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Informazioni
“Antipapi. Una storia della Chiesa” di Mario Prignano ti porta nel cuore delle lotte per il potere che hanno segnato la storia della Chiesa di Roma fin dalle origini. Non è solo la storia dei papi ufficiali, ma anche quella degli antipapi, figure nate da elezioni contestate, scontri violenti e ingerenze esterne, dall’impero romano all’aristocrazia locale. Il libro esplora come la Sede di Pietro sia diventata un obiettivo politico, tra eresie, persecuzioni imperiali e il difficile rapporto con il potere secolare dopo l’Editto di Milano. Vedrai come la Chiesa ha cercato di darsi regole, con decreti che hanno definito l’elezione papale e creato il collegio cardinalizio, ma anche come queste regole siano state spesso ignorate, portando a scismi e al “secolo di ferro” con le sue lotte brutali. Dalla lotta per le investiture al Grande Scisma d’Occidente, passando per i papi avignonesi e i concili che hanno cercato di rimettere ordine, questo libro racconta una storia affascinante e spesso drammatica di potere, fede e contesa per il trono di Pietro, mostrandoci come, dopo secoli di scontri, la figura dell’antipapa sia infine scomparsa, lasciando il posto a una Chiesa diversa.Riassunto Breve
La guida della comunità cristiana a Roma passa da un gruppo a un singolo vescovo, l’episcopo, visto come tramite per la salvezza. La chiesa romana acquista presto importanza tra le altre, intervenendo in dispute e venendo riconosciuta da figure come Ignazio e Ireneo, che legano la sua autorità a Pietro e Paolo. Ireneo elenca i primi vescovi romani per mostrare la continuità della fede. Crescita e integrazione nella società romana portano però a divisioni interne, eresie e chiese parallele. Nascono contrasti tra posizioni rigide e tolleranti sulla riammissione dei peccatori, come i lapsi, visibili negli scontri tra Ippolito e Callisto o Novaziano e Cornelio. Le persecuzioni imperiali non riescono a estirpare la chiesa. Con il cristianesimo che diventa lecito (313) e poi religione ufficiale (380), il rapporto con il potere politico cambia. Gli imperatori iniziano a intervenire nelle questioni ecclesiastiche, influenzando le elezioni papali. La lotta per la Sede romana diventa spesso violenta e politicizzata, con doppie elezioni e scontri sanguinosi tra candidati sostenuti da fazioni interne (clero, famiglie) o poteri esterni (imperatori, re). Esempi sono le contese tra Damaso e Ursino o Simmaco e Lorenzo. L’autorità secolare si arroga il diritto di confermare l’elezione. Di fronte al caos, emergono papi forti come Leone Magno e Gregorio Magno, che esercitano autorità spirituale e materiale, supplendo alle carenze civili. L’alleanza con i Franchi nell’VIII secolo porta a una maggiore indipendenza da Bisanzio e alla formazione di un dominio territoriale della Chiesa. L’elezione di un laico, Costantino II, nel 767, evidenzia l’estrema politicizzazione e porta a un sinodo nel 769 che tenta di regolamentare il processo, limitando il voto al clero e introducendo la maggioranza. Si usa la damnatio memoriae per cancellare i papi sconfitti. Il periodo tra IX e XI secolo è segnato da intense lotte. L’incoronazione di Carlomagno (800) rafforza l’immagine del papa. L’aristocrazia romana influenza pesantemente le elezioni, portando a papi locali. Il X secolo, “secolo di ferro”, vede competizione violenta, deposizioni e assassinii, con famiglie potenti come i Teofilatti che dominano la scena tramite figure come Teodora e Marozia. Nonostante il caos, Roma mantiene il ruolo spirituale. Imperatori germanici come Ottone I intervengono per ristabilire l’ordine e promuovere riforme contro simonia e concubinato. Papi di origine imperiale, come Leone IX, iniziano paradossalmente a rivendicare l’indipendenza dal potere secolare. Il decreto del 1059 è una svolta, attribuendo l’elezione ai soli cardinali vescovi e creando il potente collegio cardinalizio. Questo genera nuovi scismi e antipapi sostenuti dall’imperatore o da fazioni romane. La lotta per le investiture tra Gregorio VII ed Enrico IV è il culmine dello scontro per l’indipendenza papale, con il Dictatus Papae che afferma la supremazia del papa anche sui sovrani. Il XII secolo presenta numerosi antipapi, figure nate da elezioni contestate e sostenute da fazioni legate all’imperatore o a famiglie romane. Il decreto del 1059 contribuisce a creare “obbedienze” contrapposte. Personaggi come Teodorico e Maurizio Burdino sono eletti fuori dalle regole. Lo scisma del 1130 (Innocenzo II vs Anacleto II) mostra le divisioni interne romane. Alessandro III affronta lo scisma più lungo del secolo contro Vittore IV e successori, sostenuti da Federico Barbarossa; la sua vittoria nel 1177 dimostra la crescente forza istituzionale del papato. La costituzione del 1179 introduce la parità di voto per tutti i cardinali e la regola dei due terzi per l’elezione, mirando a prevenire spaccature. Il XIII secolo, nonostante i conflitti con Federico II, non vede antipapi. Questo si spiega con il rafforzamento del papato come monarchia giuridica, un collegio cardinalizio più stabile (grazie al minor numero e alla regola dei due terzi), la capacità del papato di difendere la propria libertà sul piano legale e il sostegno degli ordini mendicanti. Federico II non tenta di imporre un suo candidato. La situazione cambia nel XIV secolo. La lunga assenza dei papi da Roma (Avignone) indebolisce il controllo sulla città, lasciando spazio alle lotte tra famiglie baronali. L’elezione di Niccolò V nel 1328, sostenuto dall’imperatore Ludovico il Bavaro, ignora le norme elettorali consolidate. Questo anticipa il Grande Scisma d’Occidente del 1378, causato da un’elezione papale a Roma sotto pressione popolare, seguita dalla contestazione dei cardinali e dalla scelta di un secondo pontefice a Fondi (Urbano VI vs Clemente VII). Per risolvere la crisi si tentano diverse strade: forza militare, negoziazione, rinuncia dei contendenti e ricorso a un concilio. Il Concilio di Pisa (1409) cerca di risolvere lo scisma deponendo i due papi e eleggendone un terzo (Alessandro V), portando a tre papi contemporaneamente. Il Concilio di Costanza (1414), guidato dall’imperatore Sigismondo, affronta la situazione con l’obiettivo di ottenere la rinuncia o la deposizione dei papi. Il concilio afferma la propria autorità sul papa con il decreto Haec sancta. Gregorio XII rinuncia, Giovanni XXIII viene deposto dopo essere fuggito, e Benedetto XIII viene deposto nel 1417. L’11 novembre 1417, il conclave a Costanza elegge Martino V, ponendo fine allo Scisma dopo quasi quarant’anni. I papi deposti hanno destini diversi. Successivamente, il Concilio di Basilea vede un nuovo scontro tra concilio e papato, culminando nell’elezione dell’antipapa Felice V, che si dimette nel 1449. Dopo Felice V, la figura dell’antipapa scompare. Questo accade mentre il papato consolida il proprio potere, il collegio cardinalizio perde influenza politica e l’emergere degli stati nazionali sposta le dinamiche di potere, rendendo le dispute sulla legittimità papale meno centrali rispetto a nuove sfide come la Riforma protestante.Riassunto Lungo
1. La lotta per la Sede di Pietro
Nel periodo tra il secondo e il terzo secolo, la comunità cristiana a Roma affronta nuove sfide. Per dare una forma e una sostanza condivisa alla fede, si afferma il mono-episcopato: un singolo vescovo prende il posto del gruppo di anziani (presbiteri) come unica autorità. Questa figura, l’episcopo, è vista come un ponte tra i fedeli e la salvezza.Il prestigio della Chiesa di Roma
La Chiesa di Roma ottiene presto un ruolo di primo piano rispetto alle altre comunità cristiane. Già alla fine del primo secolo interviene con autorità in dispute, come quella che coinvolgeva la chiesa di Corinto. Figure importanti come Ignazio di Antiochia e Ireneo di Lione riconoscono e promuovono l’autorità della chiesa romana. Attribuiscono questo prestigio alla sua origine, legata agli apostoli Pietro e Paolo. Ireneo, in particolare, scrive una delle prime liste dei vescovi di Roma per dimostrare che la vera fede è stata trasmessa in modo continuo attraverso di loro.Divisioni interne e eresie
Tuttavia, la crescita del cristianesimo e la sua integrazione nella società romana portano a divisioni al suo interno. Compaiono eresie, cioè dottrine che mettono in discussione la natura di Cristo, e si formano Chiese parallele. Nascono anche forti contrasti tra chi sostiene posizioni più severe (rigoristi), che chiedono una disciplina rigida per i fedeli, e chi è più incline all’inclusione (tolleranti), disposto ad accogliere i peccatori pentiti. Un esempio noto è lo scontro tra Ippolito e Callisto. La questione dei lapsi, i cristiani che avevano rinnegato la fede durante le persecuzioni, aumenta queste tensioni. La comunità si divide sulla possibilità di perdonarli e riammetterli: Novaziano è a favore del rigore, mentre Cornelio sostiene l’accoglienza.Dalla persecuzione alla religione di Stato
Le persecuzioni ordinate dagli imperatori, come quelle di Decio e Valeriano, colpiscono duramente la Chiesa, ma non riescono a distruggerla. La situazione cambia radicalmente con l’Editto di Milano nel 313, che rende il cristianesimo una religione permessa. Successivamente, con l’imperatore Teodosio nel 380, diventa la religione ufficiale dell’impero. Questo evento trasforma profondamente il rapporto tra il potere politico e quello religioso. L’imperatore inizia a intervenire nelle questioni della Chiesa, convocando concili e influenzando l’elezione del vescovo di Roma.Le lotte per il soglio pontificio
La competizione per la Sede romana diventa spesso violenta e legata alla politica. Si verificano elezioni contestate, con due candidati che si contendono la carica, e scontri sanguinosi tra i sostenitori delle diverse fazioni. Queste fazioni potevano essere interne alla Chiesa (clero) o esterne (famiglie potenti, esercito) o legate a poteri esterni (imperatori, re goti, longobardi). Esempi di queste contese sono quelle tra Damaso e Ursino, Simmaco e Lorenzo, Eulalio e Bonifacio. Il potere civile si attribuisce il diritto di confermare l’elezione del papa.L’emergere di papi forti e il potere temporale
In mezzo a questo caos, emergono figure papali di grande forza come Leone Magno e Gregorio Magno. Questi papi iniziano a esercitare un’autorità che non è solo spirituale, ma anche concreta e materiale sulla popolazione romana, compensando le mancanze del potere civile. L’alleanza con i Franchi nell’VIII secolo segna un passo decisivo verso l’indipendenza dall’Impero Bizantino e l’inizio della formazione di un vero e proprio territorio governato dalla Chiesa.I tentativi di regolamentare le elezioni
La vicenda del laico Costantino II, eletto papa in modo irregolare nel 767, mostra quanto le elezioni fossero diventate politicizzate. Questo evento porta a un sinodo nel 769 che cerca di mettere ordine nel processo elettorale. Si cerca di limitare il diritto di voto al solo clero e si introduce l’idea che sia necessaria una maggioranza per l’elezione. La pratica della damnatio memoriae (cancellazione della memoria) viene usata per far dimenticare i papi sconfitti o considerati illegittimi. La storia dei papi è, in gran parte, la storia di chi ha vinto queste lotte.Ma la “lotta per la Sede di Pietro” si riduce davvero a una mera contesa politica e materiale?
Il capitolo descrive efficacemente le dinamiche di potere e le violente contese per il soglio pontificio, sottolineando l’emergere del potere temporale. Tuttavia, concentrandosi prevalentemente su questi aspetti, rischia di trascurare le profonde questioni teologiche e spirituali che animavano la Chiesa in quel periodo e che erano intrinsecamente legate all’autorità e al ruolo del vescovo di Roma. Per comprendere appieno la complessità di questa fase storica, sarebbe utile approfondire la storia del dogma cristiano e la patristica, esplorando il pensiero di figure come Agostino o Origene, che offrono una prospettiva diversa sulla natura della Chiesa e della sua guida.2. Secoli di Ferro e Contese per il Soglio
Il periodo tra il IX e l’XI secolo vede intense lotte per il controllo del papato. L’incoronazione di Carlomagno nell’800 rafforza l’immagine e l’autorità del papa, stimolando grandi progetti edilizi che portano a una ripresa della città di Roma. Tuttavia, l’aristocrazia romana inizia presto a esercitare una forte influenza sulle elezioni papali, portando a un susseguirsi di pontefici scelti tra le famiglie locali. Il X secolo, in particolare, è un’epoca di grande instabilità, definita “secolo di ferro” per la violenza e la spregiudicatezza con cui si compete per il trono di Pietro. Molti papi si succedono rapidamente, spesso deposti, esiliati o persino assassinati in un clima di brutalità che culmina in episodi come il “sinodo del cadavere”. Famiglie potenti come i Teofilatti dominano la scena politica romana; figure femminili come Teodora e Marozia dimostrano un notevole potere, influenzando direttamente l’elezione dei papi, arrivando a far eleggere anche propri parenti. Malgrado questo caos politico, Roma riesce a mantenere il suo ruolo centrale come sede spirituale della cristianità.L’intervento imperiale e le riforme
Per cercare di riportare ordine e moralità nella Chiesa, intervengono gli imperatori germanici. Già nel X secolo, Ottone I si fa garante della stabilità, e in seguito gli imperatori delle dinastie Ottona e Salica, nell’XI secolo, promuovono riforme volte a contrastare pratiche diffuse come la simonia (la compravendita di cariche ecclesiastiche) e il concubinato del clero. Paradossalmente, questi papi scelti dall’imperatore, come Leone IX, iniziano a rivendicare con forza l’indipendenza del papato dal potere secolare, gettando le basi per futuri conflitti.L’elezione papale e la lotta per le investiture
Una svolta decisiva si ha con il decreto del 1059, che stabilisce che l’elezione del papa spetti esclusivamente ai cardinali vescovi, escludendo così il clero e il popolo romano che avevano avuto un ruolo determinante in precedenza. Questo segna la nascita del collegio cardinalizio come un’élite potente e influente all’interno della Chiesa. Nonostante l’intento di regolamentare l’elezione, il decreto non elimina i conflitti, ma ne genera di nuovi, portando a scismi e alla comparsa di antipapi sostenuti dall’imperatore o dalle diverse fazioni romane. La tensione tra il potere spirituale del papa e quello temporale dell’imperatore raggiunge il culmine nella celebre lotta per le investiture, che vede contrapposti papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV. In questo scontro, il papa afferma la supremazia del potere papale, anche sui sovrani, attraverso documenti come il Dictatus Papae.Ma come si concilia il “caos politico” e la “brutalità” descritti con il mantenimento del “ruolo centrale come sede spirituale della cristianità”?
Il capitolo afferma che, nonostante le lotte intestine, la corruzione e la violenza del X secolo, Roma riuscì a conservare la sua centralità spirituale. Questa affermazione merita un approfondimento critico: è plausibile che l’autorità spirituale non fosse intaccata da papi deposti, esiliati o assassinati? Per esplorare questa apparente contraddizione, sarebbe utile considerare le diverse percezioni dell’autorità papale nel Medioevo e studiare autori che analizzano la resilienza istituzionale della Chiesa, come J. Richards o autori che si concentrano sulla storia sociale e religiosa del periodo.3. Dalle contese imperiali alla forza del diritto: l’altalena degli antipapi
Il XII secolo è segnato dalla presenza di molti antipapi. Queste figure nascono da elezioni contestate, spesso appoggiate dall’imperatore o da potenti famiglie di Roma. Il decreto del 1059, che stabilisce che solo i cardinali eleggono il papa, contribuisce a creare schieramenti opposti. Uomini come Teodorico, Alberto, Maginolfo (Silvestro IV) e Maurizio Burdino (Gregorio VIII) vengono eletti senza rispettare le regole della Chiesa. A volte hanno l’appoggio dell’imperatore o del popolo romano, che era stato escluso dall’elezione ufficiale. Lo scontro del 1130 tra Innocenzo II e Anacleto II non è legato all’imperatore, ma mostra le divisioni politiche interne a Roma e quanto fosse importante avere sostegni esterni. Alessandro III, eletto nel 1159, affronta lo scisma più lungo del secolo contro Vittore IV e chi viene dopo di lui, tutti sostenuti da Federico Barbarossa. La sua vittoria, confermata dalla Pace di Venezia nel 1177, dimostra che il papato sta diventando un’istituzione sempre più forte.La regola dei due terzi
La costituzione Licet de vitanda del 1179 introduce una regola importante per l’elezione del papa. Stabilisce che tutti i cardinali hanno lo stesso peso nel voto. Inoltre, decide che per eleggere il papa serve la maggioranza dei due terzi dei voti. Questa norma ha lo scopo di evitare che in futuro ci siano altre spaccature durante le elezioni.Perché nel Duecento non ci sono antipapi
Il XIII secolo, pur essendo un periodo di forti scontri tra il papa e l’imperatore Federico II, non vede la comparsa di antipapi. Questo accade per diverse ragioni. Il papato si rafforza molto, diventando una specie di monarchia basata sul diritto. Il gruppo dei cardinali (il collegio cardinalizio) diventa più stabile, anche perché ci sono meno membri e la regola dei due terzi rende le elezioni più sicure. Il papato riesce a difendere la propria libertà (la libertas) usando le leggi. Inoltre, riceve un forte aiuto dagli ordini religiosi appena nati, come i francescani e i domenicani. Federico II, pur avendo duri conflitti con i papi del suo tempo, non cerca di imporre un suo candidato. Forse si sente abbastanza forte da solo o forse ricorda che il tentativo di suo nonno Barbarossa non ha avuto successo.Il Trecento: il ritorno degli antipapi
La situazione cambia nel XIV secolo. I papi lasciano Roma per trasferirsi ad Avignone per molto tempo. Questo indebolisce il controllo del papa sulla città, lasciando spazio alle lotte tra le famiglie nobili romane. Nel 1328 viene eletto Niccolò V. È sostenuto dall’imperatore Ludovico il Bavaro e da un piccolo gruppo di romani. Questa elezione cerca di riportare l’influenza dell’imperatore a Roma, ignorando le regole elettorali che si erano consolidate. Questo evento è un segnale di quello che accadrà dopo, con il Grande Scisma d’Occidente che inizia nel 1378. Lo Scisma è causato da un’elezione del papa avvenuta a Roma sotto la pressione della gente. In seguito, i cardinali contestano questa elezione e scelgono un secondo papa.[/membership]Se il rafforzamento del papato, la stabilità del collegio cardinalizio e la regola dei due terzi erano così efficaci nel Duecento, perché il Trecento vide il clamoroso ritorno degli antipapi?
Il capitolo elenca una serie di ragioni convincenti per l’assenza di antipapi nel Duecento, legandola al rafforzamento istituzionale e giuridico del papato. Tuttavia, sorge spontanea una domanda: se questi fattori erano così decisivi, come si spiega il ritorno degli antipapi nel Trecento, culminato nel Grande Scisma? Per affrontare questa apparente contraddizione, è necessario approfondire il contesto politico e sociale del XIV secolo, esaminando l’impatto del trasferimento ad Avignone non solo sul controllo di Roma, ma anche sulle relazioni con le potenze europee e sulle dinamiche interne al collegio cardinalizio. È utile studiare la storia della Chiesa nel tardo Medioevo, concentrandosi sulle cause profonde della crisi del papato avignonese e dello Scisma, che vanno oltre le sole regole elettorali o la forza teorica dell’istituzione. Autori come Walter Ullmann, che ha analizzato la monarchia papale, e storici che si sono dedicati specificamente al periodo avignonese e al Grande Scisma possono offrire prospettive più ampie.4. La contesa per il trono di Pietro e la fine dello Scisma
La crisi nella Chiesa inizia nel 1378 con l’elezione di due papi contemporaneamente: Urbano VI a Roma e Clemente VII ad Avignone. Questa situazione insolita nasce dal fatto che lo stesso gruppo di cardinali aveva eletto entrambi. I cardinali che scelsero Clemente VII sostennero in seguito di aver eletto Urbano VI solo perché spinti dalla paura della folla romana. Tuttavia, le analisi storiche suggeriscono che il comportamento di Urbano VI, le sue proposte di riforma e le tensioni politiche già presenti contribuirono in modo significativo alla decisione dei cardinali di riunirsi a Fondi per eleggere un altro papa. Questa doppia elezione segnò l’inizio del grande Scisma d’Occidente.I tentativi di soluzione e il fallimento di Pisa
Per trovare una via d’uscita dalla crisi, si pensarono diverse soluzioni: usare la forza militare, cercare un accordo tra i contendenti (la via di compromesso), chiedere ai papi di rinunciare al loro posto (la via di cessione), o convocare un grande concilio che decidesse per tutti (la via conciliare). Si scelse inizialmente la via del concilio, e nel 1409 fu convocato quello di Pisa. L’idea era di deporre i due papi esistenti ed eleggerne uno nuovo riconosciuto da tutti per ristabilire l’unità. Tuttavia, i papi in carica non riconobbero le decisioni di Pisa, e il concilio finì per eleggere un terzo papa, Alessandro V. Invece di risolvere la situazione, si finì con tre papi contemporaneamente, rendendo lo scisma ancora più complicato e confuso.Il Concilio di Costanza e la sua autorità
La situazione con tre papi rese ancora più urgente trovare una soluzione definitiva e universalmente accettata. Per questo, nel 1414 fu convocato un nuovo grande concilio nella città di Costanza. L’obiettivo principale di questa assemblea era duplice: mettere fine allo scisma una volta per tutte e riformare la Chiesa. L’imperatore Sigismondo di Lussemburgo ebbe un ruolo fondamentale nel guidare i lavori del concilio e nel fornire il supporto politico necessario. Durante questo concilio, fu emanato un importante decreto noto come Haec sancta, che affermava l’autorità del concilio stesso, in determinate circostanze, anche al di sopra di quella del papa regnante. Questo passo fu considerato necessario per poter affrontare e risolvere la crisi senza essere bloccati dall’opposizione di uno o più contendenti al papato.La fine dello Scisma e l’elezione di Martino V
Il Concilio di Costanza riuscì dove quello di Pisa aveva fallito, affrontando direttamente la questione dei tre papi. Gregorio XII, il papa di linea romana, accettò di rinunciare al pontificato in cambio del riconoscimento della validità delle sue azioni precedenti. Giovanni XXIII, il successore di Alessandro V, fu deposto dopo essere fuggito da Costanza nel tentativo di far fallire il concilio. Benedetto XIII, il papa di linea avignonese, rifiutò ostinatamente di dimettersi e fu quindi deposto formalmente dal concilio nel 1417. Una volta eliminati i contendenti, l’11 novembre 1417, il conclave riunito a Costanza elesse Oddone Colonna, che prese il nome di Martino V. La sua elezione segnò la fine ufficiale dello Scisma d’Occidente, che aveva diviso la Chiesa per quasi quarant’anni. I papi deposti ebbero destini diversi: Gregorio XII mantenne una posizione onorevole, Giovanni XXIII fu riabilitato e nominato cardinale, mentre Benedetto XIII rimase isolato ma continuò a nominare cardinali, dando vita a effimeri successori che non ebbero però alcun peso.Gli sviluppi successivi e il tramonto degli antipapi
Anche dopo la fine dello Scisma, le tensioni tra l’autorità del concilio e quella del papato continuarono a manifestarsi. Un nuovo scontro si verificò durante il Concilio di Basilea, che portò all’elezione di un altro antipapa, Felice V. Tuttavia, questa fu l’ultima volta che una figura di antipapa ebbe un qualche rilievo nella storia della Chiesa. Felice V si dimise nel 1449, e da quel momento la figura dell’antipapa scompare quasi del tutto. Questo accadde mentre il papato consolidava progressivamente il proprio potere centrale. Allo stesso tempo, il collegio cardinalizio perdeva parte della sua precedente influenza politica. L’emergere degli stati nazionali in Europa spostò inoltre le principali dinamiche di potere, rendendo le dispute sulla legittimità papale meno centrali rispetto alle nuove e grandi sfide che attendevano la Chiesa, come la Riforma protestante che sarebbe scoppiata di lì a poco.Il capitolo descrive il decreto Haec sancta come una mossa necessaria per risolvere lo scisma, ma non era forse un tentativo rivoluzionario di sottomettere l’autorità papale al concilio, un’idea che la Curia romana ha poi strenuamente combattuto?
Il capitolo, pur menzionando il decreto Haec sancta, non ne esplora a fondo la portata e le implicazioni teologiche e politiche a lungo termine. Presentarlo principalmente come uno strumento per deporre i papi contendenti rischia di sminuire la sua importanza come espressione del movimento conciliarista, che per decenni rappresentò una seria alternativa alla monarchia papale. Questa visione dell’autorità conciliare “anche al di sopra” del papa non era un dettaglio tecnico, ma una sfida radicale alla dottrina consolidata sulla pienezza del potere papale. Per comprendere appieno la complessità di questo periodo, è fondamentale approfondire la storia dell’ecclesiologia medievale e moderna, la storia del diritto canonico e le dinamiche politiche interne alla Chiesa. Autori come B. Tierney o F. Oakley hanno analizzato in profondità il pensiero conciliarista e la sua repressione.Abbiamo riassunto il possibile
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