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Informazioni
“Africani europei” di Olivette Otele è un libro che ti porta in un viaggio attraverso la lunga e spesso dimenticata storia afroeuropea. Non inizia con la schiavitù o il colonialismo, ma molto prima, mostrando come persone di origine africana fossero già presenti in Europa fin dall’antica Roma, ricoprendo ruoli importanti. Il libro esplora come le percezioni razziali siano cambiate nel tempo, legando sempre più la nerezza alla condizione di schiavo, soprattutto con la tratta degli schiavi e l’eredità coloniale che ha plasmato le relazioni tra Africa ed Europa. Attraverso le vite di individui noti e meno noti, da duchi a schiavi diventati studiosi, da artisti a figure che hanno lottato contro il nazismo, il testo rivela le complesse vite africane in Europa e le sfide di razzismo in Europa affrontate in luoghi come Francia, Spagna, Regno Unito e Paesi Bassi. È una storia di identità multiple, di resilienza afroeuropea e di attivismo nero europeo che continua oggi, mostrando come le comunità nere in Europa rivendichino il loro posto e la loro identità nera in Europa, sfidando stereotipi e lottando per il riconoscimento. Olivette Otele ci mostra che la presenza africana in Europa non è un fenomeno nuovo, ma una parte integrante della storia del continente, spesso ignorata ma fondamentale per capire il presente.Riassunto Breve
La storia dei rapporti tra Africa ed Europa è molto antica, non inizia con il colonialismo. Già ai tempi dei Romani c’erano scambi e anche scontri, come con le regine kushite. Persone di origine africana facevano parte dell’esercito romano o erano importanti, tipo l’imperatore Settimio Severo. Questo fa capire che all’inizio l’identità africana poteva stare insieme a ruoli importanti in Europa. Poi, nel Medioevo e Rinascimento, le idee sugli altri cambiano. Prima si guardava la religione, i musulmani visti male. Dopo, il colore della pelle diventa più importante, il nero a volte legato al male, anche se figure religiose come San Maurizio o un Re Magio vengono mostrate nere, forse per dire che potevano essere buone o sante. La tratta degli schiavi, prima nel Mediterraneo e poi nell’Atlantico, lega sempre più il colore nero alla schiavitù. Ma anche in quel periodo, alcuni riescono ad avere successo, come Alessandro de’ Medici, duca di Firenze, o Juan Latino, uno schiavo che diventa un intellettuale rispettato in Spagna. L’arte e i libri di allora mostrano sia idee sbagliate che personaggi complessi. La religione, specialmente in Spagna, poteva cambiare come una persona di origine africana era vista, tipo Juan Latino che si converte. L’identità di queste persone è fatta di tante cose: da dove vengono, se sono ricchi o poveri, la religione e come cambiano le idee europee sulla razza. L’espansione coloniale e la tratta atlantica tra il 1600 e il 1800 cambiano molto le cose. Paesi come Olanda, Francia, Danimarca aprono basi in Africa per il commercio di schiavi. Amsterdam diventa un centro di questo commercio. La presenza di persone di origine africana in Europa crea problemi con le leggi; a volte arrivare in Europa poteva significare essere liberi, come per Juliana ad Amsterdam. In Francia fanno leggi per controllare i neri. Nelle colonie costiere, le relazioni tra europei e donne africane o di origine mista sono normali, nascono comunità miste. Questi legami, come il “mariage à la mode du pays” in Senegal, danno alle donne, tipo le Signares, la possibilità di diventare ricche e importanti, spesso perché possiedono schiavi. Intanto in Europa, scienziati e pensatori iniziano a dividere le persone in gruppi basandosi sull’aspetto fisico, creando idee sulla razza che mettono i neri in basso. Queste idee influenzano come vengono trattati. Le storie di persone come Jacobus Capitein o Joseph Boulogne mostrano che alcuni potevano avere successo, ma il razzismo metteva dei limiti. Capitein, anche se istruito, pensava che schiavitù e cristianesimo andassero d’accordo. Boulogne era famoso ma incontrava resistenze. Le Signares usavano la loro posizione, ma la loro situazione legale non era sicura. Ancora oggi si parla di questo passato coloniale, per esempio quando si chiedono scuse o soldi per i danni. La presenza di persone di origine africana in Europa ha radici profonde, anche in paesi meno noti per le colonie, come la Prussia. Questa storia spesso viene dimenticata e ci sono dibattiti su come ricordarla. Le esperienze individuali mostrano le difficoltà. Famiglie come i Manga Bell in Camerun provano a trattare con i tedeschi e francesi. Theodor Michael in Germania lotta per avere la cittadinanza negata dai nazisti. Anche persone famose come il pugile Battling Siki o il poeta Puškin, che aveva un antenato africano, hanno avuto vite difficili per via del pregiudizio. Le comunità afroeuropee in diversi paesi lottano contro la discriminazione. In Italia, si discute sullo *ius solis* e si usano la moda e l’aspetto per resistere al razzismo, anche quello che colpisce di più le donne nere. In Svezia, si fa fatica a parlare di razzismo perché si dice che non si guarda il colore della pelle, negando il problema. Nei Paesi Bassi, la figura di Zwarte Piet mostra come le idee coloniali siano ancora vive e si discute su chi è “innocente” e chi no. L’attivismo e la cultura sono importanti per dire chi si è e per opporsi al potere. Intellettuali e attivisti, anche legati al Panafricanismo, creano spazi per parlare e resistere. Le studiose afroeuropee, anche se poche nelle università, danno idee importanti su come razza, genere, classe e orientamento sessuale si incrociano, mettendo in discussione le idee comuni e le ingiustizie. Oggi in Europa, le persone di origine africana affrontano problemi di identità e discriminazione legati al passato e al presente. In Francia, l’afrofemminismo critica il femminismo tradizionale perché non include abbastanza le donne nere. Persone come Rokhaya Diallo parlano di razza e identità, sfidando l’idea che in Francia non si guardi il colore della pelle. Le idee sbagliate e il colorismo influenzano come sono visti i corpi neri. In Spagna, la polizia ferma le persone in base all’aspetto, creando paura, e questo succede ancora anche se si sa che non funziona. In Grecia, la presenza africana è antica, ma le esperienze degli afrogreci sono spesso ignorate o confuse con chi è arrivato da poco. Gruppi come Generation 2.0 cercano di farsi vedere e aiutare, combattendo il razzismo, come si è visto con il cestista Giannis Antetokounmpo o la morte di Bakari Henderson. Nel Regno Unito, l’identità “britannico nero” mette insieme l’origine etnica e il paese. La storia dei neri in Inghilterra è stata nascosta per tanto tempo, ma ora si cerca di farla conoscere. Artisti e musicisti usano la cultura per raccontare le esperienze nere e sfidare le idee sbagliate. Casi come lo scandalo Windrush mostrano le politiche ingiuste e quanto fanno male alle comunità. In tutta Europa, gli afroeuropei si uniscono in gruppi che vanno oltre i confini, come Enpad, e partecipano a movimenti globali come Black Lives Matter, adattandoli ai loro paesi. L’attivismo degli studenti e la creazione di archivi con le storie delle comunità sono modi importanti per resistere e sentirsi parte di un gruppo. Le vite, spesso difficili e segnate dalla violenza, mostrano che bisogna affrontare il razzismo ovunque e lavorare insieme per un futuro più giusto.Riassunto Lungo
1. Incontri e percezioni tra Africa ed Europa
Le relazioni tra Africa ed Europa hanno una storia lunga e complessa, che inizia ben prima dell’epoca coloniale. Già in epoca romana si registrano interazioni significative, come gli scontri tra le regine kushite (Candace) e i Romani, che mostrano una resistenza africana al potere romano. Parallelamente, vi era una presenza di africani nell’esercito e nell’élite romana, con figure di spicco come l’imperatore Settimio Severo, originario dell’Africa settentrionale, o l’oratore Frontone. Queste figure dimostrano come l’identità africana potesse coesistere con un ruolo importante e riconosciuto all’interno della società europea, ben lontano da una visione unidimensionale.Cambiamento delle Percezioni nel Tempo
Nel Medioevo e nel Rinascimento, le percezioni dell’alterità si sviluppano e mutano. Inizialmente, la distinzione si basa spesso sulla religione, con i musulmani etichettati negativamente, indipendentemente dalla loro origine geografica. Successivamente, il colore della pelle assume maggiore importanza, e in alcuni contesti la nerezza viene associata al male o a connotazioni negative. Tuttavia, questa associazione non è universale né definitiva, poiché figure religiose e rispettate come San Maurizio o uno dei Re Magi vengono rappresentate come nere, indicando una potenziale redenzione, santità o semplicemente una diversa interpretazione dell’identità. Questo mostra la complessità delle visioni europee sull’Africa e sugli africani in questi secoli.L’Impatto della Tratta e Figure di Successo
La tratta degli schiavi, intensificatasi prima nel Mediterraneo e poi in modo massiccio nell’Atlantico, lega sempre più la nerezza alla condizione di schiavitù, creando uno stereotipo potente e duraturo. Nonostante questo contesto brutale, anche in questo periodo, individui di origine africana riescono a raggiungere posizioni elevate nella società europea, dimostrando resilienza e capacità eccezionali. Tra questi spiccano figure come Alessandro de’ Medici, duca di Firenze, la cui origine africana è stata oggetto di dibattito storico e la cui reputazione fu attaccata per vari motivi all’epoca, ma la sua ascendenza divenne un punto di discussione razziale in seguito. Un altro esempio notevole è Juan Latino, uno schiavo di origine africana che divenne un rispettato umanista, poeta e professore universitario in Spagna nel XVI secolo, un risultato straordinario per l’epoca.Rappresentazioni Culturali e Ruolo della Religione
Le rappresentazioni artistiche e letterarie dell’epoca riflettono queste percezioni spesso contrastanti. Accanto a stereotipi negativi, si trovano anche figure complesse o persino eroiche, che sfidano le semplificazioni. La religione gioca un ruolo cruciale nel definire lo status e la percezione degli individui di origine africana, specialmente in contesti come la Spagna. La conversione al cristianesimo può influenzare profondamente la percezione e il destino degli individui, offrendo talvolta una via verso l’integrazione o il riconoscimento sociale. Il caso di Juan Latino, uno schiavo cristiano che divenne un erudito, contrasta con personaggi fittizi come Otello, la cui “diversità” è spesso fonte di tragedia, evidenziando come fattori come l’origine, lo status sociale, la religione e le mutevoli idee europee sulla razza e l’alterità si intrecciassero nel plasmare l’identità degli afroeuropei.Se le percezioni europee sull’Africa e sugli africani erano così complesse e non univoche, e figure di origine africana potevano raggiungere posizioni elevate, come si spiega l’emergere di un sistema di schiavitù transatlantica basato sulla razza e la successiva ideologia razziale che ha giustificato secoli di oppressione?
Il capitolo evidenzia giustamente la varietà delle interazioni e delle percezioni nel corso dei secoli, mostrando che non vi fu una visione monolitica. Tuttavia, non approfondisce a sufficienza il processo storico e ideologico che portò alla cristallizzazione di una gerarchia razziale rigida, essenziale per l’istituzione e il mantenimento della tratta degli schiavi su vasta scala e del colonialismo. La presenza di individui di successo, pur significativa, non annulla la necessità di comprendere come un intero gruppo umano sia stato sistematicamente asservito e deumanizzato sulla base del colore della pelle. Per affrontare questa apparente contraddizione, è fondamentale esplorare la storia della costruzione sociale della razza e le sue funzioni economiche e politiche. Approfondire autori come David Brion Davis, che ha studiato a fondo la storia della schiavitù e le sue ideologie, o George Mosse, che si è occupato dell’origine e dello sviluppo del razzismo moderno in Europa, può fornire gli strumenti concettuali per comprendere meglio questa transizione cruciale.2. Vite intrecciate e confini di colore
L’espansione coloniale europea e la tratta atlantica degli schiavi hanno trasformato profondamente le società in Europa e in Africa occidentale tra il diciassettesimo e il diciannovesimo secolo. Potenze come Olanda, Francia e Danimarca hanno stabilito postazioni commerciali e fortificazioni lungo la costa africana, luoghi come Elmina, Gorée, Saint-Louis e Christiansborg. Queste basi servivano a facilitare il commercio di vari beni, ma soprattutto il mercato delle persone schiavizzate. In questo periodo, città come Amsterdam sono diventate centri cruciali del commercio mondiale.La presenza in Europa e le leggi
La presenza di persone di origine africana in Europa ha creato nuove sfide legali e morali. Le leggi sullo schiavismo erano spesso poco chiare. In certi momenti storici, arrivare sul suolo europeo poteva significare ottenere la libertà, come accadde a Juliana ad Amsterdam. Tuttavia, le autorità francesi, ad esempio, istituirono la “Police des Noirs” per controllare e limitare la popolazione di colore. Questa normativa richiedeva la registrazione delle persone e poneva limiti alla loro permanenza sul territorio.Le teorie sulla razza
Nello stesso periodo, in Europa si diffusero teorie scientifiche e filosofiche che cercavano di dividere gli esseri umani in gruppi basati sulle caratteristiche fisiche. Questo portò alla creazione di gerarchie razziali. Studiosi come l’anatomista Petrus Camper e i naturalisti Linneo e Blumenbach proposero sistemi di classificazione che legavano tratti fisici a presunte differenze nell’intelligenza o nella moralità. Queste idee ebbero un forte impatto sul modo in cui le persone di origine africana venivano viste e trattate.Relazioni miste e storie individuali
Nelle colonie costiere, le unioni tra europei e donne africane o con antenati misti erano comuni, dando vita a nuove comunità. Queste relazioni, chiamate in modi diversi come “mariage à la mode du pays” in Senegal o matrimonio “cassare” nella Costa d’Oro danese, avevano effetti complessi sulla società e sull’economia. Offrivano a donne come le Signares di Gorée e Saint-Louis o Lene Kühberg a Osu la possibilità di accumulare ricchezza e prestigio, spesso grazie al possesso e all’affitto di schiavi. Le storie di persone come Jacobus Capitein, che studiò nei Paesi Bassi, o Joseph Boulogne, un musicista e militare francese di origini miste, mostrano che per alcuni era possibile migliorare la propria posizione sociale, ma anche quanto fossero forti i limiti imposti dal pregiudizio razziale. Capitein, nonostante la sua educazione, sostenne che schiavitù e libertà cristiana fossero compatibili e incontrò difficoltà nei suoi progetti missionari in Africa. Joseph Boulogne raggiunse posizioni elevate a Parigi, ma affrontò resistenze a causa delle sue origini. Donne come le Signares gestivano le complesse dinamiche di potere legate al genere e alla razza, sfruttando la loro posizione per ottenere influenza economica e sociale. Tuttavia, la loro condizione legale e sociale rimaneva incerta e dipendeva dai cambiamenti delle leggi europee.Il passato coloniale e schiavista continua a influenzare i dibattiti di oggi. Ne sono un esempio le discussioni sulle richieste di scuse e risarcimenti avanzate da ex colonie, come le Isole Vergini americane verso la Danimarca.Ma come fu possibile che teorie così palesemente arbitrarie e dannose trovassero terreno fertile e diventassero la base per la discriminazione?
Il capitolo descrive efficacemente la diffusione delle teorie razziali e il loro impatto, ma non approfondisce sufficientemente le ragioni profonde per cui queste idee, basate su classificazioni arbitrarie, trovarono così ampia accettazione e divennero strumenti di oppressione. Per comprendere meglio questo aspetto cruciale, è utile esplorare la storia intellettuale e la storia della scienza del periodo, analizzando come il potere politico ed economico abbia influenzato la produzione e l’accettazione del sapere. Approfondire autori che hanno studiato la costruzione sociale della razza e il legame tra conoscenza e potere può fornire strumenti critici per rispondere a questa domanda.3. Radici e Resilienza Afro-Europea
La presenza di persone di origine africana in Europa affonda le sue radici in una storia profonda, legata in modo indissolubile al passato coloniale e alla tratta degli schiavi. Diverse potenze europee furono coinvolte in questi eventi, anche stati meno conosciuti per le loro imprese oltremare, come il Brandeburgo-Prussia. Questa storia, complessa e dolorosa, è spesso segnata da un’amnesia collettiva e alimenta dibattiti ancora aperti sulla memoria storica e sulla necessità di riparazioni. Comprendere questo passato è fondamentale per capire le dinamiche attuali.Storie individuali di sfida
Le esperienze personali di molti individui mostrano chiaramente le sfide che le persone afro-europee hanno dovuto affrontare nel corso del tempo. Figure come la famiglia Manga Bell in Camerun cercarono vie di dialogo e negoziazione con le potenze coloniali tedesche e francesi, dimostrando una complessa interazione tra resistenza e adattamento. In Germania, Theodor Michael lottò strenuamente per vedersi riconosciuta la propria identità e una cittadinanza che le leggi naziste gli negavano, evidenziando la brutalità della discriminazione razziale. Anche personaggi pubblici noti, come il pugile Battling Siki o il grande poeta Aleksandr Puškin, che era discendente di un generale africano alla corte russa, ebbero percorsi di vita unici ma spesso segnati da profondi pregiudizi e notevoli difficoltà sociali. Queste storie personali sono potenti testimonianze della complessità della vita per gli afroeuropei, specialmente per coloro che avevano un doppio retaggio culturale o razziale.Lotte comunitarie e resistenza quotidiana
Oggi, le comunità afro-europee in diversi paesi continuano ad affrontare varie forme di discriminazione e portano avanti battaglie importanti per ottenere riconoscimento e uguaglianza piena. In Italia, ad esempio, la lotta per l’introduzione dello ius solis è un tema centrale per garantire la cittadinanza ai bambini nati nel paese da genitori stranieri. Inoltre, l’uso della moda, delle acconciature e di altre pratiche estetiche diventa una forma di resistenza quotidiana contro il razzismo, incluso quel particolare tipo di discriminazione definito «razzismo genderizzato». In Svezia, la discussione sulla razza è resa complicata da una narrazione ufficiale che promuove una «cecità verso il colore», un approccio che tende a negare l’esistenza del razzismo strutturale e l’eredità lasciata dal passato coloniale del paese. Nei Paesi Bassi, la controversa figura di Zwarte Piet (Pietro il Moro), legata alle celebrazioni di San Nicola, incarna la persistenza di stereotipi coloniali e alimenta dibattiti accesi sulla «innocenza bianca» e sulla «melanconia postcoloniale», mettendo in luce quanto le ferite del passato siano ancora aperte.La forza dell’attivismo e del pensiero
L’attivismo, insieme alla ricca produzione culturale e intellettuale, rappresenta uno strumento fondamentale per le persone afro-europee per rivendicare le proprie identità, spesso multiple e complesse, e per sfidare le strutture di potere che generano disuguaglianze. Intellettuali e attivisti, molti dei quali si sono ispirati ai movimenti del Panafricanismo e dell’Internazionalismo nero, hanno creato nel tempo importanti spazi di dialogo, solidarietà e resistenza. Le studiose afro-europee, pur essendo ancora poco rappresentate nel mondo accademico tradizionale, offrono prospettive cruciali e innovative. Analizzano le intersezioni tra razza, genere, classe sociale e sessualità, mettendo in discussione le narrazioni dominanti e le pratiche discriminatorie che continuano a influenzare profondamente la vita quotidiana degli afro-europei.[/membership]È davvero possibile racchiudere esperienze così diverse, dalla lotta per lo ius solis in Italia ai dibattiti su Zwarte Piet nei Paesi Bassi, sotto l’unica etichetta di “resilienza afro-europea” senza perdere di vista le profonde specificità nazionali e storiche?
Il capitolo offre una panoramica di esperienze diverse in vari paesi europei, ma la nozione di “afro-europeo” e le sfide affrontate sono profondamente plasmate dalle specifiche storie nazionali, dalle diverse eredità coloniali (o dalla loro assenza percepita), dalle politiche migratorie e dai quadri giuridici. Mettere sullo stesso piano lotte per la cittadinanza, dibattiti su simboli culturali e narrazioni sulla razza in contesti così differenti richiede un’analisi più approfondita delle singole formazioni razziali nazionali. Per comprendere meglio queste complessità, sarebbe utile esplorare studi comparati sul razzismo in Europa e approfondire le opere di autori che analizzano le specificità nazionali, come quelle di studiosi che si occupano di cittadinanza italiana, di postcolonialismo olandese o di politiche dell’identità in Svezia.4. Voci e Resistenze Afroeuropee
Le persone di origine africana in Europa vivono esperienze complesse, affrontando questioni di identità e discriminazione. Queste sfide sono profondamente legate alla storia coloniale e alle dinamiche sociali di oggi.Esperienze in diversi paesi
In Francia, l’afrofemminismo critica il femminismo tradizionale perché non include abbastanza le esperienze delle donne nere. Gruppi come Mwasi e figure come Rokhaya Diallo e Françoise Vergès contribuiscono a questo dibattito, mettendo in discussione l’idea che la società francese non tenga conto della razza. Stereotipi e il modo in cui la pelle viene vista (colorismo) influenzano la percezione dei corpi neri e meticci, come si vede nello sport e nei media. In Spagna, la polizia spesso ferma e controlla le persone in base alla loro origine, creando paura e ansia nelle comunità minoritarie, anche se ci sono proposte per cambiare questa pratica. In Grecia, la presenza di persone di origine africana ha radici antiche, ma le loro esperienze sono spesso trascurate o confuse con l’immigrazione più recente. Associazioni come Generation 2.0 lavorano per dare visibilità e supporto, combattendo il razzismo, come dimostrano le storie del cestista Giannis Antetokounmpo o la tragica vicenda di Bakari Henderson. Nel Regno Unito, l’identità “britannico nero” mette in risalto l’appartenenza etnica. Per molto tempo, la storia delle persone nere sull’isola non è stata raccontata nella storia ufficiale, ma ora studi e attivisti ne chiedono il riconoscimento. Artisti, musicisti (come quelli del genere grime) e personaggi pubblici usano la cultura e i media per raccontare le esperienze delle persone nere e sfidare i pregiudizi. Casi come lo scandalo Windrush mostrano le politiche ingiuste e le loro conseguenze durature sulle comunità.Organizzazione e attivismo
In tutta Europa, le persone di origine africana si uniscono in reti che vanno oltre i confini nazionali, come Enpad. Partecipano anche a movimenti globali come Black Lives Matter e #MeToo, adattandoli alle situazioni locali. L’attivismo degli studenti e la creazione di archivi che raccolgono le storie delle comunità sono strumenti importanti per resistere e costruire una consapevolezza comune. Le vite di queste persone, spesso segnate da difficoltà e violenza, mostrano quanto sia necessario affrontare il razzismo a tutti i livelli e lavorare insieme per un futuro più giusto.È davvero possibile racchiudere le esperienze di persone con origini africane in contesti nazionali europei così diversi sotto un’unica etichetta, senza perdere cruciali specificità storiche e sociali?
Il capitolo offre una panoramica utile, ma la generalizzazione delle “esperienze afroeuropee” rischia di appiattire le profonde differenze tra paesi con storie coloniali, politiche migratorie e strutture sociali radicalmente diverse. Le sfide affrontate in Francia, con la sua specifica narrativa sulla laicità e l’integrazione, non sono identiche a quelle del Regno Unito, segnato da un diverso impero e da dibattiti sulla multiculturalità, né a quelle di paesi come la Spagna o la Grecia, con percorsi migratori e legami storici distinti. Per cogliere appieno la complessità, è fondamentale approfondire la storia comparata delle politiche razziali in Europa, la sociologia delle migrazioni e gli studi postcoloniali, prestando attenzione alle specificità nazionali. Autori come Stuart Hall, che ha esplorato l’identità e la diaspora, o studiosi che analizzano le singole dinamiche nazionali possono fornire il contesto necessario.Abbiamo riassunto il possibile
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