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Contenuti del libro
Informazioni
“BimbiMinkia. Nativi digitali a scuola” di Mirella Castigli si immerge nel dibattito cruciale su come l’era digitale stia trasformando la scuola e le nuove generazioni. L’autrice esplora il concetto di “nativi digitali”, mettendo in discussione l’idea che l’uso intensivo della tecnologia si traduca automaticamente in vere “competenze digitali”. Il libro analizza l’impatto dell’iperconnessione sull’attenzione e sul pensiero profondo, confrontando visioni ottimistiche con preoccupazioni sulla superficialità e la potenziale “digital dementia”. Viene esaminato il “sistema scolastico italiano”, criticando la corsa all’innovazione tecnologica fine a sé stessa e sottolineando la necessità di investire su insegnanti, strutture e una solida cultura di base. La Castigli discute il ruolo della scuola nel preparare i giovani non solo per il mercato del lavoro, ma come cittadini consapevoli, affrontando il “divario digitale” che non è solo accesso, ma capacità critica. Si parla dell’importanza di una nuova “alfabetizzazione digitale” che includa il “coding” e la valutazione delle fonti, contrapponendo modelli educativi diversi, come quelli tedesco e svedese, all’approccio italiano. Il testo non ignora i pericoli del digitale, come il cyberbullismo, e propone riflessioni sull’uso consapevole dei dispositivi. In sintesi, il libro è un invito a riflettere sul bivio digitale della scuola, cercando un equilibrio tra innovazione e valori umani fondamentali per formare individui capaci di pensiero critico e partecipazione attiva.Riassunto Breve
La scuola si trova al centro delle trasformazioni sociali portate dall’era digitale, riflettendo i cambiamenti e i traumi della società di cui è parte integrante. L’adattamento alle nuove tecnologie solleva interrogativi sul ruolo della scuola, specialmente considerando che le nuove generazioni, spesso definite nativi digitali, sembrano già possedere una superiorità tecnologica. Si discute se il compito della scuola sia solo innovarsi tecnologicamente o se debba mantenere un ruolo più profondo. Alcuni vedono le tecnologie come un potenziale miglioramento per l’umanità, portando a una “mente aumentata”, ma sorgono obiezioni: il progresso tecnologico sembra spesso favorire pochi e non garantire miglioramenti collettivi o comportamenti etici. La facilitazione della partecipazione “dal basso” tramite le tecnologie non assicura valori positivi; il miglioramento sociale dipende dai contenuti e dai valori, non dagli strumenti. Si osserva un cambiamento nell’attenzione delle nuove generazioni, con una tendenza al multitasking. Alcuni lo considerano un adattamento, altri, come Carr e Grafman, lo vedono come un rapido passaggio tra compiti che riduce il pensiero profondo e può portare a una “digital dementia”. La preoccupazione è che l’eccessiva stimolazione porti a superficialità, riducendo la capacità di concentrazione su testi complessi. Questo potrebbe riflettere le esigenze del mondo produttivo, che valorizza la ricerca rapida e la sintesi. Si teme che la scuola, inseguendo l’innovazione tecnologica, formi individui per il mercato del lavoro, concentrandosi sul “come” usare gli strumenti piuttosto che sul “perché” e sul “cosa” della conoscenza. La scuola deve preparare all’uso del digitale basandosi su principi umani consolidati, garantendo l’accesso alle competenze digitali anche alle fasce deboli. L’enfasi sugli strumenti tecnologici non è il punto centrale; servono linguaggi efficaci per i docenti, apprendimento personalizzato e libera espressione, realizzabili anche con investimenti minimi in tecnologia. La valutazione non richiede necessariamente tecnologie avanzate. Le priorità per un miglioramento reale sono la sicurezza degli edifici, stipendi adeguati per gli insegnanti, revisione dei programmi e ampliamento delle attività extra-scolastiche. Servono insegnanti che bilancino tradizione umanistica ed esigenze moderne. La spinta tecnologica in Italia appare disorganizzata, mentre altri paesi rivalutano metodi tradizionali. Le criticità principali sono la precarietà dei docenti, il degrado delle strutture e la necessità di una solida cultura di base. La scuola deve essere un ambiente protettivo che offre esperienze umane fondamentali. La scuola funziona come un triangolo tra docenti, famiglie e allievi, con gli studenti come vertice centrale. Si osserva una tendenza a semplificare l’offerta formativa con tecnologie e giochi, vista come una decadenza che non favorisce l’immaginazione e l’immedesimazione stimolate dalla lettura tradizionale. Le scuole pubbliche adottano un approccio commerciale, competendo per le iscrizioni, supportate da editori e aziende tecnologiche. L’ampia disponibilità online rischia di limitare l’esplorazione e portare a una “balcanizzazione” dei contenuti. Le interazioni online possono rendere l’altro distante. Le nuove abilità digitali devono essere integrate con saperi tradizionali. Mantenere una natura umana è essenziale. I dati sulla partecipazione culturale in Italia sono preoccupanti, e si teme che nuove tecnologie aumentino isolamento e frammentazione. L’era digitale crea un divario tra inclusi ed esclusi. Le nuove abilità digitali sembrano preparare alla competizione economica più che alla cittadinanza. L’uso diffuso della tecnologia non implica competenza; molti giovani usano internet per i social network. Ci si chiede se l’iperconnessione aumenti l’attenzione ai problemi sociali o la passività. Dati sull’analfabetismo mostrano un aumento della popolazione “non istruita”. L’enfasi sulle “super-abilità” per pochi ignora il divario digitale. La tecnologia può supportare l’apprendimento, ma non sostituisce la conoscenza di base o la profondità dell’insegnamento tradizionale. La semplificazione eccessiva nella didattica digitale è dannosa. Le scuole devono integrare le competenze digitali preservando le altre discipline e un generalismo culturale. L’obiettivo è formare persone “onnivalenti”. L’economia digitale richiede nuove competenze; non conoscere l’alfabetizzazione informatica è una nuova ignoranza. Essere disconnessi limita le opportunità lavorative. La scuola italiana deve integrare l’insegnamento del coding e delle competenze digitali fin da giovani. Molti insegnanti sono demotivati da burocrazia e progressione basata sull’anzianità, contribuendo alla rottura del patto educativo e all’abbandono scolastico. Le metodologie didattiche attuali non coinvolgono gli studenti. Serve una scuola che coltivi talenti e insegni a interpretare la realtà. Servono meritocrazia, formazione continua per i docenti e autorevolezza basata sull’azione. È utile affiancare figure esperte. La scuola deve riscoprire la passione per l’insegnamento. La scuola in Germania si basa sul dialogo e sull’educazione alla democrazia, funzionando come ascensore sociale. In Svezia, la scuola Vittra ha spazi flessibili e promuove l’apprendimento personale e l’internazionalità. La scuola italiana tende a premiare il conformismo, con insegnanti visti come repressivi e un patto educativo rotto. I docenti faticano a ispirare e fornire competenze digitali. Molti giovani mostrano indifferenza verso gli eventi globali, legata a una crisi educativa e sociale. Digitale, sostanze e calcio contribuiscono a sedare intere generazioni. Il digitale è uno strumento di guadagno e controllo. La mancanza di valori e un sistema educativo inadeguato producono giovani manipolabili. Il digitale trasforma abitudini sociali e comunicative, offrendo nuove possibilità di creazione, ma non garantisce dialogo o sviluppo culturale. Può facilitare comportamenti dannosi come cyberbullismo, favoriti dal basso costo dei dispositivi e dalla barriera dello schermo. Le cause profonde includono mancanza di riferimenti etici e culturali. È fondamentale promuovere l’educazione ai media per l’uso critico del digitale e la gestione del tempo. Si suggerisce di ritardare l’accesso dei bambini ai dispositivi digitali, limitare l’esposizione alle radiazioni e l’uso notturno. L’accesso non dovrebbe avvenire prima dei tre anni. L’uso del computer con sistemi operativi liberi è visto come più educativo. A scuola, gli smartphone dovrebbero essere usati solo per scopi didattici specifici. Una regola utile è dedicare al digitale non più della metà del tempo libero. La convinzione che i giovani siano “nativi digitali” con competenze innate è una semplificazione; mancano spesso competenze fondamentali come la valutazione delle fonti e la comprensione delle dinamiche commerciali. Definire i giovani “nativi digitali” giustifica la mancanza di educazione digitale. È necessario spostare l’attenzione dall’uso alla competenza digitale (tecnologica, cognitiva, etica). Il divario digitale riguarda la capacità di usare le tecnologie per partecipare pienamente. Il concetto di “literacy” si applica al digitale, includendo competenze tecniche, cognitive, emotive e sociali. La “cultura partecipativa” del web 2.0 richiede un’azione educativa per potenziare le abilità spontanee e prevenire disuguaglianze. Una nuova alfabetizzazione fondamentale è la programmazione (“coding”), che permette di controllare la tecnologia e promuove autonomia e creatività. La condivisione del codice accelera l’innovazione. Comprendere l’esistenza del codice è il primo passo per agire nel mondo digitale. La questione di chi deve insegnare questa alfabetizzazione è aperta. I CoderDojo sono un modello di apprendimento pratico. Paesi come Regno Unito e Stati Uniti introducono la programmazione nei curriculum. In Italia, servono investimenti nella formazione dei docenti e nelle infrastrutture per integrare il coding in un progetto educativo più ampio sulla competenza digitale.Riassunto Lungo
1. La Scuola nell’Era Digitale: Attenzione e Progresso
La scuola è profondamente legata alla società, non la guida né la subisce passivamente, ma riflette i suoi cambiamenti e le sue difficoltà. È impossibile pensare a una società separata dalla sua scuola. Oggi, l’arrivo dell’era digitale e delle nuove tecnologie mette la scuola italiana di fronte a domande importanti sul suo scopo. Le nuove generazioni, spesso chiamate nativi digitali, usano la tecnologia con grande facilità, a volte meglio degli adulti. Le tecnologie cambiano continuamente, e i giovani diventano sempre più esperti. Questo scenario ci porta a chiederci quale sia ancora il compito principale della scuola. Dobbiamo chiederci se il suo scopo sia solo quello di diventare più tecnologica. Anche concetti come insegnante, materie di studio e cultura vengono ripensati in questa epoca, mettendo in discussione cosa significhi essere “moderni” a scuola.Visioni a Confronto: Progresso Tecnologico e Reale Miglioramento
Alcuni, come Marc Prensky, guardano alle nuove tecnologie con ottimismo. Pensano che possano rendere la nostra “mente aumentata” e portarci a una “saggezza digitale”, migliorando l’umanità nel suo complesso. Ma ci sono voci critiche che sollevano dubbi importanti. Una prima preoccupazione è che questo presunto progresso tecnologico spesso sembra aiutare soprattutto la produzione e aumentare la ricchezza per un piccolo gruppo di persone. Non porta necessariamente a un miglioramento per tutti o a una diminuzione delle differenze nel mondo. Ogni nuova tecnologia ci mette di fronte a una scelta, che può portare a risultati buoni o cattivi, e il vero progresso non si vede solo nell’aumentare la velocità o i numeri. Una seconda critica riguarda l’idea che le tecnologie facilitino la partecipazione di tutti. Anche se offrono nuovi modi per le persone di connettersi e organizzarsi, questo non significa automaticamente che individui o gruppi si comporteranno in modo giusto o solidale. Il miglioramento della società non dipende dagli strumenti tecnologici in sé, ma dai valori e dalle idee che le persone scelgono di metterci dentro.Come Cambia la Nostra Attenzione
Si nota un cambiamento nel modo in cui le nuove generazioni usano l’attenzione, in particolare nella capacità di fare molte cose contemporaneamente, il cosiddetto multitasking. I giovani, abituati a molti stimoli digitali, sembrano bravi a gestire diverse attività nello stesso momento. Alcuni vedono questa capacità come un modo per adattarsi al mondo di oggi, sviluppando nuove tecniche per affrontare la complessità. Altri, invece, come Nicholas Carr e Jordan Grafman, pensano che il nostro cervello non faccia vero multitasking, ma passi molto velocemente da un compito all’altro. Questo passaggio rapido richiede sforzo e, secondo loro, può diminuire la nostra capacità di pensare in modo profondo. C’è il rischio che questa continua stimolazione e la necessità di gestire molte attività portino a pensare in modo più superficiale. Questo potrebbe rendere più difficile concentrarsi su letture lunghe o testi che richiedono molta attenzione. Questa tendenza potrebbe anche riflettere ciò che chiede il mondo del lavoro. Spesso si cerca di trovare informazioni velocemente e di riassumerle, dando meno importanza alla riflessione calma e approfondita.La Sfida della Scuola: Formare Persone o Solo Lavoratori?
C’è una preoccupazione che la scuola, nel suo tentativo di essere al passo con le novità tecnologiche, finisca per preparare gli studenti soprattutto per il mondo del lavoro. Il rischio è che si concentri troppo sull’insegnare “come” usare gli strumenti tecnologici, invece di esplorare il “perché” e il “cosa” della conoscenza. In altre parole, si potrebbe dare più importanza alle competenze pratiche richieste dal mercato che allo sviluppo completo della persona. La conoscenza e la crescita umana non riguardano solo l’uso degli strumenti, ma anche la comprensione profonda delle cose e la formazione del pensiero critico. Anche se si parla di una nuova “intelligenza tecnologica”, questa non deve far dimenticare l’importanza di altri tipi di intelligenza. Ci sono molte forme di intelligenza, come quella emotiva, sociale o creativa, che sono fondamentali per far crescere una persona in modo completo. La scuola ha il compito di nutrire tutte queste diverse capacità, non solo quelle legate alla tecnologia o al lavoro.Il capitolo lega il multitasking digitale a un pensiero superficiale e alle richieste del mercato del lavoro. Ma questa connessione è davvero così lineare e universalmente dimostrata?
Il capitolo evidenzia una preoccupazione legittima riguardo al potenziale impatto delle abitudini digitali sull’attenzione e sulla capacità di pensiero profondo, citando autori come Carr e Grafman. Tuttavia, la relazione tra l’uso della tecnologia, le capacità cognitive come il multitasking e le effettive richieste del mondo del lavoro è un campo di ricerca complesso e in continua evoluzione, spesso oggetto di dibattito scientifico. Non è scontato che il multitasking porti inevitabilmente a una superficialità dannosa in ogni contesto, né che il mercato del lavoro moderno escluda la necessità di riflessione profonda a favore della sola velocità. Per esplorare meglio queste sfumature e comprendere la complessità del fenomeno, sarebbe utile approfondire gli studi nel campo della psicologia cognitiva, in particolare quelli sulla plasticità cerebrale e sui processi attentivi nell’era digitale, e confrontarsi con le analisi della sociologia del lavoro e dell’educazione che esaminano come le competenze richieste stiano effettivamente cambiando e quali forme di intelligenza siano valorizzate.2. Le fondamenta della scuola, non solo schermi
La scuola ha il compito di preparare gli studenti ad affrontare il mondo digitale, compreso l’uso dei social media e le sfide che ne derivano. Tuttavia, questa preparazione non può sostituire i principi umani fondamentali che sono sempre stati alla base dell’educazione. Le difficoltà e i pericoli di oggi non sono radicalmente nuovi rispetto a quelli che le generazioni passate hanno superato, dimostrando una grande capacità di adattamento. È essenziale che l’accesso alle nuove competenze digitali sia garantito a tutti, specialmente alle fasce più vulnerabili della popolazione, evitando di concentrare gli sforzi solo sullo sviluppo dell’interazione tra uomo e macchina.Priorità oltre la Tecnologia
Non sono gli strumenti tecnologici all’avanguardia o gli arredi moderni a migliorare veramente l’istruzione. La priorità è aiutare gli insegnanti a trovare modi efficaci per comunicare con i giovani, promuovendo un apprendimento che rispetti le esigenze individuali di ogni studente e incoraggi la libera espressione. Molte esperienze didattiche positive dimostrano che è possibile creare un ambiente di apprendimento stimolante e produttivo, basato sulla relazione tra insegnanti e studenti e sulla capacità degli studenti di gestire autonomamente la propria conoscenza, anche con un uso minimo della tecnologia. La valutazione del percorso di apprendimento e dei risultati raggiunti, anche quando è un processo condiviso e trasparente con gli studenti, non richiede necessariamente l’uso di tecnologie avanzate. Discutere i progressi e coinvolgere gli studenti nelle decisioni sul loro apprendimento è un’attività che rientra nelle competenze fondamentali di un buon insegnante e può essere svolta efficacemente senza l’uso di computer.Le Vere Necessità della Scuola
La scuola non dovrebbe limitarsi a semplificare contenuti complessi attraverso l’uso dei media. Le vere priorità per un miglioramento significativo del sistema educativo riguardano aspetti concreti e fondamentali. È cruciale garantire la sicurezza degli edifici scolastici, offrire stipendi dignitosi agli insegnanti per valorizzare la loro professione, rivedere e aggiornare i programmi di studio per renderli più pertinenti e ampliare le attività extra-scolastiche per arricchire l’esperienza formativa degli studenti. Servono insegnanti capaci di unire la ricchezza della tradizione umanistica con le necessità del mondo moderno, senza essere ridotti a semplici operatori tecnici.Il Contesto Italiano e Internazionale
In Italia, il dibattito sul futuro della scuola è molto attivo, ma la spinta verso l’adozione massiccia della tecnologia, come la “corsa al tablet”, appare spesso poco coordinata. Nel frattempo, in altri paesi si sta assistendo a una riflessione sull’uso eccessivo della tecnologia in classe, con una riscoperta dell’efficacia di metodi didattici più tradizionali, basati sull’uso dei libri di testo e sullo sviluppo del ragionamento critico. Le sfide principali che il sistema educativo italiano deve affrontare riguardano la mancanza di stabilità professionale per molti docenti, il degrado delle strutture scolastiche e la necessità di fornire agli studenti una solida preparazione culturale di base che li aiuti a orientarsi nella complessità del mondo contemporaneo.La scuola ha un ruolo importante nel rappresentare un ambiente diverso e protettivo rispetto al mondo esterno. Offre esperienze umane fondamentali, come la comunicazione orale diretta e il contatto fisico, che sono essenziali per la crescita e la formazione completa degli individui.Il capitolo contrappone nettamente la tecnologia ai principi fondamentali dell’educazione, ma è davvero un aut aut, o la tecnologia può diventare uno strumento potente al servizio di quegli stessi principi?
Questa netta separazione tra “schermi” e “fondamenta umane” proposta dal capitolo rischia di semplificare eccessivamente un dibattito complesso. Non si tratta forse di capire come integrare gli strumenti digitali in modo critico e consapevole per potenziare l’apprendimento, favorire l’espressione individuale e migliorare la comunicazione, piuttosto che vederli solo come un’alternativa o una minaccia? Per esplorare questa prospettiva, sarebbe utile approfondire gli studi sulla pedagogia digitale, le ricerche sull’efficacia delle diverse metodologie didattiche mediate dalla tecnologia e le riflessioni sull’alfabetizzazione mediatica critica, che va oltre il semplice “uso” degli strumenti.3. La Scuola tra Triangolo e Mercato
La scuola funziona come un triangolo dinamico, i cui vertici sono docenti, famiglie e allievi. Queste tre componenti si influenzano reciprocamente in modi complessi, essendo sia la causa che l’effetto delle dinamiche che si creano al loro interno. Lo studente si trova al centro di questo sistema, rappresentando il destinatario finale di ogni azione educativa. È fondamentale comprendere che non è possibile cambiare i ragazzi o risolvere problemi radicati con semplici metodi o soluzioni superficiali.La spinta alla modernizzazione e la competizione
Parallelamente, si nota una tendenza a semplificare l’offerta formativa per renderla più “attraente”. Questo spesso si traduce nell’uso massiccio di tecnologie e giochi. Questa modernizzazione, pur presentandosi come un passo avanti, può essere vista come un segno di decadenza. Non sempre infatti favorisce processi umani essenziali come l’immaginazione e l’immedesimazione, che invece richiedono uno sforzo attivo e sono stimolati in modo efficace dalla lettura tradizionale. Le scuole pubbliche, in questo scenario, iniziano ad adottare un approccio molto simile a quello commerciale. Competono tra loro per il numero di iscrizioni, un aspetto che dirigenti e scuole legano strettamente a questioni di compensi e posti di lavoro, replicando comportamenti tipici del settore privato. Questa visione è spesso supportata da editori e aziende tecnologiche, che offrono soluzioni digitali presentate come veri e propri strumenti di marketing per le istituzioni scolastiche.Le sfide del futuro digitale
Il futuro dominato dal digitale solleva diverse preoccupazioni. L’enorme disponibilità di contenuti online, pur sembrando una risorsa, rischia di limitare l’esplorazione e l’esperienza diretta, portando a una frammentazione dove ognuno si concentra solo su ciò che già preferisce. Le interazioni online, spesso incentrate sull’individuo, possono rendere l’altro distante e astratto, diminuendo l’empatia e la comprensione reciproca. Sebbene emergano nuove abilità legate all’uso della tecnologia, è un compito cruciale della scuola integrarle in un percorso di crescita umana completo. Questo percorso deve necessariamente includere i saperi tradizionali, come la storia, la filosofia e la letteratura, che offrono strumenti fondamentali per comprendere il mondo e sé stessi.Mantenere l’umanità e affrontare i rischi
Mantenere una natura profondamente umana è essenziale per affrontare le sfide che ci attendono. Nonostante le forti pressioni verso l’uniformazione dei consumi e un progresso industriale che a volte sembra dimenticare l’individuo, una speranza risiede nella naturale spinta all’esplorazione che è tipica dei giovani. Tuttavia, i dati sulla partecipazione culturale in Italia dipingono un quadro preoccupante, mostrando basse percentuali di persone impegnate in attività come suonare uno strumento o partecipare attivamente a eventi culturali. Non c’è alcuna certezza che le nuove tecnologie o didattiche “diverse” possano migliorare questa situazione. Al contrario, si teme un aumento dell’isolamento e della frammentazione sociale. Questo scenario rischia di portare a una semplificazione eccessiva dell’offerta culturale e formativa, ampliando ulteriormente il divario digitale e culturale.Ma quali sono le evidenze scientifiche precise a sostegno di regole così rigide e universali sull’uso dei dispositivi digitali, dall’età minima all’allocazione del tempo libero?
Il capitolo propone una serie di indicazioni molto specifiche e prescrittive riguardo all’accesso e all’utilizzo dei dispositivi digitali, in particolare per i più giovani, fissando soglie d’età e limiti temporali o spaziali ben definiti. Tuttavia, non vengono fornite le basi scientifiche o le fonti che giustifichino l’esattezza di tali limiti (come l’età di tre anni o la regola della metà del tempo libero). Questo solleva interrogativi sulla generalizzabilità e sull’applicabilità di queste norme a contesti individuali e familiari diversi, e se si tratti di linee guida ampiamente validate o di raccomandazioni più cautelative. Per approfondire questo aspetto e comprendere meglio le attuali ricerche sugli effetti del tempo schermo sullo sviluppo, la cognizione e il benessere, è utile consultare studi nel campo della psicologia dello sviluppo, della pediatria e delle scienze dell’educazione, esplorando il lavoro di autori che si occupano specificamente di media digitali e infanzia.8. Dall’Uso alla Creazione: La Nuova Alfabetizzazione Digitale
Spesso si pensa che i giovani sappiano usare bene la tecnologia solo perché la usano molto. In realtà, mancano competenze importanti. Non sempre sanno valutare le informazioni che trovano online, capire come funzionano i servizi gratuiti che usano (e chi ci guadagna), o cosa significa proprietà intellettuale. Chiamare i giovani “nativi digitali” può far credere che non abbiano bisogno di imparare a usare la tecnologia in modo consapevole.Che cos’è la competenza digitale
È più utile pensare alla competenza digitale, cioè la capacità di usare insieme quello che si sa, le abilità pratiche e il proprio modo di fare per risolvere problemi con la tecnologia. Questa competenza ha tre aspetti: quello tecnico, per sapersi adattare ai cambiamenti tecnologici; quello cognitivo, per capire e valutare bene le informazioni; e quello etico, per comportarsi in modo giusto e responsabile online. Questi tre aspetti sono collegati tra loro e sono fondamentali per partecipare attivamente alla vita sociale. Oggi, il divario digitale non è più solo non avere accesso alla tecnologia, ma non saperla usare per partecipare pienamente alla società.Le diverse forme di alfabetizzazione digitale
Il concetto di “alfabetizzazione” (literacy) si applica anche al mondo digitale per indicare le conoscenze e le capacità necessarie per essere cittadini attivi. Si parla di information literacy (saper cercare e valutare informazioni), media literacy (capire i media), visual literacy (interpretare le immagini) e digital literacy (competenze digitali generali). Tutte queste si uniscono nelle new media literacies, che includono capacità tecniche, di pensiero critico, emotive e sociali. Il web 2.0 ha creato una “cultura partecipativa” dove è facile creare e condividere contenuti, e si impara anche in modo informale nelle comunità online. Tuttavia, è importante che l’educazione formale aiuti a sviluppare queste capacità spontanee e impedisca che ci siano differenze tra chi riesce a partecipare e chi no.Imparare a programmare: una nuova capacità fondamentale
Una capacità fondamentale per il nostro tempo è saper programmare, cioè il “coding”. Imparare a programmare significa poter controllare la tecnologia, non subirla. La tecnologia diventa uno strumento per esprimere la propria creatività e raggiungere i propri obiettivi. Questo rende le persone più autonome e capaci. Condividere il codice, come si fa con il software libero (open source), aiuta l’innovazione a crescere più velocemente. Storie come quella del gioco 2048, creato da Gabriele Cirulli, mostrano che si può imparare da soli e che la condivisione è potente.Come insegnare la programmazione
Capire che esiste il codice e a cosa serve la programmazione è il primo passo per agire in modo consapevole nel mondo digitale. Ci si chiede chi debba insegnare questa nuova capacità. I CoderDojo, per esempio, sono club gratuiti gestiti da volontari dove si impara programmando. Nelle scuole di paesi come il Regno Unito e gli Stati Uniti, la programmazione è già entrata nei programmi di studio. In Italia ci sono iniziative positive, ma spesso sono isolate. Servono investimenti per formare gli insegnanti e migliorare le strutture, in modo che il coding diventi parte di un progetto educativo più ampio sulla competenza digitale.È davvero il “coding” la nuova alfabetizzazione fondamentale, o rischiamo di concentrarci sullo strumento dimenticando il contesto?
Il capitolo pone giustamente l’accento sull’importanza di superare l’uso passivo della tecnologia, ma eleggere la programmazione a “capacità fondamentale” potrebbe essere riduttivo. L’autonomia e la consapevolezza nel mondo digitale non derivano unicamente dal saper scrivere codice, ma anche dalla comprensione critica dei modelli di business delle piattaforme, delle implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale, della gestione dei dati personali e della sicurezza informatica. Per approfondire queste sfaccettature, è utile esplorare discipline come l’etica digitale, gli studi critici sui media e la sociologia della tecnologia. Autori come Luciano Floridi o Evgeny Morozov offrono prospettive essenziali per comprendere le dinamiche di potere e le sfide etiche che vanno oltre la mera competenza tecnica.Abbiamo riassunto il possibile
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