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Informazioni
“Banche, banchieri e sbancati” di Renzo Mazzaro ti immerge nel dramma che ha colpito il Veneto con la crisi delle banche venete, in particolare Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Questo libro non è solo un resoconto finanziario, ma racconta soprattutto le storie dei risparmiatori traditi, migliaia di persone che hanno perso i risparmi di una vita investiti in azioni illiquide e sopravvalutate, spesso vendute con pratiche ingannevoli come le azioni baciate. Scoprirai come il valore di queste azioni fosse una finzione creata dai vertici, figure come Gianni Zonin e Vincenzo Consoli, e come questo sistema di potere abbia portato al crollo. Il libro analizza anche le falle nella vigilanza bancaria, le complesse battaglie legali e politiche per ottenere risarcimenti risparmiatori, e le pesanti conseguenze umane, dalla disperazione ai problemi di salute. È una lettura essenziale per capire il costo del potere bancario e l’impatto devastante di una crisi finanziaria sulla vita delle persone comuni nel Veneto.Riassunto Breve
La crisi delle banche popolari venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, causa un grave danno a migliaia di risparmiatori, molti dei quali anziani, che perdono i soldi investiti in azioni vendute senza informazioni complete e che diventano quasi senza valore e impossibili da vendere. Questo porta a situazioni di grande difficoltà, problemi di salute e, in alcuni casi, gesti estremi. Le banche, e poi chi prende i loro crediti, chiedono indietro i soldi prestati con mutui o fidi garantiti da queste azioni svalutate, mettendo a rischio le case di tante famiglie. Il problema colpisce centinaia di migliaia di persone, soprattutto piccoli risparmiatori. La ricchezza persa è enorme. L’aiuto promesso per chi sta peggio è poco e difficile da ottenere. La situazione è peggiorata dalla poca conoscenza finanziaria dei risparmiatori, che si fidano troppo della banca locale, e dalla mancanza di una forte classe dirigente veneta nel settore finanziario.Il valore delle azioni di queste banche non era deciso dal mercato, ma dai capi, come Gianni Zonin e Vincenzo Consoli, che lo tenevano alto artificialmente per far sembrare che le banche andassero bene e attirare nuovi investimenti. Questo sistema, basato sull’espansione e sull’emissione continua di azioni, funziona finché le cose vanno bene, ma crolla quando ci sono problemi. Nonostante le difficoltà, i vertici continuano a dire che tutto va bene, e le assemblee dei soci approvano i bilanci senza discutere. Chi protesta viene messo da parte. Vengono usate pratiche come le “azioni baciate”, cioè obbligare i clienti a comprare azioni per avere un prestito, gonfiando il capitale e la domanda in modo finto. Vengono dati soldi facilmente anche a chi non li merita, spesso legati ai vertici. Quando la situazione peggiora, alcuni soci importanti riescono a vendere le loro azioni prima degli altri.Le banche hanno problemi con grandi clienti che sono anche grandi debitori, che ricevono prestiti anche per comprare azioni, spesso tramite giri complicati per nascondere le cose. Le autorità di controllo, come Banca d’Italia e Bce, trovano irregolarità. Le procure aprono indagini per reati come aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. Ci sono proteste forti nelle assemblee dei soci. Cambiano i capi, ma le difficoltà rimangono. Le banche cercano di trasformarsi e quotarsi in borsa, ma falliscono, portando a crolli del valore delle azioni e all’intervento del Fondo Atlante, che però non risolve i problemi.Le banche venete falliscono e le parti sane vengono comprate da Intesa Sanpaolo per un prezzo simbolico, mentre i debiti finiscono in una “bad bank”. Questo succede dopo che i tentativi di salvarsi e fondersi non riescono, e le autorità europee non permettono aiuti statali come ad altre banche. Le gestioni delle banche mostrano spese eccessive e lussi, mentre la situazione economica peggiora. I capi, Zonin e Consoli, fanno operazioni rischiose e con conflitti di interesse. Nonostante le indagini, i processi contro i vecchi vertici spesso non portano a condanne definitive per problemi legali o perché i reati sono vecchi.I dirigenti bancari hanno stipendi altissimi, anche quando le banche vanno male. Vengono dati soldi facilmente a chi è vicino ai capi o ha problemi finanziari, causando grandi perdite. Le “azioni baciate” causano danni ai risparmiatori, e alcuni giudici le annullano. Quando le banche sono in crisi, alcuni capi spostano i loro soldi per non perderli. Altre banche italiane, come Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti e Banca Marche, vengono salvate dallo Stato o da un fondo pagato dalle altre banche, ma azionisti e chi aveva obbligazioni rischiose perdono tutto. Anche banche come Popolare di Bari e Carige hanno problemi simili.Le crisi bancarie portano a interventi dello Stato o del sistema bancario, con costi per i cittadini e i correntisti. La capacità di controllo di Banca d’Italia e Consob viene messa in discussione, con indagini che mostrano ritardi e problemi nel capire cosa succedeva. Per le banche venete, si discute se ci siano stati trattamenti diversi e perché non è arrivato un aiuto privato che avrebbe potuto evitare il fallimento totale per i soci. Anche la politica locale e i media vengono criticati.I risparmiatori, che non sapevano di rischiare così tanto comprando azioni che sembravano sicure, si ritrovano senza niente. Nelle banche c’erano persone importanti a livello locale, ma le decisioni favorivano pochi. Nascono tante associazioni di risparmiatori per chiedere i soldi indietro, ma sono divise e non sempre vanno d’accordo. Le banche offrono di ridare il 15% dei soldi persi in cambio della rinuncia a fare causa, e molti accettano perché le cause sono difficili e costose. Poi, dopo tante discussioni politiche, viene creato un fondo statale che rimborsa il 30% del danno, con regole diverse a seconda di quanto si è perso e della situazione economica. Anche i dipendenti delle banche soffrono molto, accusati di aver venduto azioni rischiose, con stress, denunce e richieste di soldi dai clienti.Nei processi contro i capi delle banche venete, ci sono problemi, come un giudice che si deve ritirare per un possibile conflitto di interessi. Le accuse principali riguardano reati come aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, ma non la truffa diretta ai risparmiatori, rendendo difficile per le vittime ottenere soldi nel processo penale. Il numero degli accusati si riduce, e in un caso una perizia nuova sembra minimizzare le colpe. È difficile recuperare i beni sequestrati agli imputati. Molti pensano che i processi più importanti, per bancarotta, arriveranno dopo e potrebbero coinvolgere più persone e aiutare a recuperare i soldi. Il sistema bancario veneto era molto legato all’economia e alla società del posto, e questo rende difficile per la comunità stessa chiedere conto delle responsabilità, facendo pensare che a pagare di più siano stati i risparmiatori meno legati a questo sistema.Riassunto Lungo
1. Soldi Persi, Vite Spezzate nel Veneto Bancario
La crisi che ha colpito le banche popolari venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ha causato un grave dramma sia economico che sociale. Moltissimi risparmiatori, spesso persone anziane, hanno visto svanire i propri risparmi. Questo è successo perché avevano investito in azioni che sono diventate quasi impossibili da vendere e che erano state vendute loro senza dare tutte le informazioni necessarie o addirittura in modo ingannevole. Questa perdita improvvisa e inaspettata ha portato a grande disperazione, con conseguenze pesanti sulla salute delle persone, come insonnia e depressione, e purtroppo anche a casi di suicidio e tentativi di suicidio.Come sono andati persi i risparmi
I risparmiatori si sono ritrovati con titoli che non potevano più vendere, nemmeno a un prezzo molto basso. Il valore di queste azioni è crollato quasi completamente. Successivamente, sia le banche che le entità che hanno preso in gestione i loro crediti hanno iniziato a chiedere indietro i soldi prestati tramite fidi e mutui. Questi prestiti erano spesso garantiti proprio dalle azioni che avevano perso valore. Questa situazione ha messo a serio rischio le case di migliaia e migliaia di famiglie, con centinaia di migliaia di mutui ipotecari coinvolti in questo meccanismo perverso.L’impatto sulle persone e le famiglie
Il disastro ha colpito direttamente oltre 200.000 soci delle banche. Considerando anche i loro familiari, si stima che circa mezzo milione di persone abbiano subito le conseguenze. La maggior parte di coloro che hanno perso denaro sono piccoli risparmiatori, con somme investite inferiori ai 50.000 euro. La ricchezza totale che è andata in fumo ammonta a miliardi di euro. Questo danno economico ha avuto un impatto molto più forte sulle famiglie rispetto alle imprese. Nonostante siano stati annunciati dei fondi per aiutare chi si trovava in situazioni di grave difficoltà, l’aiuto concreto dato è stato limitato e i criteri per poterlo ottenere non sono risultati chiari.Le ragioni della crisi in Veneto
La gravità con cui la crisi bancaria si è abbattuta sul Veneto è legata a diversi fattori specifici della regione. Da un lato, c’era una scarsa conoscenza dei temi finanziari tra i risparmiatori, che tendevano a fidarsi completamente della propria banca locale, vista quasi come un’istituzione amica e sicura. Dall’altro lato, mancava una classe dirigente veneta che avesse un peso significativo e autorevole nel settore finanziario a livello nazionale e internazionale, capace di guidare e proteggere il sistema bancario locale in modo efficace.Ma è davvero solo la “mancanza di una classe dirigente” a spiegare l’entità del disastro bancario veneto?
Il capitolo identifica nella scarsa conoscenza finanziaria dei risparmiatori e nell’assenza di una classe dirigente veneta autorevole le ragioni della particolare gravità della crisi nella regione. Sebbene questi fattori possano aver contribuito, attribuire l’intera responsabilità o la causa principale della gravità a una generica mancanza di leadership regionale rischia di semplificare eccessivamente un problema complesso. Per una comprensione più completa, sarebbe utile esplorare a fondo le dinamiche specifiche della governance bancaria, le pressioni commerciali interne alle banche, il ruolo degli organi di vigilanza e le decisioni politiche che hanno caratterizzato quegli anni. Approfondire studi sull’economia bancaria, la regolamentazione finanziaria e le analisi di autori che si sono occupati delle crisi sistemiche e delle responsabilità manageriali e istituzionali può offrire una prospettiva più articolata.2. La finzione del valore e il sistema di potere
Il valore delle azioni della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca non era stabilito dal mercato, ma deciso direttamente dai vertici delle banche, in particolare da Gianni Zonin e Vincenzo Consoli. Questo sistema permetteva alle quotazioni di crescere costantemente, anche quando altre banche quotate vedevano scendere il prezzo delle loro azioni. Le banche emettevano nuove azioni per finanziare la loro crescita, e i soci le acquistavano perché il prezzo, apparentemente stabile e in aumento, sembrava garantire un guadagno sicuro. Questo meccanismo funzionava finché le banche generavano profitti. Quando gli investimenti smettevano di rendere, l’intero sistema andava in crisi.Come si manteneva il valore artificiale
Per mantenere alto il valore delle azioni e creare una domanda che non c’era naturalmente, le banche ricorrevano a diverse pratiche. Una delle più diffuse erano le “azioni baciate”: per ottenere un finanziamento, i clienti venivano obbligati a comprare azioni della banca, spesso usando proprio i soldi ricevuti con il prestito. Questo gonfiava artificialmente il capitale della banca e creava una finta richiesta di azioni. Inoltre, venivano concessi prestiti con molta facilità e senza chiedere garanzie adeguate a clienti importanti o vicini ai vertici, anche per operazioni rischiose o per coprire debiti già esistenti.La mancanza di controlli e le prime denunce
Questo gonfiamento artificiale del valore delle azioni avveniva nonostante le denunce e i segnali d’allarme lanciati fin dall’inizio degli anni 2000. Persone come Maurizio Dalla Grana e l’ex vicepresidente Gianfranco Rigon segnalarono irregolarità evidenti e la mancanza di verifiche efficaci da parte degli organismi di vigilanza, come Banca d’Italia. Un altro elemento che rendeva difficile un controllo indipendente era l’abitudine delle banche di assumere ex funzionari che avevano lavorato negli stessi organi di controllo (Banca d’Italia, Guardia di Finanza, magistratura). Questo fenomeno, noto come “porte girevoli”, creava legami stretti tra chi doveva controllare e chi era controllato, facilitando la gestione delle ispezioni e potendo influenzare i loro esiti.Il crollo e le vendite privilegiate
Nonostante i problemi che si accumulavano, i vertici delle banche continuavano a rassicurare i soci, affermando che stavano guadagnando. Le assemblee annuali si trasformavano in momenti di celebrazione, dove i bilanci venivano approvati senza un’attenta lettura, e chi esprimeva dubbi veniva isolato o minacciato. La banca continuava a emettere azioni anche quando il mercato non le voleva più. In poco tempo, il valore delle due banche subì un crollo drastico, passando da oltre 11 miliardi di euro a circa 22 milioni. Quando la situazione precipitò e il valore delle azioni iniziò a scendere, alcuni soci che godevano di legami stretti con i vertici o erano grandi imprenditori riuscirono a vendere rapidamente le proprie azioni. Questo avveniva spesso scavalcando gli altri risparmiatori che erano in lista d’attesa, talvolta anche grazie all’aiuto diretto della banca stessa.Ma se i segnali d’allarme c’erano e le ‘porte girevoli’ erano note, come ha fatto il sistema di controllo a guardare dall’altra parte così a lungo?
Il capitolo, pur illuminando il meccanismo della finzione del valore e le prime denunce, sorvola su un punto dolente: come sia stato possibile che il sistema di controllo, con segnali d’allarme evidenti e il noto fenomeno delle ‘porte girevoli’, abbia permesso che la situazione degenerasse per anni. Per colmare questa lacuna e capire la profondità del fallimento della vigilanza, è necessario esplorare le teorie sulla regolamentazione finanziaria e la ‘regulatory capture’, analizzare la struttura e i poteri effettivi degli enti di controllo italiani (come Banca d’Italia) e studiare le specifiche dinamiche che, nel caso delle banche venete, hanno impedito un intervento tempestivo e risolutivo. Approfondimenti da parte di economisti o giuristi specializzati in crisi bancarie e vigilanza potrebbero offrire le chiavi di lettura mancanti.3. La grande illusione finanziaria veneta
La crisi delle banche venete, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, ha radici in pratiche finanziarie rischiose e in una grave mancanza di trasparenza. Un aspetto centrale di questo problema riguardava i soci più importanti che erano contemporaneamente grandi debitori delle banche. Questi ricevevano finanziamenti spesso legati all’acquisto delle azioni della banca stessa, un meccanismo noto come “azioni baciate”. I prestiti venivano concessi anche a società che non avevano sufficienti garanzie di poterli restituire, il che rendeva estremamente difficile per le banche recuperare questi crediti. Per nascondere queste operazioni e aggirare le regole esistenti, venivano utilizzate strutture finanziarie complesse, incluse la creazione di fondi all’estero partecipati dalle banche stesse.L’intervento delle autorità di controllo e le indagini
Le autorità incaricate di vigilare sul sistema bancario, come la Banca d’Italia e la Banca Centrale Europea (BCE), hanno riscontrato numerose irregolarità in queste banche. Parallelamente, le procure della Repubblica hanno avviato indagini per accertare eventuali reati, tra cui l’aggiotaggio (manipolazione del mercato) e l’ostacolo alle attività di vigilanza. Durante le perquisizioni nelle sedi delle banche, sono emersi tentativi di nascondere o alterare i dati contabili e le informazioni finanziarie per evitare che i problemi venissero scoperti.La reazione dei piccoli risparmiatori
Nelle assemblee dei soci, la rabbia e la frustrazione erano palpabili, specialmente tra i piccoli risparmiatori. Questi protestavano con forza per le ingenti perdite subite a causa del crollo verticale del valore delle azioni delle banche e per l’impossibilità di riuscire a venderle sul mercato. Nonostante le contestazioni rivolte alla dirigenza, le decisioni riguardanti i bilanci in perdita e la drastica svalutazione delle azioni sono state comunque approvate, confermando le perdite per i soci.I cambiamenti ai vertici e i procedimenti legali
Nel tentativo di affrontare la crisi, ci sono stati dei cambi nelle figure di vertice delle banche. Tuttavia, all’interno delle strutture sono rimasti conflitti e l’influenza delle vecchie gestioni ha continuato a farsi sentire. Figure chiave come Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato di Veneto Banca, e Gianni Zonin, ex presidente della Popolare di Vicenza, hanno lasciato i loro incarichi ma hanno continuato a esercitare un certo potere o hanno dovuto affrontare procedimenti legali. In un passaggio significativo, Vincenzo Consoli è stato arrestato nell’ambito delle indagini sulla gestione di Veneto Banca.Il tentativo di salvataggio e l’arrivo del Fondo Atlante
La Popolare di Vicenza ha tentato una trasformazione importante, cambiando la sua forma giuridica in società per azioni e cercando di quotarsi in Borsa per raccogliere capitali. Tuttavia, questa operazione è fallita perché l’aumento di capitale necessario non è stato sottoscritto da nessuno. Questo fallimento ha portato a un’ulteriore e ancora più pesante svalutazione delle azioni e ha reso necessario l’intervento del Fondo Atlante, un fondo creato per sostenere le banche in difficoltà, che è diventato l’azionista di controllo. Anche Veneto Banca, trovandosi in una situazione simile, ha dovuto rivolgersi al Fondo Atlante, confermando così le perdite subite dai suoi soci. La situazione finanziaria di entrambe le banche è rimasta estremamente critica, gravata da una grande quantità di crediti di difficile o impossibile recupero.Come si spiega che, di fronte a perdite “enormi” e a una situazione “drammatica”, i risparmiatori si siano divisi e abbiano accettato risarcimenti così parziali?
Il capitolo descrive la gravità della situazione e le perdite subite, ma lascia aperta la domanda su come, di fronte a un danno così ingente, le reazioni collettive e individuali abbiano portato a divisioni e all’accettazione di risarcimenti parziali. Per approfondire le ragioni di questi comportamenti, si potrebbe esplorare il campo dell’economia comportamentale, che studia le decisioni economiche in contesti di incertezza e perdita (si veda ad esempio il lavoro di Kahneman), o la psicologia sociale dei gruppi e dei conflitti, per comprendere le dinamiche interne alle associazioni e le pressioni che portano a compromessi.8. I processi e la rete veneta
Le azioni legali contro le banche venete si concentrano principalmente su reati come l’aggiotaggio e l’ostacolo alla vigilanza. Le accuse di truffa nei confronti dei risparmiatori sono state in gran parte escluse dal processo principale a Vicenza. Questo limita le possibilità per le vittime di ottenere un risarcimento diretto all’interno del procedimento penale, rendendo più complessa la via per recuperare i fondi perduti.Le Vicende dei Processi Principali
Nel processo relativo alla Banca Popolare di Vicenza, il giudice ha dovuto ritirarsi a causa di un’incompatibilità. Questa situazione è nata dal legame di un avvocato, socio della sorella del giudice, con un ex dirigente della banca coinvolto in una causa di lavoro. Sebbene la questione fosse nota prima dell’inizio del processo, è diventata un problema concreto solo diversi mesi dopo, causando inevitabili ritardi nel procedimento giudiziario. Anche il numero degli imputati è stato ridotto in entrambi i processi principali. A Vicenza, molti membri del consiglio di amministrazione non sono stati perseguiti, poiché considerati non pienamente consapevoli delle operazioni illecite contestate. Parallelamente, a Treviso, la procura ha drasticamente diminuito il numero degli imputati per le accuse principali, concentrando la responsabilità sull’ex amministratore delegato Vincenzo Consoli, una scelta basata su una nuova perizia che ha minimizzato l’impatto di alcune irregolarità.Le Difficoltà nel Recupero dei Beni
Il sequestro dei beni appartenenti agli imputati si è rivelato una procedura complessa e spesso infruttuosa. Nonostante le necessarie autorizzazioni legali siano state ottenute, il recupero effettivo di somme di denaro significative è risultato arduo nella pratica. Le ricerche e le confische hanno portato al ritrovamento di beni di scarso valore economico. Questo aspetto evidenzia le notevoli difficoltà concrete nell’ottenere un risarcimento per i risparmiatori attraverso il recupero diretto dei patrimoni degli ex dirigenti o amministratori accusati.La Prospettiva di un Futuro Processo per Bancarotta
Esiste la convinzione diffusa che gli attuali procedimenti giudiziari rappresentino solo una fase iniziale. Un futuro processo per bancarotta fraudolenta è considerato da alcuni l’ambito più adatto per affrontare pienamente le responsabilità e tentare un recupero più sostanzioso dei fondi. Questo tipo di processo potrebbe avviarsi una volta che lo stato di insolvenza delle banche sarà confermato in via definitiva. Un vantaggio percepito della bancarotta è la potenziale possibilità di coinvolgere un numero maggiore di persone ritenute responsabili. Inoltre, in questi casi, l’onere della prova tende a spostarsi, rendendo più difficile per gli imputati dimostrare la propria innocenza.Il Legame tra Banche e Territorio
Il sistema bancario veneto era storicamente e profondamente radicato nella società e nell’economia locale. Questa stretta compenetrazione tra le banche e il tessuto del territorio ha reso particolarmente difficile per la comunità stessa perseguire appieno le responsabilità emerse dagli scandali. Questa situazione complessa suggerisce che solo una parte dei risparmiatori, in particolare coloro meno inseriti o legati a questo sistema interconnesso, abbia subito le conseguenze più gravi e dirette del dissesto. La capillarità delle relazioni ha creato un contesto in cui l’azione legale si scontra con legami preesistenti.Se i membri del consiglio di amministrazione non erano “pienamente consapevoli” delle operazioni illecite, chi risponde del dissesto e delle perdite dei risparmiatori?
Il capitolo, nel notare che molti membri del consiglio di amministrazione non sono stati perseguiti perché ritenuti non “pienamente consapevoli”, solleva un interrogativo fondamentale sulla catena di responsabilità. Se chi era al vertice non aveva piena contezza delle operazioni illecite, chi doveva averla? Questa apparente deresponsabilizzazione evidenzia la complessità e forse l’inadeguatezza degli strumenti legali attuali nel definire e perseguire la colpa in contesti di alta finanza. Per approfondire, è essenziale studiare i principi di governance aziendale, i doveri degli amministratori delegati e dei consiglieri, e le difficoltà probatorie nei reati economici.Abbiamo riassunto il possibile
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