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Contenuti del libro
Informazioni
“A dieta di media. Comunicazione e qualità della vita” di Marco Gui ci porta dritti nel cuore della nostra quotidianità iperconnessa. Il libro esplora come l’enorme abbondanza mediale dell’era digitale, un’evoluzione delle epoche precedenti ma con novità radicali come la digitalizzazione e l’interattività, stia creando sfide concrete per tutti noi. Non è solo una questione di avere più contenuti, ma di gestire un vero e proprio sovraconsumo, un po’ come l’obesità legata al cibo, che ci porta a passare ore e ore con gli schermi, spesso senza vera soddisfazione. Questa sovrabbondanza mediale rende difficilissima la scelta dei contenuti validi tra l’infinito mare di opzioni, spingendoci verso consumi d’impulso e rendendo cruciale la nostra capacità di valutare le fonti e non cadere nelle “bolle” informative. Ancora più complessa è la sfida della concentrazione: tra notifiche continue e la tentazione del multitasking, mantenere l’attenzione focalizzata diventa un superpotere raro, con ricadute negative sull’apprendimento e sulle attività che richiedono pensiero profondo. Infine, il libro affronta come questa vita digitale influenzi le nostre relazioni sociali, offrendo nuove connessioni ma rischiando di frammentare l’attenzione e di farci evitare la complessità dei rapporti faccia a faccia. In sintesi, il testo ci fa capire che navigare l’abbondanza comunicativa richiede nuove competenze digitali e una gestione consapevole per migliorare la nostra qualità della vita.Riassunto Breve
La vita di oggi, con tutta la tecnologia che abbiamo, ci ha riempito di comunicazioni e informazioni, creando una specie di “abbondanza mediale”. È come avere un buffet enorme sempre disponibile. I media digitali, con internet e gli smartphone, hanno reso tutto ancora più grande e veloce, mescolando lavoro e tempo libero e dandoci un sacco di strumenti per trovare quello che vogliamo. Però, tutta questa roba da gestire crea problemi. È difficile non passare troppo tempo sui media, scegliere cosa guardare o leggere tra milioni di cose, rimanere concentrati con tutte le notifiche che arrivano e gestire le amicizie e i rapporti che passano anche per lo schermo. C’è chi paragona questa difficoltà a quella che si ha con il cibo nelle società ricche: troppa offerta, il nostro “gusto” che ci porta a scegliere cose non sempre buone per noi (come i contenuti leggeri o sensazionalistici che attirano l’attenzione ma non soddisfano), e alla fine chi ci guadagna sono le aziende che sfruttano queste tendenze. Si parla quasi di una “obesità da media”, anche se non se ne parla ancora tanto come dell’obesità fisica. Il tempo che passiamo con i media è aumentato tantissimo, soprattutto con i dispositivi mobili che ci permettono di essere sempre connessi. Molte persone sentono di esagerare, e stare troppo tempo davanti agli schermi può farci sentire meno contenti della nostra vita perché ci toglie tempo per fare cose più importanti, come stare con gli amici o seguire i nostri interessi. Per i giovani, passare troppo tempo online, specialmente per svago, a volte non è un segno che sono bravi con la tecnologia, ma che magari non hanno molte altre opportunità o stimoli. Stare tanto tempo davanti agli schermi fa anche male al corpo: occhi stanchi, mal di collo e schiena per le posizioni sbagliate. Scegliere cosa guardare o leggere è diventato complicato perché c’è troppa roba e spesso i contenuti sono fatti apposta per attirare subito l’attenzione, non per essere di qualità. Con la TV, lo zapping ci ha abituato a cambiare canale velocemente senza concentrarci davvero. Online è peggio: siamo bombardati da stimoli e dobbiamo essere bravi a capire se le notizie o le informazioni sono vere (saper usare internet in modo critico). Inoltre, i sistemi che usiamo online tendono a farci vedere solo cose che ci piacciono o che confermano le nostre idee, creando delle “bolle” che ci isolano e rendono difficile confrontarsi con opinioni diverse. Un altro problema grosso è la concentrazione. I nostri telefoni e computer fanno tante cose e ci mandano continue notifiche, rendendo difficile concentrarsi su una cosa sola. Fare tante cose insieme (multitasking) sembra efficiente ma in realtà peggiora le nostre capacità di capire e ricordare le cose, specialmente quelle difficili. Le interruzioni ci fanno perdere tempo e fatica per tornare a quello che stavamo facendo. Anche studiare con i media digitali può essere difficile per via delle distrazioni. Dobbiamo imparare a gestire la nostra attenzione, a bilanciare l’esplorazione di tante cose con l’approfondimento di poche. Le relazioni sociali oggi passano molto per i media. I social network ci aiutano a tenere i contatti, ma la natura di internet (quello che metti online resta, si diffonde, è difficile da controllare) rende complicato gestire chi vede cosa e mantenere separate le diverse parti della nostra vita (famiglia, amici, lavoro). C’è il rischio di mostrare solo una versione perfetta di noi stessi e di confrontarci negativamente con gli altri. Stare sempre connessi può anche rendere più difficile stare davvero presenti quando siamo con le persone o semplicemente stare da soli. Gestire tutta questa abbondanza non è facile e richiede nuove capacità, non solo saper usare la tecnologia, ma anche essere intenzionali nell’uso dei media e saper bilanciare l’esplorazione con la concentrazione profonda. Questo problema non riguarda solo i singoli, ma la società intera, e colpisce di più chi ha meno mezzi o è più giovane. Serve che la scuola insegni a gestire i media, che cambi la cultura generale verso un uso più consapevole e che chi crea le tecnologie le progetti in modo da aiutarci a gestire meglio l’abbondanza, non solo a sfruttarla.Riassunto Lungo
1. L’abbondanza mediale e la sfida della gestione
La modernità, spinta dall’accelerazione di tecnologia e industria, ha dato ai mezzi di comunicazione un posto centrale nella vita di tutti i giorni e nell’economia. Questo sviluppo ha portato a un’enorme quantità di informazioni e contenuti disponibili, creando nuove difficoltà sia per le singole persone che per la società intera. L’epoca digitale che viviamo oggi non è nata dal nulla, ma è l’evoluzione di cambiamenti che erano già iniziati nelle fasi storiche precedenti, come l’era della stampa e quella dei primi mass media. La differenza principale oggi è la portata di questa abbondanza e la velocità con cui le cose cambiano. Gestire tutta questa comunicazione è diventata una delle sfide principali del nostro tempo.Le caratteristiche dei media digitali
I media digitali hanno introdotto cambiamenti davvero importanti. Grazie alla digitalizzazione, i contenuti possono essere uniti (convergenza), possiamo interagire con essi (interattività), modificarli e usarli in diverse forme (multimedialità). Questi strumenti permettono anche di cercare informazioni in modo molto personale e di mescolare il tempo libero con quello del lavoro. Allo stesso tempo, i media digitali portano avanti tendenze che esistevano già: la quantità di comunicazione continua ad aumentare senza sosta, le forme in cui interagiamo attraverso i media si evolvono, i limiti di spazio e tempo diventano meno importanti e l’accesso ai contenuti è sempre più immediato.Le sfide nella vita di tutti i giorni
Questa grande quantità di media crea problemi concreti nella nostra vita quotidiana. Dobbiamo decidere come limitare il tempo che passiamo usando questi strumenti. È difficile scegliere cosa guardare o leggere tra un’offerta quasi infinita di contenuti. Mantenere la concentrazione diventa complicato perché siamo continuamente bombardati da nuovi stimoli. Anche gestire le nostre relazioni con gli altri, che sempre più spesso passano attraverso i media digitali, richiede attenzione e capacità nuove.L’analogia con il cibo: l'”obesità mediale”
Le difficoltà nel gestire l’eccesso di comunicazione sono molto simili ai problemi legati al consumo di cibo nelle società ricche. In entrambi i casi, l’industria offre una quantità enorme di prodotti. Il nostro “gusto” naturale, sia per il cibo che per gli stimoli comunicativi, non è sempre adatto a questa abbondanza e viene spesso sfruttato a fini commerciali. La responsabilità di scegliere cosa e quanto consumare ricade sempre più sulla singola persona. Inoltre, gli effetti negativi di questo eccesso non colpiscono tutti allo stesso modo, creando disuguaglianze sociali. L’idea di essere sopraffatti dagli stimoli mediali, con difficoltà a gestirli, può essere paragonata a una forma di “obesità di media”, proprio come esiste l’obesità fisica. La differenza è che, a differenza dell’alimentazione, non c’è ancora abbastanza consapevolezza pubblica e scientifica su quanto siano serie queste problematiche legate all’uso dei media.Ma è sensato, o scientificamente rigoroso, equiparare l’eccesso di stimoli mediali a una vera e propria “obesità”, come se il problema fosse solo di “dieta” personale?
Il capitolo utilizza l’analogia dell'”obesità mediale” per descrivere le difficoltà nella gestione dell’abbondanza comunicativa. Sebbene l’analogia possa essere suggestiva, essa rischia di semplificare eccessivamente un fenomeno complesso, attribuendo forse troppa enfasi alla responsabilità individuale e trascurando le dinamiche sistemiche. A differenza dell’alimentazione, il consumo mediale è profondamente influenzato da architetture persuasive, algoritmi progettati per massimizzare l’attenzione e modelli economici basati sulla raccolta dati e la profilazione. Parlare di “obesità” potrebbe non cogliere la natura specifica di queste forze. Per approfondire queste tematiche e comprendere meglio le sfide che vanno oltre la semplice “dieta” personale, è utile esplorare la sociologia dei media, l’economia dell’attenzione e gli studi critici sulle piattaforme digitali. Autori come Shoshana Zuboff o Nicholas Carr offrono prospettive che analizzano le strutture di potere e gli impatti cognitivi dell’ambiente digitale.2. L’Eccesso di Media e i Suoi Costi
Il tempo dedicato ai media è aumentato costantemente nel corso della modernità. I nuovi media si aggiungono a quelli esistenti, senza sostituirli del tutto, creando un ambiente comunicativo sempre più denso. La televisione ha rappresentato la prima grande crescita nel tempo libero dedicato ai media, e il suo consumo è ancora elevato a livello mondiale, anche se nei paesi occidentali si osserva un possibile picco, compensato però dalle nuove forme digitali di fruizione video. I media digitali, in particolare quelli mobili come smartphone e tablet, hanno reso l’uso dei media più pervasivo e frammentato, occupando spazi temporali prima non dedicati alla comunicazione mediata. Negli Stati Uniti, il tempo totale medio trascorso con i media, considerando anche l’uso simultaneo, supera le 11 ore al giorno, evidenziando l’enorme quantità di tempo che vi dedichiamo.La Tendenza al Sovraconsumo
Esiste una chiara tendenza a usare i media in modo eccessivo. Molte persone, sia adulti che adolescenti, sentono di passare troppo tempo davanti alla televisione o connessi online, percependo un vero e proprio sovraconsumo. Nonostante una vera dipendenza patologica riguardi una piccola percentuale di utenti, caratterizzata da sintomi specifici come uso eccessivo compulsivo, isolamento sociale, persistenza del comportamento nonostante le conseguenze negative e ripercussioni sulla vita quotidiana, una parte molto più ampia sperimenta comunque forme più lievi di disagio. Questo disagio si manifesta, ad esempio, nel ritrovarsi online più a lungo del previsto, nel perdere ore di sonno a causa dell’uso dei dispositivi o nel sentirsi a disagio quando non si è connessi. Gli adolescenti, in particolare, sembrano essere più vulnerabili a queste forme di uso eccessivo e ai rischi ad esso associati.Perché è Difficile Limitarsi
Limitare il tempo trascorso con i media può rivelarsi difficile per diverse ragioni. La ricerca sulla televisione, ad esempio, suggerisce che spegnere l’apparecchio può essere percepito come sgradevole, spingendo le persone a prolungare la visione semplicemente per evitare sensazioni negative o la noia. L’aumento esponenziale dei canali e dei contenuti disponibili oggi può rendere questo problema ancora più acuto per chi fatica a esercitare autocontrollo sul proprio tempo. Inoltre, gli stimoli visivi e uditivi specifici utilizzati nei media sono spesso studiati per catturare la nostra attenzione a livello fisiologico, rendendo difficile distogliere lo sguardo. Il sovraconsumo non dipende solo dalla semplice disponibilità di contenuti o dal numero di piattaforme, ma anche dalle caratteristiche intrinseche dei media stessi: sono spesso facilmente accessibili, strutturati per mantenere l’attenzione e offrono gratificazioni rapide e immediate, rendendo così più arduo per l’utente porre un limite al proprio utilizzo e staccarsi dallo schermo.Le Conseguenze dell’Uso Eccessivo
L’uso eccessivo dei media comporta diverse conseguenze negative che impattano vari aspetti della vita. Un consumo prolungato di televisione è spesso associato a una minore soddisfazione generale nella vita, potenzialmente perché il tempo passato davanti allo schermo sottrae spazio ad attività considerate più gratificanti e costruttive. Queste attività includono coltivare relazioni sociali significative, dedicarsi ai propri hobby, fare esercizio fisico o perseguire i propri obiettivi personali e professionali. Per quanto riguarda internet, un alto consumo, specialmente tra i giovani e al di fuori di scopi legati allo studio o al lavoro, non indica più necessariamente inclusione sociale o una vita ricca di stimoli, ma può piuttosto segnalare una povertà di alternative e una tendenza all’isolamento. Oltre agli aspetti psicologici e sociali, l’uso prolungato degli schermi digitali causa anche significativi disagi fisici. Si riscontrano frequentemente problemi alla vista, come affaticamento visivo, bruciore e secchezza oculare, dovuti alla riduzione degli ammiccamenti e alla necessità di mantenere la messa a fuoco su distanze ravvicinate per lunghi periodi. L’uso di computer, tablet e smartphone favorisce inoltre l’adozione di posture scorrette e innaturali, aumentando significativamente il rischio di sviluppare dolori cronici al collo, alle spalle e alla schiena, specialmente quando l’utilizzo supera le due o tre ore giornaliere per i disturbi cervicali e scapolari, e le cinque ore per quelli lombari, rendendo il corpo una delle prime vittime del sovraconsumo digitale.Ma il capitolo ignora forse che i media possono anche arricchire la vita e connettere le persone?
Il capitolo offre una visione quasi esclusivamente negativa del tempo trascorso con i media, concentrandosi sui costi e sul sovraconsumo. Tuttavia, per comprendere appieno il fenomeno, è indispensabile considerare anche i benefici e le opportunità che i media, in particolare quelli digitali, possono offrire. Essi non sono solo strumenti di distrazione o isolamento, ma possono facilitare l’apprendimento, l’accesso all’informazione, la partecipazione civica e la creazione di reti sociali significative. Approfondire gli studi sulla sociologia della comunicazione, la psicologia dei media e le ricerche sull’uso proattivo e costruttivo delle tecnologie digitali può fornire un quadro più equilibrato. Autori come Manuel Castells o studi più recenti sulle comunità online e l’apprendimento mediato dalla tecnologia sono punti di partenza utili.3. La sfida della scelta nell’abbondanza mediale
Il panorama dei media oggi offre una quantità enorme di contenuti. Questo passaggio da un periodo in cui c’era poca offerta a uno di grande abbondanza rende la scelta molto più difficile per chi guarda o legge. È complicato capire quale contenuto sia di buona qualità e resistere alla tentazione di scegliere d’impulso, dato che molti contenuti sono creati apposta per catturare l’attenzione subito.L’esperienza televisiva: il primo passo verso la scelta rapida
Anche con la televisione, l’arrivo del telecomando e l’aumento dei canali hanno permesso di fare “zapping”. Questo ha reso le scelte più veloci e basate sull’istinto del momento. Il risultato è che le persone si sentono meno coinvolte nei programmi e vedono cose in modo più casuale. Alcuni studi mostrano che avere più canali non rende gli spettatori più contenti e che spesso si guarda ciò che attira sul momento, anche se poi non soddisfa davvero. C’è una specie di contrasto: programmi considerati “leggeri” hanno molta audience, ma poi vengono criticati per la loro qualità. Forse questo succede perché le persone vogliono sembrare in linea con certi valori sociali, o perché c’è una differenza tra una scelta fatta d’impulso e una valutazione fatta pensando. Contenuti che puntano sul sensazionale o sulla violenza attirano l’attenzione perché sfruttano reazioni fisiche immediate, ma non portano a una soddisfazione duratura.Il mondo digitale: ancora più scelta, nuovi problemi
Nel mondo digitale, la quantità di contenuti è ancora più grande e la scelta è continua. I problemi già visti con la TV diventano ancora più forti. Scegliere d’impulso è incoraggiato da quello che viene chiamato un “mercato dell’attenzione”, dove ogni click porta un guadagno e i contenuti (come i titoli delle notizie) sono ottimizzati per attirare. In più, chi usa il web deve affrontare quantità enormi di informazioni che non sono state controllate o filtrate. Questo rende fondamentale saper giudicare se le fonti online sono affidabili. Questa capacità, a volte chiamata “competenza digitale critica” o “information literacy”, non è qualcosa di automatico e richiede di imparare in modo specifico, cosa che spesso manca ai giovani.Il rischio di vedere solo quello che vogliamo
Un altro pericolo della scelta online è che la visione della realtà può essere distorta. Mentre i vecchi media potevano aiutare a creare un’idea comune del mondo, la possibilità di personalizzare moltissimo i contenuti online può portare alla creazione di “bolle” informative private. Le persone tendono a scegliere fonti che confermano le loro idee, limitando così la possibilità di vedere opinioni diverse. Questo meccanismo, reso più forte dai filtri “invisibili” usati dalle piattaforme, può rendere le opinioni più estreme e impoverire il dibattito tra le persone.Come orientarsi nell’abbondanza
Per affrontare queste difficoltà, è importante scegliere i contenuti in modo consapevole. Serve la capacità di distinguere la qualità di ciò che si vede o si legge e la volontà di guardare informazioni da fonti diverse. Questo aiuta a non avere una visione distorta del mondo.Ma siamo certi che il problema siano i ‘media digitali’, o forse il capitolo confonde lo strumento con l’uso che ne facciamo, dipingendo un quadro eccessivamente allarmista delle relazioni online?
Il capitolo, pur toccando punti importanti, sembra attribuire ai media digitali una responsabilità quasi deterministica nel deterioramento delle relazioni “vere” e nella perdita della capacità di stare soli. Questa prospettiva rischia di trascurare la complessa interazione tra tecnologia e comportamento umano, ignorando come l’uso dei media vari enormemente tra gli individui e i contesti, e come le piattaforme online possano anche facilitare nuove forme di connessione e supporto. Per approfondire queste sfumature e superare una visione unilaterale, sarebbe utile esplorare gli studi sulla sociologia dei media digitali e la psicologia sociale, considerando autori come Manuel Castells, che ha analizzato la società in rete, o Sherry Turkle, che ha esplorato le nostre complesse relazioni emotive con la tecnologia.6. Gestire la sovrabbondanza nell’era digitale
Nell’era dei media digitali, viviamo circondati da una quantità enorme di informazioni, contenuti e possibilità di interagire con gli altri. Tutto è sempre a portata di mano. Questa situazione, però, crea delle difficoltà, un po’ come l’abbondanza di cibo può portare a problemi di salute se non si impara a gestirla.Le conseguenze dell’abbondanza digitale
Uno dei problemi principali è che passiamo troppo tempo usando i media digitali. Nei paesi occidentali, questo tempo supera la metà delle ore in cui siamo svegli. Chi dedica troppo tempo ai media, specialmente chi ha meno risorse, spesso si dichiara meno soddisfatto della propria vita. Tendiamo a consumare più di quanto vorremmo, un po’ come quando mangiamo cibi molto gustosi ma poco sani. I contenuti digitali più consumati sono quelli facili da capire ma molto stimolanti a livello sensoriale. Questi contenuti, pensati per catturare la nostra attenzione (che per chi li produce ha un valore economico), spesso ci lasciano insoddisfatti. Ci comportiamo come consumatori che scelgono male, attratti da ciò che luccica invece che da ciò che ci fa bene. Per questo, è importante imparare a “educare” i nostri gusti anche per i contenuti digitali.Un’altra difficoltà è scegliere tra tutta questa offerta. Serve una certa abilità per capire quali fonti sono affidabili e se le informazioni che riceviamo sono distorte. Avere troppa libertà di scelta può anche portare a chiudersi nelle proprie idee, frequentando solo contenuti che confermano ciò che già pensiamo. Un rischio serio è la frammentazione dell’attenzione. Le continue notifiche e la facilità con cui possiamo passare da una cosa all’altra ci impediscono di concentrarci a fondo, cosa necessaria per capire bene le cose o per essere creativi. Il nostro cervello non funziona al meglio quando cerca di fare troppe cose contemporaneamente. Proteggere la nostra attenzione è fondamentale per goderci davvero i contenuti e trovarci un significato.Anche le relazioni online richiedono attenzione. Internet è come una grande piazza piena di persone e possibilità di contatto. Ma l’eccessiva quantità di opportunità rende difficile scegliere con chi costruire rapporti veri e significativi. C’è il rischio di condividere troppe informazioni personali senza pensarci bene e di disperdere la nostra attenzione sociale su troppe persone, il che può portare a sentirsi meno soddisfatti anche nelle relazioni.Le competenze necessarie
Per affrontare queste sfide, non bastano le solite abilità tecniche, informative o sociali. Servono nuove capacità. È importante sviluppare l’intenzionalità, cioè la capacità di pianificare come vogliamo usare i media e di rispettare i nostri obiettivi. Serve anche saper bilanciare la navigazione, che è l’esplorazione di tante cose diverse, con l’approfondimento, che è la capacità di concentrarsi intensamente su un singolo argomento. Queste competenze sono essenziali per usare i media in modo che ci arricchisca davvero.Una sfida per la società
Gestire l’enorme quantità di media non è solo un problema del singolo. È una sfida che riguarda tutta la società. Le difficoltà colpiscono di più i giovani e le persone che hanno meno risorse, dimostrando che l’idea che i “nativi digitali” sappiano usare i media per natura non è vera. Esiste una vera e propria disuguaglianza nella capacità di usare i media in modo consapevole e utile.Per questo, servono azioni a livello collettivo. Le scuole dovrebbero insegnare a gestire l’attenzione nell’uso dei media. È importante che cambi il modo in cui pensiamo alla tecnologia, adottando un approccio più critico. E bisogna dialogare con chi crea le tecnologie perché le progettino in modo da aiutare le persone a gestire meglio tutta questa abbondanza. Questa situazione riflette una sfida più ampia delle nostre società moderne: creare le condizioni perché tutti possano gestire le tante opportunità a disposizione in modo che siano davvero un vantaggio.Se il capitolo suggerisce che scegliamo male i contenuti digitali perché attratti da ciò che ‘luccica’, non è forse riduttivo attribuire l’insoddisfazione solo all’eccesso di stimoli, ignorando le cause profonde che spingono le persone a cercare quel tipo di ‘luccichio’?
Il capitolo analizza le conseguenze dell’abbondanza digitale, ma la correlazione tra l’uso dei media e l’insoddisfazione potrebbe non essere una semplice causa-effetto. È fondamentale esplorare le motivazioni sottostanti che portano le persone a cercare certi tipi di contenuti o a usare i media in modo eccessivo. Per approfondire questo aspetto, è utile considerare prospettive dalla psicologia comportamentale e dall’economia comportamentale, che studiano come prendiamo decisioni e cosa influenza il nostro comportamento. Un autore da esplorare in questo campo è Daniel Kahneman.Abbiamo riassunto il possibile
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