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Contenuti del libro
Informazioni
“Anni settanta. La Biennale di Venezia” di Stefania Portinari ti porta dentro un decennio cruciale per l’arte. Immagina l’istituzione tradizionale della Biennale di Venezia che viene stravolta dalle proteste del 1968. Questo libro racconta proprio come è successo. Negli anni Settanta, la Biennale cambia radicalmente: via i premi, via l’ufficio vendite come prima, e spazio a temi specifici e forme d’arte nuove. Non più solo quadri o sculture, ma performance, videoarte, installazioni che ti fanno pensare. È il periodo in cui l’Arte Povera, la conceptual art e la body art emergono con forza in Italia, e la Biennale cerca di stargli dietro, anche se tra mille difficoltà politiche e organizzative. Si parla un sacco del ruolo dell’arte nella società , se deve essere un oggetto o un’idea, se deve piacere al mercato o far riflettere. Edizioni come quella del ’72 con “opera o comportamento” o quella del ’76 su “Ambiente/Arte” sono state rivoluzionarie, anche se piene di polemiche. Il libro ti fa capire come la Biennale di Venezia anni Settanta sia diventata un laboratorio per l’arte contemporanea Italia, uscendo dai Giardini e occupando tutta la città . È la storia di un cambiamento necessario, tra contestazioni, dibattiti e la nascita di un modo diverso di esporre e vivere l’arte.Riassunto Breve
La Biennale di Venezia subisce una profonda trasformazione negli anni Settanta, innescata dalle proteste del 1968. Si passa da un formato tradizionale con premi, ufficio vendite e padiglioni nazionali a esposizioni basate su temi specifici. Vengono eliminate le arti decorative e si introducono nuove forme come videotape e performance, riflettendo l’emergere di movimenti come Arte Povera e conceptual art. Si sviluppa un dibattito sul ruolo dell’arte nella società e sul rapporto con il mercato. Le proteste del 1968, con artisti che coprono o rimuovono opere e una forte presenza di polizia, evidenziano le criticità dell’istituzione. La giuria propone l’abolizione dei premi. L’edizione del 1970 elimina i premi e si concentra sulla “ricerca” e la sperimentazione, privilegiando arte ottica, cinetica e programmata, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico attraverso esperienze interattive. Nonostante gli intenti, si verificano ritardi e proteste. La Biennale del 1972 si focalizza per la prima volta su un tema: “opera o comportamento”, mettendo a confronto l’arte tradizionale con forme basate sull’azione e sul processo. Vengono presentati lavori che esplorano nuove modalità espressive, come le installazioni di Merz o l’opera partecipativa di Vaccari. L’installazione di Gino De Dominicis, che include un giovane con sindrome di Down, genera uno scandalo e la chiusura temporanea della sala. Viene introdotta la videoarte. Dopo il 1972, le attività vengono sospese fino al nuovo statuto del 1973, che mira a trasformare la Biennale in un istituto culturale democratico, permanente, interdisciplinare e decentrato. Gli anni 1974 e 1975 non vedono l’esposizione internazionale tradizionale, ma eventi tematici e sperimentali, come la rassegna “Per una cultura democratica e antifascista” nel 1974, che affronta temi politici e sociali utilizzando nuovi spazi decentrati come i Magazzini del Sale. Nel 1975, il programma si estende come un “laboratorio internazionale”. La Biennale del 1976 adotta un unico tema, «Ambiente, partecipazione e strutture culturali» (B76), segnando un distacco dalla numerazione. Il tema “ambiente” viene interpretato in senso artistico («Ambiente/Arte» curata da Celant) e sociale («Ambiente come sociale» curata da Crispolti), documentando interventi urbani e azioni legate alla partecipazione popolare. Vengono introdotte mostre di architettura e design in sedi esterne ai Giardini, attuando un decentramento che coinvolge la città . Nonostante polemiche e difficoltà organizzative, l’edizione attira un vasto pubblico. Nel 1977, un programma sul dissenso culturale nei paesi dell’Europa orientale genera opposizione internazionale. Per l’edizione del 1978, il tema è “Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura”. L’URSS e altri paesi dell’Est non partecipano per protesta. La mostra centrale esplora il rapporto tra arte e natura e i nuovi linguaggi artistici. Le nomine direttive riflettono equilibri politici. In questo decennio si osserva l’emergere della figura del curatore e il consolidamento dei padiglioni nazionali, nonostante le spinte al cambiamento. Le difficoltà finanziarie e gestionali persistono, portando alla chiusura delle attività artistiche a Palazzo Grassi.Riassunto Lungo
1. La Biennale e il cambiamento dell’arte negli anni Settanta
La trasformazione della Biennale dopo il Sessantotto
La Biennale di Venezia subisce una profonda trasformazione negli anni Settanta, avviata dalle contestazioni del 1968. La mostra si allontana dal suo formato tradizionale, che prevedeva premi e un ufficio vendite, per orientarsi verso esposizioni basate su temi specifici. Vengono eliminate le arti decorative e si aprono le porte a nuove forme espressive, come i videotape e le performance artistiche. Questo cambiamento riflette l’emergere in Italia di movimenti artistici innovativi, tra cui l’Arte Povera, la conceptual art e la body art, che spesso trovano spazio in luoghi alternativi rispetto alle gallerie tradizionali, come spazi privati, aree urbane o contesti non convenzionali. L’arte stessa cambia natura, passando dall’essere principalmente un oggetto da osservare a diventare un’azione, un’idea o un’esperienza effimera, spingendo artisti e critici a cercare nuovi linguaggi e modi di interpretazione.Nuove forme d’arte e il dibattito culturale
L’introduzione di queste nuove pratiche artistiche stimola un ampio dibattito sul ruolo dell’arte nella società contemporanea, sulla sua accessibilità e comprensione da parte del pubblico e sul complesso rapporto con il mercato dell’arte. Le riviste specializzate diventano luoghi cruciali per confrontarsi su queste tematiche e diffondere le nuove idee. La Biennale stessa, nonostante le sfide organizzative e politiche del periodo, si afferma come un punto di riferimento fondamentale per presentare queste tendenze emergenti. Vengono organizzate edizioni speciali, a volte senza numerazione progressiva, o dedicate esplicitamente a temi come “Ambiente/Arte” o “Artenatura”, dimostrando la volontà di esplorare il legame tra arte e contesto.Ma quali furono, concretamente, le “sfide organizzative e politiche” che la Biennale dovette affrontare, e chi si oppose a questa trasformazione?
Il capitolo accenna a sfide e dibattiti ma non ne esplora la natura specifica. Per cogliere la complessità del periodo, sarebbe fondamentale approfondire la storia politica e culturale italiana degli anni Settanta, le dinamiche interne alla Biennale e le diverse posizioni critiche. Approfondire la storia della critica d’arte in Italia e leggere autori come Giulio Carlo Argan o Achille Bonito Oliva può aiutare a comprendere meglio il contesto e le tensioni di quegli anni.2. La Biennale del ’68 tra protesta e polizia
Nel 1968, in un clima di proteste studentesche e occupazioni che interessano anche istituzioni culturali come la Triennale di Milano, la XXXIV Biennale di Venezia si prepara tra crescenti timori per possibili disordini. Queste preoccupazioni portano a una forte presenza di polizia nei Giardini, una situazione che viene definita da alcuni “Biennale poliziotta”. Nonostante l’atmosfera tesa, l’organizzazione procede comunque secondo i piani stabiliti per l’evento. La presenza massiccia delle forze dell’ordine diventa fin da subito un punto di forte attrito e discussione. Questa tensione di fondo caratterizza l’intera preparazione e l’inizio della mostra.Le contestazioni e l’apertura ufficiale
Durante il vernissage del 18 giugno, studenti e artisti manifestano apertamente contro l’istituzione della Biennale, vista da molti come elitaria e troppo legata alle logiche del mercato dell’arte. Diversi artisti italiani invitati, tra cui Gastone Novelli, Achille Perilli e Pino Pascali, scelgono di protestare coprendo o rimuovendo le proprie opere in segno di dissenso sia contro la presenza delle forze dell’ordine sia contro il sistema dell’arte contemporanea. Michelangelo Pistoletto, invece di esporre, propone un’azione performativa per esprimere la sua posizione critica. Anche alcuni padiglioni stranieri, come quello svedese e una parte di quello francese, decidono di rimanere chiusi per manifestare solidarietà con le proteste in corso. Nonostante le tensioni e i ritiri parziali, la Biennale apre ufficialmente al pubblico il 22 giugno. Nelle sale italiane, molte opere rimangono coperte, accompagnate da un cartello che spiega la scelta degli artisti di manifestare il proprio atteggiamento di contestazione. Le proteste non si placano con l’apertura, ma continuano nei giorni successivi, portando anche a scontri in Piazza San Marco che evidenziano la gravità della situazione.La mostra prosegue e il dibattito continua
La situazione comincia a normalizzarsi gradualmente nelle settimane che seguono l’apertura ufficiale della mostra. La maggior parte degli artisti italiani che avevano partecipato alla protesta coprendo le proprie opere decide di riaprire le proprie sale al pubblico. Fanno eccezione Pistoletto, Novelli e Carlo Mattioli, che mantengono la loro posizione di dissenso per tutta la durata dell’evento. La mostra “Linee della ricerca contemporanea” e le retrospettive storiche, che erano state inizialmente rinviate a causa del clima di tensione, riescono finalmente ad aprire i battenti in agosto, completando il percorso espositivo. Nonostante le contestazioni iniziali e le difficoltà , l’edizione del ’68 registra un alto numero di visitatori e suscita una notevole attenzione da parte dei media, dimostrando un forte interesse del pubblico per l’arte contemporanea e per il dibattito in corso. Le polemiche sulla struttura organizzativa e sullo statuto della Biennale persistono nel dibattito critico anche dopo la chiusura dell’evento, alimentando la discussione sulla sua funzione e sul suo futuro. I premi vengono comunque assegnati, inclusi quelli a Gianni Colombo e, postumo, a Pino Pascali, ma la giuria stessa, riconoscendo la necessità di un cambiamento, propone formalmente di abolire il sistema dei premi per le edizioni future.Se la protesta fu così radicale, perché l’istituzione della Biennale non solo sopravvisse, ma prosperò con un alto numero di visitatori e l’assegnazione dei premi?
Il capitolo descrive una contestazione forte, con artisti che coprono o ritirano le opere in segno di dissenso. Tuttavia, il testo prosegue notando una graduale “normalizzazione”, l’apertura delle mostre rinviate, un alto numero di visitatori e persino l’assegnazione dei premi. Questa narrazione solleva un dubbio sulla reale efficacia della protesta nel minare le fondamenta dell’istituzione che intendeva colpire. Per comprendere meglio questa dinamica, sarebbe opportuno approfondire la storia delle istituzioni culturali in periodi di crisi, l’interazione tra movimenti di protesta e strutture consolidate, e l’evoluzione del mercato dell’arte. Autori che hanno studiato la storia della Biennale, la sociologia dell’arte o i movimenti del ’68 potrebbero fornire spunti critici.3. Il Cambiamento Necessario
Dal 1968, la Biennale di Venezia riceve forti critiche e richieste di cambiare. Molti pensano che l’istituzione sia vecchia, soprattutto per come funziona con i padiglioni nazionali e la gara per i premi. Si propone di togliere i padiglioni degli altri paesi, avere un tema unico per le mostre e far scegliere gli artisti da gruppi internazionali. L’idea è di far diventare la Biennale un luogo di cultura moderna aperto tutto l’anno, con soldi fissi e una gestione più aperta a tutti. Si vuole dare più peso alla documentazione e aiutare gli artisti giovani. Le proteste del 1968 mostrano che la Biennale è influenzata da cose esterne e interne, come soldi e rapporti tra paesi.Le novità del 1970
L’edizione del 1970 prova a rispondere a queste richieste. Vengono eliminati i premi e ci si concentra sulla “ricerca” e sulla sperimentazione, dando spazio all’arte che usa effetti visivi, movimento e programmazione. Lo scopo è avvicinare la gente all’arte di oggi con esperienze che coinvolgono il pubblico, come laboratori dove si vedono gli artisti creare. La mostra più importante, chiamata “Proposta per una esposizione sperimentale”, usa gran parte del Padiglione Centrale e presenta lavori che indagano il legame tra arte, scienza e tecnologia.Difficoltà e risultati
Anche se si voleva cambiare, l’edizione del 1970 ha problemi con i preparativi e ci sono proteste. Ad esempio, artisti americani ritirano le loro opere per protestare contro il governo del loro paese. L’ufficio che si occupa delle vendite viene gestito dalla Biennale, ma intanto il mercato dell’arte si muove verso le gallerie private, che diventano sempre più importanti. Il tipo di arte esposta, molto sperimentale, e la natura di certi lavori rendono difficile venderli. I critici hanno idee diverse sul fatto che questo tentativo di cambiamento sia riuscito o meno.Ma se la ‘partecipazione’ era uno dei pilastri tematici, come si manifestava concretamente oltre la sezione di Crispolti?
Il capitolo, pur riconoscendo la ‘partecipazione’ come tema centrale della Biennale del 1976, ne limita l’esplorazione quasi esclusivamente alla sezione curata da Enrico Crispolti. Questa impostazione lascia aperta la questione di come tale tema sia stato effettivamente declinato nelle altre aree espositive, come ‘Ambiente/Arte’ o le mostre internazionali e di architettura. Per comprendere appieno la portata e le eventuali contraddizioni nell’applicazione del tema della partecipazione nell’intera manifestazione, sarebbe utile approfondire gli studi sulla storia delle Biennali di Venezia, in particolare le analisi critiche e curatoriali di quel periodo. Autori che si occupano di pratiche artistiche partecipative e del ruolo sociale dell’arte potrebbero offrire chiavi di lettura aggiuntive.7. Tra Dissenso e Natura Artificiale
La Biennale si trova ad affrontare notevoli problemi interni. I dissidi tra i diversi partiti politici rendono difficile il rinnovo degli organi direttivi, creando instabilità . Nel 1977, il presidente propone un programma che intende dare spazio al dissenso culturale, concentrandosi in particolare sui paesi dell’Europa orientale. Questa scelta provoca una forte reazione negativa da parte dell’URSS e dei suoi alleati, che esercitano pressioni sul governo italiano. Queste tensioni portano alle dimissioni del presidente, che vengono poi ritirate. Nonostante le forti resistenze incontrate, le manifestazioni dedicate al dissenso si tengono comunque alla fine del 1977. Vengono organizzate mostre sull’arte non ufficiale prodotta in Unione Sovietica e sulla grafica cecoslovacca, accompagnate da convegni e proiezioni di film.La Biennale del 1978 e il tema Natura-Arte
Per l’edizione del 1978, il consiglio direttivo della Biennale approva il tema “Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura”. A causa delle proteste legate agli eventi del 1977, l’URSS e altri paesi dell’Est decidono di non partecipare. La Biennale del 1978 si svolge in un momento di grande tensione politica in Italia, un contesto che influenza anche l’atmosfera dell’evento. L’esposizione centrale, curata da una commissione internazionale, si intitola “Sei stazioni per Artenatura. La natura dell’arte” ed esplora in profondità il rapporto tra l’arte e il mondo naturale.Esplorazioni artistiche e nuove prospettive
La mostra del 1978 analizza come l’arte contemporanea superi le forme di rappresentazione tradizionali per creare linguaggi nuovi e originali. Vengono presentate opere che spaziano dall’astrattismo all’arte povera, dall’arte concettuale all’uso innovativo di video e performance artistiche. Oltre all’esposizione principale, vengono allestite sezioni dedicate specificamente all’architettura e alla fotografia. Sono inoltre organizzate retrospettive per rendere omaggio ad artisti importanti che sono scomparsi. Le nomine per il consiglio direttivo della Biennale continuano a riflettere gli equilibri politici del momento.Cambiamenti strutturali e figure emergenti
In questo decennio si assiste a importanti cambiamenti nella struttura e nell’organizzazione della Biennale. Le attività artistiche che si svolgevano a Palazzo Grassi vengono interrotte a causa di problemi finanziari, portando alla successiva vendita dell’edificio. Un elemento distintivo che si consolida in questi anni è la presenza dei padiglioni nazionali, che diventano sempre più centrali nell’esposizione. Si osserva anche l’emergere e l’affermazione della figura del curatore, che assume un ruolo sempre più rilevante nella concezione e nell’allestimento delle mostre.Davvero la Biennale del 1978, immersa nella ‘grande tensione politica’ italiana e segnata dal boicottaggio dell’Est, poteva permettersi di rifugiarsi in un tema apparentemente neutro come quello della ‘Natura-Arte’?
Il capitolo descrive il passaggio brusco dal tema del dissenso, carico di implicazioni politiche e internazionali, a quello della ‘Natura-Arte’, senza chiarire il nesso con la ‘grande tensione politica’ italiana che pure viene menzionata come influente. Questa apparente contraddizione lascia irrisolta la questione del ruolo e delle scelte della Biennale in un momento storico così delicato. Per comprendere meglio, sarebbe utile approfondire la storia interna della Biennale, le dinamiche politiche che ne influenzavano le decisioni e il dibattito sul rapporto tra arte e società in Italia negli anni Settanta. Autori che si sono occupati di storia dell’arte contemporanea italiana o di storia culturale del periodo possono offrire prospettive essenziali.Abbiamo riassunto il possibile
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