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Informazioni
“2 giugno 1946. Storia di un referendum” di Federico Fornaro ti porta dentro uno dei momenti più decisivi della storia italiana: la scelta tra monarchia e repubblica. Immagina l’Italia nel caos dopo la caduta del fascismo e l’armistizio del 1943, divisa tra il Regno del Sud e la Resistenza al Nord. C’è una monarchia in crisi, i partiti antifascisti del CLN che vogliono cambiare tutto, e gli Alleati che osservano. Il libro racconta le mosse politiche cruciali, come la “svolta di Salerno” di Togliatti che mette insieme le forze, e il dibattito acceso su come decidere il futuro dello Stato. Alla fine, si sceglie di chiedere direttamente al popolo: un referendum istituzionale e l’elezione dell’Assemblea Costituente. Arriva il 2 giugno 1946, un giorno storico non solo per la scelta tra monarchia Savoia e Repubblica Italiana, ma anche perché per la prima volta le donne possono votare. Fornaro esplora il risultato, la spaccatura tra Nord repubblicano e Sud monarchico, le tensioni e le polemiche, e come figure come De Gasperi hanno gestito questa transizione. È la storia di come l’Italia ha votato per rifondarsi, dando vita alla sua Repubblica.Riassunto Breve
Lo sbarco alleato in Sicilia nel luglio 1943 porta alla caduta di Mussolini e alla formazione di un governo guidato dal maresciallo Badoglio. Questa mossa, voluta dal re Vittorio Emanuele III e dai monarchici per salvare la dinastia, mantiene però una forte continuità con il regime fascista. L’armistizio dell’8 settembre 1943 provoca il caos e la fuga del re e del governo al Sud. I partiti antifascisti si uniscono nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) e chiedono una rottura netta con il passato, inclusa la monarchia, e che la scelta sulla forma dello Stato sia decisa dal popolo dopo la guerra tramite un’Assemblea Costituente. L’Italia divisa vede nel Centro-Nord occupato dai tedeschi lo sviluppo della Resistenza, mentre nel Regno del Sud l’apparato statale mostra continuità con il passato. La politica degli alleati influenza la situazione: la Gran Bretagna favorisce la monarchia, gli Stati Uniti supportano l’autodeterminazione italiana. Nel gennaio 1944, la “svolta di Salerno” del leader comunista Palmiro Togliatti propone di mettere da parte la questione istituzionale per concentrarsi sulla lotta contro i nazifascisti, rinviando la decisione a guerra finita. Questo permette ai partiti del CLN di entrare nel governo Badoglio nell’aprile 1944. Con la liberazione di Roma nel giugno 1944, il re accetta la luogotenenza del figlio Umberto II, uscendo di scena insieme a Badoglio. Si forma un governo guidato dal presidente del CLN, Ivanoe Bonomi, che emana un decreto considerato una prima costituzione provvisoria: la forma istituzionale sarà scelta dal popolo tramite un’Assemblea Costituente eletta a suffragio universale. Nonostante questo, la continuità burocratica rimane forte. La crisi di governo del novembre 1944 e le pressioni alleate spostano l’asse politico verso posizioni moderate. Dopo la liberazione completa nel 1945, si discute su come scegliere tra monarchia e repubblica. Si raggiunge un compromesso sotto il governo De Gasperi: la scelta avverrà tramite referendum popolare, contemporaneamente all’elezione dell’Assemblea Costituente che scriverà la nuova Costituzione. Nel 1946 si tengono le prime elezioni libere dopo il fascismo, con la partecipazione per la prima volta delle donne. Il 2 e 3 giugno 1946 si vota per l’Assemblea Costituente e per il referendum istituzionale. Poco prima, Vittorio Emanuele III abdica a favore del figlio Umberto II, il “re di maggio”. La campagna elettorale è intensa. I risultati del referendum vedono la vittoria della Repubblica con il 54,26% dei voti validi, contro il 45,74% per la monarchia. Si nota una divisione geografica: il Centro-Nord repubblicano, il Sud monarchico. La gestione dello scrutinio genera polemiche e accuse di brogli da parte monarchica, ma analisi successive non le confermano. La Corte di Cassazione convalida i risultati. Nonostante le contestazioni di Umberto II, il governo assume le funzioni di Capo dello Stato e il re parte per l’esilio il 13 giugno. La Repubblica viene proclamata ufficialmente il 18 giugno 1946. Le elezioni per la Costituente vedono l’affermazione dei partiti di massa, con la Democrazia Cristiana come primo partito, seguita da PSIUP e PCI. Tra gli eletti ci sono 21 donne. La vittoria della repubblica e l’elezione della Costituente aprono una nuova fase per l’Italia.Riassunto Lungo
1. La crisi italiana tra continuità monarchica e spinta antifascista
Lo sbarco alleato in Sicilia nel luglio 1943 accelera la crisi in Italia. Per salvare la monarchia, il re Vittorio Emanuele III e i suoi collaboratori decidono di togliere il potere a Mussolini e uscire dalla guerra. Questo porta all’arresto di Mussolini il 25 luglio e alla formazione del governo Badoglio. Nonostante il Partito Fascista venga sciolto, il nuovo governo mantiene molti legami con il passato regime. Lo si vede dalla composizione dei ministri e dalla dura repressione delle proteste popolari.L’armistizio e le sue conseguenze
L’accordo con gli alleati viene firmato il 3 settembre e reso pubblico l’8 settembre 1943. Questo annuncio improvviso causa un grande disordine nell’esercito e nella nazione. Il re e il governo fuggono a Brindisi. I partiti che si oppongono al fascismo si uniscono nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Vedono la fuga del re come un tradimento e questo li rende ancora più contrari alla monarchia. Il CLN chiede che ci sia una rottura netta con il passato. Vogliono che la scelta su come sarà organizzato lo stato in futuro sia fatta dal popolo dopo la guerra. Questo avverrebbe tramite un’Assemblea Costituente eletta dai cittadini.
Il ruolo degli alleati
L’Italia diventa un luogo cruciale per capire le strategie dei paesi alleati. La Gran Bretagna preferisce mantenere la monarchia per non perdere la sua influenza nel Mediterraneo. Gli Stati Uniti, invece, pur parlando con il re e Badoglio per motivi militari urgenti, sostengono che il popolo italiano debba decidere da solo il proprio futuro. Nel gennaio 1944, durante il Congresso di Bari, i partiti antifascisti confermano la loro posizione. Chiedono che il re lasci il trono e che il governo sia formato dai rappresentanti del CLN. Ribadiscono che la decisione finale sulla forma dello stato spetta all’Assemblea Costituente dopo la fine del conflitto.
Due Italie: Resistenza e continuità statale
Nel frattempo, nelle regioni del Centro-Nord occupate dai tedeschi, nasce e si sviluppa il movimento della Resistenza. I servizi segreti degli alleati, sia inglesi che americani, aiutano i gruppi partigiani. All’inizio l’aiuto è soprattutto per obiettivi militari, ma poi si presta più attenzione anche al potenziale politico dei gruppi, specialmente quelli comunisti. Nel Regno del Sud, sotto il controllo alleato, l’organizzazione dello stato mostra una notevole stabilità. Molte persone che avevano lavorato con il regime fascista continuano a ricoprire incarichi. Questo accade anche perché gli alleati danno priorità alla stabilità amministrativa. In seguito, le preoccupazioni contro il comunismo rafforzano ulteriormente questa tendenza a mantenere l’esistente.
Se il capitolo descrive le ferme richieste del CLN al Congresso di Bari, come si spiega la successiva collaborazione con la monarchia?
Il capitolo evidenzia giustamente la distanza siderale tra le richieste del CLN a Bari e la posizione della monarchia. Tuttavia, non chiarisce come si sia colmato questo divario per arrivare alla collaborazione governativa. Questo snodo cruciale, la cosiddetta “svolta di Salerno”, non fu un semplice cambiamento di rotta, ma il frutto di un complesso gioco politico influenzato dalle dinamiche interne e dalla strategia degli Alleati. Per capire a fondo questo compromesso e le sue implicazioni, è indispensabile studiare la storia politica del Regno del Sud e il ruolo dei partiti, leggendo ad esempio le opere di Palmiro Togliatti o le analisi di storici come Pietro Scoppola.2. Il difficile cammino verso la nuova Italia
Dopo lo sbarco alleato ad Anzio nel gennaio 1944, la situazione politica in Italia prende una svolta rapida. Il governo si sposta a Salerno. In questo periodo, aumentano le tensioni tra i partiti antifascisti del CLN, soprattutto riguardo alla questione della monarchia. È qui che entra in gioco Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista, appena rientrato in Italia da Mosca. La sua posizione, influenzata dalla politica sovietica dei “fronti nazionali”, è chiara: mettere da parte per il momento il dibattito sulla forma istituzionale (monarchia o repubblica) e concentrare tutte le energie sulla lotta contro i nazifascisti. La decisione finale verrà rimandata a un’Assemblea costituente da eleggere dopo la fine della guerra. Questa mossa, passata alla storia come “svolta di Salerno”, si rivela fondamentale. Permette ai partiti del CLN di superare le loro riserve antimonarchiche e di entrare a far parte del governo guidato da Badoglio nell’aprile del 1944.Il passaggio di poteri e il governo del CLN
La pressione degli alleati, in particolare quella degli americani, spinge Vittorio Emanuele III ad accettare un passo indietro. Il re acconsente a nominare suo figlio Umberto luogotenente del regno. Questo passaggio diventa effettivo con la liberazione di Roma nel giugno 1944. Questo evento segna l’uscita di scena non solo del re, ma anche del governo Badoglio. I partiti del CLN riescono a imporre un nuovo governo, guidato dal loro presidente Ivanoe Bonomi. Questo governo rappresenta una vera e propria novità, essendo espressione diretta delle forze antifasciste che avevano lottato contro il regime. Nonostante questa rottura politica, la struttura dello stato e la burocrazia mantengono una forte continuità con il passato.La “Costituzione provvisoria” del 1944
Sotto il governo Bonomi viene emanato un decreto importante, il Decreto Legge Luogotenenziale n. 151. Questo decreto è considerato una prima “Costituzione provvisoria” per l’Italia che sta rinascendo. Stabilisce un principio fondamentale: la forma istituzionale dello stato sarà decisa dal popolo. Questa decisione avverrà tramite un’Assemblea costituente, che sarà eletta a suffragio universale, dando voce a tutti i cittadini. Il decreto introduce quindi il principio della sovranità popolare e modifica il giuramento richiesto ai ministri, che ora giurano fedeltà alla Nazione, non più al re. Tuttavia, il testo lascia ancora alcuni punti aperti, come il metodo esatto per scegliere tra monarchia e repubblica (sarà l’Assemblea a deciderlo o ci sarà un referendum?) e affida un ampio potere legislativo al governo, dato che il Parlamento non esiste più.La crisi politica del 1944 e l’influenza alleata
Nel novembre 1944, il governo Bonomi attraversa una crisi. Le divergenze interne, in parte legate al difficile tema dell’epurazione dei funzionari legati al fascismo, e un’intervista del luogotenente Umberto favorevole a un referendum sulla monarchia, riportano la questione istituzionale al centro del dibattito e indeboliscono la posizione del CLN. Si forma un secondo governo Bonomi, questa volta senza la partecipazione di socialisti e azionisti, ma con i comunisti. Questo cambiamento sposta l’equilibrio politico verso posizioni più moderate. In questo contesto, gli alleati, specialmente gli americani, iniziano a far sentire maggiormente la loro influenza, spingendo per una maggiore stabilità e una normalizzazione della vita politica italiana.Il compromesso finale sulla transizione
Dopo la liberazione completa dell’Italia nel 1945, si apre un intenso dibattito su come procedere. Si discute della legge elettorale per l’Assemblea costituente e dei poteri che questa Assemblea dovrà avere. Il governo guidato da Ferruccio Parri, espressione diretta delle forze della Resistenza, cade a causa delle pressioni congiunte delle forze politiche moderate e degli alleati. A succedergli è Alcide De Gasperi. Sotto la sua guida si raggiunge un accordo cruciale che definirà il futuro politico del paese: la scelta tra monarchia e repubblica non sarà compito dell’Assemblea costituente, ma avverrà tramite un referendum popolare. Questo referendum si terrà contemporaneamente alle elezioni per l’Assemblea costituente. Quest’ultima avrà il compito fondamentale di scrivere la nuova Costituzione, ma il potere di fare le leggi (legislativo) rimarrà nelle mani del governo. Questa soluzione, fortemente voluta da De Gasperi e sostenuta dagli americani, ha un doppio effetto: evita una possibile rottura all’interno del partito della Democrazia Cristiana e rafforza la sua posizione centrale nella politica italiana. Inoltre, garantisce una transizione istituzionale pacifica e assicura che l’Italia rimanga saldamente schierata con i paesi occidentali nel nuovo scenario internazionale.Fu davvero la “nuova Italia” il frutto della lotta antifascista, o piuttosto il risultato di compromessi imposti da poteri esterni?
Il capitolo descrive la transizione istituzionale come un percorso segnato da compromessi interni e dall’influenza alleata, ma non analizza a fondo quanto questa influenza abbia potuto limitare la spinta innovatrice e potenzialmente più radicale delle forze della Resistenza. Per valutare criticamente l’autonomia di questo processo, è essenziale approfondire non solo le dinamiche politiche dei partiti, ma anche il ruolo effettivo dei movimenti resistenziali sul territorio e le pressioni geopolitiche esercitate dalle potenze vincitrici. Studiare le opere di storici come Claudio Pavone o Guido Crainz può offrire prospettive fondamentali su questi aspetti spesso trascurati.3. Il Voto che Fondò la Repubblica
Nel 1946, l’Italia vive le sue prime elezioni libere dopo il periodo fascista. Un decreto del 1945 concede il diritto di voto alle donne, che partecipano per la prima volta alle elezioni amministrative in primavera, per poi votare anche a livello nazionale in giugno. L’ingresso delle donne nella vita politica del paese è un evento di grande importanza.La Scelta Istituzionale e la Campagna
Il 2 e 3 giugno 1946 gli italiani sono chiamati a votare per eleggere l’Assemblea Costituente e per decidere tramite referendum la forma dello Stato: monarchia o repubblica. La campagna elettorale si concentra soprattutto su questa scelta fondamentale. Nel tentativo di salvare la monarchia, Vittorio Emanuele III abdica in favore del figlio Umberto II, noto come il “re di maggio”. I partiti politici si mobilitano con grande intensità, e le forze principali sono la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista e il Partito Comunista.
I Risultati e la Divisione Geografica
I risultati per l’Assemblea Costituente confermano la forza dei tre grandi partiti di massa. Per quanto riguarda il referendum, la Repubblica ottiene la maggioranza con il 54,26% dei voti validi, superando la monarchia che si ferma al 45,74%. L’affluenza alle urne è altissima, quasi il 90% degli aventi diritto. Emergono nette differenze geografiche nel voto: il Centro-Nord si esprime in maggioranza a favore della Repubblica, mentre il Sud e le Isole mostrano una preferenza per la monarchia.
La Gestione dello Scrutinio e la Proclamazione
Il conteggio dei voti del referendum si rivela complesso e suscita diverse polemiche, con accuse di brogli avanzate dai sostenitori della monarchia. La Corte di Cassazione convalida i risultati basandosi unicamente sui voti validi, respingendo i ricorsi che chiedevano di considerare anche le schede bianche e nulle nel calcolo della maggioranza. Nonostante le tensioni e l’iniziale rifiuto di Umberto II di accettare il risultato prima della proclamazione ufficiale, il governo assume le funzioni di Capo dello Stato. Umberto II lascia l’Italia per l’esilio il 13 giugno 1946. La Repubblica viene proclamata ufficialmente dalla Corte di Cassazione il 18 giugno 1946. Le accuse di brogli mosse all’epoca non hanno trovato riscontro in analisi successive.
Il capitolo afferma che la Democrazia Cristiana fosse favorevole al referendum sulla forma istituzionale. Ma fu davvero solo una questione di preferenza, o c’erano calcoli politici più profondi dietro questa posizione?
Il capitolo descrive il dibattito sulla scelta tra Assemblea Costituente e Referendum per definire la forma dello Stato, indicando le posizioni dei principali partiti. Tuttavia, la semplice attribuzione di una “preferenza” non esaurisce la complessità delle strategie politiche in gioco. Comprendere le ragioni profonde che spinsero forze emergenti come la Democrazia Cristiana a sostenere il referendum è cruciale per afferrare le dinamiche di quel periodo e il significato del “compromesso” raggiunto. Per approfondire questo aspetto, è utile studiare la storia dei partiti politici italiani nel dopoguerra e le loro aspettative sull’esito del voto popolare e sull’equilibrio di potere all’interno dell’Assemblea Costituente. Si possono consultare le opere di storici come Paul Ginsborg o Gabriele De Rosa.5. La Scelta della Repubblica e i Primi Voti
Nel 1946, l’Italia si trova di fronte a una scelta cruciale con un doppio appuntamento elettorale. Si deve decidere tra monarchia e repubblica tramite un referendum, e contemporaneamente eleggere i membri dell’Assemblea Costituente. Un evento storico accompagna queste elezioni: per la prima volta, le donne italiane possono votare, un diritto ottenuto grazie a un decreto del 1945. Questo segna un passo fondamentale per la piena cittadinanza delle donne, dopo un lungo periodo di esclusione dalla vita politica attiva.Il Voto e la Crisi Istituzionale
Le giornate del 2 e 3 giugno vedono un’elevata partecipazione alle urne. L’esito del referendum mostra subito una spaccatura geografica: la repubblica prevale al Nord, mentre la monarchia conserva più consensi al Sud. Il compito di convalidare i risultati spetta alla Corte di Cassazione. Già prima della proclamazione definitiva, il 9 maggio 1946, il re Vittorio Emanuele III abdica, lasciando il trono al figlio Umberto II, che regnerà per un brevissimo periodo, guadagnandosi l’appellativo di “Re di Maggio”. Il 10 giugno, la Corte di Cassazione comunica i primi risultati provvisori, che indicano una vittoria repubblicana. Umberto II contesta immediatamente il metodo di calcolo, sostenendo che la proclamazione debba attendere la convalida finale sul totale dei voti validi. Di fronte a questa situazione di incertezza e tensione, il governo guidato da Alcide De Gasperi decide di agire. Trasferisce i poteri provvisori di Capo dello Stato dal re al Presidente del Consiglio, in attesa della decisione definitiva della Cassazione. Questa mossa porta all’esilio di Umberto II, che lascia l’Italia il 13 giugno 1946.La Proclamazione della Repubblica e le Sue Conseguenze
L’attesa finisce il 18 giugno 1946, quando la Corte di Cassazione proclama ufficialmente i risultati definitivi del referendum. La repubblica ha vinto con 12.717.923 voti, superando la monarchia che si ferma a 10.718.502 voti. La differenza è di circa due milioni di preferenze. Contestualmente, vengono convalidati i risultati delle elezioni per l’Assemblea Costituente. L’esito di queste elezioni vede la netta affermazione dei partiti di massa, che ottengono la maggioranza dei seggi. La Democrazia Cristiana si conferma come primo partito, seguita dal PSIUP e dal PCI. Tra i membri eletti all’Assemblea Costituente, figurano anche 21 donne, segno del cambiamento avviato con il loro accesso al voto. Nonostante la proclamazione ufficiale e la convalida dei risultati, la vittoria della repubblica non spegne le polemiche. I sostenitori della monarchia sollevano accuse di presunti brogli elettorali, tesi che continueranno a circolare per anni. Tuttavia, le analisi statistiche condotte in tempi più recenti sui dati di quelle elezioni non hanno trovato elementi a sostegno di queste accuse.Il capitolo afferma che le analisi statistiche smentiscono le accuse di brogli nel referendum del 1946. Ma la storia è fatta solo di numeri, o la persistenza di una polemica per decenni suggerisce complessità non riducibili a un’analisi statistica?
Il capitolo, pur offrendo una sintesi chiara, liquida forse troppo sbrigativamente la questione delle accuse di brogli, affidandosi unicamente alle analisi statistiche recenti. La persistenza di tale polemica per decenni non è solo un fatto numerico, ma affonda le radici nel clima politico e sociale dell’epoca, nelle tensioni istituzionali e nelle diverse interpretazioni delle norme elettorali e costituzionali. Per comprendere appieno la complessità di quella fase storica e le ragioni profonde della contestazione monarchica, è utile approfondire la storia politica italiana del dopoguerra, la storia costituzionale e l’analisi delle fonti primarie dell’epoca, come i documenti della Corte di Cassazione e i resoconti dei dibattiti politici.Abbiamo riassunto il possibile
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