Contenuti del libro
Informazioni
“Amedeo. Vita, avventure e amori di Amedeo Guillet. Un eroe italiano in Africa orientale” di Sebastian O’Kelly è la storia incredibile di Amedeo Guillet, un ufficiale di cavalleria italiano che ha vissuto una vita da romanzo. Dalle ambizioni olimpiche nell’equitazione alle campagne militari in Etiopia e nella Guerra Civile spagnola, la sua carriera è segnata da coraggio e lealtà. Ma è in Africa Orientale Italiana, durante la Seconda Guerra Mondiale, che diventa una figura leggendaria, il “comandante diavolo”, guidando le sue truppe a cavallo contro gli inglesi e rifiutando di arrendersi anche dopo la sconfitta dell’Impero. La sua avventura non finisce qui: lo seguiamo in una fuga rocambolesca attraverso il deserto, travestito e braccato, fino a trovare rifugio nello Yemen, dove la sua vita prende un’altra svolta inaspettata. Tra amori intensi, pericoli costanti e un incredibile viaggio di ritorno nell’Italia sconvolta dalla guerra, questo libro racconta la storia di un vero eroe italiano, un uomo che ha attraversato mondi diversi, dimostrando un’incrollabile determinazione e uno spirito d’avventura fuori dal comune, offrendo uno spaccato affascinante della storia militare italiana e di un’epoca dimenticata.Riassunto Breve
Amedeo Guillet, ufficiale di cavalleria italiano nato nel 1909, eccelle nell’equitazione e partecipa a campagne militari in Etiopia nel 1936 e nella guerra civile spagnola. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si trova in Africa Orientale Italiana, dove comanda il Gruppo Bande Amhara, un’unità di cavalleria indigena. Si distingue per azioni audaci, inclusa una carica di cavalleria a Cherù contro mezzi corazzati britannici. Dopo la sconfitta italiana in Africa Orientale, Guillet rifiuta di arrendersi e continua a combattere gli inglesi con un piccolo gruppo di fedeli in Eritrea, guadagnandosi il soprannome di “comandante diavolo”. Per sfuggire alla cattura, assume la falsa identità di Ahmed Abdullah e si nasconde, lavorando umilmente come facchino e venditore d’acqua a Massaua. Con l’aiuto di alcuni uomini fedeli, tenta la fuga via mare verso lo Yemen, ma viene abbandonato nel deserto della Dancalia. Dopo essere stato derubato e picchiato, viene salvato da un cammelliere, Sayed Ibrahim, che gli offre ospitalità. Riesce infine a raggiungere Massaua e poi, via mare, Hodeida nello Yemen. Qui, rivela la sua identità e ottiene asilo dall’Imam Yahia, che lo accoglie a Sana’a, gli offre protezione e uno stipendio, e lo impiega come consigliere. Nel 1943, approfittando della situazione politica, riesce a tornare in Italia a bordo di una nave. Arriva in un paese sconvolto dalla caduta del fascismo, dall’armistizio dell’8 settembre e dall’occupazione tedesca, che porta alla guerra civile. Si ricongiunge alla sua famiglia e ritrova Beatrice Gandolfo, che sposa a Napoli nel settembre 1944. Dopo la guerra, con la caduta della monarchia, lascia l’esercito e intraprende la carriera diplomatica, servendo in vari paesi del Medio Oriente e Nord Africa, mantenendo la passione per i cavalli e stabilendo relazioni con figure politiche locali. Negli anni successivi, ritrova e stringe amicizia con alcuni dei suoi ex avversari britannici, riconoscendo il rispetto reciproco nato dal conflitto. La sua vita è segnata da avventure, lealtà (alla monarchia e ai suoi uomini), capacità di adattamento e legami duraturi con persone e luoghi incontrati, inclusa una visita in Eritrea nel 2000. Il contesto storico include l’espansione coloniale italiana, la conquista dell’Etiopia, l’amministrazione dell’Africa Orientale Italiana (segnata anche dalle leggi razziali), l’isolamento dell’Impero italiano durante la Seconda Guerra Mondiale e la successiva occupazione britannica.Riassunto Lungo
1. Dall’Olimpo al Deserto
Amedeo Guillet nasce nel 1909 e intraprende la carriera militare, diventando un ufficiale di cavalleria del Regio Esercito. Fin da giovane, dimostra un talento eccezionale nell’equitazione, tanto da essere scelto per rappresentare l’Italia alle Olimpiadi di Berlino nel 1936, un traguardo sportivo di altissimo livello. Questa passione si affianca presto a una carriera militare intensa e ricca di esperienze sul campo. Il suo percorso è segnato fin dall’inizio da un forte senso del dovere e da una predisposizione all’azione.La carriera militare e la guerra
Partecipa attivamente alle campagne militari in Etiopia nel 1936 e successivamente alla guerra civile spagnola. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, si trova in Africa Orientale Italiana, dove gli viene affidato il comando del Gruppo Bande Amhara. Qui, Amedeo Guillet si distingue per il suo coraggio e la sua audacia sul campo di battaglia. Un esempio notevole è la carica di cavalleria guidata a Cherù, un’azione che dimostra la sua determinazione e il suo valore come leader. Dopo la sconfitta delle forze italiane nella regione, Guillet prende una decisione difficile ma coerente con il suo spirito combattivo. Rifiuta categoricamente di arrendersi agli inglesi e sceglie di continuare la lotta. Con un piccolo gruppo di fedelissimi, prosegue una guerriglia contro le forze britanniche, un’azione che gli vale il rispetto dei suoi uomini e il soprannome di “comandante diavolo” da parte degli avversari.
La fuga e la vita nello Yemen
Per evitare la cattura da parte delle truppe inglesi, Amedeo Guillet mette in atto un piano audace. Abbandona la sua identità e assume quella di Ahmed Abdullah al Redai, un uomo del posto. Con questa nuova copertura, riesce a raggiungere lo Yemen, un paese che gli offre rifugio ma anche nuove sfide. Inizialmente, deve affrontare grandi difficoltà e svolgere lavori umili per sopravvivere. Nonostante le avversità, la sua intelligenza e la sua capacità di adattamento emergono. Riesce a farsi notare e, col tempo, diventa un consigliere stimato dell’Imam locale, guadagnandosi una posizione di rispetto nella società yemenita. Questa fase della sua vita è un periodo di esilio forzato, lontano dalla sua patria e dal suo ambiente abituale, durante il quale sperimenta anche la prigionia.
Il ritorno in Italia e gli affetti
Nel 1943, Amedeo Guillet riesce finalmente a tornare in Italia. Qui, non esita a schierarsi nuovamente per combattere, unendosi alla lotta contro le forze tedesche che occupano il paese. La sua vita, ricca di avventure militari e fughe rocambolesche, è profondamente segnata anche da importanti legami affettivi. Durante il suo periodo in Africa, ha una relazione significativa con una donna di nome Kadija. In Italia, invece, il suo cuore è legato a Beatrice Gandolfo. Questi affetti rappresentano un aspetto fondamentale della sua esistenza, un contrappunto alle durezze della vita militare e dell’esilio.
Scelte di vita e contrasti esistenziali
Una delle scelte più significative nella vita di Guillet è quella di rinunciare alla potenziale carriera sportiva di alto livello, che lo avrebbe visto partecipare alle Olimpiadi. Questa decisione di andare in guerra in Abissinia, abbandonando l’equitazione agonistica, è profondamente radicata nei suoi valori. La sua scelta è motivata da una forte fedeltà alla dinastia Savoia e da un profondo rispetto per la tradizione militare della sua famiglia, originaria del Piemonte. La storia di Amedeo Guillet è un esempio di vita vissuta tra estremi. Attraversa ambienti sociali elevati, tipici della sua estrazione e della sua carriera iniziale, ma sperimenta anche periodi di grande difficoltà e privazione, come la prigionia subita durante il suo soggiorno nello Yemen. Questa dualità tra lusso e hardship definisce in modo potente il suo percorso esistenziale.
Come si concilia la fedeltà alla dinastia Savoia, citata come valore fondante, con la scelta di combattere gli ex alleati tedeschi nel 1943?
Il capitolo presenta la decisione di Guillet di tornare in Italia nel 1943 e unirsi alla lotta contro i tedeschi come una semplice prosecuzione del suo spirito combattivo. Tuttavia, considerando che in precedenza la sua fedeltà alla monarchia sabauda era stata indicata come motivazione per scelte cruciali (come rinunciare alle Olimpiadi per la guerra in Abissinia, quando i Savoia erano alleati della Germania), il passaggio a combattere proprio i tedeschi dopo l’armistizio del 1943 rappresenta un punto di svolta che meriterebbe maggiore contestualizzazione. Comprendere le motivazioni profonde dietro questo cambio di fronte, in un periodo così complesso e divisivo per l’Italia, richiede di approfondire la storia militare e politica italiana del biennio 1943-1945. Per esplorare le dinamiche di quel periodo e le diverse scelte compiute dagli ufficiali del Regio Esercito, può essere utile leggere autori come Renzo De Felice, Claudio Pavone o Gianni Oliva.2. La marcia sull’Impero
Le ragioni della guerra
L’Italia non era contenta di quanto aveva ottenuto dopo la Prima Guerra Mondiale e sentiva ancora il peso della sconfitta subita ad Adua nel 1896. Per questo, voleva avere un ruolo più importante nel mondo. Negli anni Trenta, l’attenzione si spostò sull’Etiopia, che era uno dei pochi paesi africani non ancora conquistati dalle potenze europee. Un piccolo scontro al confine a Ual-Ual nel 1934 divenne il motivo ufficiale per iniziare un’invasione. Mussolini decise di fare la guerra per mostrare la forza del fascismo e per vendicare la vecchia sconfitta di Adua, anche se la Società delle Nazioni e paesi come Gran Bretagna e Francia non erano d’accordo e minacciavano punizioni.Lo svolgimento del conflitto
L’invasione cominciò nell’ottobre del 1935. Le truppe italiane, tra cui reparti speciali come gli Spahi arrivati dalla Libia e le Camicie Nere, avanzarono nel paese partendo dall’Eritrea e dalla Somalia. L’esercito italiano usò armi moderne per l’epoca, come aerei e carri armati, anche se i carri armati non furono molto efficaci in quel territorio. Le forze etiopi, guidate da capi come Ras Immirù e l’imperatore Hailé Selassié, cercarono di resistere, a volte nascondendosi e attaccando di sorpresa, a volte affrontando gli italiani in grandi battaglie. All’inizio, l’esercito italiano fu guidato dal generale De Bono, che avanzò con prudenza, costruendo strade e altre opere. Poi il comando passò al Maresciallo Badoglio, che usò strategie più aggressive, arrivando anche a usare il gas mostarda, nonostante alcuni ufficiali non fossero d’accordo.La conquista e l’Impero
Le battaglie più importanti, come quelle dell’Amba Aradam e del Lago Ascianghi, portarono alla sconfitta delle principali armate etiopi. L’imperatore Hailé Selassié fu costretto a lasciare il paese e andare in esilio. Le truppe italiane entrarono nella capitale, Addis Abeba, nel maggio del 1936. Mussolini annunciò che la guerra era finita e che l’Etiopia era diventata parte dell’Italia. Il Re Vittorio Emanuele III ricevette il titolo di Imperatore d’Etiopia. Questa conquista fu presentata come la nascita di un nuovo Impero Romano, un segno che l’Italia aveva ritrovato la sua antica grandezza.Il capitolo descrive la conquista come la nascita di un ‘nuovo Impero Romano’, ma quanto questa narrazione ufficiale si scontra con la realtà della guerra, inclusi i metodi impiegati e la reazione internazionale?
Il capitolo accenna alle ragioni ufficiali e alla propaganda del regime, che presentava l’impresa come una rivincita e la rinascita di un impero. Tuttavia, la narrazione non approfondisce adeguatamente il divario tra questa retorica e la brutale realtà del conflitto, caratterizzato dall’uso di armi proibite come il gas mostarda e da una reazione internazionale che, sebbene inefficace nelle sanzioni, evidenziava la natura aggressiva e illegittima dell’invasione. Per comprendere appieno le complessità e le contraddizioni di questo periodo, è fondamentale esplorare la storia del colonialismo italiano, la storia militare specifica del conflitto e le dinamiche diplomatiche dell’epoca. Autori come Angelo Del Boca, Denis Mack Smith e Giorgio Rochat offrono prospettive critiche essenziali per superare la mera cronaca degli eventi e analizzare le implicazioni etiche, politiche e storiche di tale “marcia”.3. L’Impero, la Guerra e le Leggi
Celebrazione dell’Impero e la Libia di Balbo
L’Italia fascista celebra con sfarzo la nascita del suo impero, mettendo in scena grandi manifestazioni che intendono mostrare la potenza e la grandezza raggiunte. Tra queste, spiccano la parata militare organizzata a Tripoli nel luglio del 1936 e la solenne cerimonia in cui Mussolini riceve la “Spada dell’Islam”. In Libia, il governatore Italo Balbo lavora per trasformare la colonia, realizzando nuove infrastrutture e organizzando eventi spettacolari volti a promuovere l’immagine di un’Italia moderna, efficiente e civilizzatrice. Queste iniziative mirano a consolidare il controllo italiano e a rafforzare il consenso interno ed esterno attorno al progetto imperiale. Amedeo, che serve come ufficiale di cavalleria, prende parte a questi eventi e sviluppa un legame di amicizia con Balbo, trovandosi così al centro di questa fase di espansione e propaganda del regime.L’esperienza nella Guerra Civile Spagnola
Poco tempo dopo, Amedeo si ritrova coinvolto nella Guerra Civile spagnola, partecipando al conflitto come “volontario” nelle formazioni chiamate “Fiamme Nere”. Questa guerra si dimostra fin da subito estremamente violenta e crudele, segnata da episodi di grande brutalità e atrocità che lasciano un segno profondo in chi vi partecipa. Nonostante Amedeo dimostri coraggio e valore sul campo di battaglia, la sua partecipazione non ufficiale all’intervento italiano gli impedisce di ottenere la promozione al rango di capitano che gli era stata promessa. La dura realtà del fronte e la mancata ricompensa per i suoi sforzi contribuiscono a fargli maturare una crescente disillusione nei confronti della guerra e delle logiche che la governano. L’orrore vissuto e la percezione di essere stato usato per scopi politici lo portano a mettere in discussione il valore e il senso del combattimento.L’Amministrazione in Africa Orientale Italiana
L’amministrazione dei territori conquistati in Africa Orientale Italiana presenta due volti molto diversi nel tempo. In una prima fase, sotto la guida del maresciallo Graziani, la gestione del territorio è caratterizzata da una brutalità estrema e da una repressione spietata nei confronti della popolazione locale. Graziani si rende responsabile di ordini severi e di azioni violente, culminate in un terribile massacro avvenuto ad Addis Abeba, che causa numerose vittime tra i civili. Successivamente, con la nomina del Duca d’Aosta a viceré, la situazione cambia radicalmente. Il Duca d’Aosta adotta un approccio molto più moderato, umano e razionale, cercando di stabilire un rapporto meno conflittuale con le popolazioni sottomesse e di promuovere un’amministrazione più equa.L’Introduzione delle Leggi Razziali
Nel 1938, l’Italia fascista introduce le leggi razziali, provvedimenti che segnano un punto di svolta nella storia del paese e hanno conseguenze devastanti sulla vita di migliaia di persone. Queste leggi discriminano pesantemente i cittadini di religione ebraica, escludendoli da numerosi aspetti della vita pubblica e privata, come nel doloroso caso di una giovane ragazza ebrea che viene costretta ad abbandonare gli studi e lasciare la sua scuola. L’adozione di queste leggi, fortemente voluta dal regime, è strettamente legata alla crescente alleanza con la Germania nazista e al suo ideologia razzista. Questa nuova direzione intrapresa dal paese suscita profonda preoccupazione e genera disaccordo anche all’interno delle gerarchie fasciste. Figure di spicco come Italo Balbo e Cesare de Vecchi esprimono apertamente il loro allarme di fronte a una politica che considerano pericolosa e moralmente inaccettabile, vedendo il paese imboccare una strada inquietante.Assistendo a questi rapidi e preoccupanti cambiamenti nel panorama politico italiano ed europeo, Amedeo matura una decisione importante. Le leggi razziali, l’avvicinamento alla Germania nazista e il clima generale di tensione e inquietudine che percepisce nel paese lo spingono a cercare una via d’uscita. L’ambiente che lo circonda, un tempo per lui familiare, gli appare ora sempre più estraneo e allarmante, carico di presagi negativi. Per allontanarsi da questa realtà che non riconosce più e che lo opprime, Amedeo sceglie di chiedere un trasferimento. La sua richiesta è quella di essere assegnato all’Abissinia, nei territori dell’Africa Orientale Italiana, cercando in questa distanza geografica un rifugio dalle tensioni politiche e morali che attanagliano l’Italia.Davvero il rammarico del Re e di Badoglio era solo per la perdita dell’Impero e la rovina, o mancava una riflessione sulle cause e le responsabilità?
Il capitolo menziona il profondo rammarico del Re e di Badoglio per la perdita dell’Impero e la rovina della nazione, ma questa prospettiva potrebbe apparire incompleta. Per comprendere appieno il contesto e le possibili lacune argomentative, sarebbe utile approfondire la storia del fascismo italiano, le decisioni politiche e militari che portarono l’Italia in guerra e al disastro, e il ruolo specifico di Vittorio Emanuele III e Pietro Badoglio in quegli anni. Approfondire autori che trattano la storia d’Italia tra le due guerre mondiali e il secondo conflitto mondiale può fornire il contesto necessario per valutare la completezza di tale rammarico.10. Oltre il Deserto, Legami che Durano
Un ufficiale italiano torna ad Asmara nel dicembre 1945. La sua missione è diplomatica, deve aiutare a rimpatriare alcune persone. Anche se le autorità britanniche lo cercavano in passato, ora lo accolgono in modo amichevole. Lì incontra vecchi soldati eritrei e italiani. Evita di parlare di politica, soprattutto del futuro dell’Eritrea. Visita posti che per lui sono importanti, come la baia di Sayed Ibrahim, che gli ha salvato la vita. Ritrova anche Kadija, la donna che lo ha aiutato a fuggire.Una nuova vita: la carriera diplomatica
Dopo la guerra, l’ufficiale lascia l’esercito perché la monarchia cade. Inizia a lavorare come diplomatico. Lavora in diversi paesi come Egitto, Yemen, Giordania, Marocco e India. In questi posti, incontra politici importanti del luogo e di altri paesi, come l’Imam Ahmed in Yemen e re Hussein in Giordania. Affronta difficoltà, per esempio gestendo gli effetti della Guerra Fredda in Yemen o sopravvivendo a un tentativo di colpo di Stato in Marocco. La sua passione per i cavalli lo aiuta a creare legami con le persone e a sentirsi parte delle comunità locali.Vecchi amici e il ritorno in Eritrea
Negli anni che seguono, ritrova e diventa amico di alcuni soldati britannici che aveva combattuto. Tra loro c’è rispetto per quello che hanno vissuto durante il conflitto. La sua storia e le sue azioni in guerra vengono raccontate in diversi libri di storia. Quando smette di fare il diplomatico, va a vivere in Irlanda e continua a dedicarsi ai cavalli. Nel 2000, il presidente dell’Eritrea lo invita a tornare. Visita i posti dove ci sono state le battaglie e il pozzo ad Al-Katmia dove aveva lavorato. La sua vita dimostra quanto siano importanti i legami che ha creato negli anni con le persone e i luoghi che ha incontrato.Ma come possiamo davvero comprendere la natura di questi ‘legami che durano’ se il capitolo sorvola sul passato burrascoso dell’ufficiale, in particolare sul perché fosse ricercato dalle stesse autorità britanniche che poi lo accolgono?
Il capitolo introduce una contraddizione evidente: l’ufficiale, precedentemente ricercato dagli inglesi, viene ora accolto amichevolmente per una missione diplomatica. Questa transizione cruciale, che potrebbe spiegare molto sui “legami” menzionati, non viene adeguatamente contestualizzata. Per comprendere appieno il significato di questi rapporti e il ruolo dell’ufficiale, sarebbe necessario approfondire la storia del periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale in Africa Orientale, le dinamiche tra Italia e Regno Unito e la specifica posizione dell’ufficiale durante il conflitto. Approfondire gli studi di storici specializzati in storia coloniale e post-coloniale, o in storia delle relazioni internazionali del secondo dopoguerra, potrebbe fornire il quadro necessario a colmare questa lacuna.Abbiamo riassunto il possibile
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