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Contenuti del libro
Informazioni
“Bad Science. Come farsi fregare dalla pseudoscienza” di Ben Goldacre è un libro che ti prende per mano e ti mostra quanto sia facile farsi imbrogliare da cose che sembrano scienza ma non lo sono affatto. Goldacre, usando un sacco di esempi pratici e spesso divertenti, smaschera le bufale sulla salute che ci vengono propinate ogni giorno, dai prodotti detox inutili all’omeopatia che non funziona, passando per le candele per le orecchie e le diete assurde. Ti fa capire come l’industria farmaceutica e quella degli integratori alimentari a volte distorcano la ricerca per vendere di più, e come i media spesso non capiscano o semplifichino troppo la scienza, creando allarmismi o promuovendo idee senza base. Attraverso casi specifici, come paure sui vaccini o l’uso sbagliato delle statistiche, il libro ti insegna a sviluppare un pensiero critico per riconoscere la pseudoscienza e la disinformazione scientifica, capendo dove finisce la vera scienza e inizia la fregatura, per non cadere nelle trappole e prendere decisioni informate sulla tua salute e sul mondo che ti circonda.Riassunto Breve
Capire la scienza è difficile perché spesso viene presentata in modo distorto o usata male. Molti parlano di scienza senza fare esperimenti. Un esempio sono i prodotti “detox” che dicono di eliminare le tossine. Le aziende che li vendono fanno affermazioni strane, tipo che i piedi hanno pori speciali o che l’acqua cambia colore per le tossine. Ma un semplice esperimento mostra che l’acqua cambia colore per reazioni chimiche come l’elettrolisi e la ruggine, anche senza i piedi. Non si trovano tossine nell’acqua e le aziende non dicono quali tossine dovrebbero essere rimosse. Anche le candele per le orecchie non funzionano e il materiale che esce è solo cera della candela. Questi prodotti sono più che altro rituali presentati come scienza per sembrare credibili. Usare male la scienza può avere conseguenze gravi, come nel caso di Matthias Rath che promuoveva vitamine per curare l’AIDS in Sud Africa, dicendo che i farmaci veri erano tossici. Questo ha causato molte morti che si potevano evitare.Anche l’industria farmaceutica, che dovrebbe basarsi sulla scienza, a volte distorce i dati per guadagnare di più. Fanno studi su gruppi scelti, confrontano i loro farmaci con cose che non servono, usano dosi sbagliate dei farmaci concorrenti e misurano cose che non sono i risultati reali sulla salute. Possono anche nascondere i risultati negativi. Gli studi con risultati positivi vengono pubblicati più facilmente. Servirebbe un registro pubblico di tutti gli studi. Le aziende spendono molto in pubblicità e influenzano anche gruppi di pazienti.I media spesso presentano la scienza in modo sbagliato, cercando notizie strane, sensazionali o allarmistiche. Questo non mostra come funziona davvero la ricerca, che è un processo lento. La nostra mente, anche se utile, non capisce bene il caso o le statistiche. Vediamo schemi dove non ci sono, pensiamo che due cose che succedono insieme siano una la causa dell’altra e cerchiamo prove che confermino quello che già pensiamo. Le statistiche vengono usate male dai media, per esempio usando il “rischio relativo” che fa sembrare i pericoli più grandi di quanto siano in realtà. Scegliere solo certi dati o usare campioni non rappresentativi porta a conclusioni sbagliate. Non capire le probabilità può portare a errori gravi.Le paure per la salute si diffondono velocemente, soprattutto con l’aiuto dei media. Un laboratorio privato dava risultati positivi sospetti per il batterio MRSA ed è diventato la fonte preferita dei giornalisti per fare scandali, ignorando i veri esperti degli ospedali. La paura per il vaccino MMR è nata da uno studio sbagliato che diceva ci fosse un legame con l’autismo. I media hanno dato spazio alle storie emotive dei genitori, ignorando le prove scientifiche che mostravano che il vaccino è sicuro. Spesso i giornalisti che si occupano di scienza non sono esperti e non sanno valutare le prove. Danno più importanza alle opinioni di persone famose che alle spiegazioni scientifiche. Le paure per la salute sono spesso più legate a emozioni che a una vera valutazione dei rischi. La disinformazione costa cara perché distrae dai problemi veri.La pseudoscienza, come Brain Gym o l’omeopatia, sfrutta il fatto che le persone credono a spiegazioni complicate anche se non hanno basi scientifiche. Brain Gym propone esercizi senza senso, l’omeopatia si basa su diluizioni così forti che non rimane niente della sostanza originale. Queste pratiche usano parole scientifiche per sembrare serie. Anche le aziende di cosmetici usano ingredienti esotici e affermazioni suggestive per vendere prodotti normali. Per capire se qualcosa è pseudoscienza bisogna guardare come sono fatti gli studi. Molti studi che promuovono queste terapie hanno difetti, come la mancanza di randomizzazione o di “blinding”, che falsano i risultati. Le meta-analisi, che uniscono tanti studi, mostrano che l’omeopatia non funziona meglio di un placebo. La pseudoscienza cresce con la confusione e la disinformazione e danneggia la fiducia nella scienza.L’industria delle pillole, sia integratori che farmaci, promuove i prodotti con studi fatti male e media che non controllano. Uno studio sull’olio di pesce per la scuola non aveva un gruppo di controllo e i risultati sembravano positivi per l’effetto placebo, non per le pillole. I media lo hanno presentato come prova scientifica. Si tende a vedere problemi sociali come il rendimento scolastico come malattie da curare con pillole, invece di affrontare le cause vere. Le aziende di integratori non hanno le stesse regole dei farmaci e usano i media per promuovere i loro prodotti. Figure come Patrick Holford manipolano le informazioni scientifiche per vendere pillole, anche se le loro pubblicazioni contengono errori e studi vecchi. La mancanza di trasparenza nel pubblicare i dati di ricerca è un problema sia per gli integratori che per i farmaci.Riassunto Lungo
1. La Scienza e i Trucchi del Mercato
Per comprendere i principi fondamentali della scienza, è utile analizzare e smontare le affermazioni pseudoscientifiche. Queste ultime, spesso, si basano su concetti scientifici elementari, ma vengono presentate in modo distorto per promuovere prodotti o pratiche inefficaci. Un esempio calzante è quello dei prodotti “detox”. Le aziende che commercializzano tali prodotti sostengono che il corpo umano sia pieno di tossine, che i piedi abbiano pori speciali capaci di espellerle e che l’acqua cambi colore proprio a causa del rilascio di queste tossine. Tuttavia, un semplice esperimento dimostra che il cambio di colore dell’acqua avviene anche in assenza dei piedi, a causa dell’elettrolisi e della ruggine del ferro. Inoltre, non si rilevano tossine misurabili nell’acqua e le aziende non specificano mai la natura di queste presunte tossine.Prodotti detox: tra rituali e pseudoscienza
Le candele per le orecchie, pubblicizzate per rimuovere il cerume e le tossine, in realtà non creano alcuna aspirazione. Il materiale ceroso che si trova al loro interno è semplicemente cera di candela fusa. I cerotti detox per i piedi contengono acido pirolegnoso e carboidrati idrolizzati, che assorbono l’umidità e creano una sostanza appiccicosa, non tossine. Questi prodotti detox sono, più che altro, rituali culturali, simili a pratiche di purificazione di altre culture, che vengono presentati come scientifici per acquisire credibilità.Il caso Rath e la disinformazione
Il caso di Matthias Rath, venditore di pillole vitaminiche, dimostra come la disinformazione scientifica possa avere conseguenze tragiche. Rath ha promosso le vitamine come cura per l’AIDS in Sud Africa, sostenendo che i farmaci antiretrovirali fossero tossici. Questa disinformazione ha contribuito a una crisi sanitaria, con migliaia di morti evitabili. Nonostante le prove scientifiche confutino le sue affermazioni, Rath continua a essere sostenuto da alcuni nel mondo delle terapie alternative.Distorsioni nell’industria farmaceutica
Anche l’industria farmaceutica, pur basandosi sulla scienza, può distorcere i dati per massimizzare i profitti. Le aziende, spesso, conducono studi su gruppi di persone selezionate, confrontano i loro farmaci con controlli inefficaci, utilizzano dosi non adeguate dei farmaci concorrenti e misurano risultati surrogati invece di risultati concreti. Inoltre, possono nascondere i risultati negativi, pubblicare più volte gli stessi dati e minimizzare gli effetti collaterali. La “publication bias”, ovvero la tendenza a pubblicare più facilmente studi con risultati positivi, è un problema serio. Un registro pubblico e obbligatorio di tutti gli studi clinici potrebbe risolvere molti di questi problemi. Le aziende farmaceutiche spendono più in marketing che in ricerca e sviluppo, e le pubblicità dirette ai consumatori aumentano la richiesta di farmaci. Anche i gruppi di pazienti possono essere influenzati dalle aziende, promuovendo farmaci senza una solida base scientifica. La distorsione dei dati e la soppressione di informazioni importanti sono problemi reali, che possono avere gravi conseguenze sulla salute pubblica.Se da un lato il capitolo denuncia giustamente le pratiche pseudoscientifiche e la disinformazione, dall’altro non è forse un po’ ingenuo e contraddittorio dipingere l’industria farmaceutica come un monolite guidato solo dal profitto, quando la stessa si basa, per sua stessa ammissione, sulla scienza, la quale dovrebbe essere immune da distorsioni?
Il capitolo, pur affrontando con lodevole spirito critico il tema della pseudoscienza e della disinformazione, sembra cadere in una generalizzazione eccessiva quando si parla dell’industria farmaceutica. Se da un lato è vero che esistono casi di distorsione dei dati e di marketing aggressivo, dall’altro è importante ricordare che la ricerca scientifica, anche in ambito farmaceutico, è sottoposta a rigorosi controlli e revisioni. Ridurre l’intera industria a un’entità mossa solo dal profitto rischia di alimentare un clima di sfiducia generalizzata, che potrebbe avere conseguenze negative sulla salute pubblica. Per approfondire la complessità del rapporto tra scienza, etica e industria, sarebbe utile studiare la bioetica e la filosofia della scienza, con particolare attenzione al lavoro di autori come Karl Popper e Thomas Kuhn, per comprendere meglio i meccanismi di controllo e validazione della ricerca scientifica e le sue possibili interazioni, a volte distorsive, con il mercato.2. La Cattiva Scienza dei Media e le Fallacie Statistiche
Distorsioni dei media
I media spesso presentano la scienza in modo distorto, creando una parodia di essa. Le notizie scientifiche sono spesso classificate come stravaganti, sensazionali o allarmistiche, minando la vera natura della ricerca. Le storie stravaganti, spesso promosse da aziende di pubbliche relazioni, sono presentate come scienza per attirare l’attenzione e promuovere prodotti.Notizie sensazionali e allarmistiche
Le notizie sensazionali enfatizzano scoperte improvvise, ignorando il processo graduale e incrementale della ricerca scientifica. Le notizie allarmistiche si concentrano su potenziali pericoli, spesso esagerando i rischi e non fornendo il contesto necessario.Fallacie statistiche
Le statistiche, sebbene essenziali per comprendere i dati, sono spesso usate in modo improprio dai media. L’uso del “rischio relativo” invece delle “frequenze naturali” esagera l’impatto di piccoli aumenti di rischio. La selezione di dati fuori contesto e l’uso di campioni non rappresentativi portano a conclusioni fuorvianti. Gli errori statistici, come la fallacia del procuratore, possono avere conseguenze gravi, come nel caso di Sally Clark.Pregiudizi cognitivi
L’intuizione umana, sebbene utile in molti contesti, è spesso fallace quando si tratta di comprendere la casualità, la regressione verso la media e la valutazione delle prove. Le persone tendono a vedere schemi dove non ce ne sono, a confondere la correlazione con la causalità e a cercare prove che confermino le loro convinzioni preesistenti. Questi pregiudizi cognitivi portano a interpretazioni errate delle informazioni e a decisioni sbagliate. La comprensione della matematica delle probabilità è essenziale per evitare di trarre conclusioni errate da eventi rari. La combinazione di pregiudizi cognitivi, cattiva comunicazione scientifica e uso improprio delle statistiche porta a una profonda incomprensione della scienza da parte del pubblico. I media, con la loro tendenza a sensazionalizzare e semplificare, contribuiscono a questa confusione, minando la fiducia nella scienza e nella sua capacità di fornire una comprensione accurata del mondo.Se i media sono così inclini a distorcere la scienza e a manipolare le statistiche, come possiamo fidarci di qualsiasi informazione scientifica che ci viene presentata, e non sarebbe più logico dubitare di ogni notizia scientifica, piuttosto che credere a priori alla sua malafede?
Il capitolo solleva un punto cruciale riguardo alla distorsione della scienza da parte dei media e all’uso improprio delle statistiche, ma l’affermazione che “i media, con la loro tendenza a sensazionalizzare e semplificare, contribuiscono a questa confusione, minando la fiducia nella scienza” sembra generalizzare eccessivamente. Non tutti i media operano allo stesso modo, e molti si impegnano a fornire informazioni accurate e contestualizzate. Inoltre, il capitolo non affronta il ruolo del pubblico nel discernere le informazioni e la sua responsabilità nel cercare fonti affidabili. Per approfondire la questione, sarebbe utile esplorare il campo della comunicazione scientifica e dell’alfabetizzazione mediatica. Si potrebbe anche considerare l’analisi di specifici esempi di giornalismo scientifico di alta qualità, come quello di Ed Yong, per comprendere come la scienza può essere comunicata in modo efficace e responsabile.3. Paure per la Salute e il Ruolo dei Media
Le paure per la salute si diffondono con rapidità, un fenomeno spesso amplificato dalla risonanza che trovano sui media. La tendenza dei giornalisti a prediligere storie sensazionalistiche rispetto a quelle basate su dati concreti aggrava il problema. Le notizie scientifiche, in particolare, vengono spesso affidate a reporter privi di una formazione specialistica, i quali non possiedono gli strumenti per valutare criticamente le evidenze scientifiche. Questa dinamica conduce a una disseminazione di informazioni inesatte e alimenta una crescente sfiducia nei confronti della scienza.Il caso dei tamponi MRSA
Un esempio emblematico è rappresentato dalla vicenda dei tamponi MRSA. Un laboratorio privato, gestito da personale privo delle qualifiche necessarie, forniva risultati positivi in maniera sospetta, diventando la fonte prediletta dai giornalisti a caccia di scandali sui superbatteri negli ospedali. I microbiologi ospedalieri, i cui test non rilevavano la presenza di MRSA, venivano sistematicamente ignorati dai media, interessati a notizie più eclatanti.Il caso del vaccino MMR
Un altro caso significativo riguarda la controversia sul vaccino MMR. Un singolo studio, che ipotizzava un nesso tra il vaccino e l’autismo, ha innescato un’ondata di panico, causando un drastico calo delle vaccinazioni. I media hanno dato ampio spazio a storie strazianti di genitori, tralasciando le prove scientifiche che attestavano la sicurezza del vaccino. La vicenda è stata ulteriormente complicata dal rifiuto dell’allora Primo Ministro di rivelare se suo figlio fosse stato vaccinato, un comportamento che ha contribuito ad alimentare la sfiducia nell’opinione pubblica.Fattori culturali ed emotivi
Le paure legate alla salute sono spesso influenzate da fattori culturali ed emotivi, piuttosto che da una valutazione oggettiva dei rischi. I media hanno la responsabilità di fornire un’informazione accurata e di non alimentare timori infondati. La mancanza di un’adeguata educazione scientifica, unita alla crescente complessità della scienza, rende difficile per il pubblico valutare le informazioni in modo critico. I media tendono a dare più importanza alle opinioni di figure autoritarie che alle spiegazioni scientifiche, creando l’impressione che la scienza sia arbitraria. La disinformazione ha un costo elevato, perché distrae da problemi reali e importanti.Se l’effetto placebo dimostra un legame così forte tra mente e corpo, al punto da influenzare l’efficacia di trattamenti medici e persino interventi chirurgici, perché il capitolo si concentra poi sull’attaccare i nutrizionisti e una figura specifica come Gillian McKeith, invece di esplorare come questa connessione mente-corpo possa essere utilizzata per migliorare la salute in modo olistico?
Il capitolo, pur introducendo l’affascinante potere della mente sul corpo attraverso l’effetto placebo, sembra deviare bruscamente verso una critica, a tratti aspra, del mondo della nutrizione e di alcune sue figure, come Gillian McKeith. Questa scelta appare quantomeno curiosa e riduttiva. Se la premessa è che le nostre credenze e aspettative possono avere un impatto tangibile sulla nostra salute, non sarebbe più interessante e costruttivo indagare come sfruttare positivamente questa consapevolezza? Approfondire la psicologia e le neuroscienze, ad esempio, potrebbe fornire spunti preziosi su come la nostra mente influenzi i processi di guarigione. Autori come Daniel Kahneman e Antonio Damasio, con i loro studi sul processo decisionale e sulle emozioni, potrebbero offrire una prospettiva illuminante. Inoltre, esplorare discipline come la medicina integrativa, che combina approcci convenzionali e alternativi, potrebbe aprire nuove strade per comprendere appieno il legame mente-corpo e utilizzarlo per promuovere il benessere.6. L’industria delle pillole e la manipolazione della scienza
L’industria degli integratori alimentari e quella farmaceutica ricorrono spesso a studi scientifici di dubbia validità e a una copertura mediatica superficiale per promuovere i propri prodotti. Le aziende di integratori alimentari, in particolare, non essendo soggette alle stesse stringenti normative delle case farmaceutiche riguardo alle dichiarazioni sui loro prodotti, sfruttano questa zona grigia per promuovere i loro articoli attraverso i media.La medicalizzazione dei problemi sociali
La tendenza a medicalizzare problemi sociali complessi, come il rendimento scolastico o il comportamento, porta a preferire soluzioni semplici come le pillole, piuttosto che affrontare le cause profonde. Questa medicalizzazione è alimentata da aziende che promuovono i loro prodotti attraverso affermazioni scientifiche non supportate e una copertura mediatica compiacente.Il caso delle pillole di olio di pesce
Un esempio emblematico è lo studio condotto a Durham sull’efficacia delle pillole di olio di pesce nel migliorare le prestazioni scolastiche dei bambini. Questo studio, privo di un gruppo di controllo, ha prodotto risultati positivi non per l’efficacia delle pillole, ma a causa dell’effetto placebo e dell’effetto Hawthorne. L’effetto Hawthorne si verifica quando le persone modificano il loro comportamento semplicemente perché sanno di essere oggetto di studio. Nonostante la debolezza metodologica dello studio, i media lo hanno presentato come una prova scientifica inconfutabile, dimostrando la permeabilità del giornalismo scientifico alle pressioni commerciali e la tendenza a semplificare eccessivamente questioni complesse.Patrick Holford e la nutrizione “ottimale”
Patrick Holford, figura di spicco nel movimento nutrizionista britannico, rappresenta un caso esemplare di come le affermazioni scientifiche possano essere distorte per fini commerciali. Le sue pubblicazioni abbondano di errori, citazioni estrapolate dal contesto e riferimenti a studi screditati. Ciononostante, i media lo considerano un esperto e ha ottenuto una cattedra universitaria. L’Istituto per la Nutrizione Ottimale, da lui fondato, forma la maggior parte dei nutrizionisti nel Regno Unito, diffondendo un approccio alla scienza che mette in secondo piano il rigore metodologico rispetto all’obiettivo di vendere pillole e integratori.Mancanza di trasparenza
La mancanza di trasparenza e la reticenza nel pubblicare i dati di ricerca sono tratti comuni sia all’industria degli integratori alimentari che a quella farmaceutica. Questo comportamento impedisce la verifica indipendente dei risultati e favorisce la diffusione di informazioni fuorvianti. La promozione di pillole come soluzione a problemi complessi, spesso in assenza di prove scientifiche concrete, mina la fiducia nella ricerca e nella scienza.Se l’industria degli integratori e quella farmaceutica sono entrambe accusate di manipolare la scienza e di mancare di trasparenza, perché il capitolo si concentra principalmente sugli integratori, citando come esempio negativo un esponente del movimento nutrizionista, ma non menziona esempi specifici di comportamenti scorretti da parte delle case farmaceutiche?
Il capitolo sembra sbilanciato nella sua critica, attaccando duramente l’industria degli integratori e il movimento nutrizionista, ma senza fornire esempi concreti di come anche l’industria farmaceutica adotti comportamenti simili. Questa disparità di trattamento potrebbe far pensare a un pregiudizio nei confronti degli integratori, indebolendo l’argomentazione generale. Per rendere la critica più equilibrata e convincente, sarebbe utile approfondire il tema della trasparenza e dell’etica nella ricerca farmaceutica, magari con un’analisi dei trial clinici e delle strategie di marketing delle grandi case farmaceutiche. Si potrebbero esaminare le ricerche di autori come Ben Goldacre, noto per le sue indagini critiche sull’industria farmaceutica, o di Marcia Angell, ex direttrice del New England Journal of Medicine, che ha denunciato le pressioni delle aziende farmaceutiche sulla ricerca medica. Anche un’analisi delle dinamiche di potere all’interno del sistema sanitario, con un focus sul ruolo delle agenzie regolatorie e dei conflitti di interesse, potrebbe fornire un quadro più completo del problema.Abbiamo riassunto il possibile
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