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RISPOSTA: “Boza! Diari dalla frontiera. Ediz. illustrata” di Luca Giliberti ci porta in un viaggio intenso attraverso le frontiere d’Europa, esplorando le vite di chi le attraversa e di chi offre solidarietà. Il libro ci fa scoprire realtà contrastanti: dalle Alpi della Val di Susa, dove le istituzioni cercano di gestire i flussi migratori, all’isola di Lampedusa, un crocevia tra turismo e arrivi via mare, passando per le Canarie, teatro di sovraffollamento e resilienza. Attraverso le storie di migranti subsahariani in Marocco e Tunisia, bloccati o in viaggio verso un futuro migliore, e le condizioni dei braccianti a Borgo Mezzanone, emerge un quadro vivido dello sfruttamento e della disperazione, ma anche di una straordinaria capacità di resistenza. Giliberti utilizza un’inedita “etnografia multisituata” per connettere questi luoghi apparentemente distanti, mostrando come le politiche migratorie e le economie influenzino le persone in modi simili. Non si tratta solo di seguire un percorso, ma di creare una mappa di esperienze, dando voce alle “lingue interne” come “boza” o “harraga”, che rappresentano modi di resistere e creare legami in contesti difficili. Un libro che ci invita a guardare il mondo dal punto di vista di chi subisce e resiste, offrendo uno sguardo profondo sulla complessità delle migrazioni contemporanee e sulla forza della solidarietà umana.Riassunto Breve
Le frontiere in Italia, sia quelle terrestri come la Val di Susa, sia quelle marittime come Lampedusa, sono luoghi complessi dove si intrecciano politiche di controllo, economie locali e storie di persone in movimento. In Val di Susa, le istituzioni cercano di gestire i flussi migratori, offrendo spazi di accoglienza e mediazione, ma molti migranti proseguono il loro cammino, spesso grazie a reti di solidarietà informali che sfidano le regole. A Lampedusa, l’isola vive una doppia realtà: da un lato il turismo, dall’altro l’arrivo dei migranti, gestito attraverso hotspot e navi quarantena. Il sindaco mira a proteggere il turismo, minimizzando i contatti, mentre emergono voci di solidarietà, come quella di una suora che invita all’accoglienza, e di pescatori che, pur lamentando danni economici, ribadiscono l’obbligo morale di salvare vite in mare, una “legge del mare” che a volte contrasta con le normative.Le esperienze di chi attraversa le frontiere europee, dalle Alpi alle Canarie, mostrano una diffusa solidarietà da parte della società civile, con volontari che offrono accoglienza, supporto logistico e difendono i diritti umani, creando spazi di accoglienza per sopperire alle mancanze statali. Alle Canarie, di fronte a sovraffollamento e precarietà, associazioni e piattaforme si impegnano a fornire supporto e a promuovere narrazioni che valorizzano la dignità e la resilienza dei migranti, come nel caso di chi fugge da conflitti o povertà. Le storie di questi viaggi evidenziano violenze subite e la ricerca di una vita migliore, di dignità e appartenenza, spesso in contrasto con le procedure istituzionali.Le isole di confine come Pantelleria e Lampedusa sono zone di transito e di gestione dei flussi migratori, con economie legate al turismo che convivono con la sorveglianza. A Lampedusa, l’hotspot riflette le contraddizioni del sistema di accoglienza, trasformando i naufraghi in “clandestini e fantasmi” una volta a terra. I pescatori affrontano difficoltà economiche e critiche verso la migrazione, mentre l’isola subisce una trasformazione da luogo di pesca a meta turistica. Linosa, invece, con la sua vocazione agricola e comunità più coesa, affronta problemi di servizi e deterioramento sociale. Sulla terraferma, a Borgo Mezzanone, i braccianti migranti vivono in condizioni di sfruttamento e precarietà, in un campo che funziona come una città informale, dove le reti familiari e la solidarietà sono fondamentali per superare le frontiere e sperare in un futuro migliore.In Marocco e Tunisia, la situazione per i migranti subsahariani è critica. In Marocco, i giovani “harraga” tentano di raggiungere l’Europa, affrontando violenze ai confini e mancanza di solidarietà. A Casablanca, si offre assistenza a malati e feriti, ma i tentativi di attraversamento continuano, nonostante i pericoli. In Tunisia, il presidente ha adottato una linea dura contro l’immigrazione, portando a espulsioni e alla creazione di accampamenti informali, specialmente a Sfax, dove migliaia di migranti vivono in condizioni precarie in attesa di partire. I viaggi via mare sono costosi e rischiosi, con le autorità che pattugliano le coste. Nonostante le avversità, la speranza di raggiungere l’Europa per sfuggire a povertà e discriminazione persiste, alimentata dalla resilienza e determinazione di queste persone.Un approccio di studio delle migrazioni che va oltre la semplice analisi di un gruppo o luogo si basa sulla “giustapposizione” di diverse esperienze e contesti, come Lampedusa, le Canarie o la Val di Susa, per comprendere le connessioni tra politiche migratorie e sistemi economici. Questa “etnografia multisituata” permette di vedere come le vite delle persone siano influenzate in modi simili in contesti differenti, creando una mappa di frammenti per comprendere l’ordine globale dal punto di vista di chi subisce sfruttamento e cerca di resistere. La ricerca si focalizza sugli elementi comuni delle esperienze di chi affronta ostacoli, analizzando le “figure” che popolano questi contesti e il loro modo di dare senso alla propria esistenza. Le “lingue interne”, termini come “boza”, “harraga” o “frères”, esprimono modi di resistere, creare legami e affrontare una realtà difficile, dando voce a chi è ai margini e mostrando la complessità delle loro vite, fatta di sofferenza, sfruttamento, ma anche di solidarietà e resilienza.Riassunto Lungo
Val di Susa: Tra Gestione Istituzionale e Reti di Solidarietà
Le frontiere in Italia sono analizzate attraverso le esperienze della Val di Susa e di Lampedusa. Nella Val di Susa, le autorità locali, pur ispirandosi a narrazioni storiche sulla migrazione, cercano di controllare e attenuare i flussi, spingendo i migranti a scendere a valle. È stato creato uno “spazio calmo” nella stazione di Bardonecchia, dove mediatori offrono supporto e la possibilità di accedere a luoghi di riflessione. Nonostante questi sforzi, molti migranti continuano il loro viaggio, spesso affidandosi a percorsi alternativi suggeriti da reti di solidarietà. Si nota una differenza tra l’approccio delle istituzioni, focalizzato sulla gestione dei flussi e sulla responsabilità della solidarietà, e quello di alcune reti informali, come la Casa cantoniera anarchica, che si oppone apertamente al sistema di frontiera.Lampedusa: Migrazione, Turismo e Leggi del Mare
A Lampedusa, l’arrivo dei migranti si intreccia con l’economia turistica dell’isola. Il sindaco vede la gestione dei migranti, attraverso l’hotspot e le navi quarantena, principalmente come una misura per proteggere il turismo, cercando di limitare il contatto tra residenti, turisti e migranti. Le condizioni dei migranti sulle navi quarantena sono descritte, e alcune testimonianze locali dipingono questi spazi come luoghi di “bella vita”, generando critiche e risentimento.Voci di Solidarietà e Responsabilità
Emergono anche le voci di coloro che promuovono la solidarietà, come la suora Isabella, che sottolinea l’importanza dell’accoglienza per costruire un “altro mondo”. I pescatori, pur lamentando i danni economici causati dai relitti delle imbarcazioni, ribadiscono il loro obbligo morale di salvare vite in mare. Questa “legge del mare” a volte entra in conflitto con le normative statali. Le economie locali, sia quelle legate al turismo che alla pesca, sono quindi modellate dalla presenza e dalla gestione dei flussi migratori.Se le istituzioni in Val di Susa cercano di gestire i flussi migratori e le reti di solidarietà informali si oppongono al sistema di frontiera, non si assiste forse a una contraddizione intrinseca nel tentativo di “gestire” un fenomeno che per sua natura sfugge a un controllo totale, e come si concilia questo con la “responsabilità della solidarietà” invocata dalle stesse istituzioni?
Il capitolo presenta un quadro in cui le autorità locali tentano di incanalare e mitigare i flussi migratori, creando spazi di supporto, mentre reti informali operano in opposizione al sistema di frontiera. Questa dicotomia solleva interrogativi sulla reale efficacia delle strategie di gestione istituzionale di fronte a dinamiche migratorie complesse e all’azione di gruppi solidali che operano al di fuori dei canali ufficiali. Per comprendere meglio questa tensione, sarebbe utile approfondire studi di sociologia delle migrazioni e di antropologia delle reti sociali. Autori come Saskia Sassen, con le sue analisi sulle città globali e le loro interconnessioni, o James C. Scott, con le sue riflessioni sulla resistenza e l’azione politica informale, potrebbero offrire prospettive illuminanti per analizzare le dinamiche descritte nel capitolo. La questione della “responsabilità della solidarietà” da parte delle istituzioni, a fronte di un approccio che mira al controllo, merita un’analisi più approfondita che consideri le diverse interpretazioni e applicazioni del concetto di solidarietà in contesti di confine.I confini europei: solidarietà e sfide
L’accoglienza e il supporto in Francia
Le esperienze di chi attraversa le frontiere europee, in particolare quelle alpine tra Francia e Italia, evidenziano la complessità delle migrazioni contemporanee. In questi contesti, si osserva un’azione di solidarietà diffusa da parte della società civile. Questa si manifesta attraverso reti di volontariato impegnate nell’accoglienza, nel supporto logistico e nella difesa dei diritti umani. A Briançon, un esempio concreto è l’iniziativa “Ramassage des vêtements”, che raccoglie abiti abbandonati dai migranti. Altrettanto importanti sono le “maraudes”, che offrono assistenza notturna. La creazione di spazi di accoglienza come “Les Terrasses Solidaires”, acquistati e gestiti dalla società civile, dimostra un impegno concreto. Queste azioni mirano a sopperire alle mancanze delle istituzioni statali, offrendo un aiuto tangibile a chi ne ha bisogno.La situazione alle Canarie: dignità e integrazione
Alle Canarie, la situazione nei centri di accoglienza, come il “molo della vergogna” ad Arguineguín, presenta spesso sovraffollamento e condizioni di vita precarie. Di fronte a queste difficoltà, emergono iniziative di solidarietà che vanno oltre la semplice assistenza materiale. Associazioni come Atlas e piattaforme come Somos Red si impegnano attivamente. Il loro lavoro si concentra nel fornire supporto e nel facilitare l’integrazione dei migranti. Promuovono inoltre narrazioni che superano la logica del “miserabilismo”. Si concentrano invece su concetti come felicità, benessere e solidarietà vissuti direttamente dai migranti.Storie di viaggio e resilienza
Le storie raccolte offrono uno sguardo profondo sulla durezza dei viaggi intrapresi. Raccontano delle violenze subite e della grande resilienza di coloro che cercano una vita migliore. Le testimonianze di persone come Noam dalla Palestina o Fawad dall’Afghanistan mettono in luce queste esperienze. Allo stesso modo, le testimonianze raccolte alle Canarie, da Abdoulaye a Fallou, mostrano la ricerca di dignità e lavoro. Queste persone cercano anche un senso di appartenenza, spesso contrastando con le rigide procedure dei centri di accoglienza istituzionali. La solidarietà, in queste narrazioni, si configura non solo come aiuto materiale. Diventa anche un riconoscimento dell’umanità e un modo per creare legami sociali in contesti di marginalizzazione.Se la solidarietà della società civile sopperisce alle mancanze delle istituzioni statali, non si rischia di legittimare l’inazione di queste ultime, creando un circolo vizioso in cui l’assistenza informale diventa la norma, disincentivando interventi strutturali e permanenti?
Il capitolo evidenzia lodevolmente l’impegno della società civile nell’accoglienza e nel supporto ai migranti, contrapponendolo alle lacune delle istituzioni statali. Tuttavia, manca un’analisi critica delle conseguenze a lungo termine di questa dinamica. Per comprendere appieno le implicazioni di un tale scenario, sarebbe utile approfondire le teorie sulla governance e sul welfare state, esaminando opere di autori come Nikolas Rose, che analizza le forme di autogoverno e responsabilità individuale nella società contemporanea, o Karl Polanyi, che discute la relazione tra mercato e società e il ruolo dello stato nella protezione sociale. Questo permetterebbe di valutare se la solidarietà diffusa, pur lodevole, non finisca per mascherare un arretramento dello stato sociale e una delega di responsabilità che indebolisce il quadro normativo e i diritti fondamentali dei migranti.Le isole di confine: Pantelleria e Lampedusa
Pantelleria e Lampedusa come frontiere
Il testo analizza la realtà delle isole come Pantelleria e Lampedusa, viste come frontiere dove si manifestano le dinamiche migratorie e le loro conseguenze sociali ed economiche. A Pantelleria, l’isola viene descritta come una zona di transito per migranti economici, spesso tunisini, che vengono rapidamente gestiti e, in molti casi, respinti grazie ad accordi bilaterali. La vita sull’isola è segnata da un’economia turistica che convive con la percezione di un’isola militarizzata e sorvegliata.A Lampedusa, il focus si sposta sull’hotspot, un luogo che riflette le contraddizioni del sistema di accoglienza, passando da un’apertura relativa a un maggiore isolamento e controllo. Si evidenzia come i migranti, da naufraghi in mare, diventino “clandestini e fantasmi” una volta a terra. Il testo esplora anche la vita dei pescatori, le loro difficoltà economiche, la competizione con le flotte straniere e le loro opinioni sulla migrazione, spesso cariche di astio. Viene anche mostrata la trasformazione dell’isola da luogo di pesca a meta turistica, con una conseguente “apocalisse culturale”.Linosa: un’isola diversa
L’analisi si estende poi a Linosa, un’isola che si contrappone a Lampedusa per la sua vocazione agricola e la sua comunità più coesa, anche se minacciata dal turismo di massa e dalla dipendenza da Lampedusa per i servizi. Qui, le problematiche riguardano la carenza di servizi e il deterioramento del tessuto sociale.La terra dei braccianti: Borgo Mezzanone
Il testo si sposta sulla terraferma, a Borgo Mezzanone, un campo di lavoro per l’industria agricola, dove vivono braccianti, spesso migranti. Viene descritta la loro condizione di sfruttamento, la precarietà lavorativa, la mancanza di documenti e l’organizzazione informale della vita nel campo, che funziona come una vera e propria città con servizi propri. Si evidenziano le differenze economiche e sociali all’interno del campo, con chi ha accesso a mezzi di trasporto e chi no, e le diverse forme di solidarietà o sfruttamento che si creano. Il testo conclude con l’accompagnamento di un gruppo di migranti in viaggio verso nord, sottolineando l’importanza delle reti familiari e della solidarietà per superare le frontiere, e la speranza che il futuro sia migliore rispetto alla precarietà di Borgo.Di fronte alla persistente resilienza dei migranti nel cercare di raggiungere l’Europa, nonostante le violenze subite, le politiche repressive e le condizioni precarie, non si rischia di alimentare un ciclo di disperazione e sfruttamento, ignorando le cause profonde che spingono queste persone a intraprendere viaggi così pericolosi?
Il capitolo descrive con efficacia le difficoltà e le speranze dei migranti in Marocco e Tunisia, ma manca un’analisi più approfondita delle cause strutturali che generano tali flussi migratori e delle possibili soluzioni a lungo termine che vadano oltre la mera gestione delle frontiere. Per comprendere meglio le dinamiche in gioco, sarebbe utile approfondire studi di sociologia delle migrazioni e di economia dello sviluppo. Autori come Saskia Sassen, con le sue analisi sulle città globali e le disuguaglianze, o economisti che studiano le cause della povertà e della disuguaglianza globale, potrebbero offrire prospettive illuminanti per colmare queste lacune argomentative.2. Mappe di Passaggi e Lingue di Resistenza
Un nuovo modo di studiare le migrazioni
Il libro propone un approccio allo studio delle migrazioni che va oltre l’analisi di un singolo gruppo o luogo. Invece di chiedersi “chi va dove”, si concentra sulla “giustapposizione” di luoghi e momenti diversi dove le persone incontrano ostacoli. Questo significa confrontare esperienze in posti differenti, come Lampedusa, le Canarie o la Val di Susa, per capire come siano collegate, anche se appaiono lontane. Questo metodo, definito “etnografia multisituata”, permette di osservare come le politiche migratorie e i sistemi economici influenzino le vite delle persone in modi simili, pur in contesti diversi. Non si segue un percorso lineare, ma si crea una mappa composta da tanti frammenti che, uniti, aiutano a comprendere l’ordine globale, guardando il mondo dal punto di vista di chi subisce lo sfruttamento e cerca di resistere.Figure e significati nelle esperienze di migrazione
La ricerca non si focalizza su un gruppo etnico specifico, ma piuttosto sugli elementi comuni che emergono dalle esperienze di chi affronta ostacoli. Vengono analizzate le figure che popolano questi contesti, come i lavoratori sfruttati o coloro che offrono solidarietà, e il loro modo di dare un senso alla propria esistenza. Queste figure sono centrali per capire le dinamiche di resistenza e adattamento che caratterizzano le migrazioni contemporanee.Le “lingue interne” come forma di resistenza
Il libro dà spazio alle “lingue interne”, ovvero alle parole e ai modi di dire che nascono tra le persone che vivono queste esperienze. Termini come “boza”, “harraga” o “frères” non sono semplici parole, ma esprimono modi di resistere, di creare legami e di affrontare una realtà difficile. Queste forme linguistiche sono un modo per dare voce a chi si trova ai margini e per comprendere la complessità delle loro vite, segnate da sofferenza e sfruttamento, ma anche da solidarietà e resilienza. Queste espressioni linguistiche diventano strumenti di empowerment e di costruzione di identità collettive in contesti di precarietà.Se l’etnografia multisituata è così efficace nel mappare l’ordine globale dal basso, perché il capitolo non approfondisce le potenziali criticità o i limiti intrinseci di un tale approccio nel catturare la complessità delle dinamiche di potere e delle strutture di dominio, rischiando di semplificare eccessivamente la realtà?
Il capitolo propone un metodo di studio delle migrazioni basato sull’etnografia multisituata e sull’analisi delle “lingue interne” come forme di resistenza, focalizzandosi sulla “giustapposizione” di luoghi e momenti per comprendere le connessioni globali. Tuttavia, la sua enfasi sulla resistenza e sulle esperienze individuali, pur valida, potrebbe implicare una sottovalutazione delle strutture di potere più ampie e delle disuguaglianze sistemiche che plasmano le migrazioni. Per una comprensione più completa, sarebbe utile esplorare ulteriormente le discipline che analizzano le strutture di potere globali e le teorie critiche dello sviluppo. Autori come Immanuel Wallerstein, con la sua teoria del sistema-mondo, o Michel Foucault, per le sue analisi del potere e del discorso, potrebbero offrire prospettive complementari per colmare questa potenziale lacuna. Un’ulteriore riflessione sulla metodologia stessa, confrontando l’etnografia multisituata con altri approcci critici, potrebbe rafforzare la validità e la portata delle argomentazioni presentate.Abbiamo riassunto il possibile
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