mondo del lavoro. I piani quinquennali ebbero successi limitati, ma l’Urss divenne la terza potenza industriale del mondo. La sanità migliorò, ma la vita quotidiana era ancora difficile. L’agricoltura rimase il punto debole dell’economia, con la produzione di carne che non raggiunse i livelli degli anni ’20. Nonostante tutto, il paese fu in grado di aumentare la produzione militare di fronte alla minaccia della guerra.

L’invasione mongola e la Rus’

Nel XIV secolo, dopo la disgregazione della Rus’ kieviana, emersero potenze regionali come Novgorod e i principati nord-orientali, dove si formò un’entità linguistica e culturale russa. La Russia, come altre regioni, subì l’invasione mongola, che plasmò la sua storia per i tre secoli successivi. L’Impero mongolo, creato da Genghis Khan, si estese in tutta l’Asia centrale e oltre. I mongoli, abili cavalieri e conquistatori, combinarono i vantaggi della società nomade con quelli delle civiltà sedentarie. Nel 1236, Batu Khan sottomise i Bulgari del Volga e i Qipchak, poi distrusse le città nord-orientali della Rus’, inclusa Kiev.

L’Orda d’Oro e i principati della Rus’

L’Impero mongolo si divise in quattro khanati, con l’ulus di Djuci, o Orda d’Oro, che controllava le steppe occidentali e i principati della Rus’. L’Orda d’Oro era uno stato seminomade, con una popolazione eterogenea e tollerante verso le diverse fedi religiose. I principi della Rus’ dovevano pagare un tributo al khan, ma la vita continuò in gran parte come prima. Tra i principati della Rus’, Mosca emerse come centro di potere. Ivan Kalita ottenne il titolo di gran principe di Mosca e Vladimir, e la metropolia di Kiev fu trasferita a Mosca. Nel 1380, Dmitrij Donskoj sconfisse i tatari nella battaglia di Kulikovo, ma l’Orda d’Oro continuò a esercitare il suo potere.

Novgorod e il commercio

Novgorod, con la sua economia basata sul commercio, mantenne una certa autonomia. La città aveva un governo oligarchico e una cultura fiorente, con una notevole produzione di manoscritti e opere d’arte. Gli archeologi hanno scoperto numerosi reperti, tra

Se da un lato il capitolo descrive con dovizia di particolari l’evoluzione artistica e culturale russa tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, come mai liquida in poche righe l’impatto devastante della “rivoluzione culturale” del 1929, della collettivizzazione forzata delle campagne e del Grande Terrore staliniano, eventi che hanno causato milioni di morti e un trauma profondo nella società russa?
Il capitolo, pur offrendo un quadro dettagliato delle trasformazioni artistiche, sociali e politiche in Russia, sembra minimizzare l’impatto delle politiche staliniane sulla popolazione e sulla cultura. La “rivoluzione culturale”, la collettivizzazione e il Terrore vengono menzionati, ma senza un’adeguata analisi delle loro conseguenze umane e sociali. Per comprendere appieno la portata di questi eventi, è necessario approfondire la storia politica e sociale dell’Unione Sovietica sotto Stalin. Si consiglia di studiare discipline come la storia contemporanea, la sociologia e la scienza politica, con particolare attenzione al totalitarismo e ai suoi effetti. Tra gli autori da consultare, si suggeriscono storici come Robert Conquest, Sheila Fitzpatrick e Orlando Figes, che hanno analizzato in profondità il periodo staliniano e le sue conseguenze. Inoltre, per una comprensione più profonda delle dinamiche sociali e culturali, possono essere utili le opere di sociologi come Alex Inkeles e di politologi come Hannah Arendt.


5. Guerra, Cultura e Società nell’Unione Sovietica

Fin dalla sua nascita, l’Unione Sovietica si aspettava un’invasione, basandosi sull’analisi del capitalismo di Lenin e sulla propria esperienza storica. Questa convinzione portò a una rapida modernizzazione dell’esercito, grazie anche alla collaborazione con la Germania di Weimar. L’ascesa di Hitler, inizialmente sottovalutata, spinse l’URSS a cercare alleanze con le potenze occidentali e a promuovere la politica del Fronte Popolare. La diffidenza reciproca e la politica filotedesca della Polonia portarono al patto nazi-sovietico, che permise a Hitler di invadere la Polonia e all’URSS di espandersi nei paesi baltici e in Finlandia.

L’impatto della Seconda Guerra Mondiale

L’invasione tedesca del 1941 colse l’URSS impreparata, nonostante le spie e le mobilitazioni. Le prime sconfitte furono devastanti, ma la resistenza sovietica, la mobilitazione industriale e la creazione di unità partigiane riuscirono a fermare l’avanzata tedesca. La battaglia di Stalingrado segnò una svolta decisiva. Sostenuta dagli aiuti occidentali, l’URSS iniziò la riconquista del proprio territorio. La guerra ebbe un impatto enorme sulla politica estera sovietica, portando all’alleanza con Gran Bretagna e Stati Uniti, ma anche a tensioni sul futuro dell’Europa orientale.

Il dopoguerra e l’era di Stalin

Dopo la guerra, l’URSS si concentrò sulla ricostruzione e sull’espansione economica, ma anche sul consolidamento del potere di Stalin. Questo portò a nuove epurazioni e a un controllo sempre più rigido sulla società. La morte di Stalin nel 1953 aprì la strada a un periodo di riforme sotto Chruščëv. Egli denunciò i crimini di Stalin e cercò di migliorare le condizioni di vita della popolazione. Tuttavia, le sue politiche agricole e il suo stile di governo portarono a nuove crisi e alla sua destituzione nel 1964.

L’era di Brežnev e la cultura sovietica

L’era di Brežnev vide una crescita economica senza precedenti, ma anche una stagnazione sociale e culturale. Dopo un periodo di relativa libertà negli anni ’20, la cultura sovietica fu sottoposta a un rigido controllo ideologico, con il realismo socialista come unico stile accettabile. Nonostante ciò, emersero forme di dissenso e di espressione artistica alternativa, che riflettevano il malessere di una società sempre più alienata. La cultura popolare, con la sua musica e i suoi film, divenne un importante punto di riferimento per la popolazione, mentre l’intelligencija si divideva tra il sostegno al sistema e la critica, spesso espressa attraverso il samizdat.

Se da un lato il capitolo descrive l’ascesa di Brežnev come un periodo di crescita economica senza precedenti, come può conciliarsi questa visione con l’affermazione di una contemporanea “stagnazione sociale e culturale”? Non è forse la vitalità culturale e sociale un motore essenziale per una crescita economica che sia effettivamente solida e duratura, e non un mero dato numerico?
Il capitolo, pur delineando le tappe principali della storia sovietica, sembra tralasciare un’analisi più approfondita del rapporto tra economia, società e cultura. Affermare che l’era di Brežnev sia stata un periodo di crescita economica senza precedenti, ma allo stesso tempo di stagnazione sociale e culturale, appare come un’affermazione contraddittoria, o quantomeno semplicistica. Per comprendere appieno le dinamiche di quel periodo, sarebbe utile approfondire le teorie di economisti come Amartya Sen, che hanno analizzato il rapporto tra sviluppo economico e sviluppo umano, o di storici come Sheila Fitzpatrick, che hanno studiato la vita quotidiana nell’URSS. Un’analisi più dettagliata del concetto di “benessere” in un’economia pianificata potrebbe inoltre fornire una chiave di lettura importante per comprendere le contraddizioni del periodo di Brežnev.


6. La Guerra Fredda e il Crollo dell’Unione Sovietica

La Guerra Fredda è il periodo di 46 anni in cui l’Unione Sovietica ha competuto con gli Stati Uniti in una lotta globale. Nonostante l’apparente parità iniziale e l’idea di una possibile vittoria sovietica, l’Unione Sovietica si è sempre trovata in una posizione di svantaggio, lottando per sopravvivere e mantenere la propria forza. La corsa agli armamenti, in particolare quella per la bomba atomica, è diventata un aspetto centrale di questo confronto, con l’URSS impegnata in un enorme sforzo tecnologico e finanziario per raggiungere gli Stati Uniti. La superiorità militare americana e la loro capacità di colpire il territorio sovietico da basi in Europa, hanno messo l’URSS in una posizione di debolezza strategica.

L’espansione del comunismo in Europa

Stalin, pur riconoscendo l’importanza della forza militare, ha puntato sull’espansione politica del comunismo, soprattutto nell’Europa orientale. Qui, i partiti comunisti hanno preso il potere attraverso coalizioni e manipolazioni elettorali. Questa strategia si è però rivelata instabile a causa di incompatibilità tra i comunisti e gli altri partiti, problemi economici e sentimenti nazionalisti. L’unica eccezione è stata la Jugoslavia di Tito, che, non dipendendo dall’URSS, si è opposta al controllo di Stalin. La divisione dell’Europa si è concretizzata con la creazione del Cominform e la presa di potere dei comunisti nell’Est. In Germania, Stalin ha accettato la divisione del paese.

La situazione in Asia e la crisi dei missili

In Asia, la vittoria comunista in Cina e le guerre in Indocina e Corea hanno cambiato gli equilibri. L’URSS ha sostenuto i comunisti in questi conflitti, ma la guerra di Corea si è conclusa con uno stallo. La competizione con gli Stati Uniti si è intensificata, con la corsa agli armamenti e la crisi dei missili a Cuba, evento che ha portato a un’umiliazione per Chruščëv. Sotto Brežnev, l’URSS si è concentrata sulla costruzione delle proprie forze armate e si è impegnata nella guerra in Vietnam, conclusasi con una sconfitta per gli Stati Uniti.

L’isolamento dell’URSS e l’invasione dell’Afghanistan

Nonostante alcuni successi, l’URSS si è trovata isolata e con un’economia debole. La distensione con gli Stati Uniti non ha fermato la corsa agli armamenti, e il riavvicinamento tra Stati Uniti e Cina ha isolato ulteriormente l’URSS. L’invasione dell’Afghanistan si è rivelata un errore fatale, accelerando il crollo dell’ordinamento sovietico.

La Perestrojka e la caduta del Muro di Berlino

La perestrojka di Gorbačëv e la glasnost’ hanno portato a riforme economiche e politiche che hanno però destabilizzato il paese. Il ritiro dall’Afghanistan, la liberalizzazione dell’economia e la caduta del Muro di Berlino hanno segnato un periodo di grandi cambiamenti. Le repubbliche baltiche e altre regioni hanno iniziato a rivendicare l’indipendenza, mentre l’economia si deteriorava.

Il crollo dell’Unione Sovietica e la Russia post-sovietica

Il tentativo di colpo di stato del 1991 è fallito, portando al crollo dell’Unione Sovietica. La Russia post-sovietica ha attraversato un periodo di caos economico e politico, con la nascita di oligarchi e la guerra in Cecenia. Il livello di vita della popolazione è crollato e la Russia si è trovata ad affrontare problemi di identità e di legittimità. Con l’ascesa di Putin, la Russia ha ritrovato una certa stabilità e prosperità, ma è rimasto il problema di definire la propria identità e il proprio ruolo nel mondo.

Se l’Unione Sovietica era in una posizione di tale svantaggio strutturale e strategico rispetto agli Stati Uniti, come mai la Guerra Fredda è durata ben 46 anni, e non si è conclusa molto prima con una vittoria americana?
Il capitolo descrive l’URSS come costantemente in difficoltà, svantaggiata economicamente e militarmente rispetto agli USA. Tuttavia, la Guerra Fredda è durata quasi mezzo secolo, un periodo in cui l’URSS ha comunque esercitato una notevole influenza globale. Questa apparente contraddizione suggerisce che il capitolo potrebbe non aver considerato appieno la complessità della situazione. Per comprendere meglio le dinamiche della Guerra Fredda, sarebbe utile approfondire discipline come la storia delle relazioni internazionali, la scienza politica, e la storia economica, con un focus specifico sul periodo 1945-1991. Potrebbe essere utile, ad esempio, analizzare il ruolo della deterrenza nucleare, l’impatto delle alleanze e dei movimenti di non allineamento, o le strategie economiche e politiche adottate dai due blocchi. Autori come John Lewis Gaddis, Eric Hobsbawm o Vladislav Zubok, potrebbero offrire prospettive interessanti su questi temi.


7. Trasformazione e Potere in Russia

Dopo l’Epoca dei Torbidi, la Russia del XVII secolo fu segnata da profondi cambiamenti sociali, politici e culturali. Il Paese cercò di ristabilire l’ordine interno, ma nuove tendenze e sviluppi emersero in ogni ambito della vita.

Consolidamento del potere e tensioni sociali

Il servaggio, pur garantendo una struttura sociale rigida, rallentava la crescita economica. La crescita demografica e l’integrazione con i mercati europei portarono ricchezza, ma il XVII secolo fu anche un periodo di rivolte, con insurrezioni cosacche e contadine, che il potere riuscì a reprimere.

Riforme religiose e scisma

Le riforme di Nikon nella Chiesa ortodossa, volte a uniformare i riti con quelli greci, causarono uno scisma e la nascita dei Vecchi Credenti, un movimento di resistenza al potere. I cambiamenti culturali e religiosi, influenzati dalla Chiesa ortodossa di Kiev, si diffusero tra l’élite. Nonostante le resistenze, la cultura russa si aprì all’influenza occidentale, con l’introduzione di nuove forme artistiche e letterarie e la fondazione di istituzioni educative come l’Accademia slavo-greco-latina. La corte divenne un centro di innovazione culturale, ma anche di intrighi politici, con lotte per il potere tra boiari e favoriti dello zar.

Il regno di Pietro il Grande e le sue riforme

Il regno di Pietro il Grande, tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo, segnò una trasformazione radicale della Russia. Pietro, con il suo stile di vita eccentrico, si dedicò alla costruzione di una flotta e alla guerra contro la Svezia, che portò alla fondazione di San Pietroburgo e all’espansione territoriale. Creò una monarchia europea e una profonda riforma culturale. Le riforme di Pietro riguardarono anche l’amministrazione, con la creazione del Senato e dei Collegi, e la società, con l’introduzione di nuove usanze e la Tabella dei Ranghi. La Chiesa fu subordinata allo stato e la cultura russa si aprì all’influenza laica dell’Europa.

Il governo delle imperatrici

Dopo la morte di Pietro, la Russia fu governata da imperatrici, come Anna Ioannovna ed Elisabetta. Le imperatrici continuarono l’opera di modernizzazione del paese, promuovendo le arti e le scienze. Elisabetta fondò l’Università di Mosca e la cultura russa si aprì all’Illuminismo. La società russa, tuttavia, rimaneva divisa, con una nobiltà sempre più ricca e potente e una massa di contadini, per lo più servi della gleba, che vivevano in condizioni difficili. La successione al trono divenne un problema, con intrighi di corte e colpi di stato, fino all’ascesa di Caterina II, che avrebbe segnato un nuovo capitolo nella storia della Russia.

Come si concilia l’affermazione che il servaggio, pur garantendo una struttura sociale rigida, rallentava la crescita economica, con il fatto che la crescita demografica e l’integrazione con i mercati europei portarono ricchezza, in un periodo storico in cui il servaggio era ancora ampiamente diffuso?
Il capitolo presenta una contraddizione apparente: da un lato, si afferma che il servaggio frenava la crescita economica, dall’altro, si evidenzia una crescita demografica ed economica dovuta all’integrazione con i mercati europei. Questo suggerisce una visione semplicistica del rapporto tra servaggio e sviluppo economico. Per approfondire la questione, sarebbe utile analizzare in dettaglio le dinamiche economiche del periodo, considerando il ruolo di altri fattori, come l’innovazione tecnologica, le politiche fiscali e la struttura del commercio, anche tramite l’approfondimento di discipline come la storia economica e la sociologia rurale. Inoltre, un’analisi comparativa con altre realtà europee del tempo, come ad esempio gli studi di Fernand Braudel sulla civiltà materiale, potrebbe offrire un quadro più completo e sfumato del contesto socio-economico russo del XVII secolo.


8. Trasformazioni e Crisi dell’Impero Russo

Sotto Caterina la Grande, l’Impero Russo vive una fase di espansione territoriale e modernizzazione, influenzata dalle idee illuministe. Caterina consolida il suo potere attraverso la secolarizzazione delle terre della Chiesa e promuove riforme legislative. Nonostante ciò, mantiene un controllo autocratico. La politica estera è caratterizzata da conflitti con la Polonia e l’Impero Ottomano, che portano a spartizioni territoriali e all’annessione della Crimea. La società russa rimane divisa, con la servitù della gleba come problema irrisolto.

Il regno di Paolo I

Il regno di Paolo I, figlio di Caterina, segna un’inversione di rotta, con un ritorno all’autoritarismo e una forte avversione verso le idee rivoluzionarie francesi. Paolo centralizza il potere e impone rigide regole militari, suscitando malcontento tra la nobiltà. La sua politica estera è altalenante, passando da un’alleanza con le potenze europee contro la Francia a un riavvicinamento con Napoleone. La sua paranoia e il suo stile di governo portano alla sua deposizione e assassinio nel 1801.

Il regno di Alessandro I: tra riforme e conservatorismo

Alessandro I, successore di Paolo, promuove inizialmente riforme liberali, allentando la censura e fondando nuove università. La sua politica è però influenzata dalla guerra contro Napoleone, che porta a una fase di conservatorismo. La vittoria su Napoleone nel 1812 trasforma la politica europea e la Russia emerge come una grande potenza. Nonostante ciò, Alessandro si allontana dal liberalismo, abbracciando un misticismo religioso e un’autocrazia sempre più rigida.

Nuove ideologie

La società russa si evolve con la nascita di nuove ideologie come l’occidentalismo e lo slavofilismo. Questi movimenti riflettono le divisioni culturali e politiche all’interno dell’élite russa.

Il regno di Nicola I: repressione e crisi

Il regno di Nicola I, successore di Alessandro, è caratterizzato da una forte repressione politica e dalla centralizzazione del potere. La sua politica estera, inizialmente volta a mantenere lo status quo, si scontra con le ambizioni delle potenze europee, portando alla guerra di Crimea. La sconfitta nella guerra di Crimea rivela le debolezze dell’autocrazia e della servitù della gleba. La Russia si trova di fronte a una crisi interna e internazionale che richiederà cambiamenti radicali.

Se, come afferma il capitolo, Alessandro I passa da un iniziale slancio riformista a un’autocrazia rigida dopo la vittoria su Napoleone, non è forse un controsenso logico, dato che proprio la sconfitta di un regime dispotico dovrebbe rafforzare gli ideali liberali?
Il capitolo descrive un’apparente contraddizione nell’evoluzione politica di Alessandro I. La vittoria su Napoleone, simbolo di un regime autoritario, avrebbe dovuto, in teoria, consolidare le tendenze liberali in Russia. Invece, si assiste a un irrigidimento autocratico. Per comprendere appieno questa dinamica, è necessario approfondire diversi aspetti. Si consiglia di studiare la psicologia politica, per analizzare come le esperienze belliche e le vittorie possano influenzare le scelte di un leader. Inoltre, un’analisi più approfondita del contesto socio-politico russo dell’epoca, con un focus sulle dinamiche di potere all’interno della corte e sull’influenza di figure chiave come i consiglieri dello Zar, potrebbe fornire ulteriori chiarimenti. Infine, per comprendere meglio il contesto geopolitico, potrebbe essere utile approfondire le dinamiche del Congresso di Vienna e il ruolo della Santa Alleanza nella politica europea post-napoleonica.


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Breve storia della Russia. Dalle origini a Putin