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RISPOSTA: “Architettura e democrazia. Paesaggio, città, diritti civili” di Salvatore Settis è un libro che ci porta in un viaggio affascinante attraverso il legame indissolubile tra il modo in cui costruiamo le nostre città e la salute della nostra democrazia. Settis esplora come il paesaggio, inteso non solo come bellezza estetica ma come spazio vitale, sia un pilastro fondamentale della nostra identità nazionale e del nostro rapporto con la cittadinanza. Attraverso esempi che spaziano dall’antica Atene alla Spagna del ’31, passando per la Costituzione italiana, il libro sottolinea come la tutela del patrimonio culturale e naturale sia strettamente legata ai diritti civili, un concetto che risuona forte in un’epoca di urbanizzazione galoppante e di sfide ambientali. L’autore ci invita a riscoprire il legame tra natura e cultura, mostrando come le nostre città e le nostre architetture siano parte integrante del mondo naturale, e non elementi separati. Si parla di come l’urban sprawl stia trasformando le nostre città, creando nuove divisioni sociali e confini invisibili, e di come il “diritto alla città” debba essere difeso contro la mercificazione dello spazio. Settis ci spinge a riflettere sull’etica professionale degli architetti, chiamati a un “patto generazionale” per garantire un futuro migliore, e a considerare la città come uno specchio della società, dove bellezza e responsabilità devono camminare di pari passo. È un invito a ripensare il nostro rapporto con l’ambiente urbano e naturale, promuovendo un’architettura che sia al servizio del bene comune e della democrazia.Riassunto Breve
Il paesaggio e il patrimonio culturale sono elementi essenziali che definiscono l’identità di una nazione e il suo legame con la democrazia. Non si tratta solo di bellezza da ammirare, ma di spazi in cui vivere, che incarnano valori collettivi e non possono essere ridotti a interessi individuali. La tutela di questi beni è strettamente legata ai diritti del cittadino, come dimostra la Costituzione italiana, che ha posto paesaggio e patrimonio storico-artistico tra i principi fondamentali dello Stato, seguendo esempi come la Germania e la Spagna. Questi provvedimenti sono spesso nati da traumi storici, che hanno aumentato la consapevolezza sull’importanza di preservare l’eredità culturale e naturale per le generazioni future. La responsabilità nella gestione di questi beni non ricade solo sui governi, ma anche sui professionisti, in particolare gli architetti, la cui libertà creativa deve essere guidata da un’etica professionale che consideri il bene comune e la comunità, non solo gli interessi del committente. L’architettura ha un impatto diretto sulla qualità della vita e sulle dinamiche sociali, rendendo necessario un “patto generazionale” per trasmettere un mondo migliore, riconoscendo la cultura come elemento essenziale dell’identità statale.Il rapporto tra uomo e natura è un tema centrale che ha influenzato la percezione del paesaggio e le politiche territoriali fin dall’antichità, come dimostrano i decreti di Atene per la protezione del fiume Ilisso e gli scritti di Platone, che evidenziano la necessità di regolare l’impatto umano sull’ambiente. Anche il pensiero romano, con la gestione del territorio, la creazione di catasti e il diritto romano, ha posto le basi per una regolamentazione dell’uso delle risorse. La contrapposizione tra “natura” e “cultura”, vista come un conflitto, viene qui reinterpretata come una continuità: architetture, città e creazioni umane sono parte integrante della natura. L’idea di un “ritorno alla natura” incontaminata è considerata un’utopia; è invece fondamentale promuovere una cultura che sappia gestire l’impatto umano attraverso la legge, l’etica e la responsabilità verso le generazioni future, come già sottolineato da George Perkins Marsh. L’evoluzione delle costituzioni moderne, che includono la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale, riflette questa crescente consapevolezza, evidenziando un impegno a preservare le basi naturali della vita e il valore dei paesaggi storici e culturali. La lezione dei paesaggi antichi invita a ripensare il rapporto tra uomo e ambiente, promuovendo un’armonia tra architettura e paesaggio, e riconoscendo nella legge uno strumento essenziale per prevenire disastri ambientali. L’architettura dovrebbe essere guidata da una forte preoccupazione etica orientata al bene comune.Il concetto di “paesaggio” è complesso e sfaccettato, con significati che variano a seconda dei campi di applicazione e delle lingue. In Italia, la distinzione tra “paesaggio”, “territorio” e “ambiente” è giuridicamente complessa, con competenze sovrapposte che ostacolano la gestione urbana. Storicamente, il confine tra città e campagna era netto, ma oggi è sfumato dall’urbanizzazione incontrollata, che ingloba le aree rurali. Le città storiche si trasformano in luoghi di svago, mentre le periferie si espandono, creando divisioni sociali. Questo fenomeno si osserva a livello globale, con la crescita delle megalopoli che ridisegna il paesaggio urbano, portando talvolta all’impoverimento e alla formazione di “zone grigie” o “terzo paesaggio”. All’interno delle città stesse, si creano nuovi confini, come le “gated communities” contrapposte alle “favelas” o ai quartieri degradati, riflettendo una crescente segregazione e un “apartheid urbano”. Il “diritto alla città”, che lega la qualità della vita urbana ai diritti civili, si contrappone alla mercificazione dello spazio e promuove la partecipazione democratica, estendendosi anche al “diritto alla natura”. La salvaguardia del “capitale civico”, inteso come insieme di valori culturali, storici e sociali di una comunità, diventa fondamentale. Le azioni dei cittadini per preservare l’unicità delle loro città hanno un valore economico e sociale superiore alla speculazione edilizia. La sfida attuale è superare questi confini, ripensando il modello di sviluppo urbano e promuovendo una visione democratica dello spazio che includa i diritti delle generazioni future.La città moderna, con la sua espansione incontrollata e la creazione di confini interni, sta perdendo il legame con la campagna e il paesaggio. La città storica, invece, rappresentava un modello di integrazione tra spazio urbano e rurale, basato su una “seconda natura” creata dall’uomo per fini civili. L’architettura non dovrebbe essere solo una questione estetica, ma dovrebbe considerare l’etica e la responsabilità verso l’ambiente e la società, criticando la tendenza a separarla dalla sua dimensione sociale e politica, che porta a un’ “estetizzazione” che nasconde problemi reali come la disuguaglianza e il degrado ambientale. La “seconda natura” affonda le radici nel pensiero di Aristotele, dove l’abilità professionale (techne) si unisce all’ethos, ovvero all’abitudine e alla virtù morale orientata al bene comune, un equilibrio fondamentale per creare un’architettura che contribuisca al benessere della comunità e alla sostenibilità ambientale. Le parole “economia” ed “ecologia”, entrambe legate al concetto greco di “oikos” (casa), sottolineano come la cura dell’ambiente sia intrinsecamente legata alla gestione della nostra “casa comune”, la Terra. Le preoccupazioni ambientali richiedono una riflessione che vada oltre il mercato e abbracci una responsabilità etica e politica. Si propone un doppio movimento: ritrovare un senso di responsabilità che integri libertà e comunità, guardando al paesaggio come costruzione sociale e alla forma della città come espressione di cittadinanza e democrazia; e “de-esteticizzare” l’architettura e l’urbanistica, considerando la relazione tra il corpo del cittadino e il corpo della città, affinché si integrino e si compenetrino, creando un nuovo ethos.Il concetto di “paesaggio” è profondamente legato alla politica e alla qualità della vita delle comunità. La legislazione italiana, frammentata e contraddittoria, ha spesso favorito la distruzione del paesaggio anziché la sua tutela, creando conflitti tra diverse autorità e permettendo all’interesse privato di prevalere sul bene comune. Questo problema si riflette nella crescita urbana disordinata, dove periferie omogeneizzate e degradate divorano il tessuto storico delle città, portando a una perdita di identità e memoria. La globalizzazione spinge molte città storiche ad adottare modelli urbani standardizzati, perdendo la loro unicità. Le periferie, spesso brutte e prive di servizi, diventano il simbolo di questa omologazione. L’esplorazione urbana evidenzia la presenza di “confini inesplicabili” e la difficoltà nel gestire il patrimonio edilizio dismesso. Il rapporto tra natura e cultura è fondamentale: le rovine urbane rappresentano la sconfitta della civiltà industriale nel gestire i propri residui. L’estetizzazione del paesaggio, sebbene abbia storicamente contribuito alla sua tutela, oggi rischia di diventare un alibi per evitare responsabilità. La qualità degli spazi in cui viviamo è strettamente legata al benessere psicofisico; la frammentazione territoriale e la rapida alterazione dei paesaggi possono causare “angoscia territoriale” e “dismorfofobia” a livello collettivo. È necessario un approccio che consideri la storia come memoria viva, promuovendo un senso di responsabilità etico-politica, specialmente tra gli architetti. Il paesaggio è intrinsecamente politico, come spazio di dialogo tra cittadini per il bene comune. Rifiutare questa dimensione etico-politica, rifugiandosi in una visione puramente estetica, è una scelta politica. La concezione del “locus amoenus” ha storicamente influenzato la tutela del paesaggio, ma oggi appare insufficiente. Le normative di tutela del paesaggio devono evolversi per affrontare le urgenze del presente, come la crescita delle “shanty towns” e la necessità di una “socializzazione del paesaggio” che metta al centro la dignità umana. La crescente disuguaglianza sociale si riflette nella frammentazione urbana, creando “favelas” e “gated communities”, alimentata dalla finanziarizzazione dell’economia e dalla mercificazione dello spazio. La bellezza di un progetto architettonico non deve prevalere sulla qualità della vita delle persone e sull’armonia con l’ambiente. L’architettura deve essere democratica, mirando al bene comune e affrontando i problemi sociali che la “modernizzazione” spesso occulta. Il ruolo dello Stato è cruciale nel difendere il paesaggio e nel promuovere un’estetica al servizio della comunità. Il mestiere dell’architetto ha una forte dimensione etica e politica; come un medico è tenuto a non nuocere, così un architetto non deve contribuire alla devastazione dei paesaggi. La formazione dovrebbe integrare tecnologia e umanesimo, promuovendo “alti e nobili concetti” e un senso di responsabilità collettiva. La sfida è recuperare la dimensione sociale e comunitaria della cittadinanza, trasformando il paesaggio in un “teatro della democrazia” dove i diritti civili, alla città, alla natura e alla cultura, possano essere pienamente esercitati.La città contemporanea è un organismo complesso, influenzato da fattori storici, ambientali ed economici, con una crescente attenzione verso la sostenibilità urbana e la necessità di preservare il paesaggio e le risorse naturali. La legge del 1882, nota come “Lubbock Act”, segna un primo passo nella protezione dei monumenti antichi e del territorio circostante. Viene citata la “Gaia Hypothesis” di Lovelock e Margulis, che vede la Terra come un sistema autoregolato, suggerendo un approccio ecologico integrato anche nella pianificazione urbana. L’urbanistica deve confrontarsi con le sfide ambientali, come dimostrano gli studi sulla relazione tra ambiente urbano e salute mentale, o l’impatto dell’urbanizzazione sul paesaggio. Si osserva la trasformazione delle città in un contesto di “modernità liquida”, dove i confini e le identità diventano più fluidi, riflettendosi nell’architettura e nella produzione dello spazio urbano, che spesso risponde a logiche finanziarie e speculative. In questo scenario, emergono concetti come “l’azione popolare” e il “principio di responsabilità”, che invitano a una maggiore partecipazione civica e a una riflessione etica sulle conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente e sulle generazioni future. La città diventa così un luogo di negoziazione tra sviluppo economico, benessere sociale e tutela ambientale, un processo che richiede un ripensamento radicale dello spazio urbano e delle sue dinamiche.Riassunto Lungo
1. Paesaggio, Patrimonio e Cittadinanza: Un Legame Indissolubile
Il Valore Profondo del Paesaggio e del Patrimonio
Il paesaggio e il patrimonio culturale sono molto più di semplici elementi estetici da ammirare; essi sono il cuore dell’identità di una nazione e definiscono il suo legame con la democrazia. Questi spazi sono dove viviamo e incarnano valori collettivi, non potendo essere ridotti a meri interessi individuali. La protezione di questi beni è intrinsecamente legata ai diritti dei cittadini, come sottolineato dalla Costituzione italiana, che per prima ha posto paesaggio e patrimonio storico-artistico tra i principi fondamentali dello Stato.Radici Storiche e Consapevolezza Collettiva
Questo approccio, che considera paesaggio e patrimonio come un’unica entità, trova echi in nazioni come la Germania (Costituzione di Weimar) e la Spagna (Costituzione del 1931). Queste nazioni, come l’Italia, hanno inserito la loro salvaguardia a livello costituzionale. Spesso, questi atti legislativi sono emersi da periodi di profonda crisi storica, come le guerre, che hanno rafforzato la consapevolezza dell’importanza di preservare l’eredità culturale e naturale per le generazioni future.Responsabilità Etica dei Professionisti
La gestione di questi beni non è un compito esclusivo dei governi; coinvolge attivamente i professionisti, in particolare gli architetti. La loro libertà creativa deve essere sempre guidata da un’etica professionale che ponga al primo posto il bene comune e la comunità, andando oltre i semplici interessi del committente. L’architettura, infatti, ha un impatto diretto sulla qualità della vita delle persone e sulle dinamiche sociali che si sviluppano negli spazi che essa crea.Un Impegno Civico per il Futuro
È quindi necessario un “patto generazionale” che garantisca la trasmissione di un mondo migliore alle generazioni che verranno, riconoscendo la cultura come un elemento vitale dell’identità statale. La salvaguardia del paesaggio e del patrimonio si configura così come un impegno civico e morale, essenziale per costruire una società più giusta e consapevole.Se il paesaggio e il patrimonio sono “il cuore dell’identità di una nazione” e definiscono il suo legame con la democrazia, come si concilia questo con la crescente mercificazione e privatizzazione di tali beni, spesso a scapito della fruizione pubblica e della conservazione a lungo termine?
Il capitolo stabilisce un legame indissolubile tra paesaggio, patrimonio e cittadinanza, elevandoli a pilastri dell’identità nazionale e democratica. Tuttavia, non affronta in modo esauriente le tensioni che emergono quando questi valori entrano in conflitto con dinamiche economiche orientate al profitto e alla privatizzazione. Per comprendere appieno questa complessità, sarebbe utile approfondire le implicazioni delle politiche di gestione del patrimonio culturale e paesaggistico in contesti di mercato, analizzando come la valorizzazione economica possa coesistere o scontrarsi con la tutela dei beni comuni. Autori come David Harvey, con le sue analisi sul neoliberismo e la città, o studiosi di beni comuni come Elinor Ostrom, potrebbero offrire prospettive illuminanti su come bilanciare la protezione di questi “beni comuni” con le esigenze di sviluppo e gestione. È fondamentale interrogarsi su quali meccanismi di governance e quali quadri normativi siano più efficaci nel garantire che il “bene comune” prevalga sugli interessi particolari, preservando l’integrità e l’accessibilità del patrimonio per le generazioni future.2. Natura e Cultura: un Legame da Riscoprire
La Consapevolezza Antica della Natura
Il rapporto tra uomo e natura è un tema centrale che attraversa la storia, influenzando la percezione del paesaggio e le politiche territoriali. Fin dall’antichità, come dimostrano i decreti di Atene per la protezione del fiume Ilisso e gli scritti di Platone, si avverte la necessità di regolare l’impatto umano sull’ambiente, riconoscendo il valore sacro e la fragilità degli spazi naturali. Questa consapevolezza si ritrova anche nel pensiero romano, dove la gestione del territorio, la creazione di catasti e il diritto romano hanno posto le basi per una regolamentazione dell’uso delle risorse, come nel caso delle iscrizioni forestali del Monte Libano o nella legislazione sui beni comuni.Natura e Cultura: Continuità e Armonia
La contrapposizione tra “natura” e “cultura”, spesso vista come un conflitto, viene invece qui reinterpretata come una continuità. Le architetture, le città e le creazioni umane sono parte integrante della natura, non un elemento estraneo. L’idea di un “ritorno alla natura” incontaminata è considerata un’utopia irrealizzabile, mentre è fondamentale promuovere una cultura che sappia gestire l’impatto umano attraverso la legge, l’etica e la responsabilità verso le generazioni future. Questo approccio, già presente nel pensiero di George Perkins Marsh con il suo libro “Man and Nature”, sottolinea come la conservazione sia un dovere morale e come la storia offra lezioni preziose per trovare un equilibrio tra l’interesse generale e le esigenze individuali.L’Evoluzione della Tutela Ambientale
L’evoluzione delle costituzioni moderne, che includono la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale, riflette questa crescente consapevolezza. Dagli esempi europei a quelli latinoamericani, si evidenzia un impegno a preservare le basi naturali della vita e a riconoscere il valore dei paesaggi storici e culturali. La lezione dei paesaggi antichi, con le loro tensioni e contraddizioni, invita a ripensare il rapporto tra uomo e ambiente, promuovendo un’armonia calcolata tra architettura e paesaggio, e riconoscendo nella legge uno strumento essenziale per prevenire disastri ambientali. L’architettura, quindi, non dovrebbe essere guidata solo da principi estetici, ma soprattutto da una forte preoccupazione etica orientata al bene comune.Se la contrapposizione tra natura e cultura è una “continuità” e non un conflitto, come si concilia questa visione con la palese distruzione ambientale causata da secoli di attività umana, spesso presentata come “progresso culturale”?
Il capitolo propone una visione armonica tra uomo e natura, ma non affronta in modo esplicito le contraddizioni storiche e le conseguenze negative dell’azione umana sull’ambiente. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe utile approfondire le teorie ecologiche che analizzano l’impatto antropico e le critiche al concetto di progresso illimitato. Autori come Rachel Carson e Jared Diamond offrono prospettive illuminanti su come le scelte umane possano portare a disastri ambientali, evidenziando la necessità di un approccio più critico alla “cultura” e al suo rapporto con la “natura”.Il Concetto di Paesaggio e le Sue Complessità
Definizione e Ambiguità del Paesaggio
Il concetto di “paesaggio” è complesso e sfaccettato, utilizzato in diversi campi come l’arte, la geografia e il diritto, con significati che variano anche tra lingue diverse. In Italia, la distinzione tra “paesaggio”, “territorio” e “ambiente” è giuridicamente complessa, con competenze sovrapposte tra ministeri e regioni, creando ostacoli alla gestione urbana.L’Evoluzione del Confine tra Città e Campagna
Storicamente, il confine tra città e campagna era netto, come dimostrano gli affreschi senesi, ma oggi questo confine è sfumato dall’urbanizzazione incontrollata, o “urban sprawl”, che ingloba le aree rurali. Le città storiche si trasformano in luoghi di svago, mentre le periferie si espandono, creando divisioni sociali tra ricchi e poveri. Questo fenomeno si osserva a livello globale, con la crescita delle megalopoli che ridisegna il paesaggio urbano. L’urbanizzazione, se da un lato crea agglomerati immensi, dall’altro può portare all’impoverimento e alla formazione di “zone grigie” o “terzo paesaggio”, dove si concentrano marginalità e conflitti.Nuovi Confini e Segregazione Urbana
All’interno delle città stesse, si creano nuovi confini, come le “gated communities” (quartieri recintati per i benestanti) contrapposte alle “favelas” o ai quartieri degradati. Questi confini fisici e sociali riflettono una crescente segregazione e un “apartheid urbano”. Il “diritto alla città”, concetto che lega la qualità della vita urbana ai diritti civili, si contrappone alla mercificazione dello spazio e promuove la partecipazione democratica. Questo diritto si estende anche al “diritto alla natura”, sottolineando l’interconnessione tra ambiente urbano e naturale.La Tutela del Capitale Civico e la Visione Democratica dello Spazio
La salvaguardia del “capitale civico”, inteso come insieme di valori culturali, storici e sociali di una comunità, diventa fondamentale. Le azioni dei cittadini per preservare l’unicità delle loro città, come la difesa di quartieri storici o teatri, hanno un valore economico e sociale superiore alla speculazione edilizia. La sfida attuale è quella di superare questi confini difficili, sia fisici che mentali, ripensando il modello di sviluppo urbano e promuovendo una visione democratica dello spazio che includa i diritti delle generazioni future.Se l’estetizzazione del paesaggio rischia di trasformarsi in un alibi per evitare responsabilità concrete, come possiamo distinguere una tutela autentica da una mera operazione di facciata, soprattutto quando le normative sembrano favorire l’interesse privato a scapito del bene comune?
Il capitolo solleva un punto cruciale sulla potenziale strumentalizzazione dell’estetica paesaggistica, ma manca un’analisi approfondita dei meccanismi che permettono tale “alibi” e delle strategie concrete per identificarlo. Per colmare questa lacuna, sarebbe utile esplorare la filosofia dell’architettura e la pianificazione urbana attraverso autori come Aldo Rossi, che ha indagato il rapporto tra città, memoria e architettura, e Jane Jacobs, fondamentale per comprendere l’importanza della vita urbana e della partecipazione civica nella definizione degli spazi. Approfondire studi di caso specifici di progetti paesaggistici controversi, analizzando le motivazioni economiche e politiche sottostanti, potrebbe fornire gli strumenti critici necessari per discernere la autenticità della tutela.4. La Città tra Passato e Futuro: Un Viaggio tra Ecologia e Sostenibilità
Un Organismo Complesso e in Evoluzione
L’analisi di diversi testi evidenzia come la città contemporanea sia un organismo complesso, plasmato da fattori storici, ambientali ed economici. Si osserva una crescente attenzione verso la sostenibilità urbana, focalizzata sulla necessità di preservare il paesaggio e le risorse naturali. Un primo passo in questa direzione è segnato dalla legge del 1882, nota come “Lubbock Act”, che stabilisce la protezione dei monumenti antichi e del territorio circostante.L’Approccio Ecologico Integrato
La “Gaia Hypothesis” di Lovelock e Margulis, che concepisce la Terra come un sistema autoregolato, suggerisce un approccio ecologico integrato anche nella pianificazione urbana. L’urbanistica si configura quindi come un campo di indagine che deve affrontare le sfide ambientali, come dimostrano gli studi sulla relazione tra ambiente urbano e salute mentale, o l’impatto dell’urbanizzazione sul paesaggio.La Città nella Modernità Liquida
La trasformazione delle città avviene in un contesto di “modernità liquida”, dove confini e identità diventano più fluidi. Questo si riflette nell’architettura e nella produzione dello spazio urbano, spesso guidate da logiche finanziarie e speculative, come nel caso della “conspicuous construction” di New York.Responsabilità e Partecipazione Civica
In questo scenario, emergono concetti chiave come “l’azione popolare” e il “principio di responsabilità”. Questi invitano a una maggiore partecipazione civica e a una riflessione etica sulle conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente e sulle generazioni future. La città si configura così come un luogo di negoziazione tra sviluppo economico, benessere sociale e tutela ambientale, un processo che richiede un ripensamento radicale dello spazio urbano e delle sue dinamiche.Il capitolo invoca un “ripensamento radicale dello spazio urbano” basato su principi di “azione popolare” e “responsabilità”, ma come si concilia questo con la “modernità liquida” e le logiche finanziarie che guidano la “conspicuous construction”, senza cadere in un’utopia irrealizzabile o in una mera retorica?
Il capitolo presenta un quadro affascinante della città contemporanea come organismo complesso in evoluzione, toccando temi cruciali come la sostenibilità, l’ecologia e la partecipazione civica. Tuttavia, la transizione da un’analisi delle sfide ambientali e sociali a un appello per un “ripensamento radicale” appare alquanto brusca, lasciando aperte questioni fondamentali. La “modernità liquida” e le dinamiche finanziarie che plasmano lo spazio urbano, come esemplificato dalla “conspicuous construction”, sembrano contrapporsi alle aspirazioni di responsabilità e azione popolare. Per colmare questa lacuna argomentativa, sarebbe utile approfondire le discipline dell’urbanistica critica e della sociologia urbana, esplorando le opere di autori come David Harvey, che analizza le dinamiche del capitalismo urbano, o Manuel Castells, che studia la società in rete e le sue implicazioni spaziali. Un’analisi più dettagliata dei meccanismi attraverso i quali le istanze di sostenibilità e partecipazione possono effettivamente incidere sulle decisioni urbanistiche, spesso dominate da interessi economici e politici, fornirebbe una base più solida per le conclusioni del capitolo.Abbiamo riassunto il possibile
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